[Disarmo] Il TPIJ, la giustizia della NATO



Recensione e commento al libro UOMINI E NON UOMINI di Goran Jelesic, condannato dal Tribunale speciale NATO TPIJ, e attualmente detenuto in Italia. A cura del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia.

(giro questa recensione in Disarmo visto il pesante coinvolgimento Usa-NATO in queste vicende. Sarebbe buon lavoro far girare questo testo pure in lista Diritti...)

Jure Ellero

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Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina
nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo

A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale,
Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli

*Francoforte: Zambon 2013*
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3

La scheda del libro:
http://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013



-------- Messaggio originale --------
Oggetto: 	[JUGOINFO] Il Tribunale Speciale della NATO
Data: 	Sat, 28 Jun 2014 20:00:57 +0200
Mittente: 	'Coord. Naz. per la Jugoslavia' jugocoord at tiscali.it
[crj-mailinglist] <crj-mailinglist-noreply at yahoogroups.com>
Rispondi-a: 	Coord. Naz. per la Jugoslavia <jugocoord at tiscali.it>
A: 	crj-mailinglist at yahoogroups.com
CC: 	icdsm-italia at yahoogroups.com



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*Il Tribunale Speciale della NATO*
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* Goran Jelisic, imputato del Tribunale Speciale (di A. Martocchia.
Recensione del libro "Uomini e non uomini", Zambon 2013)*
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*GORAN JELISIC, IMPUTATO DEL TRIBUNALE SPECIALE*

Ha ragione Ugo Giannangeli, che nella sua Postfazione al nuovo libro
"*/Uomini e non uomini/*" (*) scrive: «Ho letto il libro di Goran
Jelisic e sono rimasto allibito». "Allibito" è la parola giusta.
Giustamente nella Postfazione Giannangeli parla del carattere
eminentemente politico - e perciò giuridicamente obbrobrioso - del
"processo" subito da Jelisic: «Non che di aberrazioni giudiziarie non ne abbia viste, ma poco sapevo del funzionamento del Tribunale dell'Aja».

Le cronache del "/Tribunale penale internazionale ad hoc per i crimini
commessi sul territorio della ex Jugoslavia/" (TPIJ) non possono che
lasciare allibito chiunque vi si avvicini per caso e senza parzialità o
preconcetti. Il problema, però, è che – tolto il libro di cui stiamo
parlando – tali cronache a dir poco scarseggiano. Esistono, è vero, i
servizi informativi prodotti dallo stesso "Tribunale" (1) che oltre a
farsi autopropaganda pubblica le trascrizioni ufficiali e una parte dei
video (su YouTube) dei dibattimenti: ma il non addetto ai lavori non sa
che farsene di questa mole esorbitante di materiali. Esistono poi le
sintesi informative prodotte dall'IWPR (Institute for War & Peace
Reporting), agenzia di stampa creata ad hoc per occupare a priori
scrivanie e computer degli organi di informazione rendendo "superfluo" – cioè in pratica impedendo – il lavoro di presa diretta, scavo e analisi indipendente che invece il giornalista sarebbe tenuto a fare. La IWPR è nata in effetti per "coprire" mediaticamente in maniera totalitaria tutta la crisi jugoslava sin dai primi anni Novanta: chi li finanzia? Ma che domande: gli stessi che finanziano il "Tribunale ad hoc"! Tra questi spiccano il National Endowment for Democracy, l'Open Society Institute e la Rockefeller Family Associates (2).

Non esistono giornalisti indipendenti che abbiano seguito i lavori del
TPIJ in maniera non occasionale, ed anche alcune attività di
contro-informazione avviate su internet, per ovvie ragioni, non hanno
retto al passare inesorabile del tempo – chi può seguire costantemente
una questione per un ventennio o più su base meramente volontaria?
Tantomeno tali attività hanno retto dopo alcune pesanti sconfitte subite – la più pesante fra tutte: l'assassinio di Slobodan Milosevic proprio nel carcere dell'Aia, proprio mentre avviava la sua autodifesa. (3)

