Re: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Di struzione letale per l’ecosistema»



Sull'argomento il Blog della Società Chimica Italiana ha pubblicato il seguente post:
http://ilblogdellasci.wordpress.com/brevissime/la-chimica-delle-armi-e-le-armi-della-chimica/comment-page-1/#comment-932
Molti saluti
Gianni Brianese
Fagagna (UD)

La Chimica delle armi e le armi della Chimica.

 La questione della distruzione delle armi chimiche siriane, almeno quelle del regime di Assad*, sta suscitando fortissime emozioni e paure molte delle quali sono ingiustificate e possono essere contrastate con una opportuna conoscenza della chimica di questi materiali: in questo senso le armi della Chimica vanno contro la Chimica delle armi.
Vediamo cosa possiamo velocemente dire per sfatare alcune delle peggiori sciocchezze ed ambiguità circolate sui giornali e sui siti web.
1)   Rischi di incidente.
Ovviamente ci sono, ma ricordiamo che le sostanze da distruggere sono al momento in parte “binarie” ossia, in parte almeno, non esistono ancora come armi vere e proprie, ma sono presenti come reagenti separati da mescolare nel modo opportuno se si volessero avere gli aggressivi chimici veri e proprii; è il caso del VX o del Sarin che sicuramente sono in gran parte presenti come binari, come precursori perchè questo è il modo usuale di gestirli; per cui in questo caso si tratta di sostanze chimiche come altre, tossiche ma non mortali. Per esempio il VX sarà conservato come fosfonite e zolfo separati. La fosfonite è un pesticida non un gas nervino.
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Alcuni dettagli potete trovarli su wikipedia e su questo blog. Altre sostanze come per esempio l’iprite ( o altri vescicanti) sono quasi certamente  presenti come tali; l’iprite però è liquido solo al di sopra dei 14.4°C e comunque sarà certamente chiuso in contenitori ermetici che devono essere solo trasportati da una nave all’altra all’interno di un porto. L’iprite non è solubile in acqua. La probabilità che ci siano problemi tali da distruggere l’integrità dei recipienti in ambiente esterno sono alquanto basse; è chiaro che ci deve essere un piano di emergenza, ma crediamo ci siano piani del genere in tutte le strutture come il porto di Gioia Tauro in cui ogni anno passano milioni di tonn ellate di merci chimiche, spesso altrettanto o più pericolose.
2)   Distruzione delle armi chimiche per idrolisi nell’oceano o in mare aperto.
Questo non vuol dire affatto che gli aggressivi saranno sversati in mare come ha potuto pensare qualcuno, ma solo che una nave appositamente attrezzata con apparecchiature adatte processerà in un impianto opportuno i materiali che sono già in forma attiva per distruggerli (trasformandoli in  sottoprodotti smaltibili seguendo le leggi internazionali in vigore e le norme ambientali) in un posto sicuro; e quale posto è più sicuro dell’oceano aperto, lontano dalle coste? L’idrolisi (in soluzione alcalina, basica, non in acqua di mare) è un metodo di smaltimento a bassa temperatura e meno costoso del tradizionale metodo ad alta temperatura. Quindi nessuno sversamento ma reazioni fatte in un impianto apposito (i reattori sono in titanio di solito) a gran distanza dalle coste per ridurre tutt i i rischi e poi riportare i sottoprodotti da smaltire sulla terraferma dove saranno smaltiti, sotto la sorveglianza dell’OPCW, che ha recentemente vinto il Nobel della Pace e che è una organizzazione senza alcuno scopo di profitto.
Maggiori informazioni sui metodi specifici di distruzione si possono trovare :
Sul sito OPCW: http://www.opcw.org/our-work/demilitarisation/destruction-technologies/
O altrove: dtirp.dtra.mil/PDFS/cbw_news_FDHS_130923.pdf
In un recente articolo comparso sul numero di Dicembre 2013 de La Chimica e l’industria a firma di Ferruccio Trifirò, direttore di C&I e membro di OPCW (pag. 90 La distruzione di armi chimiche con sistemi portatili) c’è un breve ed efficace riassunto dei sistemi “portatili” di distruzione delle armi chimiche. Si consiglia chi è interessato  e non abbia accesso alla rivista di chiederlo allo scrivente (claudio.dellavolpe at unitn.it)
* dico di Assad perchè sembra che l’episodio recente di uso delle armi chimche sia dovuto ad una parte dei combattenti anti Assad, come raccontato qui




--------- Original Message --------
Da: disarmo at peacelink.it
To: "disarmo at peacelink.it" <disarmo at peacelink.it>
Oggetto: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Di struzione letale per l&rsquo;ecosistema»
Data: 22/01/14 13:11

