Quei cinque civili iracheni uccisi dagli italiani



vedere anche: Eroi senza medaglie
di Sigfrido Ranucci, a cura di Maurizio Torrealta
http://www.rainews24.rai.it/ran24/inchieste/senza_medaglia.asp

ANTICA BABILONIA
Quei cinque civili iracheni uccisi dagli italiani
Nessun risarcimento per le vittime innocenti della Battaglia dei Ponti a Nassiriya


Un'anticipazione del libro del giornalista del <http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/06_Giugno/29/nicastro.shtml>Corriere <http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/06_Giugno/29/nicastro.shtml>Andrea Nicastro sull'Iraq <http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/06_Giugno/29/nicastro.shtml> ■ Video: la tana di Saddam e l'attacco al Cpa <javascript:mediacenter('http://mediacenter.corriere.it/MediaCenter/action/player?uuid=a98d800e-06cf-11db-ae10-0003ba99c667');>
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Pubblichiamo uno stralcio del libro «Nassiriya, bugie tra pace e guerra» scritto da Andrea Nicastro, inviato del Corriere della Sera e alcuni passi dell'introduzione firmata da Ettore Mo (Editori Riuniti, 255 pagine, 18 euro).

Nassiriya, lunedì 17 maggio 2004, la palazzina della Cpa viene evacuata. Se ne va la governatrice Contini e se ne vanno le sue guardie private: gli americani, il sudafricano bianco che ha cominciato la sparatoria e i trentatré ex ranger filippini.

I biondi muscolati ripartono quasi subito per Bagdad o Bassora sulle jeep corazzate. I ranger dalla pelle scura vengono parcheggiati a White Horse, in una casupola a fianco dell'ufficio stampa.

[...]i trentatré mercenari finalmente si riposano dalle tre notti sotto il fuoco, ma non hanno di che comprare le sigarette, il sapone, i catini per ripulire le divise blu che hanno in dotazione. Divise più da operai che da soldati. Eppure, sugli hesco bastion della Cpa, non stavano gli anglofoni a mille dollari al giorno e neppure gli italiani, ma i soldati-operai filippini. Il loro comandante è un ex capitano del corpo scelto di Manila [...] Si chiama Rolando Sapiron. [...]«C'erano italiani rannicchiati sotto il tavolo della sala comunicazioni — racconta il comandante Sapiron — mentre io percorrevo a piedi tutto il perimetro del campo per tenere alto il morale dei miei uomini. La battaglia è stata molto dura. Eravamo esposti al tiro dei mortai e le granate sono cadute molto vicino. Eppure, chi ha ferito i miei due uomini? Gli italiani, "fuoco amico". Sfortuna, certo, ma la dice lunga su quanto eravamo esposti. [...]Ci hanno lasciati sotto il bombardamento. Loro dentro la palazzina, protetti dal cemento e dai giubbetti. Noi fuori, senza nulla. [...]Solo quando è tornata la governatrice Barbara Contini, ci ha fatto consegnare quattro giubbotti antiproiettile. Quattro per trentatré soldati esposti sulle mura di difesa. È giusto?». Nessuno in Italia ha speso una parola per questi uomini. Non c'è stata vergogna e riprovazione per chi li ha lasciati senza protezione individuale nelle zone più esposte del fortino per difendere tutti gli altri.

E LE MEDAGLIE PER I VIVI? [...] Il militare professionista A. P. non è nascosto sotto il tavolo della stanza comunicazioni: spara per una notte intera dal tetto della palazzina della Cpa [...] pallottole, razzi e granate da mortaio arrivano da ogni direzione. A. P. è pugliese, ha ventitré anni e un pizzetto scolpito su due livelli come si usa adesso.

Il giorno dopo è sulla torretta di un Vcc (Veicolo corazzato da combattimento) che attraversa Nassiriya mentre centinaia di guerriglieri lo mettono nel loro mirino e tirano il grilletto. Spara di nuovo, A. P., a ogni cosa che si muove [...] «Quando siamo arrivati a Base Libeccio — racconta — ormai vedevo bianco. Sentivo arrivare le pallottole, però non mi abbassavo più, ormai ero convinto che, se non mi avevano preso per così tante volte, non mi avrebbero colpito mai più». Del caporale A. P., e dei tanti come lui, non c'è traccia sui calendari dell'esercito italiano, né nelle pubblicità di reclutamento, né nella coscienza nazionale. I soldati per noi sono quelli che accarezzano i bambini e distribuiscono pacchi di pasta. Soldati di pace. Come tanti papà che l'Italia manda a fare del bene nel mondo. [...]Invece oggi fare il soldato italiano non significa solo fare la sentinella alla pace. Può significare stare in mezzo a una guerra, fare una guerra. E non solo dalla missione Antica Babilonia. Prima c'è stato Check Point Pasta in Somalia e il fortino di Khost in Afghanistan. Ma, diciamo, soprattutto dalla missione Antica Babilonia il confine tra pace e guerra è diventato molto meno chiaro.

[...] A. P. e quelli come lui sono traumatizzati, esaltati. Hanno infranto il tabù della violenza e sono stati dimenticati. Ancora nel marzo del 2006, l'Italia litigava su chi meritasse una medaglia al valore: se la guardia del corpo Quattrocchi perché rapita e uccisa o i militari massacrati ad Animal House o lo 007 Nicola Calipari che ha fatto da scudo a Giuliana Sgrena. E gli altri? E i vivi?

C'ERA UNA VOLTA LA MISSIONE UMANITARIA
[...]un soldato italiano spara a un miliziano, lo manca e colpisce un bambino che gioca tranquillo in casa sua. Che fare? [...]Gli americani restano coerenti con la loro scelta di «non contare» né i nemici neutralizzati, né i «danni collaterali». [...]Il 7 aprile 2004, dopo la prima Battaglia dei Ponti, il ministro della Difesa Antonio Martino aveva detto alle commissioni Difesa di Camera e Senato che «purtroppo» si erano registrate «vittime fra i civili iracheni: il numero è ancora imprecisato, ma potrebbe essere di circa quindici unità». […]Il punto non è quanti sono i morti. Il punto è che se fosse anche una sola, un'unica vittima innocente del nostro legittimo difenderci, che cosa ne è di una «missione umanitaria» che rifiuta di essere umana nei confronti delle sue proprie vittime? […]Devono passare più di due anni perché il granito della verità ufficiale si incrini. Il 25 gennaio 2006, davanti al procuratore militare di Roma, il caporal maggiore del Reggimento Lagunari Raffaele Allocca dichiara: «Sparai contro il mezzo perché così mi fu ordinato […]. Se mi fossi accorto che si trattava di un'ambulanza mai e poi mai avrei sparato». [...]Stando ad Allocca, i civili iracheni uccisi per mano italiana durante un conflitto a fuoco in Iraq sono cinque. Risarcimenti? Neanche a parlarne. Nemmeno dopo la testimonianza di Allocca. Almeno ufficialmente.

Andrea Nicastro
29 giugno 2006