contributo suk Libano



Diffondiamo questo contributo che può risultare utile alla
comprensione della situazione politica oggi in Libano, alla
scadenza del mandato del presidente della repubblica.

Mariella Megna e Giorgio Riboldi
L'altra Lombardia - SU LA TESTA   
www.laltralombardia.it
                       
LIBANO: le elezioni presidenziali un anno dopo
l’aggressione israeliana

Esponenti de L’Altra Lombardia SU LA TESTA  si sono recati
in Libano dall’8.09.2007 al 14.09.2007 insieme ad una
delegazione del “ Comitato per non dimenticare Sabra e
Chatila” per ricordare il 25° anniversario della strage
in questo campo profughi palestinese: furono sterminati 3
mila civili ad opera dei falangisti cristiano-maroniti
aiutati dall’esercito israeliano comandato dal generale
Sharon. In questa occasione la delegazione ha avuto modo di
visitare il paese e numerosi campi profughi palestinesi 10
giorni prima dell’inizio della sessione parlamentare che a
partire dal 25 settembre avrebbe dovuto eleggere il nuovo
presidente della repubblica.
Oggi 23 novembre 2007 scade il mandato del presidente
uscente e non c’è ancora nessun accordo fra le parti.
L’elezione del presidente ha una importanza fondamentale
in Libano perché questi, una volta eletto, procede alla
formazione di un nuovo governo.
Le forze in campo che si contrappongono sono la maggioranza
parlamentare filo-USA guidata da Saad Hariri leader del
partito Mustaqbal( Futuro) ( figlio dell’ex presidente del
consiglio Rafih, assassinato nel febbraio 2005) e
l’opposizione di cui fanno parte sette formazioni
politiche fra cui il partito di Hezbollah( Partito di dio)*,
partito di confessione musulmana sciita con vasto consenso
popolare che ha svolto un ruolo fondamentale nella lotta di
liberazione contro le aggressioni israeliane; Amal,partito
di confessione musulmana sciita; Tayyar, il partito del
generale Aoun di confessione cristiano-maronita e filo
siriano e altre formazioni minori come il Syrian Social
National Party.
 La coalizione di opposizione** da circa 9 mesi ha
installato una tendopoli nelle vicinanze del Parlamento, per
protestare contro il governo e le sue politiche e per
rivendicare un governo di unità nazionale, dopo che i due
ministri di Hezbollah avevano abbandonato l’esecutivo
successivamente  all’aggressione israeliana del Luglio
2006.
La causa del profondo contrasto tra le coalizioni non va
ricercata solo nel disaccordo che si registra  sul nome del
futuro presidente, ma anche sulle procedure  per la sua
elezione. Infatti Hezbollah e i suoi alleati chiedono che il
prossimo capo di stato sia eletto con l’approvazione dei
2/3 dei parlamentari, come prevede la costituzione per le
prime votazioni, mentre l’attuale maggioranza di destra e
filo-USA sostiene che dopo le prime sedute, se non si
dovesse trovare un accordo bi-partisan su un nome,
procederà comunque all’elezione del nuovo presidente,
ritenendo sufficiente il 50 più uno dei voti.
In questo caso, Hezbollah e tutta la coalizione
anti-governativa ha già fatto sapere che non riterrà
valida l’elezione e in una dichiarazione del suo deputato
Mohammad Haidar ha parlato esplicitamente di “Golpe”, se
si dovesse verificare questa circostanza.
 Stando così le cose è chiaro che la riesplosione della
guerra civile sarà quasi inevitabile.***
E’ utile ricordare, per comprendere meglio le complicate
vicende libanesi, che la Costituzione prevede che il capo
dello stato sia di religione cristiano-maronita, mentre il
primo ministro deve essere sunnita e il presidente del
parlamento di confessione sciita. Il presidente uscente è
Lahoud, cristiano-maronita filo-siriano, il primo ministro
è Siniora di fede musulmana-sunnita filo-occidentale e il
presidente del Parlamento è Nabih Berry  appartenente al
partito Amal e di confessione musulmano-sciita ed è
considerato filo-siriano. Quest’ultimo si è fatto carico
del tentativo di una mediazione che prevede la rinuncia di
Hezbollah e Amal a richiedere la costituzione di un governo
di unità nazionale a condizione che l’attuale esile
maggioranza, raccolta intorno al blocco denominato “ 14
marzo”****, accetti il principio di eleggere un presidente
della repubblica con i 2/3 dei voti, così come previsto
dalla Costituzione per le prime votazioni.
A rendere ancora più complessa la situazione, già di per
sé strutturalmente e storicamente complicata,vanno ad
aggiungersi altri due elementi:
Il 19 settembre è stato ucciso in un attentato il deputato
Ghaner appartenente al partito Kataeb, il partito falangista
di estrema destra facente parte dell’attuale maggioranza
parlamentare. Questo omicidio non era certo inaspettato e fa
parte di una prassi consolidata nelle relazioni politiche
libanesi.
Dal 2005 ad oggi sono stati assassinati 8 deputati quasi
tutti della maggioranza e quest’ultimo attentato allontana
la possibilità di una mediazione fra le parti e riduce a
soli 2 deputati i margini su cui può contare il “blocco
14 Marzo”. 
La situazione in alcuni campi profughi palestinesi è
sempre più tesa ed esplosiva, dopo che l’esercito
libanese ha raso al suolo quello di Nahr el Bared (vicino a
Tripoli a nord del Libano), usando come pretesto la
necessità di scovare e cacciare i miliziani di Fatah el
Islam, un gruppo sunnita-salafita di origine ambigua e
composto essenzialmente da combattenti non palestinesi. Ci
sono stati centinaia di morti da ambo le parti, 6000
abitazioni distrutte e 50 casi di tortura tra i civili
palestinesi. Dopo questo episodio, i campi che hanno subito
le conseguenze più gravi  sono quelli di Beddawi a nord di
Tripoli e quello di Ein el Hinweh, nei pressi di Sidone nel
sud del paese (il più grande campo profughi palestinese in
Libano, dove negli ultimi anni si è radicato il gruppo
fondamentalista islamico Usbat al Ansar che nei mesi scorsi
ha sostenuto prolungati combattimenti con l’esercito
libanese che cercava di snidarlo e disperderlo, come ha
fatto con il gruppo Fatah el Islam). 
La Situazione a Beddawi:la nostra delegazione ha visitato
questo campo che si trova a pochi km a nord di Tripoli e a
solo una decina di km da Nahr el Bared, che prima di essere
raso al suolo dall’artiglieria libanese, era il più
popoloso del Libano( 40.000 abitanti circa).Gli sfollati del
campo hanno trovato ospitalità nelle povere strutture di
Beddawi.
Quando entriamo si avvertono subito i disagi, le
difficoltà e le tensioni dovute al sovra- affollamento.
Visitiamo una delle 5 scuole del Campo, in cui donne, uomini
e bambini sono costretti a vivere in 15/20 dentro piccole
aule, con gravi problemi igienici e sanitari. Rabbia e
disperazione sono palpabili, ma altresì evidente è la
volontà di voler tornare nelle proprie abitazioni e di
respingere i subdoli tentativi del governo libanese di
costringerli, di fatto, a lasciare il paese. Si, perché i
palestinesi, qui in Libano in particolare, ma anche negli
altri paesi arabi dove sono collocati i campi profughi,
costituiscono per i governi moderati e reazionari un
problema politico ed umano.

