Noi europei umiliati in Libano



Maurizio Blondet
27/10/2006
Qualche giornale italiano ha pubblicato la notizia?
Due F-16 israeliani  hanno attaccato una nave da guerra tedesca presso le coste del Libano: hanno sorvolato la nave a bassissima quota e sparato due colpi, attivando anche le contromisure all'infrarosso contro una risposta missilistica (che mai e poi mai ci sarebbe stata): tipica postura offensiva.
(1)
Ne ha parlato Der Tagespiegel citando un anonimo viceministro tedesco alla Difesa.
Mancano i particolari.
Israele ha ovviamente negato; poi ha detto che era tutta colpa di un elicottero tedesco che si era alzato in volo «senza autorizzazione».
(2)
Non è la prima volta.
Il 17 ottobre il comando francese della forza d'interposizione UNIFIL in Libano ha denunciato le continue violazioni dello spazio aereo libanese da parte dei caccia israeliani, avvertendo che poteva essere costretto a sparare.
Israele, per bocca del suo ministro della Guerra Amir Peretz ha replicato che avrebbe sparato sui francesi.
E che avrebbe continuato i sorvoli illegali perché «hanno le prove» che Siria e Iran armano ancora Hezbollah.
(3)
Ecco perché ci hanno voluto in Libano, come NATO e sotto l'ombrello ONU, noi europei: per umiliarci e farci assistere senza reagire all'arroganza giudaica.
Come complici involontari dei loro delitti.
Perché i fatti di cui sopra non sono solo la violazione dell'ennesima risoluzione ONU e dei patti d'armistizio.
Sono uno sputo in faccia all'Europa intera.
Una volta accettata la forza d'interposizione europea, Israele non ne riconosce però la natura di garante dell'armistizio.

Se davvero ci fosse un passaggio di armi dalla Siria, dovrebbe dimostrarlo e denunciarlo all'UNIFIL e all'ONU perché facessero cessare l'abuso.
Non lo fa - non gli interessa dimostrare nulla, probabilmente le sue «prove» sono di valore pari a quelle delle armi di distruzione di massa irachene (4) - e continua a far da sé, come se la forza europea nemmeno esistesse.
Anzi peggio: ci tratta da nemici potenziali, visto che moltiplica atti e affermazioni aggressive.
A questo punto, la missione UNIFIL è già fallita nella vergogna.
Che ci stiamo a fare lì, se non a subire nuove umiliazioni?
Ad essere testimoni impotenti di crimini contro i patti internazionali e alla mercè di attacchi bellici da parte dell'esercito giudeo o delle sue centrali di terrorismo false flag?
Il Mossad infatti dispone di una divisione, il Metsada, specificamente dedicata a sabotaggi e attentati a bandiera falsa.
Bisognerebbe andar via.
Non lo faremo.
Perché con ciò, l'Europa dovrebbe esporre la natura dello Stato ebraico per quello che è: uno Stato delinquenziale in senso rigoroso, ossia che non riconosce nessuna norma né patto sottoscritto, che non crede alla buona fede europea e non ha aderito in buona fede all'armistizio.
Invece silenzio, vile e complice silenzio.

Silenzio sul fatto che le cluster bomb sparse con tanta abbondanza in Libano continuano ad ammazzare tre persone al giorno.
Silenzio sul lager in cui i giudei hanno trasformato Gaza; salvo le notizie date con risalto sugli scontri fra bande palestinesi e sui rapimenti di giornalisti… per farvi concludere: questi palestinesi sono belve.
Immaginate per un momento che in Italia i dipendenti pubblici non prendessero lo stipendio da sei mesi.
Agenti di polizia, ufficiali dell'esercito, statali e funzionari pubblici con le loro famiglie senza un soldo, e tutto perché uno Stato estero ostile da sei mesi non restituisce gli introiti doganali a cui abbiamo diritto.
Immaginate che questo Stato vi abbia lasciato solo il 14% del territorio che chiamavate «Italia» ; e che anche in questa striscia di territorio in cui gli italiani si affollano, circondati da un muro, i carri armati del Paese vicino entrino a loro arbitrio ad abbattere case, devastare coltivi, compiere assassini mirati.
Immaginate per giunta che per esportare quei beni che la superstite economia italiana ancora produce, si debba passare attraverso un solo valico, dove soldati stranieri ventenni e arroganti controllano con esasperante lentezza i documenti, sì da produrre file enormi di camion al sole, con dentro i prodotti agricoli che marciscono.
Immaginate che lo stesso avvenga per i prodotti alimentari che dovete importare, e che arrivano con il contagocce perché i soldati arroganti ne rallentano deliberatamente il passaggio, al punto che l'intera popolazione italiana sia da sei mesi malnutrita e sottonutrita.
Immaginate che per uscire dal vostro resto di Paese assediato dobbiate mettervi in fila, incolonnati come bestie, per mezze giornate, con la carta d'identità in mano, davanti ai soldatini arroganti che vi minacciano col mitra e vi urlano perché restiate nella colonna, all'aperto, col sole o con il freddo. Immaginate di avere una moglie con un parto complicato che deve raggiungere d'urgenza un ospedale, e che quei soldati - deliberatamente rallentando i controlli - ve la facciano morire nell'ambulanza.
Non diventereste anche voi delle belve?

