Anarres. InformAzione, approfondimenti, appuntamenti



Scene di guerra ad Istanbul
Erdogan procede senza pietà. A pochi giorni dallo sgombero di piazza Taksim è terminata nel sangue la tregua con gli occupanti del parco Gezi.
Il 15 giugno la polizia è intervenuta con estrema violenza. Erdogan aveva dichiarato che avrebbe trattato da “terroristi” i manifestanti che difendevano il parco. Così è stato.
La polizia non ha lasciato scampo agli occupanti di Gezi: quando è partito lo sgombero la gente era accampata e i bambini giocavano tra gli alberi.
Gezi è stato coperto da una nuvola di gas lacrimogeni particolarmente tossici. L’infermeria del parco è stata attaccata e distrutta per prima ed i medici che curavano i feriti sono stati arrestati.
Diversi medici hanno ipotizzato che nell’acqua sparata dagli idranti della polizia ci fossero agenti chimici. Molte fotografie mostrano strane piaghe provocate dall’acqua della polizia.
Su internet sono uscite le foto di agenti turchi che caricano i cannoni ad acqua con taniche blu con la scritta ‘Jenix’. Si tratta di un urticante venduto in Turchia, secondo il sito che lo commercializza, a militari, polizia e gendarmeria. Le foto delle taniche di prodotti chimici sono state scattate da attivisti italiani che le hanno pubblicate su internet.
Non si contano i bambini feriti, i  medici arrestati, i manifestanti pestati a sangue e portati nelle caserme. La polizia ha sparato lacrimogeni anche in alberghi e ristoranti: quelle che arrivano dal cuore di Istanbul sono immagini di guerra. Ad Ankara l’antisommossa ha dato l’assalto al funerale di un manifestante ucciso. Sulle reti sociali centinaia di fotografie denunciano la brutalità della polizia.
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Una soffocante normalità
Il tema dei matrimoni omosessuali è stato al centro del recente Pride di Torino, che gli organizzatori hanno dedicato al tema della famiglia.
Nel Pride subalpino hanno trovato spazio anche altre voci, quelle dei senza famiglia che si sono raccolti intorno allo spezzone “FAMoLo!”.
Qui potete leggere sia il testo dell’appello del FAMoLo!, sia il testo che abbiamo distribuito al Pride.
Anarres ne ha parlato con Ricke, femminista e lesbica, che ha posto l’accento sul problema culturale che le richieste di riconoscimento da parte dello Stato comporta. Il voler vincolare l’accesso ad alcuni diritti negati come la pensione di reversibilità, l’adozione di bambini, gli assegni familiari al matrimonio, stringe in una gabbia normativa le relazioni, gli affetti, la sessualità. La richiesta di potersi sposare, il parlare, al singolare, di famiglia comporta l’adeguamento al modello eterosessuale, monogamico, in cui la “famiglia” è data dall’unione di due persone con i loro figli.
L’imporsi di questo modello culturale cancella la pluralità degli approcci individuali e collettivi che attraversano il movimento glbt e gli stessi eterosessuali.
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Afganistan. Finita una missione ne comincia un'altra
La guerra in Afganistan torna visibile solo quando un ben pagato professionista muore sul lavoro. Per chi fa il mestiere delle armi ci sono i funerali di Stato, le condoglianze del presidente della repubblica Napolitano, la rituale commemorazione in parlamento.
Un rituale antico per trasformare in eroe un mercenario. Uccidere è un crimine se lo si fa per se stessi, chi ammazza in nome dello Stato e della Patria compie una nobile missione.
Una missione che, dopo dieci anni di bombe, torture, occupazione militare continua ad essere descritta come intervento di pace.
Una lucida menzogna.
L’intervento degli italiani in Afganistan dovrebbe terminare nel 2014: i 3100 militari impegnati nella missione ISAF dovrebbero ritirarsi.
Nonostante il parlamento ufficialmente non ne sappia nulla, ed ancor meno ne sanno i cittadini, finita una missione ne comincia un’altra.
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Una piazza antirazzista
Venerdì 14 giugno, largo Saluzzo. Un’ottantina di persone hanno animato l’iniziativa antirazzista promossa dalla Cub in largo Saluzzo.
All’assemblea di piazza hanno partecipato i ragazzi dell’ANPI della zona, che hanno raccontato della necessità che la memoria della Resistenza si coniughi con le lotte per le libera circolazione dei migranti. C’erano anche due studenti dello YUC, che hanno parlato della loro ricerca sulle vite dei migranti nella nostra città. Importante la testimonianza del collettivo antirazzista saluzzese sulle lotte dei braccianti nel distretto della frutta in provincia di Cuneo, una Rosarno del nord, tra baraccopoli, razzismo e lotta per la dignità e il salario.
Nel suo intervento l’esponente della CUB immigrazione ha parlato del CIE di corso Brunelleschi, tra autolesionismo, rivolte e fughe.
Ha concluso l’assemblea un’esponente di “antirazzisti contro la repressione”, parlando delle lotte che cinque anni fa segnarono il percorso breve ma intenso dell’assemblea antirazzista torinese. Le tante iniziative contro i CIE, le politiche securitarie, il pacchetto sicurezza, il razzismo di Stato entrate nel mirino della magistratura che ha rinviato a giudizio in due mega processi 67 antirazzisti.
La giornata si è conclusa con la performance di strada “Ti ricordi di Fatih?” dedicata al tunisino morto nel CIE di Torino nella notte tra il 23 e il 24 luglio 2008.