Il destino del popolo palestinese è da tempo legato alle
vicende interne dello stato libanese, non solo perché a
Beirut vi era la sede centrale dell’Olp fino al 1982, ma
anche perché in un piccolo paese come il Libano, erano
presenti fino al 1985 circa 450.000 palestinesi, ora ridotti
a meno di 300.000 sparsi in 12 campi profughi, senza diritti
e con forti limitazioni nei movimenti. Ai palestinesi in
Libano sono precluse ben 72 attività lavorative e gli
abitanti dei campi non possono acquisire la proprietà di
una casa, oltre che dover vivere in campi che per legge non
possono superare 1 km quadrato( in alcune eccezioni il
limite è il km e mezzo). Basta vedere l’interno di un
campo per comprendere la situazione opprimente in cui i
palestinesi sono costretti a vivere. 
Risulta evidente che i nessi e le relazioni che in questi
anni si sono consolidati tra resistenza palestinese e quella
libanese hanno prodotto e producono conseguenze e
ripercussioni nella aggrovigliata situazione politica 
libanese. Questo è avvenuto nel corso della lunga guerra
civile durata dal 1975 al 1990, nei 22 anni di occupazione
israeliana e nell’aggressione del luglio 2006, così come
accade oggi a pochi giorni dall’elezione del nuovo
presidente della repubblica,  il cui esito in un senso, o in
un altro non è affatto scontato e  può far precipitare i
libanesi in una nuova guerra civile. Da questa non potranno
restare oggettivamente estranei i palestinesi con le loro
milizie armate ed un ruolo decisivo, come sempre, verrà
giocato dall’imperialismo USA e israeliano per ridisegnare
la mappa politica del nuovo medioriente.

