Presidente birmano minaccia l'espulsione di 800.000 Musulmani - Razzismo contro i Rohingya



Associazione per i popoli minacciati / Comunicato stampa in www.gfbv.it/2c-stampa/2012/120712it.html

Presidente birmano minaccia l'espulsione di 800.000 Musulmani
Razzismo contro i Rohingya - Grave passo indietro per la democratizzazione del paese

Bolzano, Göttingen, 12 luglio 2012

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) è profondamente indignata di fronte alle gravi e pericolose minacce del presidente birmano Thein Sein di voler espellere 800.000 Rohingya musulmani dal paese. Invece di adoperarsi per una vera pacificazione nel paese multietnico, il presidente birmano abbraccia un facile populismo e istiga nuovi conflitti etnico-religiosi. Le minacce di Thein Sein costituiscono un preoccupante passo indietro nella democratizzazione della Birmania. La comunità internazionale deve chiarire al governo birmano che l'emarginazione arbitraria su base etnica di una fetta di popolazione non è ammissibile.

Lo scorso 13 luglio il presidente Thein Sein ha dichiarato al Commissario per i profughi delle Nazioni Unite Antonio Guterres (ACNUR) che gli 800.000 Rohingya che vivono nel paese dovrebbero spostarsi un in altro paese oppure andare a vivere in un campo profughi delle Nazioni Unite. "Noi siamo pronti a mandare via tutti i Rohingya se ci fosse un paese terzo pronto ad accoglierli", ha detto Thein Sein.

Solo una settimana prima 31 organizzazioni non governative tra cui l'APM avevano chiesto al governo birmano di annullare finalmente la discussa legge sulla cittadinanza del 1982 grazie alla quale ai Rohingya è stata tolta la cittadinanza birmana. E' ora che il governo elabori una nuova legge per la cittadinanza che si basi su principi di eguaglianza e non-discriminazione, avevano chiesto le organizzazioni per i diritti umani.

I Rohingya in parte vivono in Birmania fin dal VII secolo ma ciò nonostante il governo nega loro ogni diritto civile e di cittadinanza. In Birmania gli appartenenti a minoranze etniche sono tuttora considerati "migranti bengalesi" e in quanto tali subiscono sistematiche espulsioni arbitrarie e la loro libertà di movimento è fortemente limitata.

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