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Elezioni. La diserzione
Il centro sinistra vince 11 ballottaggi su 11 nei capoluoghi di Provincia, che si aggiungono ai 5 aggiudicati già al primo turno.
Una vittoria secca nei confronti del PDL e della Lega, con cui si giocavano i confronti in questo secondo turno.
Il dato più macroscopico è però l’astensione. Al primo turno aveva votato il 59% degli aventi diritto, al secondo le cifre sono al di sotto del 50%. Oltre undici punti percentuali in meno.
E’ la bocciatura di un intero sistema politico, che alle elezioni parlamentari dello scorso febbraio era stata in parte assorbita dal voto al M5S, il cui secco ridimensionamento è stato chiaro sin dal primo turno di questa tornata elettorale.
Il centrodestra perde roccaforti come Imperia, Brescia e Treviso.
Il PDL senza Berlusconi non ce la fa a recuperare e si attesta sulle percentuali indicate dai sondaggi prima del ritorno del Cavaliere e del suo numero ad effetto sull’IMU.
Anche in Sicilia si delinea una vittoria del centrosinistra sia sul centrodestra sia sul Movimento 5 stelle. A Catania Enzo Bianco ha vinto al primo turno. A Messina, il candidato del centrosinistra Felice Calabrò non ce l’ha fatta al primo turno per un pelo. I candidati del centro sinistra sono avanti in tutte le province, il Movimento 5 stelle va al ballottaggio solo a Ragusa.
Queste le cifre di questo secondo test elettorale dopo quello, del medesimo segno, delle elezioni in Friuli.
La decodifica dei numeri ci consegna l’immagine di un paese che si sta staccando dalle dinamiche della delega istituzionale. Tra il trionfo di Ignazio Marino e la secca sconfitta di Francesco Rutelli ci sono dodicimila voti. Rutelli perse prendendo più voti di quelli con i quali Marino si è aggiudicato la poltrona di sindaco di Roma.
Appare evidente che la spinta genuinamente libertaria alla partecipazione diretta, che è stata tra le ragioni del successo del Movimento 5 Stelle, a due mesi dalle elezioni politiche si è tradotta in astensionismo. Se a questo si aggiunge il bisogno irrealizzato di concretezza, l’esaurirsi della spinta impressa al PDL da Berlusconi, la fine della Lega, frantumata da un elettorato tristemente egoista e razzista ma anche più moralista di quello del Cavaliere, si spiega il successo del PD, che oggi gode della maggioranza del 49 e rotti che sono andati alle urne.
Tutta da verificare la capacità di intraprendere altri percorsi dei tanti che hanno scelto la diserzione.
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Melfi. L'ultima vendetta
Violenza privata e turbativa della libertà dell’industria. Secondo la Procura della Repubblica di Melfi è di questo che dovranno rispondere i tre operai dello stabilimento lucano della Fiat nel processo che comincerà il 5 dicembre. Il decreto di citazione a giudizio, infatti, non lascia spazio a dubbi sul convincimento del pm: la notte fra il 6 e il 7 luglio 2010 – durante uno sciopero – Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, avrebbero bloccato «volontariamente e consapevolmente» la produzione.
Dopo tre anni e tre sentenze dei giudici del lavoro questa vicenda assume un profilo di carattere penale.
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Turchia. La polizia attacca, la gente resiste
Martedì 11 giugno. Sin dalle prime ore dell’alba è partito l’attacco agli occupanti di piazza Takism. La polizia in un primo tempo aveva dichiarato di voler sgomberare la sola piazza, senza toccare il parco Gezi.
L’opposizione alla distruzione del parco e dei suoi seicento alberi è stata la scintilla della rivolta contro il governo che da due settimane scuote la Turchia.
La difesa degli alberi e l’opposizione alla costruzione dell’ennesima moschea e di un centro commerciale nel guscio di una caserma ottomana si è trasformata in un vasto movimento di opposizione alle politiche del governo.