Con la morte di Milosevic è venuta meno ogni attività di analisi e di
critica delle attività del "Tribunale". Guardiamo al nostro paese,
l'Italia, che pur essendo un paese molto provinciale aveva visto
svilupparsi sin dagli anni Novanta innumerevoli attività dedicate ai
fatti jugoslavi: ebbene, sul "Tribunale ad hoc" è uscito un numero
assolutamente esiguo di testi analitici. Pochi gli articoli, tutti
copia-e-incolla dei dispacci d'agenzia venuti dall'estero, e pochissimi
anche i libri. Tra questi ultimi, cronologicamente precedenti al libro
di Jelisic, dobbiamo ricordare solamente: «/Imputato Milosevic. Il
processo ai vinti e l'etica della guerra/», di Massimo Nava (Fazi 2002), e il "nostro" «/In difesa della Jugoslavia. I//l j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia/» (Zambon, 2005). (4)
Sarebbe a questo punto importante, a venti anni dalla creazione di tale
istituzione para-legale, operare una ricognizione degli studi specifici
effettuati a livello accademico, delle Testi di laurea o dottorato
dedicate al "Tribunale" o che usano gli Atti del "Tribunale" come fonte
di ricostruzione storica dei tragici fatti jugoslavi… Sarebbe
importante, ma già viene la pelle d'oca a pensare a quali sarebbero i
risultati di questa ricognizione.

Sulla vera natura del "Tribunale ad hoc" scrivevamo nel 2005 (5): «La
"giustizia" del "Tribunale ad hoc" è dunque quella di una parte in causa contro l'altra: il contrario esatto del /super partes/. Il TPIJ,
analogamente al famigerato /Tribunale Speciale/ dell'Italia fascista, è
uno strumento politico totalmente sotto controllo dei vincitori, cioè
degli aggressori, devastatori ed invasori della Jugoslavia.» Ci
confortava nel giudizio la sincera dichiarazione di Jamie Shea,
portavoce della NATO durante i bombardamenti sulla Jugoslavia della
primavera del 1999: «La NATO è amica del Tribunale, è la NATO che
detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto accusa…
Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per istituire il
Tribunale, noi siamo tra i più grandi finanziatori.»

Più in dettaglio, del "Tribunale ad hoc" analizzavamo i meccanismi
giuridici:
«Noti giuristi e commentatori hanno spiegato come, nel suo
funzionamento, il TPIJ violi tutti i principi del diritto
internazionale. In sostanza, esso non rispetta la separazione dei poteri, né la parità fra accusa e difesa, né tantomeno la presunzione di innocenza finché non si giunge ad una condanna: la regola 92 del
TPIJ stabilisce che le confessioni siano ritenute credibili, a meno che
l'accusato possa provare il contrario, mentre in qualsiasi altra parte
del mondo l'accusato è ritenuto innocente fino a quando non sia provata
la sua colpevolezza.
Il TPIJ formula i propri regolamenti e li modifica su ordine del Presidente o del Procuratore, assegnandoad essi carattere retroattivo: attraverso una procedura totalmente ridicola, il Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa e ratificarle via fax
ad altrigiudici (regola 6).
Il regolamento stesso non contempla un giudice per le indagini preliminari che investighi sulle accuse.
Il "Tribunale ad hoc" utilizza testimoni anonimi, che si possono dunque
sottrarre a verifiche da parte della difesa; secreta le fonti
testimoniali, che possono essere anche servizi segreti di paesi
coinvolti neifatti.
Esso usa la segretezza anche sui procedimenti aperti (regola 53); ricusa o rifiuta a proprio arbitrio di ascoltare gli avvocati della difesa (regola 46), allo stessomodo dei tribunali dell'Inquisizione; può rifiutare agli avvocati di consultare documentazione probatoria (regola 66); può detenere sospetti per novanta giorni primadi formulare imputazioni, con l'evidente scopo di estorcere confessioni. Dulcis in fundo, i giudici si arrogano persino il diritto, d'accordo con la "pubblica accusa", direvisionare la trascrizione del dibattimento, censurandola.»

