[Diritti] Sabotaggio, non terrorismo. Le motivazioni della Cassazione



Sabotaggio, non terrorismo. Le motivazioni della Cassazione

Lo scorso 27 giugno sono state rese note le motivazioni della sentenza
della Cassazione che ha cancellato, rinviandola, la sentenza del tribunale
del Riesame, che aveva confermato l'imputazione di attentato con finalità
di terrorismo contro i quattro No Tav arrestati il 9 dicembre. Chiara,
Claudio, Mattia e Nicolò sono in carcere da quasi sette mesi con l'accusa
di aver partecipato ad un'azione di sabotaggio contro il cantiere Tav in
Clarea.

Facciamo un passo indietro.
14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al
cantiere di Chiomonte.
Quella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non
violenta che il movimento No Tav assunse come propria.
Nonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati
di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di
guardia.
Ai quattro No Tav viene applicato il carcere duro, in condizioni di
isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per
rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.
Solo a maggio, poco prima dell'inizio del processo, le condizioni di
detenzione verranno leggermente attenuate.
I riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per
tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.

La Cassazione ha smontato l'impianto accusatorio della Procura di Torino,
negando che i fatti del 14 maggio del 2013, quando venne danneggiato un
compressore nel cantiere/fortino di Chiomonte, possano giustificare
l'utilizzo dell'articolo 270 sexies, che definisce la "finalità di
terrorismo".

Il dibattimento contro Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, cominciato il 22
maggio, è ormai giunto alla sua quarta udienza.
La sentenza della Cassazione potrebbe portare ad un allentamento delle
misure cautelari, nonostante il processo prosegua in corte d'assise,
mantenendo l'imputazione originaria.
D'altro canto, sebbene il pronunciamento della Cassazione sia relativo
solo alle misure cautelari, non potrà non avere un riflesso sul processo
che si sta svolgendo nell'aula bunker del carcere delle Vallette a Torino.
Le motivazioni della sentenza danno un duro colpo al teorema che la
Procura ha elaborato per regolare i conti con il movimento No Tav.

Secondo la Cassazione ci sarebbe una "sproporzione" tra quanto avvenuto
quella notte al cantiere e la presunzione che un tale atto possa
effettivamente indurre lo Stato a fare marcia indietro, cancellando il
progetto della Torino Lyon.
Usando l’articolo 270 sexies, la Procura ha messo in campo per un'arma
molto affilata ed insidiosa, perché chiunque si opponga concretamente ad
una decisione dello Stato italiano o dell’Unione Europea rischia di
incappare nell’accusa di terrorismo.
L'imputazione formulata contro quattro No Tav, un giorno potrebbe essere
applicata a chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il
suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.

In altri temini: se di giorno o di notte, in tanti o in pochi, l'azione
dei No Tav fosse tale da indurre lo Stato a fare marcia indietro, anche
per la Cassazione i No Tav sarebbero terroristi. Tutti terroristi, anche
chi sta in ultima fila con il bimbo in carrozzella, anche chi cammina a
fatica, anche chi non ha coraggio, ma solo un cuore che batte forte per il
mondo nuovo che vorrebbe.

Al di là della legittima soddisfazione per una sentenza che rende meno
buio il futuro di quattro compagni e compagne di lotta, occorre mantenere
la barra al centro di una navigazione, che continuerà ad essere molto
difficile.
E' importante che la memoria non vacilli: i No Tav hanno sostenuto ed
appoggiato la pratica del sabotaggio del cantiere e delle ditte
collaborazioniste.
Fermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai
condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No
Tav.
Ogni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini,
non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio
delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.
Nella logica dell'articolo 270 sexies gran parte della popolazione
valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni
dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.

Le migliaia di persone che resero ingovernabile la Val Susa nel dicembre
del 2005 erano terroristi.
Quella volta non ci furono arresti, né imputazioni gravi. La ragione è
facile.
Lo Stato di fronte si arrese, in attesa di una nuova occasione. Si arrese
perché temeva che un'ulteriore prova di forza potesse far dilagare la
rivolta oltre le montagne della Val Susa. L'ondata di indignazione per le
violenze contro i resistenti di Venaus era tale da indurre alla prudenza,
chi pure si era sin lì avvalso della forza. La parola tornò alla politica,
prosecuzione della guerra con altri mezzi, strumento per prepararsi ad una
nuova guerra.

E' importante che quella memoria di lotta ci accompagni in questi anni
sempre più duri. I tempi sono cambiati, lo Stato vuole vincere per
restaurare un'autorità compromessa, per spezzare la speranza concreta che
ciascuno possa decidere la propria vita.
Per questo attua una politica di terrore.
Le crepe che si stanno aprendo non sono casuali.
Le migliaia di persone che lo scorso 10 maggio hanno attraversato Torino a
fianco di persone accusate di aver cercato di inceppare il cantiere Tav,
le migliaia che in questi mesi durissimi hanno sostenuto - senza se e
senza ma - gli attivisti accusati di un gesto che tutti hanno fatto
proprio, hanno indebolito il fronte Si Tav.

Per meglio decodificare le 45 pagine della sentenza della Cassazione
ascolta l'intervista dell'info di Blackout a Eugenio Losco. Eugenio è uno
degli avvocati del collegio difensivo di Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò.

Ascolta la diretta qui:

www.anarresinfo.noblogs.org