Dopo ore di attacchi violentissimi alla piazza che resisteva la polizia ha cominciato a sparare lacrimogeni anche nel parco. I quattro presidi medici che vi erano stati installati sono stati obbligati a sgomberare. Numerose persone sono state ferite da candelotti sparati mirando ai corpi dei manifestanti.
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Saluzzo. Braccianti sotto sgombero
Martedì 11 giugno. Dal 5 giugno era ormai esecutiva l’ordinanza del sindaco Allemano che sanciva lo sgombero dell’area dietro il Foro Boario a Saluzzo. Alternative non se ne vedono, il paradosso è il solito. Non ci sono le condizioni igienico-sanitarie minime perché gli immigrati abitino quell’area, allo stesso tempo però quelle braccia a basso costo servono. Soluzione: si accampino alla spicciolata senza creare problemi che acquistino una dimensione pubblica, si rendano più invisibili.
Riportiamo di seguito il comunicato diffuso su facebook dal Comitato antirazzista:
“150 migranti giunti per la raccolta della frutta e accampati sotto teli di fortuna non hanno trovato posto nelle strutture. Molti di loro non hanno un luogo dove stare dopo la chiusura, il 28 febbraio di quest’anno, dei campi per l’emergenza Libia. Un telo, un cartone bagnato e la speranza di un lavoro nella campagna della frutta sono le uniche cose che gli rimangono. Portiamo la solidarietà adesso.”
Nonostante la trattiva aperta con il comune all’alba dell’11 giugno si è presentata la polizia in assetto antisommossa per attuare lo sgombero della tendopoli. Sul posto sono accorsi alcuni solidali che hanno bloccato la strada per impedire ai camion dell’azienda per la raccolta dei rifiuti di entrare nel campo e alcuni avvocati che sono riusciti ad entrare.
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Uno sguardo sui Balcani
Si è svolta due settimane fa a Lubiana l’annuale fiera del libro anarchico. All’edizione di quest’anno, particolarmente ricca, hanno preso parte compagni provenienti da tutti i balcani e da diversi paesi dell’Europa occidentale. Un’occasione di confronto e scambio di idee ed esperienze molto preziosa, culminata con un corteo spontaneo per le strade della capitale slovena. In Slovenia da molti mesi si è sviluppato un movimento di opposizione alle politiche governative sul modello delle piazze “occupy” che da un paio di anni hanno segnato le pratiche politiche di movimenti trasversali, plurimi, attraversati da forti tensioni libertarie di partecipazione diretta, pur in un quadro rivendicativo che raramente assume caratteristiche di rottura radicale. Il confronto è stato molto interessante anche con i compagni serbi, macedoni, bulgari che vivono situazioni caratterizzate dalla crescita della destra, dalle spinte di opposti nazionalismi e da latenti tensioni sociali.
Erano presenti all’incontro di Lubiana anche numerosi anarchici greci, con i quali è stato fatto il punto della situazione nel paese.
Anarres ne ha parlato con Simone, un compagno che conosce bene la situazione ellenica.
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Accordo sulla rappresentanza e scontro di classe. Riflessioni a margine
L’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il 31 maggio 2013 è una corda al collo dei lavoratori.
Sono state stabilite nuove regole per misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e per dare “certezza” agli accordi sindacali, che una volta approvati e ratificati a maggioranza semplice varranno coattivamente per tutti.
Nessuno potrà scioperare contro un contratto non condiviso. Nuovi lacci imbriglieranno il diritto di sciopero e chi non rispetterà i paletti fissati da sindacati di Stato e Confindustria incorrerà in sanzioni. Solo i sindacati firmatari dell’accordo saranno ammessi ai tavoli di trattativa a qualsiasi livello.

