I provvedimenti sulla sicurezza oltre lo stato di diritto



I provvedimenti sulla sicurezza oltre lo stato di diritto

Approvati dal Consiglio dei Ministri il Decreto Legge recante "misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale e per straordinarie esigenze di pubblica sicurezza" e lo schema di decreto legislativo relativo alle espulsioni dei cittadini comunitari

1.- Il Decreto legge recante “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale e per straordinarie esigenze di pubblica sicurezza” e lo schema di decreto legislativo relativo alle espulsioni dei cittadini comunitari, approvati dal Consiglio dei ministri nella seduta di fine anno, per i contenuti ed il metodo che è stato seguito, pregiudicano la possibilità di affrontare le questioni della sicurezza e dell’immigrazione nell’alveo delle previsioni costituzionali e dei principi consolidati affermati dal diritto comunitario e dal diritto internazionale.
La previsione di una espulsione di cittadini appartenenti all’Unione Europea per “motivi imperativi di ordine pubblico” consegna ai prefetti un potere assolutamente discrezionale che, per la genericità della previsione legislativa, non sarà facile sottoporre ad un effettivo sindacato giurisdizionale.
Secondo il decreto legge approvato dal governo, “i motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare, sia essa cittadino dell’Unione europea o familiare di cittadino dell’Unione europea che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica, rendendo urgente l’allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”.
Con il pretesto di estendere la portata del provvedimento ai cittadini comunitari sospettati di terrorismo - ma siamo veramente curiosi di vedere quanti casi di terroristi rumeni o bulgari si potranno verificare in futuro e soprattutto quali siano per questi casi le ragioni di urgenza che legittimano oggi il ricorso ad un decreto legge - viene mantenuta nella sostanza, ed anzi ampliata, la disciplina già inserita nella Legge Pisanu del 31 luglio 2005, n.155, che vale nei confronti di tutti gli immigrati, anche extracomunitari.
In particolare, si modifica il comma 2 dell’art. 3 di questa legge, che già prevedeva un aggravamento del regime stabilito dalla Bossi Fini in tema di espulsioni con accompagnamento immediato, norma che andava in scadenza al 31 dicembre del 2007.
Rimane così in vigore la previsione secondo la quale “nei casi di cui ai commi 1 e 1-bis, ( della legge n.155 del 2005) ed in quelli di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l’espulsione e l’allontanamento sono eseguiti immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta. Si provvede in ogni caso alla convalida del provvedimento con cui si esegue l’espulsione o l’allontanamento da parte del tribunale in composizione monocratica secondo le procedure di cui all’articolo 13, comma 5-bis e si applicano le disposizioni di cui ai commi 3, 3-bis del medesimo decreto legislativo n. 286” che prevedono il trattenimento in un centro di permanenza temporanea.
La espulsione di cittadini comunitari che non riescono a dimostrare “di avere risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite e dimostrabili”, prevista dal decreto legislativo che modifica la normativa interna che attua la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, si pone in contrasto frontale con la direttiva 2004/38/CE che vieta la possibilità di espulsione di cittadini comunitari legata esclusivamente a fattori economici.
Scenari inquietanti vengono poi prospettati dalla previsione secondo la quale i provvedimenti di allontanamento “per motivi di pubblica sicurezza” saranno adottati “tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento”.
I provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri confondono pericolosamente la lotta all’immigrazione clandestina con il contrasto del terrorismo, costituendo le premesse per espulsioni assolutamente discrezionali e per la criminalizzazione di quanti, costretti dal bisogno, lavorino in nero nella cd. economia informale, dopo avere ricevuto l’intimazione a lasciare il nostro territorio o dopo essere rientrati in Italia dopo la esecuzione di un provvedimento di espulsione a loro carico.
Una ennesima occasione per aggravare le condizioni di sfruttamento, al limite del lavoro schiavistico, che tutti a parole dicono di volere combattere. Una vera e propria discriminazione istituzionale.
2.- I meccanismi di espulsione immediata sulla base del semplice “sospetto di terrorismo”, esteso anche ai familiari, permetteranno di consegnare persone per le quali si dovrebbe ancora indagare in Italia - anche al fine di garantire i diritti di difesa e la presunzione di innocenza - ad autentici stati di polizia, nei quali vige la tortura come sistema generalizzato di interrogatorio.
