Invece di fare plotoni di esecuzione mediatici, invitate in Cattolica Allam



Invece di fare plotoni di esecuzione mediatici, invitate in Cattolica Allam

Della triste vicenda che ha visto duecento
intellettuali sottoscrivere un appello
contro il libro “Viva Israele” di Magdi Allam
si potrebbe non aggiungere nulla a quanto è
stato già scritto dal Foglio, Libero, Corriere
della Sera ecc ecc. Però, dato che questo
giornale non solo è orgoglioso dei vincoli
umani, ideali e professionali che lo legano a
Magdi Allam, ma si trova nella strana posizione
di chi ha tra i suoi collaboratori uno
dei sottoscrittori dell’appello, allora bisognerà
che qui spendiamo una parola chiara.
Cominciamo dai fatti. Chi ha letto il libro di
Magdi Allam sa che in “Viva Israele” non si
trovano doppie verità, allusioni per addetti
ai lavori, messaggi cifrati. Si trovano solo notizie,
fatti, nomi precisi e circostanziati. Come
quelli riguardanti il professor Paolo
Branca, docente di lingua araba all’Università
Cattolica e del quale il libro di Allam
parla severamente, denunciandone ambiguità
e connubi con ambienti islamisti. Dunque?
Dunque è evidente che niente impedisce
al professore di replicare alle accuse e,
al limite, di adire alle vie legali. Perché, invece,
Paolo Branca accende la torcia di Torquemada
e organizza la caccia alla strega
Allam? Di fatto, come ha ricostruito Andrea
Morigi su Libero, il professor Branca prima
ha scritto una lettera-circolare in cui con argomenti
clericali e melliflui spronava i colleghi
alla mobilitazione. Poi ha steso l’appello
ed è passato all’incasso delle firme. La
stragrande maggioranza dei docenti interpellati
non ha firmato. Ma una bella fetta ha
abboccato all’amo. Branca ha infatti raccolto
una cinquantina di adesioni in Cattolica
(capofila Ombretta Fumagalli Carulli e Milena
Santerini) e tra cattolici di area prodiana
(capofila Enzo Bianchi e Alberto Melloni).
Il resto sono i soliti musulmani “moderati”
cosiddetti. Il risultato è quello che si è
letto sulla rivista Reset. Cioè un attacco senza
precedenti non alle idee, ma alla persona
che da quattro anni gira con la scorta più
numerosa che sia mai stata data dal ministro
dell’Interno a un qualsiasi politico, magistrato,
imprenditore, giornalista, cittadino
italiano. Cerchiamo di capirci. Primo. Nessuno
è tenuto a condividere le idee di Magdi
Allam. Ma una cosa è la dialettica delle
idee, il confronto anche aspramente polemico
delle idee. Altro è stendere un appello e,
duecento contro uno, criminalizzare e mettere
all’indice un libro e il suo autore. Questo
non è confronto delle idee. Questa è logica
da branco. Vergogna. Secondo. In “Viva
Israele” non si trovano solo fatti. Ci sono anche
ragionamenti ad personam e deduzioni.
Discutibili, certo, ma ovviamente legittime.
Per esempio: si può o no pensare, alla luce
dei fatti e delle argomentazioni presentati
da Magdi Allam, che così come negli anni di
piombo ciò che veniva insegnato dalle cattedre
e ciò che gli intellettuali scrivevano nei
loro appelli (tipo “Né con le Br, né con lo
stato”) favorirono i fiancheggiatori del terrorismo
e indebolirono la lotta all’eversione
(con le conseguenze che tutti conosciamo),
così anche oggi ciò che “pullula” (questo è il
verbo usato da Allam) nelle scuole e nelle
università italiane, cioè il pregiudizio antisraeliano,
l’odio di sé, il risentimento antioccidentale
e antiamericano, favoriscono un’educazione
e un pensiero unico che tende a
giustificare utopie, violenza e terrorismo? I
fatti italiani sono dispiegati nella cronaca
dei giornali e l’esperienza di ogni lettore
può ben dire se sia vera o no la denuncia di
Magdi Allam (per molti versi simile a quella
di Oriana Fallaci).
A noi pare che se invece di discutere apertamente
di queste cose si organizza il plotone
di esecuzione mediatico, significa solo
una cosa: significa che Allam ha ragione.
Terzo. Ma ammettiamo pure per assurdo che
“Viva Israele” sia un pessimo libro. E allora?
In questo paese si pubblica di tutto: Massimo
Fini ha scritto un saggio per esaltare la figura
del mullah Omar. Massimo D’Alema
scrive che Hamas sono gente popolare e perbene.
L’insurrezionalismo globale di Toni
Negri e tutta la copiosa letteratura che attribuisce
le responsabilità dell’11 settembre a
noi, alla Cia, al complotto giudaicomassonico
sono portati in palmo di mano tanto nelle
accademie quanto tra gli scaffali dei supermercati
dove si istruiscono le massaie. Non
c’è croisette intellettuale dove non si premino
film che attribuiscano all’occidente tutti i
mali del mondo e ai poveri binladeniani il
ruolo di vittime della “guerra di Bush”. Possibile
che si sveglino solo adesso, e in duecento,
e solo per indignarsi contro un “Viva
Israele”? Si sono mai viste duecento anime
belle alzare il ditino e prendere la penna per
denunciare la spazzatura, non di Tempi caro
professor Branca (e lei sa bene di cosa stiamo
parlando), ma di certa pubblicistica dei
suoi amichetti di fratellanza musulmana?
Quarto. Visto che questa vicenda porta a
galla questioni che da un pezzo bollono nella
pentola cattolica, osiamo rivolgere noi un
appello all’Istituzione. Da che parte sta la
gloriosa Università Cattolica? Con il metodo
e lo stile del suo docente di lingua araba
e della sua bella pedagogica compagnia o
con il diritto di Magdi Allam di non vedere
killerata e infangata la sua persona? Tranquilli,
non vogliamo la cattedra di nessuno.
Vogliamo soltanto che qualcuno chieda scusa
al Vicedirettore del Corriere della Sera.
E poi, invece di continuare la rissa, vogliamo
vedere un bell’invito del rettore Lorenzo
Ornaghi a Magdi Allam, per discutere
pubblicamente e pacatamente del suo “Viva
Israele”. Naturalmente nell’aula magna
della Cattolica. E naturalmente in compagnia
di Paolo Branca.
Luigi Amicone
(anticipazione dell’editoriale del settimanale
Tempi in edicola giovedì 26 luglio)