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Stoccolma. Alle radici della rivolta
Corrispondenza da Stoccolma.
I sobborghi nordovest e sud ovest della capitale svedese sono stati teatro di scontri dal 20 al 25 maggio 2013.
In sintesi le cifre della rivolta.
Oltre 50 le auto bruciate a Stoccolma, alcune decine sono andate in fumo ad Orebro.
2 commissariati di polizia sono stati attaccati e vandalizzati uno a Jakobsberg (Stoccolma), il secondo a Orebro (ciità a circa 100 km dalla capitale svedese).
2 scuole bruciate a Stoccolma e Orebro.
30 le persone arrestate per la rivolta a Stoccolma.
L’età media degli arrestati si aggira sui 20 anni.

Anarres ne ha parlato con un compagno, che a vissuto a lungo in Svezia, ed oggi vi è tornato per lavoro.

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La partita di potere in Niger e Mali
Nord del Niger. Lo scorso 23 maggio due attacchi condotti con autobomba hanno colpito una caserma militare ad Agadez e il sito minierario ad Arlit, di proprietà di Areva, il colosso francese del nucleare. Il ministro della difesa nigerino, Mahamadou Karidjo, ha riferito di 17 morti nell’attentato contro la caserma. Il giorno successivo Mokhtar Belmokhtar, considerato il capo di AQIM – Al Quaeda nel Magreb – diffuse un comunicato nel quale rivendicava di aver partecipato alle azioni a fianco del MUJAO – Movimento per l’unicità e il jihad in Africa occidentale.
Le autorità nigerine hanno immediatamente puntato il dito sulla Libia, che, dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi, sarebbe divenuta base per formazioni armate islamiche.
Quest’attacco e, quello successivo del 31 maggio, sono stati probabilmente più gravi di quanto hanno raccontato le agenzie, perché dopo il secondo attentato alla miniera di Somair, l’Areva aveva disposto la chiusura degli impianti per due mesi.

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SenzaFamiglia. L'orgoglio delle diversità
Quest’anno il Pride di Torino, la giornata dell’orgoglio glbtq, avrà come tema la famiglia. Su questa questione si è aperto un dibattito che ha portato all’elaborazione dell’appello per lo spezzone “FAMoLO!”, lo spezzone dei “senza famiglia”.

Di seguito il nostro contributo al dibattito.
Libertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.
Principi cardine che alle origini mantenevano saldamente fuori tanta parte dell’umanità. Poveri, donne, omosessuali, bambini erano esclusi dall’accesso a questi diritti. La loro universalità, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.
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Corteo No Tav a Reggio Emilia
(...) Questa gigantesca opera si inserisce nel quadro generale della costruzione di linee ad alta velocità in Italia. Le linee ad alta velocità si sono date, oramai da un ventennio, come metodo per drenare fondi pubblici ai fini del guadagno privato. È infatti gigantesco il sistema economico che ruota intorno alla messa in opera di queste linee: una rete economica e di potere trasversale, che unisce le così dette Coop rosse (CMC, CoopSette) legate al PD alla galassia gravitante intorno alla Compagnia delle Opere di CL ad altri grandi potentati italiani, FIAT e Finmeccanica in testa.

