[Disarmo] Parigi verso Tel Aviv, rampa di lancio per il resto della regione



Michele Giorgio

Benyamin Netanyahu si è scoperto innamorato della Francia alla vigilia 
dell'arrivo a Tel Aviv del presidente François Hollande, che sarà in Israele da 
oggi fino a martedì e visiterà anche i Territori palestinesi occupati. «Gli Usa 
- ha spiegato il premier israeliano in un'intervista a Le Figaro - rimangono 
per noi un alleato importante, il più importante. Ma la nostra relazione con la 
Francia è anch'essa molto speciale. Sul dossier iraniano, i nostri due Paesi 
difendono posizioni comuni da molti anni, qualunque sia la maggioranza al 
potere, e proseguiamo questo partenariato essenziale con il presidente 
Hollande». Netanyahu ha elogiato Hollande che, a suo dire, ha mostrato una 
«reale determinazione e molto coraggio nella lotta contro l'Islam radicale in 
Mali» e una «posizione coerente e determinata sul dossier iraniano». Hollande 
arriva in Israele, certo non a caso, al momento giusto, dopo che Tel Aviv ha 
potuto apprezzare la «determinazione» di Parigi che, quando sembrava fatta, ha 
impedito la firma a Ginevra dell'accordo tra il gruppo del 5+1 (i membri 
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu + la Germania) e l'Iran per un 
compromesso sul programma nucleare di Tehran e l'allentamento le sanzioni 
internazionali. Un passo che ha vanificato la corsa a Ginevra del Segretario di 
stato John Kerry che, tra lo sgomento israeliano, aveva indicato la 
disponibilità degli Stati uniti ad andare al compromesso con l'Iran. Di un 
accordo con Tehran si riparlerà la prossima settimana e Netanyahu conta di 
ottenere da Hollande l'assicurazione che Parigi non farà retromarcia. «Speriamo 
che la Francia non ceda», ha detto il premier a Le Figaro . A Netanyahu serve 
altro tempo per far naufragare la possibile intesa tra il 5+1 e l'Iran. Al 
Congresso Usa sono già in azione gruppi e associazioni pro Israele che stanno 
convincendo deputati e senatori a silurare l'iniziativa diplomatica 
dell'Amministrazione Obama. La Francia è in grado di impedire ancora la firma 
dell'accordo con Tehran e Netayahu è convinto che le aperture fatte dal 
presidente iraniano Rowhani non siano a tempo indeterminato e che saranno i 
"falchi" in Iran a chiedere con forza la fine del negoziato se il prossimo 
round di colloqui non porterà a risultati concreti. Hollande è convinto della 
crescente «influenza» della Francia nella regione. Allo stesso tempo non potrà 
tirare troppo a lungo la corda se gli Stati uniti vorranno l'accordo con 
Tehran. Perciò più che sfidare Washington sul terreno della diplomazia, in 
Medio Oriente il presidente francese vuole strappare agli Usa «quote di 
mercato» nel settore miliardario della vendita di armi, approfittando della 
rabbia israeliana e soprattutto delle petromonarchie sunnite del Golfo per la 
politica dell'Amministrazione americana. Un po' come stanno facendo i russi con 
le nuove autorità egiziane, irritate dalla riduzione degli aiuti militari Usa 
seguita al colpo di stato militare che ha deposto il presidente islamista 
Mohammed Morsi. Per Hollande Israele è la rampa di lancio verso il resto della 
regione. Netanyahu applaude alla Francia e le petromonarchie sono pronte a 
ricompensare generosamente il piglio deciso di Parigi nei confronti dell'Iran, 
il loro nemico principale. Per il leader francese la vendita di armi è una 
delle vie dove
passa la ripresa economica del suo Paese e può tamponare l'emorragia di 
consensi di cui soffre la sua presidenza. «Parigi può ottenere enormi vantaggi 
dalla frustrazione dei Paesi del Golfo per la politica americana a che se non è 
in grado di prendere il posto degli Usa nelle strategie mediorientali», spiega 
il centro di studi strategici "Stratfor". In ogni caso il "mercato" del Golfo 
non è nuovo per le industrie militari francesi . Le Tribune ha riferito il 29 
agosto che Parigi ha concluso un accordo da 1,5 miliardi di dollari con 
l'Arabia saudita per l'ammodernamento di quattro fregate Medinah e di due navi-
cisterna Borada. Il mese scorso Jane's Defense Weekly ha riferito che Riyadh è 
vicina all'accordo (oltre 3 miliardi di dollari) con la Thales, una 
multinazionale globale di elettronica specializzata nei settori 
dell'aerospazio, difesa e informatica per lo sviluppo del sistema missilistico 
di difesa "Shahine". Sempre ad ottobre il ministro della difesa francese Jean-
Yves Le Drian è giunto a Riyadh per discutere del programma di modernizzazione 
della difesa aerea saudita. La Francia si è anche assicurata un contratto da 8 
miliardi di dollari per la vendita agli Emirati arabi di 60 jet da 
combattimento Rafale. Aerei che potrebbe vendere anche al Qatar desideroso di 
acquistare 72 velivoli per espandere le sue forze aeree.