Le Corti internazionali hanno vietato il rimpatrio in quei paesi persino di persone accusate di terrorismo, rimessi in libertà dopo essere stati internati a Guantanamo, ma tutto questo sembra ignorato dal Governo italiano, che si rende così complice delle tante Guantanamo dislocate all’esterno delle frontiere europee.
Appare evidente come queste “espulsioni facili” possano spezzare vite umane, anche innocenti, soprattutto se pensiamo ai familiari di coloro che potranno essere allontanati dal nostro territorio nazionale, senza contribuire ad indagini che, se condotte in Italia, potrebbero forse condurre a risultati più efficaci nella lotta contro il terrorismo.
Si corre il rischio che si ripetano vere e proprie “bufale”, come quelle propinate in passato dai servizi antiterrorismo, basti pensare agli arabi arrestati a Bologna mentre fotografavano la Chiesa di San Petronio, agli arresti di Anzio ( uno dei “sospetti terroristi” è morto annegato nel Tirreno qualche settimana fa mentre lavorava in nero su un peschereccio), ed al caso dei pakistani arrestati al porto di Gela e trattenuti per mesi in carcere a Caltanissetta, tutti poi riconosciuti innocenti senza ottenere neanche il risarcimento per la ingiusta carcerazione.
Indagini approssimative, finora smascherate grazie al coraggioso impegno di giudici ed avvocati, potranno produrre in futuro espulsioni immediate motivate con il semplice sospetto, e quindi trattamenti inumani e degradanti nei paesi di destinazione, con la estorsione sotto tortura di dichiarazioni che potrebbero anche inquinare la successiva acquisizione delle prove contro gli appartenenti alle organizzazioni terroristiche. Sono peraltro già evidenti le reazioni delle comunità immigrate quando loro membri vengono arrestati o allontanati illegittimamente.
Altro che maggiori garanzie per la sicurezza dei cittadini.
Preoccupa, in questo quadro, la violazione sempre più evidente dei diritti dei richiedenti asilo, come i curdi, i tamil, i pachistani, gli irakeni, gli afgani , i sudanesi, ormai assimilati di fatto, nei paesi di transito ed alle frontiere esterne dell’Unione Europea, ai clandestini, con il rischio di essere qualificati come terroristi, dopo che le organizzazioni che ancora praticano la resistenza armata nei paesi di provenienza sono state assimilate alle organizzazioni terroristiche.
Avere pensato di barattare la sostanziale rinnovazione delle norme del Decreto Pisani del 2005, che andavano a scadere alla fine del 2007 - norme già criticate anche a livello internazionale dal Comitato per la prevenzione della tortura - ed avere reiterato un decreto legge già decaduto (malgrado la Corte Costituzionale abbia ritenuto da tempo illegittima questa prassi) con una “corsia preferenziale” per la nuova legge sull’immigrazione e con l’assegnazione delle convalide dei provvedimenti di espulsione ai giudici ordinari, costituiscono una illusione, se non un calcolo politico fallimentare, alla luce del quadro politico che si è già determinato.
Si sono posti in questo modo autentici macigni sulla strada per la costruzione di un fronte unitario a sinistra, capace di aggregare le tante realtà dei movimenti di base, coniugando sicurezza e garanzie dei diritti della persona, senza cedere ancora una volta ai ricatti delle destre.
Il percorso della nuova legge delega Amato-Ferrero sull’immigrazione appare ancora lentissimo e dagli esiti assai limitati, se non sarà bloccato del tutto a gennaio dai veti dei “centristi” della maggioranza che vedono in questa questione un terreno ideale per scardinare quello che rimane dell’intesa di governo, già gravemente compromessa dalle reiterate inadempienze del programma elettorale, anche in tema di immigrazione e asilo. Inadempienze comprovate dalla continuità nella politica degli accordi di riammissione e dal mantenimento del sistema dei centri di detenzione, anche negli ultimi provvedimenti del governo, un sistema che in base al programma elettorale di Prodi avrebbe dovuto essere “superato”.
Non si sono neppure chiusi i centri di identificazione per richiedenti asilo, così come sollecitato dalla Commissione De Mistura, nominata dal governo nel 2006.
Toccherà adesso alla magistratura ordinaria rilevare le gravi ragioni di incostituzionalità dei provvedimenti adottati dal governo, peggiorativi in alcuni aspetti persino della legge Bossi-Fini che la stessa Corte costituzionale aveva censurato proprio in materia di espulsioni.
