rassegna stampa: Ogm, Parmigiano sotto attacco.



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Agrisole" - agosto 2007
Ogm, Parmigiano sotto attacco.
A un mese dalla campagna di Greenpeace 20mila consumatori chiedono al
Consorzio una svolta «free».
Dalla Germania la metà delle lettere – Forniture certificate e colture
proteiche l’alternativa alla soia.

ROMA – «A un mese dall’inizio della campagna “Salviamo il Parmigiano dagli
Ogm”, Greenpeace ha già raccolto 10mila lettere da parte di consumatori
italiani,
che chiedono al Consorzio di tutela di eliminare dalla dieta delle mucche la
soia
transgenica».
Lo ha detto Federica Ferrario, responsabile Ogm dell’associazione
ambientalista.
Altre 10mila lettere, questa volta in tedesco, sono arrivate dalla Germania,
principale mercato di sbocco per l’export del prestigioso formaggio Dop.
«Compro il Parmigiano e mi è sempre piaciuto – si legge nella lettera-tipo
preimpostata sul sito Internet di Greenpeace – ma con stupore ho appreso che
vengono
utilizzati Ogm nei mangimi impiegati negli allevamenti che forniscono il
latte per la
produzione del Parmigiano reggiano». L’appello finale è esplicito: «Vi
chiedo di adottare tutte le
misure necessarie al fine di salvaguardare questo prodotto e di soddisfare
la volontà espressa
dai consumatori, evitando che gli Ogm siano utilizzati nei mangimi e in ogni
altra fase nella
produzione del Parmigiano reggiano».
L’iniziativa anti-biotech è stata lanciata il 21 giugno scorso (si veda
«Agrisole» n. 26/2007) e contestualmente l’organizzazione aveva contattato
il presidente
del Consorzio, Giuseppe Alai, inviandogli una nota «Il fabbisogno di soia
(in panelli),
delle filiere zootecniche Dop italiane – si legge nella nota – è stimato in
circa 3,122 milioni di tonnellate. Di queste, la percentuale legata alle
filiere dei formaggi vaccini Dop è il 14,8% del totale. La frazione di
competenza del Parmigiano reggiano
non supera le 200.000 tonnellate (fonte: elaborazioni Nomisma)».
L’idea è quindi che i quantitativi coinvolti siano contenuti e consentano
una scelta alternativa alla soia transgenica. L’associazione poi elenca
anche i possibili fornitori di soia brasiliana certificata come non-Ogm.
Oltre a indicare una dieta proteica alternativa alla soia che potrebbe
contare su un approvvigionamento nazionale o europeo.
Dai semi integrali di favino, la cui coltivazione è diffusa in tutta l’
Europa Occidentale, al lupino dolce, che per il suo alto tenore proteico può
sostituire la soia,
dai semi di pisello, che in Italia si coltiva nella Pianura padana (molto
note le varietà Finale e Frisson) all’erba medica disidratata.
In realtà ci sono già attualmente produttori di Parmigiano che hanno scelto
la via «free».
«Già oggi tutti i produttori di Parmigiano reggiano biologico – si legge nel
dossier di Greenpeace scaricabile dal sito – garantiscono un prodotto senza
Ogm,
utilizzando materie prime – mangimi compresi – derivanti da agricoltura
biologica.
Diversi allevatori aderenti al Consorzio hanno inoltre già espresso la
propria volontà di utilizzare solo mangimi senza Ogm, per poter continuare a
produrre un
latte sicuro al 100 per cento, senza l’uso di Ogm».
Ma il consorzio di tutela, pur condividendo l’intento dell’iniziativa, non
vede una soluzione a breve termine.
«L’assenza di Ogm non fa parte del disciplinare delle Dop –
sottolinea il direttore del Consorzio di tutela Leo Bertozzi – e in ogni
caso il
problema degli Ogm nella filiera zootecnica è una questione di natura
ambientale generale,
che non può riguardare solo i produttori di Parmigiano reggiano». Il
Consorzio
sottolinea infatti l’impegno dei produttori verso un’esclusione di prodotti
biotech dal
processo produttivo difendendo la scelta di consentire solo l’uso di caglio
di vitello.
Sui mangimi, però, servirebbe un impegno pubblico nazionale: «Non si può
partire dal divieto – continua Bertozzi – ma va costruita un’alternativa a
livello
nazionale ed europeo.
Serve un piano proteico. Non basta dire che in Paranà c’è la possibilità di
fornirsi di soia free. Bisogna avere garanzie anche sui silos e sulle navi.
Più facile
sarebbe se la produzione mangimistica avvenisse con materie prime prodotte
in loco, con soia
italiana».
Su questo problema, Bertozzi giudica «positiva» l’iniziativa delle Regioni
europee Ogmfree, che hanno organizzato a Bruxelles per il 5 e 6 dicembre un
business-meeting
tra esportatori di soia, organismi di certificazione e circa 400
rappresentanti della
filiera agroalimentare europea. Ma i produttori del Parmigiano reggiano non
ci saranno. (di Rosanna
Magnano)
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Referendum nazionale contro le agrobiotech.
