[Disarmo] Mare Monstrum, guerra ai migranti nel Mediterraneo



di Antonio Mazzeo

Nel Mediterraneo l’Italia fa la guerra ai migranti. Non dichiarata, certo, ma 
di guerra indubbiamente si tratta. Perché le strategie, gli attori, gli 
strumenti, le alleanze e le modalità d’intervento sono quelli di tutte le 
guerre. E causano morte. Morti, tanti morti. 
Qualcuno ha storto il muso per il nome,Il nome, Operazione Mare Nostrum. Si è 
detto che c’era una caduta di stile, un voler scimmiottare i fausti dell’impero 
romano. In verità esso risponde perfettamente al senso e agli obiettivi della 
messinscena ipermuscolare delle forze armate italiane. Il Mediterraneo, per la 
Fortezza Europa, non è né deve essere un mare di mezzo. Non è il luogo dei 
contatti, delle contaminazioni, delle solidarietà, delle trasformazioni. Né un 
ponte di intercultura e pace. È invece il lago-frontiera, noi qua, loro là, un 
muro d’acqua invalicabile, dove vige la regola del più forte e del più armato. 
Un’area marittima di conflitti, stragi, naufragi causati, respingimenti, 
riconsegne e deportazioni manu militari. A chi scampa ai marosi e ai 
mitragliamenti delle unità navali nordafricane (pagate con i soldi italiani) 
spetta l’umiliazione delle schedature, delle foto segnalazioni e degli 
interrogatori a bordo di fregate lanciamissili e navi anfibie e da sbarco. Poi 
un trasbordo, un altro trasbordo ancora, le soste interminabili su una banchina 
di un porto siciliano, il tragitto su bus e pulmini super scortati da 
poliziotti e carabinieri sino alla detenzione illimitata in un 
centrodiprimaccoglienza-CIE-CARA, un non luogo per non persone, dove annientare 
identità, memoria, speranze.
L’Operazione Mare Mostrum fu annunciata dal ministro Mario Mauro dopo la 
strage del 3 ottobre, quando a poche miglia da Lampedusa annegarono 364 tra 
donne, uomini e bambini provenienti dal continente africano e dal Medio 
oriente. Anche stavolta però l’incidente fu un mero casus belli. La nuova 
crociata contro chi fugge dalle ingiustizie, lo sfruttamento, gli ecocidi, era 
stata preparata infatti da mesi in tutti i suoi dettagli. Governo e Stato 
maggiore hanno rispolverato ad hoc l’armamentario linguistico delle ultime 
decadi: operazione militare e umanitaria, l’hanno ipocritamente definita, 
perché le guerre non devono mai essere chiamate con il loro nome per non 
turbare l’opinione pubblica e la Costituzione. “Si prevede il rafforzamento del 
dispositivo italiano di sorveglianza e soccorso in alto mare già presente, 
finalizzato ad incrementare il livello di sicurezza della vita umana ed il 
controllo dei flussi migratori”, recita il comunicato ufficiale di Letta & 
ministri bipartisan. Un contorto giro di parole per mescolare intenti 
solidaristici a logiche sicuritarie e repressive, dove volutamente restano 
vaghi i compiti e le istruzioni date ai militari. Niente regole d’ingaggio, 
perché si possa di volta in volta sperimentare in mare se e come intervenire, 
se e come soccorrere, se e come allontanare, respingere o scortare a quei 
“porti sicuri” che il ministro Alfano ritiene esistano pure nella Libia 
dilaniata dalla guerra civile. 
In compenso però, in nome del Sistema Italia, non si contano le veline per 
descrivere in tutti i loro dettagli i dispositivi e le capacità tecniche dei 
mezzi impiegati per pattugliare il Mediterraneo. Anche perché, Mare Mostrum, è 
la migliore vetrina del complesso militare-industriale-finanziario di casa 
nostra: aerei, elicotteri, missili, unità navali, sommergibili, cannoni che 
aspiriamo a vendere ai paesi NATO e ai regimi partner della sponda sud 
mediterranea. Sistemi d’arma che nulla hanno a che fare con quello che in 
linguaggio militare si chiama “SAR – Search and Rescue”, ricerca e soccorso in 
mare, ma che invece delineano un modello di proiezione avanzata, aggressiva, di 
vera e propria penetrazione sino a dentro i confini degli stati nordafricani. 
Se si vogliono “arrestare i flussi migratori”, come spiegano generali, 
ammiragli, politici di governo e opinion maker embedded, bisogna impedire 
infatti a profughi e migranti di raggiungere le coste e le città portuali. 
Bloccarli nel deserto, detenerli nei lager del deserto e far fare il gioco 
sporco alle nuove polizie di frontiera che i Carabinieri armano e addestrano in 
Libia e nelle caserme in Veneto, Lazio, Toscana. Per intercettare e inseguire i 
rifugiati e  i migranti in transito nel Sahara abbiamo attivato i famigerati 
“Predator”, aerei senza pilota in grado di volare per decine di ore in 
qualsiasi condizione meteorologica. L’emblema della spersonalizzazione e della 
disumanizzazione delle guerre del XXI secolo, automi che spiano e sterminano 
persone senza il controllo umano. Vittime invisibili che devono restare 
invisibili. Non persone contro non persone. 
Come tutte le guerre, quella ai migranti dilapida ingenti risorse finanziarie. 
Fonti di stampa filogovernative hanno previsto per l’Operazione Mare Nostrum-
Mostrum un onere finanziario di circa 4 milioni di euro al mese ma, conti alla 
mano, la spesa potrebbe essere più che doppia. Il Sole 24 Ore ha preso a 
riferimento le “tabelle di onerosità” sul costo orario delle missioni delle 
unità navali, degli aerei e degli elicotteri impegnati nel Canale di Sicilia. 
Aggiungendo le indennità d’imbarco dei circa 800 marinai delle unità navali 
coinvolte (il personale militare destinato al “contenimento” delle migrazioni è 
però di non meno di 1.500 uomini), il quotidiano di Confindustria ha calcolato 
una spesa media giornaliera di 300 mila euro, cioè 9 milioni al mese a cui 
vanno aggiunti 1,5 milioni di euro per le unità costiere già in azione da 
tempo: totale 10,5 milioni. La rivista specializzata Analisi Difesa ritiene 
invece che la spesa complessiva sfiorerà i 12 milioni al mese. Dato che il 
governo non ha previsto stanziamenti aggiuntivi sul capitolo “difesa”, è 
presumibile che il denaro per alimentare la macchina militare anti-migranti 
sarà prelevato dal fondo straordinario di 190 milioni di euro messo a 
disposizione per far fronte alla nuova emergenza immigrazione. Come dire che da 
qui alla fine dell’anno bruceremo in gasolio e pattugliamenti aeronavali il 20% 
di quanto è stato destinato per “sostenere”, “soccorrere” ed “accogliere”. In 
perfetto stile shock economy, dopo le armi e le guerre arriva la ricostruzione: 
lager e tendopoli dove stipare corpi a cui abbiamo rubato l’anima, la cui 
malagestione è affidata alla misericordia di cooperative, Onlus e associazioni 
del privato sociale. A loro va l’altra metà del business migranti: un affaire 
di milioni e milioni di euro dove la dignità dell’uomo vale meno di nulla.