La Conferenza dell'ONU sul disarmo «in crisi»



La Conferenza dell'ONU sul disarmo attraversa un momento difficile. Per il deputato permanente elvetico Jürg Streuli la priorità è di «mantenerla in vita».

I 66 Stati membri, tra cui la Svizzera, hanno iniziato la loro sessione annuale martedì a Ginevra, senza alcun accordo sul programma di lavoro.

Negli ultimi anni, le discussioni in seno alla Conferenza sul disarmo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) - il cui obiettivo è l'eliminazione pacifica delle armi nucleari e convenzionali - si sono arenate a causa delle lotte interne tra gli Stati membri. A suscitare i disaccordi principali, il dossier sulle materie fissili e la corsa agli armamenti nello spazio.

«La Conferenza è in crisi, così come lo è stata per parecchi anni. Perciò, la nostra priorità per quest'anno è di mantenerla in vita», indica a swissinfo Jürg Streuli, rappresentante permanente svizzero alla Conferenza.

L'unico organo internazionale che dispone di un mandato per negoziare in materia di disarmo, prosegue Streuli, «ha dimostrato la sua utilità in passato».

«Al momento però, il comportamento degli Stati membri ne compromette il funzionamento».

Sin dalla sua creazione in piena Guerra Fredda (1979), la Conferenza è riuscita a negoziare numerosi accordi. Tra questi, il Trattato per la proibizione totale degli esperimenti nucleari e altre convenzioni concernenti le armi chimiche e biologiche.

Forti critiche

L'organo dell'ONU, che si riunisce una volta all'anno a Ginevra, è stato tuttavia aspramente criticato per non aver realizzato alcun progresso significativo nell'applicazione dei trattati esistenti.

Così come la oramai discreditata Commissione ONU per i diritti umani, per la quale sono previste riorganizzazioni interne (2007), la Conferenza sul disarmo necessita - secondo le voci critiche - urgentemente di una riforma.

Per Jürg Streuli, una ristrutturazione non sarà comunque sufficiente per determinare il successo o il fallimento della Conferenza: «Si possono rimodellare le strutture a proprio piacimento, ma fino a quando la posizione degli Stati membri non cambia, la situazione non evolverà».

I Paesi - prosegue - non sono disposti a scendere a compromessi né ad adattare le loro diverse posizioni.

Nonostante ci sia una riluttanza a conciliare i vari interessi in gioco, osserva il rappresentante elvetico, qualche risultato positivo è stato ottenuto: «Se si considera il processo di disarmo nella sua totalità, si sono registrati progressi nel monitoraggio delle armi di piccolo calibro ed il Trattato per la messa al bando delle mine è stato un successo».

Per quel che concerne le armi convenzionali - precisa - stiamo avanzando poco a poco e il Trattato sulle armi chimiche sta progredendo. In materia di armi biologiche siamo invece ancora in ritardo.

Uno strumento utile

Anche se la Conferenza sul disarmo attraversa un momento difficile, non significa che si deve rinunciare ad ogni nuovo tentativo per far avanzare i negoziati. «Sarebbe sbagliato affermare che la Conferenza non serve a nulla», osserva Streuli.

«20 anni fa si credeva che entro la fine del secolo ci sarebbero state 40 potenze nucleari nel mondo. Invece si sono profilati soltanto il Pakistan e l'India. Nel caso della Libia abbiamo agito con successo e per quel che concerne la Corea del Nord stiamo procedendo nella giusta direzione».

Il problema iraniano

Il rappresentante svizzero alla Conferenza dell'ONU ammette che il problema principale è ora l'Iran. All'inizio di gennaio, il governo di Teheran aveva deciso di rimuovere i sigilli posti dall'ONU ai suoi impianti nucleari, sfidando così la comunità internazionale.

L'Iran ha ripetutamente negato di voler fabbricare l'arma atomica, affermando invece di voler utilizzare la tecnologia nucleare esclusivamente come fonte di energia.

Per Streuli, un ricorso dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) al Consiglio di sicurezza dell'ONU è da considerarsi solamente come ultima risorsa: «Di principio, le nazioni sono autorizzate a ricorrere all'energia atomica a scopi civili. Il tutto deve però svolgersi sotto lo stretto controllo dell'AIEA».

«Non mi sembra però che l'Iran abbia fornito prove tangibili che la ricerca nucleare sia destinata esclusivamente a scopi civili».

La Svizzera - conclude il deputato elvetico - fornirà il suo aiuto affinché si possa convincere l'Iran a rispettare le regole imposte dall'AIEA.

Disarmo nucleare, delusione elvetica
http://www.swissinfo.org/sit/swissinfo.html?siteSect=106&sid=5824765

Gli sviluppi del nucleare allarmano la Svizzera
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ONU: riforme per un mondo «libero dalla paura»
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