E immaginate che i grandi media del mondo non dicano nulla di ciò che vi sta succedendo.
Perché il silenzio è totale: Israele non consente a giornalisti e telecamere di entrare nel lager di Gaza, e quei pochi che hanno scelto di abitare lì per testimoniare vengono sempre più spesso sequestrati da «bande palestinesi».
E i direttori delle grandi testate sono ben lieti di tacere.
A quei loro pochi giornalisti coraggiosi, raccomandano «equilibrio» nei reportages: se proprio volete parlare delle vittime, dite anche le ragioni dei persecutori.
Così, nulla sappiamo dei dati che disperatamente cerca di diffondere il Centro per i Diritti Umani in Palestina.
Che negli ultimi quattro mesi, lo Stato criminale di Israele ha ammazzato a Gaza oltre 320 palestinesi, di cui 60 bambini.
Aggiungiamo subito, per «equilibrio», i soldati israeliani uccisi: sono due.
Dei 3.859 palestinesi trucidati nei sei anni di occupazione giudaica di Gaza, 3.069 erano civili:
il 79 %.
Nel solo ultimo anno, i giudei hanno ammazzato 504 palestinesi, di cui 398 civili, anche donne, e 93 bambini: il 23 %.
Nei cosiddetti «assassinii mirati» sono stati uccisi 376 esseri umani di cui 209 erano civili a cui Israele non «mirava»  ma che erano sul percorso del missile o della raffica: e 71 di questi, erano bambini.
Non spero che i giornali ne parlino.


Bambini palestinesi in lacrime dopo un raid israeliano su Gaza con 7 morti

Dedico queste poche informazioni a un lettore che, molesto, «mi sfida» ad esibire una sola legge israeliana che sancisca l'apartheid.
Mi limito a far notare che il suo argomento è esattamente quello dei negazionisti del genocidio ebraico in Germania: anch'essi sfidano ad esibire un documento in cui Hitler esplicitamente dia l'ordine di sterminio.
Questo documento non esiste.
Perché la giustificazione dei negazionisti di Auschwitz non è ritenuta valida, mentre vale per Israele?
Non c'è un documento razzista, una legge razzista che sancisca la discriminazione dei cittadini di serie B, palestinesi, in Israele?
Ma come ha spiegato Uri Davis («Apartheid Israel», 2004), non ce n'è bisogno.
«La Dichiarazione di fondazione dello Stato d'Israele, nota come 'Dichiarazione d'indipendeza d'Israele' non dichiara Israele uno Stato indipendente o uno Stato sovrano, ma invece dichiara Israele uno Stato ebraico… lo Stato ebraico nel senso politico sionista non può che essere uno Stato di apartheid».
Da qui discendono le pratiche di apartheid: una volta che ci si dichiara lo Stato di una sola razza, qualunque altro è un non-cittadino, senza la pienezza dei diritti.
Non c'è bisogno di leggi.
Del resto Israele non si è dato una Costituzione, non si è dato nemmeno dei confini: il vuoto della legge è utilizzato appunto per non darsi limiti, e per ampliare i confini secondo le opportunità.
Uno Stato-canaglia non ha bisogno di leggi.
Tutta la persecuzione e discriminazione avviene per «via amministrativa», burocratica.
Lo stesso facevano i bolscevichi: uno dei primi atti di Lenin fu di abolire la pena di morte giudiziaria; subito dopo, le morti vennero comminate a milioni, ma non da giudici, bensì dalla «troika amministrativa», una commissione di tre funzionari del Partito che chiarivano all'imputato, esplicitamente, che non lo stavano giudicando: ne accertavano l'identità e semplicemente la classe sociale.
Se era «borghese», «kulako» o «controrivoluzionario», lo liquidavano per via breve come appartenente a una categoria di «nemici di classe».