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Resistenza alle trivelle. Condannati cinque No Tav
Si è concluso martedì 4 giugno al tribunale di Torino il processo contro sette No Tav accusati di resistenza per la giornata di lotta alle trivelle del 7 febbraio 2010.
Quattro condanne a cinque mesi, una da un mese, due assoluzioni, questa la decisione del giudice.
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Un paio di sceriffi, due anarchici e un giudice
Provate a immaginare. E’ una sera d’estate e state affiggendo manifesti per strada. Una pattuglia vi vede con il secchio e, con manovra da film, sgomma, inverte, va contromano e finalmente vi intercetta. Non hanno visto niente, ma sostengono di avervi visto incollare i manifesti. Dentro di voi tirate qualche bestemmia ma vi preparate ad intascare il verbale per affissione abusiva.
Vi sbagliate. I due sceriffi vi stanno preparando una serata diversa.
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Turchia. Le radici della rivolta
(...)“Nessuno ha il diritto di aumentare le tensioni in Turchia usando come scusa alcuni alberi tagliati”. Questo ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan. Per quanto i media ufficiali, in Turchia come a livello internazionale, abbiano cercato soprattutto nei primi giorni di parlare solo di Gezi Park e della difesa degli alberi, le radici profonde di questo movimento di lotta sono ormai evidenti a tutti quelli che le vogliono vedere.
Già lo stesso movimento in difesa di Gezi Park non mira alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si oppone all’intero processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di Taksim. Detto in parole semplici, con gentrificazione si intende la trasformazione di aree urbane povere in aree ricche. Questo processo si traduce da una parte in abbattimento e cementificazione selvaggia, dall’altra in esclusione dei più poveri da tali aree, con conseguente abbassamento del livello di vita per le classi popolari. Nelle aree centrali di Istanbul questo
processo è in corso già da anni. Interi quartieri vengono distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso, il costo della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP. Al posto del Gezi Park, Erdoğan vorrebbe far costruire un imponente centro commerciale, una moschea e un rifacimento delle caserme ottomane che si trovavano nella piazza prima della costruzione del parco.
Un progetto che sintetizza i cardini ideologici della sua politica: capitalismo sfrenato, conservatorismo religioso, nazionalismo in salsa neo-ottomana.
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Carcere. Tortura democratica
Lo scorso 8 gennaio l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani per i trattamenti inumani e degradanti inflitti ad alcuni detenuti rinchiusi nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza. Questi prigionieri erano stati obbligati a condividere con altri carcerati una cella di 9 metri quadrati, senza acqua calda e priva di una decente illuminazione.

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Il rapido tramonto delle cinque stelle
Le recenti elezioni amministrative sono state un importante test dopo lo tsunami elettorale di febbraio alle politiche. Viene confermato il quadro emerso con il rinnovo del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia: aumento dell’astensione, ridimensionamento secco del Movimento Cinque Stelle, tenuta nelle percentuali del PD, sconfitta di PDL e Lega.
A pochi mesi dalle politiche l’elettorato appare molto fluido, in movimento rapido, senza i solidi ancoraggi che avevano caratterizzato il periodo precedente.
La crisi economica, la rabbia verso un ceto politico dipinto come “casta” privilegiata, la spinta giustizialista, la non celata diffidenza verso l’immigrazione, la volontà di salvaguardia del territorio, il desiderio di partecipazione diretta, l’aspirazione all’equità fiscale, la richiesta di un salario di cittadinanza sono alcuni degli ingredienti del minestrone a cinque stelle. Il tutto impastato con tanta retorica, il gusto per l’invettiva, il sapore agre dell’ingiuria, il carisma del leader.
A ben vedere niente di davvero nuovo sulla scena del nostro paese: un pizzico di chiasso leghista, un tocco da PM alla Di Pietro, una spruzzata antifiscale come la prima Forza Italia, un tocco di welfare in salsa post comunista, un uomo della provvidenza di destra/sinistra/oltre.
L’impasto non ha tuttora retto alla cottura a fuoco lento del passaggio dalla piazza al parlamento, dall’invettiva alla proposta.

