[Disarmo] Falchi italiani per la guerra in Congo



di Antonio Mazzeo
Shopping ONU in Italia per le operazioni di guerra nel continente africano. 
Due aerei senza pilota “Falco”, prodotti dall’azienda Selex ES (Finmeccanica), 
sono stati acquistati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per essere 
impiegati con la Missione militare nella Repubblica Democratica del Congo 
(MONUSCO). I droni-spia sorvolano dal 3 dicembre scorso la regione orientale 
del North Kivu, al confine con il Ruanda, per “monitorare” i movimenti dei 
gruppi armati antigovernativi e gli spostamenti delle popolazioni civili. I 
velivoli sono giunti nella base delle forze armate congolesi di Goma il 15 
novembre 2013, a bordo di un C-130J “Hercules” dell’Aeronautica militare 
italiana. Il contratto di acquisto di cinque velivoli senza pilota “Falco” 
(valore complessivo 50 milioni di euro) era stato sottoscritto con Selex ES dal 
Dipartimento delle Operazioni di Peacekeeping dell’ONU a fine luglio. La 
consegna dei tre droni rimanenti è prevista entro il febbraio 2014. 
Il “Falco” è un aereo a pilotaggio remoto in grado di volare a medie 
altitudini; ha un raggio di azione di 250 km, un’autonomia superiore alle 12 
ore di volo e può trasportare carichi differenti tra cui sensori radar ad alta 
risoluzione che consentono di individuare, di giorno e di notte, obiettivi in 
tempo reale e a notevole distanza. Prodotto nello stabilimento di Selex ES di 
Ronchi dei Legionari (Gorizia), il drone è stato sperimentato la prima volta 
nel 2004 nel poligono sardo di Salto di Quirra.
 “Useremo queste macchine disarmate e senza equipaggio nella convinzione del 
loro forte effetto deterrente”, ha dichiarato Hervé Ladsous, responsabile ONU 
per le operazioni di peacekeeping. Quella in Repubblica Democratica del Congo è 
la prima missione militare in cui l’ONU utilizza dei droni. Un paio di anni fa 
il Consiglio di Sicurezza aveva richiesto l’autorizzazione a impiegare velivoli-
spia senza pilota nella martoriata regione africana, ma Ruanda e Uganda,in 
particolare, si erano duramente opposti. “Abbiamo bisogno di avere un quadro 
più preciso di quanto sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo e 
se l’uso dei droni avrà successo, potrebbero essere utilizzati anche in altre 
missioni di pace dell’Onu”, ha aggiunto Hervé Ladsous. Secondo il sito d’
informazione Analisi Difesa, il Mali e la Repubblica Centroafricana potrebbero 
essere i prossimi paesi destinati a ospitare i velivoli senza pilota ONU, “per 
sorvegliare ampi spazi con contingenti militari di dimensioni limitate”. In 
pole position per la fornitura di sistemi d’arma telecomandati c’è ancora Selex 
ES. Dopo aver venduto i “Falco” al Pakistan, nel settembre 2013 l’azienda del 
gruppo Finmeccanica ha annunciato di aver sottoscritto un contratto di 40 
milioni di euro per la consegna di alcuni droni-spia a un paese mediorientale 
rimasto segreto. In passato, Selex ES aveva avviato trattative di vendita dei 
“Falco” con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, oltre che con le forze 
armate di Algeria e Malesia.