Vanno individuate, malgrado quanto disposto dai più recenti provvedimenti - anche con provvedimenti di urgenza dunque - misure immediatamente sospensive delle espulsioni con accompagnamento immediato in frontiera, che potrebbero comportare l’assoggettamento alla tortura ed a altri trattamenti inumani e degradanti. Ma si dovranno anche predisporre con la massima tempestività ricorsi d’urgenza alla Corte Europea dei diritti dell’uomo in base all’art. 39 del regolamento di questa corte.
Ci auguriamo che in Italia i giudici togati sappiano dimostrare una maggiore autonomia di giudizio rispetto ai giudici di pace, anche se la ristrettezza dei tempi renderà ben difficile l’effettivo esercizio dei diritti di difesa.
Se poi qualcuno ritiene che la esternalizzazione delle pratiche di tortura in nome delle esigenze della “sicurezza”sia compatibile con il nostro stato di diritto, almeno con quello che ne rimane, occorre che se ne assuma pubblicamente tutte le responsabilità, etiche e politiche, anche per il messaggio devastante che si rivolge in questo modo ai cittadini.
3.- Dovrebbe essere noto a tutti che, per quanto si inaspriscano le normative interne in materia di espulsioni, queste non potranno mai funzionare se non sono sorrette da accordi di riammissione con i paesi verso i quali eseguire le misure di allontanamento forzato.
Le espulsioni disposte in base al nuovo Decreto legge sulla sicurezza richiederanno probabilmente un ulteriore irrigidimento degli accordi di riammissione già stipulati dall’Italia con i paesi comunitari ed extracomunitari, accordi che non potranno comunque realizzarsi in contrasto con il diritto internazionale.
Gli stessi accordi, a seconda del loro contenuto, possono violare norme consolidate di diritto internazionale che riconoscono ad ogni persona il diritto alla vita, con il divieto assoluto della pena di morte e della tortura.
La riammissione di migranti verso stati che non garantiscano il rispetto dei diritti umani fondamentali, ovvero nei quali gli interessati possano essere vittime di trattamenti disumani o degradanti, è tassativamente proibita dall’art. 3 della stessa Convenzione Europea. Analogamente è proibito il rinvio individuale o collettivo ( refoulement) verso stati nei quali non vi è l’effettiva possibilità di accedere alla protezione prevista dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato.
Il Libro Verde sul rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente in Europa ribadiva nel 2002 che le politiche di rimpatrio dei paesi dell’Unione devono rispettare non solo la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati ed il Protocollo di New York del 1967, ma anche le disposizioni della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti fondamentali approvata a Nizza nel 2000, che sanciscono il diritto di asilo e vietano le espulsioni collettive.
Adesso, con l’approvazione del “mini trattato” di Lisbona, la Carta di Nizza dovrebbe assumere valore vincolante, incluso il divieto di espulsioni collettive, e la Corte di giustizia dell’Unione Europea potrebbe - se solo lo volesse - intervenire per sanzionare gli abusi ed i trattamenti disumani e degradanti che gli stati europei pongono in essere o consentono, ai danni dei migranti irregolari.
Piuttosto che continuare ad approvare provvedimenti parziali e pasticciati di dubbia costituzionalità, dovrebbe essere completamente rivista dal Parlamento la normativa nazionale in materia di immigrazione, asilo, protezione umanitaria e accordi di riammissione, per la scarsa efficacia ( basti pensare all’ultimo decreto flussi), per il possibile contrasto con le normative internazionali ed interne in materia di diritti fondamentali ( messe in evidenza anche dai rapporti sull’Italia predisposti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, da Amnesty e da Human Rights Watch).
La materia degli accordi di riammissione è un tassello importante della nostra politica estera e non può essere rimessa ad accordi informali tra le forze di polizia, o ai decreti dei Ministri degli interni e degli esteri.
Anche alla luce del nuovo decreto legge sulla sicurezza, gli accordi già stipulati vanno revocati o comunque rinegoziati, ed eventuali accordi futuri, comunque discussi ed approvati dal Parlamento, dovranno essere strettamente conformi alle norme internazionali e costituzionali sulla tutela dei diritti fondamentali della persona.
Palermo, 29 dicembre 2007
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo
[ sabato 29 dicembre 2007 ] da www.meltingpot.org


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