ROMA – Una consultazione nazionale dal 15 settembre al 15 novembre con l’
obiettivo di raccogliere almeno tre milioni di voti «firmati » a favore o
contro l’uso di Ogm nella filiera agroalimentare italiana.
È l’iniziativa patrocinata dal ministero delle Politiche agricole, lanciata
dalla coalizione «Liberi da Ogm» formata da 27 sigle, tra Coop Italia,
organizzazioni ambientaliste (Legambiente, Greenpeace, Vas e Wwf),
imprenditoriali (Coldiretti, Cia, Coopagri, Aiab, Legacoop agroalimentare,
Cna e Confartigianato) e dei
consumatori (Slow food, Adusbef, Adoc, Adiconsum).
A guidare la mobilitazione – che prevede una serie di incontri sul tema in
tutta Italia e cinque grandi appuntamenti a Milano, Firenze, Bologna, Napoli
e Bari – la Fondazione per i diritti genetici, presieduta da Mario Capanna.
«Si tratta di una
consultazione inedita per ampiezza – sottolinea Capanna, che ha illustrato l
’iniziativa a nome di tutta la
coalizione – dal momento che le associazioni promotrici raccolgono circa 10
milioni di associati, quattro volte tutti gli iscritti ai partiti.
Un’operazione necessaria, non per chiarire l’opinione dei consumatori, dal
momento che i continui sondaggi di Eurobarometro oscillano tra due terzi e
tre quarti di contrari agli Ogm, ma per avere uno strumento politico di
pressione nei confronti della
Commissione Ue, che tenta di imporre un modello di sviluppo del sistema
agroalimentare, di cui i prodotti transgenici sono solo la punta dell’
iceberg, che per l’Italia
rappresenterebbe un suicidio economico».
Il problema si pone soprattutto per le filiere zootecniche – comprese le
grandi Dop come Parmigiano reggiano e Grana padano – dipendenti da industrie
mangimistiche che fanno fatica ad assicurare una certificazione Ogm-free dal
momento che soia e mais di importazione sono quasi integralmente biotech.
«Siamo in dialogo con le imprese del settore – continua Capanna – e questa
consultazione è solo il punto di partenza. L’obiettivo è di «ripulire »
tutta la filiera agroalimentare nazionale dagli Ogm».
Il quesito, che viene proposto su una scheda simile a quelle elettorali è
unico e diretto: «Vuoi che l’agroalimentare, il cibo e la sua genuinità
siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e
qualità,
 sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da Ogm?».
La risposta potrà essere scontata ma la realizzazione concreta di una
filiera agroalimentare italiana «free» non lo sarà altrettanto, anche se le
organizzazioni agricole esprimono una netta contrarietà all’uso del
transgenico.
«Fermare il tentativo di modificare geneticamente prodotti base della dieta
mediterranea – sottolinea il presidente della Coldiretti, Sergio Marini –
come ulivi, vite, pomodoro, melanzana, fragola, ciliegio, agrumi e altri
prodotti
significa difendere l’ immagine complessiva del Made in Italy alimentare ed
evitare danni economici
stimabili in 6 miliardi di euro, con il calo di un terzo delle esportazioni
alimentari».
«Non a caso – aggiunge il presidente della Cia, Giuseppe Politi – abbiamo
scelto per la Consultazione lo slogan “Un sì per il futuro!”.
Vogliamo coinvolgere l’intera società su una questione molto delicata che
richiede risposte precise e puntuali per respingere quei tentativi,
soprattutto a livello Ue, attraverso i quali si intendono aprire spazi agli
Ogm,
ultimo in ordine di tempo quello relativo alla patata, definita Emphlora».
A dare il suo appoggio alla raccolta di voti è intervenuto anche il ministro
Delle Politiche agricole, Paolo De Castro, che a proposito della patata
transgenica Basf in corso di approvazione a Bruxelles per la coltivazione
nella Ue
(si veda «Agrisole » n. 29/2007) ha annunciato che nel caso in cui la
Commissione dovesse
dare il via libera – eventualità già data per certa dal commissario all’
Ambiente, Stavros Dimas –
l’Italia potrebbe presentare un ricorso alla Corte di giustizia europea.
R.M.
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I numeri del Parmigiano:
Aziende zootecniche 4.414; Bovine da latte 270.000; Quota di produzione
nazionale di latte 15%; Caseifici produttori 450; Forme prodotte 3.000.000;
Giro d'affari alla produzione 808 milioni di euro; Quota export 16%
(volume).
La dieta alternativa per le mucche (fonti proteiche alternative alla soia):
Favino - La coltvazione di favino è diffusa in tutta l'Europa Occidentale.
In Italia le varietà selezionate Proteo, Nettuno e Finale hanno rese fino a
40 quintali per ettaro. Lupino dolce - La sua coltivazione diffusa al sud è
andata diminuendo ma può essere una risorsa proteica alternativa alla soia.
Pisello - Si coltiva in Pianura Padana (Finale e Frisson) la produzione
ammonta a 14/40 quintaqli per ettaro. Erba medica disidratata - La
disidratazione limita le perdite quantitative rispetto all'erba medica
affienata. (Fonte Greenpeace)
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