La missione MONUSCO in Congo è la più grande operazione ONU in atto. Vi 
partecipano oltre 20.000 uomini provenienti da diversi paesi africani, compresi 
i 3.000 militari della Force Intervention Brigade (FIB) creata il 28 marzo 2013 
con la risoluzione n. 2098 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che 
ha prorogato il mandato dei caschi blu fino al 31 marzo 2014. Come dichiarato 
dal portavoce delle Nazioni Unite, sia i droni made in Italy che la nuova 
brigata di pronto intervento “rappresentano i nuovi strumenti messi a 
disposizione dall’ONU per sostenere il rinnovato sforzo politico” nel paese 
africano. La Force Intervention Brigade è composta da tre battaglioni di 
fanteria, una batteria di mezzi d’artiglieria e una compagnia di “forze 
speciali” forniti da Sudafrica, Tanzania e Malawi. “Scopo della brigata è 
quello di contribuire a ridurre la minaccia posta in essere dai gruppi armati 
contro le autorità statali e la sicurezza dei civili e rafforzare le attività 
di stabilizzazione nella regione orientale della Repubblica Democratica del 
Congo”, spiegano alle Nazioni Unite. Nelle dichiarazioni ufficiali del Palazzo 
di Vetro si manifesta altresì la necessità che la nuova task force non limiti 
il suo intervento alla mera interposizione tra le parti in conflitto, ma operi 
pure attivamente nella “neutralizzazione dei gruppi armati”, autonomamente o 
congiuntamente con le forze armate congolesi. Una brigata combattente dunque, 
che per individuare i target da colpire e “neutralizzare” può contare da oggi 
sui droni di Selex ES. 
In stretto contatto con i militari di MONUSCO e della Force Intervention 
Brigade opera pure la missione EUPOL RD Congo istituita dall’Unione europea per 
sovrintendere alla “formazione” e all’addestramento delle forze di polizia 
locali. Alla missione, che durerà perlomeno sino alla fine del settembre 2014, 
partecipano una quarantina di agenti di polizia specializzati provenienti da 
sette paesi europei Ue, con base a Kinshasa e Goma.
Il Congo è lacerato da uno dei conflitti più sanguinosi di tutto il continente 
africano. Fomentato dai governi occidentali e dalle maggiori transnazionali che 
puntano ad assicurarsi il controllo delle importanti risorse strategiche 
presenti, vede protagonisti una decina di gruppi ribelli, armati e sostenuti 
dai governi degli Stati confinanti con la Repubblica Democratica del Congo. Tra 
la maggiori organizzazioni anti-governative spiccano l’M23 (March 23 Movement), 
sostenuto apertamente dall’esercito del Ruanda; le Democratic Forces for the 
Liberation of Rwanda (FDLR), organizzate da estremisti Hutu che nel 1994 
presero parte al genocidio in Ruanda e che poi si rifugiarono in Congo; le 
Allied Democratic Forces and the National Army for the Liberation of Uganda 
(ADF-NALU); il Mai Mai Kata Katanga. Tre mesi fa circa, le milizie dell’M23 
riuscirono a sferrare un attacco contro un accampamento militare della missione 
MONUSCO a Kibati, località dove ha pure sede il comando della neo costituita 
Force Intervention Brigade a guida ONU. Le Nazioni Unite e le forze armate 
congolesi hanno risposto lanciando contro l’M23 una massiccia offensiva che a 
fine novembre ha prodotto la “disfatta” delle milizie ribelli. Il 12 dicembre, 
i leader del Movimento hanno firmato un “accordo di pace” con il governo della 
Repubblica Democratica del Congo a Nairobi (Kenya), impegnandosi a rinunciare 
alla lotta armata e a trasformarsi in forza politica.
Secondo fonti ufficiali ONU, il conflitto militare in Congo ha già prodotto 
2,6 milioni di sfollati e più di mezzo milioni di rifugiati. Tra i 3,5 e i 5 
milioni le persone che avrebbero perduto la vita a seguito dei combattimenti, 
mentre 6,4 milioni di congolesi necessitano urgentemente di cibo e assistenza 
sanitaria per non morire nei prossimi mesi. Degli aiuti umanitari promessi dal 
Palazzo di Vetro, sino ad oggi neanche l’ombra. In compenso arrivano ad 
alimentare la guerra i droni di Selex ES, a 10 milioni di euro cadauno.