Svolta storica all'Onu



Tommaso Di Francesco

CRISI SIRIANA. La risoluzione votata all'unanimità nella notte di ieri dai 15 
membri del Consiglio permanente di sicurezza dell'Onu, confermata dal disgelo 
tra Usa e Iran dopo la telefonata di Obama al presidente Rohani, costituiscono 
una epocale svolta in Medio Oriente.

Anche se molti attori dietro le quinte potrebbero ancora contraddirla. La 
risoluzione infatti allontana definitivamente ogni ipotesi di intervento armato 
«umanitario» nella già martoriata Siria, non prevedendo il Capitolo VII della 
Carta dell'Onu che autorizza l'uso della forza.
Una risoluzione che condanna l'uso di armi chimiche e l'attacco del 21 agosto 
scorso a Goutha, sobborgo di Damasco, ma non accusa alcuna delle parti, nemmeno 
il regime di Assad, impegna il governo siriano a consegnare tutti gli arsenali 
chimici entro la prima metà del 2014 ma senza sanzioni automatiche, convoca a 
metà novembre la conferenza di pace di Ginevra 2, con tutti gli interlocutori 
dell'area.E la telefonata del presidente americano a quello iraniano suggella 
il cambiamento. E' l'apertura sostanziale - dopo la lontana promessa di Obama 
nel discorso del Cairo del 2009 - al nucleare civile del quale vuole dotarsi 
Tehran che, con Rohani, è tornato a ribadire che l'Iran «non vuole l'atomica», 
non tacendo che in Medio Oriente un solo paese ce l'ha ed è Israele. Nel giro 
di dieci giorni siamo passati dai bombardieri americani con i motori rombanti 
per vendicare la «sicura prova» dell'uso da parte di Damasco di gas sui civili 
- un casus belli smentito ormai da tante inaspettate fonti e a mezza bocca 
perfino dai governi dei paesi della Nato - e la ripresa della Guerra fredda tra 
Mosca e Washington dopo il fallimento del vertice di San Pietroburgo, allo 
spegnersi dei venti di guerra. Addirittura Damasco ha immediatamente 
consegnato, senza minaccia militare, la lista delle armi chimiche, dopo il 
rapporto degli ispettori Onu che pure non accusava nessuno. Perché c'è ancora 
da indagare, al punto che la risoluzione Onu rinvia già da martedì gli 
ispettori in Siria. Per ora i bombardieri francoamericani restano negli hangar 
delle basi cipriote e del Bahrein. Di guerra fortunatamente restiamo digiuni. 
Con esplicito riferimento al politicissimo «digiuno» mondiale lanciato da papa 
Francesco per fermare «la vana pretesa di una soluzione militare». Ma che è 
accaduto davvero, visto che tutti, dalla Bonino a Kerry a Israele sembrano 
prendersi il merito della «consegna agli organismi dell'Onu delle armi 
chimiche» siriane? La primogenitura, ahimé, è di Putin. Castagne dal fuoco, 
patata bollente, insalata russa. Ogni metafora vegetal-gastronomica rende 
appieno quel che è accaduto a partire dal vertice di San Pietroburgo. Perché da 
lì, dall'«alto grado di sicurezza» sull'uso di armi chimiche da parte di Assad, 
la presunta prova della giustezza della nuova guerra «umanitaria», l'agenda si 
è spostata sul nodo delle armi chimiche tout court, il cui possesso non è mai 
stato misconosciuto o negato. Anzi, il regime di Damasco, senza minaccia 
militare, in tutta disponibilità ha già consegnato agli organismi Onu le mappe 
dei suoi arsenali che funzionari dell'Amministrazione Usa intervistati dal New 
York Times dichiarano «veridiche». Assad ha fatto capire che quello non è il 
problema ma la lotta al terrorismo, ai jihadisti e ai qaedisti, e si è mosso 
con l'assenso dell'alleato Iran, coinvolto nel sostegno a Damasco militarmente, 
anche attraverso Hezbollah. Tehran ha avuto chiaro fin da subito che ogni 
intervento militare "umanitario" dell'Occidente in Siria rappresentava una 
minaccia, alimentata da Israele, contro il suo programma «nucleare civile». 
Così Obama è stato costretto ad «aprire all'apertura» russa. Il perché lo ha 
spiegato lui stesso accettando il rinvio del voto al Senato: «Se si votasse ora 
- ha ammesso - non sono sicuro che avremmo l'ok all'intervento militare». Obama 
doveva uscire dall'angolo della sconfitta diplomatica rappresentata da tutte le 
guerre americane non concluse in Medio Oriente, doveva scartare dalla pressione 
del militarismo umanitario, ideologia corrente dell'America bipartisan, da John 
McCain a Hillary Clinton, che gli soffia ancora sul collo. Isolato 
internazionalmente, perfino nella Nato, con la sola alleanza della Francia - 
che brutta figura ha fatto Hollande! - dopo la sconfitta parlamentare 
dell'alleato di ferro Cameron, in scontro aperto con le Nazioni unite; 
contraddetto dall'offensiva di pace di papa Francesco e, forseper la prima 
volta, impensierito dalla possibilità che l'esplosione della polveriera 
mediorientale coinvolgesse Israele; con una opinione pubblica americana 
arrivata al 63% di no...che doveva fare il Nobel «della pace», se non preparare 
la pace per fare la pace? Ora la soluzione politica della crisi siriana è sul 
campo. Ma sono troppe le ombre che si agitano per negarla. Il fronte, spaccato 
e in guerra intestina, dei ribelli apertamente contrari a questa soluzione, 
pronti a nuove, facili provocazioni intorno agli arsenali, lo schieramento 
sunnita di Arabia saudita e Qatar che armano gli insorti. E, infine, Israele - 
Obama incontrerà Netanyahu lunedì 30 - preoccupato che ora l'alleato americano 
nella trattativa con l'Iran esponga il fianco delle atomiche israeliane. Ma per 
ora l'intervento militare «umanitario» non ci sarà. Riprende semplicemente la 
guerra coperta, quella ordinaria di tutti i santi giorni, con aiuti in armi, 
intelligence e finanziamenti ai ribelli armati attraverso la coalizione «Amici 
della Siria» (Usa, Francia, Gran Bretagna, Turchia e le petromonarchie saudita 
e qatariota). Ai vertici tra "Amici" partecipa anche l'Italia. A fare che? Lo 
chiediamo alla ministra Bonino, bene accetta pacifista dell'ultima ora con 
Massimo D'Alema. P. S. Speriamo che i due, vista la soluzione diplomatica della 
sanguinosa crisi siriana, comprendano che la guerra del 1999, con i 
bombardamenti "umanitari" della Nato, senza autorizzazione dell'Onu, su tutta 
l'ex Jugoslavia - richiesti a viva voce dall'esponente radicale e autorizzati 
dall'ex presidente del Consiglio - poteva, doveva essere evitata. Perché delle 
due l'una: o era giusta la soluzione militare in Siria anche stavolta, come 
sostenevano quelli che si sono richiamati al «modello Kosovo»; o era sbagliata 
anche quella guerra: Milosevic non era certo più «criminale» di Assad, e il 
casus belli della strage inventata di Racak (42 miliziani uccisi in 
combattimento fatti passare per eccidio di civili) impallidisce di fronte alle 
immagini del massacro di Goutha.