Mariella Megna e Giorgio Riboldi  di ritorno dal Libano

Milano, 23 novembre 2007 

Note degli autori:

*Hezbollah ( Partito di dio) è una formazione islamica
sciita che possiede due livelli d’organizzazione: una
milizia armata e un partito politico. Il partito nasce nel
1982 ad opera di alcuni dissidenti di Amal, per contrastare
la seconda invasione israeliana, ma viene fondato
ufficialmente nel 1985 quando il suo leader di allora
Ibrahim Al-Amin rende noto il manifesto costitutivo del
partito. Il suo programma è essenzialmente basato su un
progetto di sostegno sociale alla popolazione più povera,
che appartiene prevalentemente alla confessione sciita.
Gestisce scuole, ospedali e altre strutture assistenziali.
Ha svolto un ruolo decisivo nel respingere l’aggressione
israeliana del luglio 2006, riconosciuto anche da gran parte
della popolazione cristiana.
Attualmente sta sostenendo una campagna di ricostruzione
delle infrastrutture distrutte o danneggiate dai
bombardamenti israeliani. Di fatto controlla in modo
capillare tutto il Sud del Libano.
Il suo attuale segretario è Sayyed Hassan Nasrallah, che
ha assunto la guida del partito nel 1992, dopo che gli
israeliani avevano assassinato il leader precedente Abbas al
Mussawi.
Hezbollah è una delle due organizzazioni della comunità
sciita ( l’altra è Amal, ) ed è anche la più grande
organizzazione religiosa del Libano. Nelle ultime  elezioni
politiche del 2005 ha ottenuto il 10% dei seggi ed aderisce
al gruppo “Resistenza e Sviluppo” che ha il 27,3% dei
seggi.

** L’Alleanza dell’opposizione è composta dai seguenti
partiti:Hezbollah,  Amal, Tayyar, Sirian Social National
Party, Areslan libanese democratic party, Wahab Libanese
Union Party e Nidal.

***In Libano tutti i contrasti politici sono trasformati
automaticamente e  strumentalmente in contrapposizione
religiosa( in Libano esistono 19 comunità religiose) e
come sostiene Talal Salman, direttore del quotidiano
progressista As Safir “ …Il quadro politico, religioso
ed etnico in Libano è diventato un caos….costantemente
alimentato dalle continue interferenze di potenze straniere
e dal complesso sistema di interessi economici che
condizionano il Libano fin dalla sua nascita come stato
indipendente….”

****Blocco 14 marzo: è una coalizione di destra filo-USA,
composta da rappresentanti sunniti moderati, drusi e
cristiani-maroniti della Falange. I leader di questa
alleanza sono: Hariri (sunnita), Walid Jumblatt  (druso, che
durante la guerra civile apparteneva al fronte
progressista), Geagea (cristiano-maronita, feroce capo della
Falange). E’ così denominato, perché dopo l’omicidio
del primo ministro Hariri, venne convocata una
manifestazione di protesta contro la Siria proprio il 14
marzo.
                             



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