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Siria. Armi e giochi di guerra
L’Unione Europea si è spaccata sulla questione dell’embargo alla vendita di armi ai ribelli siriani, revocato su spinta di Francia e Gran Bretagna, nonostante l’opposizione degli altri Stati membri. Non si è fatta attendere la risposta della Russia, nettamente schierata con Assad, che ha annunciato la fornitura di nuovi missili antiaerei al governo siriano.
Per la terza volta in tre anni la Francia imprime un’accelerazione bellica, che obbliga l’alleato/competitore statunitense a stare a ruota.
In questa prospettiva un compromesso sulla questione siriana pare allontanarsi. Se gli Stati Uniti potevano accontentarsi di un indebolimento del regime di Assad, se la Russia poteva accettare tale situazione di fatto, la scelta dell’UE mette a rischio ogni prospettiva di rapida risoluzione della guerra civile siriana.
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BRICS o del nuovo ordine del mondo
L’acronimo B.R.I.C.S. sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. L’asse tra questi paesi che qualcuno definisce ancora come “emergenti” è quello sul quale ruota tanta parte dell’economia a livello mondiale. Durante il vertice svoltosi in marzo a Durban hanno raggiunto un’intesa per la creazione di una banca di sviluppo per il finanziamento congiunto di grandi progetti infrastrutturali. Lo ha annunciato, a margine del vertice, il ministro sudafricano delle Finanze Pravin Gordhan. I BRICS rappresentano un quarto del Prodotto Interno Lordo (Pil) del pianeta, il 43% della popolazione, riserve in valuta pregiata per 4.400 miliardi di dollari. Cifre impressionanti per i cinque paesi che stanno spostando a sud l’asse economico e, in prospettiva, anche militare, del mondo.
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Fatih. Gli antirazzisti non dimenticano
Sono passati cinque anni. La‎ storia di Fatih, l’immigrato tunisino morto nel CIE – allora CPT – di corso Brunelleschi nella notte del 23 maggio 2008, non la ricorda quasi più nessuno.
Fatih era un immigrato tunisino senza documenti. Nella notte del 23 maggio 2008 stava male. I suoi compagni chiesero aiuto. Nessuno li ascoltò. Racconteranno: “eravamo come cani al canile, urlavamo e nessuno ci ascoltava”.
Il mattino successivo, quando finalmente quelli della Croce Rossa entrarono nella sua cella, per Fatih non c’era più nulla da fare. (...)

Nel quinto anniversario della sua morte il gruppo di compagni di “Ti ricordi di Fatih? Antirazzisti contro la repressione” ha organizzano tre giorni contro i CIE.

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Le delizie del sistema penale USA
È notizia del 30 aprile che al giudice statunitense Mark Ciavarella è stata confermata la condanna a ventotto anni di carcere per il suo coinvolgimento nel caso “kids for cash”. Ciavarella è stato per anni giudice presso il tribunale minorile di Wilkes-Barre, Pennsylvania, ed era famoso per la durezza delle condanne inflitte. Il magistrato era a libro paga della compagnia che gestisce un carcere minorile privato nella contea di pertinenza del suo tribunale.
Ciavarella non è una mela marcia. Ciavarella è un perfetto rappresentante del sistema penale statunitense. La sua colpa, semmai, è stata di aver agito in maniera troppo sfacciata e di avere smascherato, con il suo agire, l’illusione di un sistema “duro ma giusto”.