Gli Stati criminali non hanno leggi, non si lasciano legare le mani dal diritto.
Israele ha in vigore una «Legge del Ritorno», che conferisce la cittadinanza immediata a qualunque persona in grado di dimostrare la propria ebraicità razziale (madre o nonna ebrea), e nello stesso tempo nega il diritto al ritorno ai palestinesi che Israele fece fuggire dalle loro terre con i massacri terroristici risalenti al 1948, e ripetuti nel 1967.
Anzi, nel 1967 il governo sionista dichiarò tutti gli abitanti della Palestina occupata come non-cittadini, e cominciò a trattarli da stranieri.
I residenti assenti dalle loro case in quel periodo - 250 mila profughi fuggiti dalla guerra - non hanno avuto il permesso di tornare.
A migliaia di palestinesi, l'armata sionista ritirò i documenti in quanto «il visto era scaduto» (sic) e da allora, metà degli otto milioni di palestinesi vivono come residenti ma non cittadini- apolidi -  passibili di misure arbitrarie («amministrative») di espulsione.
La legge sull'Absentee Property, sempre in vigore, dà a Giuda il «diritto» di confiscare senza indennizzo le terre che famiglie palestinesi sono state costrette ad abbandonare col terrore.
Per il resto, ci sono le angherie «amministrative».
Un palestinese che abita a Gerusalemme, formalmente «cittadino» israeliano, non si vedrà concedere i permessi locali per restaurare la sua casa che cade in pezzi, nell'intento di costringerlo a sloggiare da un edificio ormai inabitabile; subito subentra un cittadino di serie A, e il permesso gli viene immediatamente accordato; i trucchi che le burocrazie in tutto il mondo usano per negare diritti sono, notoriamente, inesauribili.
Israele ha firmato la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, che all'articolo 15 dichiara: «Ciascuno ha diritto a una nazionalità».
Ma ha ridotto 4 milioni di palestinesi ad apolidi, che può espellere in ogni momento non rinnovando il visto che concede, temporaneamente, come a stranieri.

Maurizio Blondet


Note
1)
 «Israeli jets clash with German ship near Lebanon», Reuters, 25 ottobre 2006.
2) Josh Brannon, «Israeli Air Force denies firing on German warship», Jerusalem Post, 25 ottobre 2006.
3) Gideon Alon, «French forces: stop Lebanon overflight or we will open fire», Haaretz, 18 ottobre 2006.
4) Su Pagine di Difesa, sito ufficioso delle nostre forze armate, appare un pezzo che ha tutta l'aria di essere tolto di peso da Debka o altra organizzazione del Mossad: «UNIFIL 2, Hezbollah riarma e l'ONU sta a guardare». Si noti il tono, improbabile in un militare italiano, ma piuttosto alla Pacifici: «Nessuno ha fatto notare che notte e giorno atterrano in Siria gli Antonov provenienti dall'Iran con le nuove scorte di missili e tecnologie destinate a Hezbollah. Nessuno ha fatto notare che una nota fabbrica di armi, la russa KBP, produttrice di sistemi d'arma antiaerei, ha concluso con Siria e Iran un contratto da centinai di milioni di dollari per la fornitura della sua migliore creatura, cioè il sistema missilistico terra-aria Pantsir, derivato dalla famosa serie SAM, leggero e altamente portatile, che può operare in movimento su qualunque veicolo e può raggiungere aerei a quote altissime. Nessuno ha fatto notare che a Cipro è stata bloccata una nave diretta in Siria, che ufficialmente doveva contenere frigoriferi destinati al Libano e che invece conteneva diciotto camion con radar mobili per la contraerea e tre veicoli con apparecchiature di controllo in palese violazione alla risoluzione 1701 che vieta il commercio di armi dirette in Libano». Ora, bisognerebbe far notare a questo militare nostrano filo-sionista che le armi che la Russia fornisce a Iran e Siria, anche ammesso si possa dimostrare, non riguardano l'UNIFIL. Tipicamente israeliana questa idea che noi europei dobbiamo disarmare non solo Hezbollah, ma Siria, Iran e magari Russia, se no Israele non si sente sicuro.  E poi, se è stata bloccata la nave che doveva portare frigoriferi e invece portava sistemi d'arma, il nostro militare «ispirato» dovrebbe dire: da chi è stata bloccata, chi era lo spedizioniere e chi il cliente? La notizia che appare certa e ricca di dettagli è invece vaga - tipico stile Debka - e viene lasciata a mezzo, non ci si insiste. Eppure sarebbe la «prova» della violazione che farebbe tanto comodo a Israele… ma il meglio  è quest''altro passo: «Hezbollah non vede molto di buon occhio i militari italiani e tutto grazie a un accordo che risale al 13 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 130 del 7 Giugno 2005, diventato legge nel maggio 2005, tra Italia e Israele denominato 'Memorandum per la cooperazione militare', secondo il quale Italia e Israele avviano una cooperazione che riguarda anche l'importazione, l'esportazione e il transito di materiali militari, l'organizzazione delle Forze armate e l'attività di formazione e addestramento». Difficile dare torto a Hezbollah: quel memorandum  (di cui la nostra opinione pubblica è all'oscuro) ci rende alleati di Israele. Alleati di fatto e non di diritto, alla chetichella. E alleati a senso unico: non impegna Israele ad alcun  obbligo, ma solo noi. Alleati sottobanco. Alleati - servi: dobbiamo chiudere gli occhi sul «transito di materiali militari» (da USA a Israele) e pure aprire ai sionisti le attività di «addestramento» delle nostre forze armate. Siccome è improbabile che il glorioso Tsahal abbia bisogno di essere «addestrato» dal nostro povero esercito, è evidentemente il contrario quello che sta avvenendo: gli israeliani vengono qui, addestrano qualche nostro ufficiale, e se lo fanno «amico»…


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