Silvio Messinetti, il manifesto
 
È una rela­zione shock, che sbu­giarda i nostri gover­nanti. Un’informativa che getta un’ombra ancor più fosca sull’arsenale siriano che farà rotta verso il porto di Gioia Tauro tra qual­che giorno. È Pino Romeo, urba­ni­sta, coor­di­na­tore del tavolo tec­nico di tutela ambien­tale della Piana, tra i fon­da­tori del comi­tato con­tro il rigas­si­fi­ca­tore di San Fer­di­nando, a con­se­gnarla al mani­fe­sto dopo averla espo­sta suc­cin­ta­mente nell’infuocata assem­blea di lunedì sera, alla pre­senza dei sin­daci in par­tenza per Roma. Dove ieri “l’operazione Gioia Tauro” ha avuto il via libera del governo. Un atto d’imperio, un sopruso. Con­tro la popo­la­zione. In spre­gio alla legge ita­liana e alla Con­ven­zione di Aarhus, rati­fi­cata dall’Italia con la legge 108 del 2001, che mette al cen­tro di ogni pro­cesso deci­sio­nale la par­te­ci­pa­zione. E lo sce­na­rio è alquanto tetro, secondo quanto emerge dalle carte in nostro pos­sesso. «Siamo entrati in con­tatto con gli alti espo­nenti della comu­nità scien­ti­fica di Demo­cri­tos (gli omo­lo­ghi del Cnr, ndr) di Atene e del Poli­tec­nico di Creta, che par­lano di com­pleta distru­zione dell’ecosistema che gra­vita intorno al Medi­ter­ra­neo cau­sato dalla distru­zione delle ogive» spiega Romeo. La neu­tra­liz­za­zione delle armi siriane, insomma, avrà effetti letali, a due passi da noi. Per­chè, una volta scelto Gioia Tauro, come porto su cui effet&sh y;tuare il tra­sbordo, la que­stione ancora irri­solta, su cui Bonino, Lupi, Mauro, Orlando e Letta prima o poi dovranno dar conto, riguarda il luogo dove verrà distrutto l’arsenale mediante idro­lisi. E gli studi degli scien­ziati greci ras­si­cu­rano ben poco. «L’armamento sarà distrutto nella zona di mare ad ovest di Creta, con la con­ni­venza delle auto­rità gre­che, ita­liane e mal­tesi» ha detto a chiare let­tere il col­la­bo­ra­tore scien­ti­fico di Demo­cri­tos, ed ex pre­si­dente dell’Unione dei chi­mici greci, Nikos Katsa­ros. «Se tale neu­tra­liz­za­zione sarà effet­tuata tra­mite il pro­cesso di idro­lisi, non c’è da stare tran­quilli. Si tratta di un metodo estre­ma­mente peri­co­loso, con con­se­guenze impre­ve­di­bili per l’ambiente medi­ter­ra­neo e i popoli vicini». Gli effetti saranno la necrosi com­pleta dell’ambiente inte­res­sato e l’inquinamento marino tra il mar Libico ed il mar di Creta. Il pesce sarà avve­le­nato dalla con­ta­mi­na­zione, al pari della popo­la­zione che lo con­su­merà. Di seri rischi parla il pro­fes­sor Evan­ge­los Gida­ra­kos, del Poli­tec­nico di Creta, che ha lan­ciato l’allarme alle auto­rità gre­che, che per ora pre­fe­ri­scono tacere. «Que­ste sostanze chi­mi­che sono miscele di agenti peri­co­losi e tos­sici» sot­to­li­nea.
Secondo gli annunci uffi­ciali, le armi chi­mi­che, dopo essere tra­spor­tate dalla Siria, saranno cari­cate nel p orto di Gioia nel reci­piente di tita­nio della nave ame­ri­cana Cape Ray. «E poi saranno distrutte col pro­cesso di idro­lisi in acque inter­na­zio­nali tra l’Italia e la Gre­cia, nel tratto di mare tra Malta, Libia e Creta». Sulla con­si­stenza dell’arsenale, i greci danno poi ben altri numeri rispetto a quelli for­niti da Lupi. Gida­ra­kos ha rife­rito che, da fonti atten­di­bili, esi­ste­reb­bero 1.250 ton­nel­late di arma­menti prin­ci­pali ad effetto mor­tale, come i gas sarin e i gas mostarda, ed altre 1.230 ton­nel­late di sostanze pre­cur­sori, uti­liz­zate per la fab­bri­ca­zione delle armi vere e pro­prie, prin­ci­pal­mente com­po­sti chi­mici di cloro e fluoro, di per sé alta­mente tos­si­che. E poi esi&sh y;ste una gamma di altre sostanze acqui­state da Dama­sco dopo l’embargo, di pro­ve­nienza e natura ignota. A met­tere inquie­tu­dine è, non­di­meno, l’ultimo punto dello stu­dio del Poli­tec­nico cre­tese. Sostiene Gida­ra­kos che l’idrolisi pro­durrà una terza com­po­nente tos­sica che sarà for­mata diret­ta­mente nelle acque marine. Per­ché l’idrolisi non è più un pro­cesso rela­ti­va­mente sicuro (durante la distru­zione delle armi chi­mi­che al largo del Giap­pone nel secondo dopo­guerra, ad esem­pio) in quanto oggi pro­duce anche scarti in forma liquida, cosa che non suc­ce­deva in pas­sato. Gli atti­vi­sti della Piana, peral­tro, scon­fes­sano Lupi anche in merito al tran­shi­p­ment delle armi nel porto di G ioia. «A Roma si vuol annac­quare il vino con l’acqua usando tec­ni­ci­smi per creare volu­ta­mente con­fu­sione. I por­tuali del Sul, al pari di altri lavo­ra­tori, ci hanno con­fer­mato che è vero che mate­riale tos­sico di que­sta cate­go­ria ne è pas­sato negli anni lungo le ban­chine gio­iesi, ma sostanze letali mai. Sarebbe la prima volta» con­clude Romeo. Il porto cala­brese si tro­ve­rebbe, dun­que, in una situa­zione di ecce­zio­nale e pro­lun­gata peri­co­lo­sità visto che l’imminente carico di gas siriani equi­vale all’intero movi­mento di un anno. In una zona, che secondo la Pro­te­zione civile, è «in piena allerta sismica». Nei due giorni fati­dici Gioia dovrà così smal­tire un carico di sostanze peri­co­lose che di solito assorbe (da nave a nave) in un anno intero. Pos­si­bile? Man­te­nendo suf­fi­cienti e «ordi­nari» stan­dard di sicu­rezza? Agli atti­vi­sti e ai por­tuali il dub­bio rimane.





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