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CIE. L'eredità del governo Monti
Il fronte del CIE è sempre caldo. Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE – uno al momento chiuso per lavori – sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose rivolte ed evasioni.
Ne è scaturita una discussione a tutto campo centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una commissione nominata nel giugno 2012 dall’ex ministro dell’Interno Cancellieri.
Una delle tante eredità lasciate dal governo Monti a propri successori.
Su questo tema vi riportiamo alcuni stralci di un articolo uscito di recente per il settimanale Umanità Nova.
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No Tav, I partigiani e l'insurrezione
Sono settimane di fuoco per il movimento No Tav. L’innesco lo hanno dato due episodi dell’8 e del 13 maggio: la sassaiola contro un camion della ditta Martina, intercettato per strada dopo l’uscita dal cantiere di Chiomonte, l’assalto notturno al fortino con il danneggiamento di un compressore.
Per uno dei tanti paradossi che segnano la comunicazione politica, l’attacco al camion, con il ferimento lieve del conducente, ha suscitato meno clamore dell’incursione al cantiere, dove non ci sono stati feriti ma solo danni alle cose.
Il giorno successivo all’incursione notturna si è riunito in Prefettura a Torino il comitato per l’ordine e la sicurezza. C’era il vicepremier Alfano, il ministro Lupi, i capi di polizia e carabinieri, il presidente della Provincia, il capo della Procura Caselli e vari altri papaveri istituzionali. Dopo il vertice in una Torino militarizzata e piovosa sono uscite dichiarazioni altisonanti, promesse di aumentare il contingente militare, di allargare la zona rossa, di procedere con durezza contro il responsabili. Si è parlato esplicitamente di terrorismo ed eversione. Il giorno successivo la procura ha annunciato di aver aperto un fascicolo per tentato omicidio.
L’attacco al cantiere dell’8 febbraio scorso, del tutto analogo a quello del 13 maggio, ha avuto un’eco mediatica assai minore: pagine interne, niente rilievo nazionale, toni bassi, nessun vertice di ministri, poliziotti e giudici. Subito dimenticato.
In quel momento di transizione politica nazionale non conveniva a nessuno accendere i riflettori su quella notte di lotta radicale.
Mercoledì 15 maggio, ad un’assemblea convocata per far conoscere alla popolazione l’impatto dei cantieri, le aree soggette ad esproprio, i rischi per la salute sul territorio del paese, si è parlato anche dell’incursione al cantiere. Gli applausi di una sala dove si sono stipate circa 150 persone, hanno accolto gli interventi di chi ha definito i sabotaggi come atti di resistenza.
Il giorno successivo il Coordinamento Comitati No Tav è uscito con un comunicato in cui si rivendicano i sabotaggi alle cose, senza colpire le persone. 

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Appuntamenti
Lunedì 17 giugno - ore 12 - prima udienza delle seconda tranche del processo agli antirazzisti torinesi. Aula 55

Mercoledì 19 maggio - ore 9 . processo ad un compagno accusato di imbrattamento perché sospettato di aver affisso un manifesto. Aula 55_

Appuntamenti fissi

Ogni lunedìore 21incontro diAntirazzisti contro la repressione. Ti ricordi di Fathi?” presso la sede della fat in corso Palermo 46 (lunedì 17 la riunione è anticipata alle 18,30)

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Ogni martedì riunione del collettivo antipsichiatricoFrancesco Mastrogiovanniore 21 in corso Palermo 46. Il numero contro gli abusi psichiatrici funziona tutti i giorni con segreteria telefonica. Il martedìdalle 19 alle 21 - rispondiamo direttamente.

Segnati il numero e fallo girare. 328 7623642

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Ogni giovedìore 21 in corso Palermo 46 - riunione degli anarchici della FAT aperta a tutti gli interessati

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Ogni venerdìdalle 13 alle 15anarres va in onda sui 105,250 delle libere frequenze di radio blackout. Se sei lontano puoi sentire anche in streaming accedendo dal sito della radio www.radioblackout.org

http://anarresinfo.noblogs.org