La gran parte di queste pratiche illegittime è puntualmente confermata
nel suo libro da Goran Jelisic, il quale porta quei casi esemplari che
sono le sue esperienze dirette. Esperienze drammatiche, a fronte delle
quali chiunque impazzirebbe. Jelisic invece raccoglie il suo dolore, i
suoi shock, e riesce a farne un libro, a rivendicare semplicemente la
/umanità/ sua e dei suoi compagni di prigione, anche quelli di diverso
colore politico-etnico. Di qui il titolo, poiché «esistono solo due
nazioni: gli uomini e i non uomini» (p.87). E sulla base di questo
spontaneo senso di umanità in carcere si fraternizza spesso (non sempre) anche con il nemico di ieri.

Jelisic spiega ulteriori discutibili prassi adottate dal "Tribunale".
Racconta casi precisi, di testimoni "imboccati" dai giudici, o del modo
in cui vengono imposti gli avvocati difensori e come questi ultimi
inducano l'imputato a commettere errori dei quali pagherà poi care le
conseguenze. Fa alcuni esempi di materiale probatorio grossolanamente
falsificato (addirittura estratti da un film di Arnold Schwarzenegger:
p.223).
Jelisic racconta come gli inquirenti cercarono in tutti i modi
di fagli dire che a Brcko erano stati uccisi seimila musulmani: «Ero
sbalordito da tale richiesta. In seguito, ogni volta che volevano
spingermi a dire qualcosa, spegnevano la telecamera. Si vedeva che
avevano una bella esperienza d'interrogatori nei servizi segreti o come
agenti» (p.144; p.170).
Jelisic spiega che di fronte a sue "ammissioni" era sempre pronto uno sconto di pena… Alcune sue presunte vittime verranno però invece ritrovate vive e vegete (p.169; p.308).
Un altro elemento interessante che emerge dalle memorie di Jelisic è la
varietà delle posizioni e degli atteggiamenti anche nel seno di ciascuna parte etnico-politica. Così, ad esempio, anche tra i serbi di Brcko: Jelisic prigioniero non sempre trova tra i suoi ex commilitoni e
preposti quell'aiuto che si sarebbe aspettato. Anche per qualche suo ex
superiore evidentemente poteva essere lui, Jelisic, il capro espiatorio adatto a calmare le acque su altri versanti. L'opportunismo ha trasformato in "non uomini" anche qualcuno dei "suoi".

E' particolarmente importante l'informazione che Jelisic fornisce sulla
sua vicenda "italiana".
Innanzitutto, dopo la condanna egli è stato arbitrariamente assegnato ad una prigione italiana nonostante garanzie affatto diverse che gli erano state date. In Italia è passato per sei prigioni diverse, e si trova adesso a Massa, dove deve terminare di scontare una condanna a 30 anni (fino al 2028). Sebbene abbia fatto domanda per ottenere tre anni di indulto, concessi a tutti i detenuti dello Stato italiano, questi gli sono stati rifiutati con la motivazione che avrebbe commesso il crimine di /genocidio/, reato da cui invece è stato assolto; i suoi ricorsi non ottengono nemmeno risposta. Gli sono stati negati anche i permessi che invece, nelle carceri estere, sono stati spesso concessi ad altri condannati dell'Aia. Dal 2006, anno d'inizio del lavoro di traduzione e riscrittura delle sue memorie, la curatrice del libro non ha mai ottenuto il permesso di incontrarlo.

Sulla morte di Milosevic, che a noi risulta essere stato ucciso tramite
somministrazione a sua insaputa di dosi da cavallo di Rifampicina
nei pasti mensa, Jelisic espone una sua tesi un po' diversa (p.137) ma
che comunque evidenzia quantomeno arbitrii e deficit di controlli nella
prigione dell'Aia ("In carcere non si può morire altro che per
omicidio", ha scritto giustamente Miriam Pellegrini Ferri).
Jelisic opportunamente ricorda altre persone uccise o morte nel carcere del "Tribunale" o nelle operazioni per la loro cattura. L'elenco negli anni è diventato terribilmente lungo: Djordje Djukic, Simo Drljaca, Dragan Gagovic, Janko Janjic, Slavko Dokmanovic e Milan Babic (due strani suicidi nelle celle dell'Aia), Milan Kovacevic, Dragomir Abazovic. Sarà un caso, ma in questo elenco sono tutti serbi. Certamente la disparità di trattamento tra prigionieri delle diverse parti politiche è un dato acclarato; scriviamo "politiche" e non "nazionali" poiché in realtà anche alcuni serbi legati ai servizi segreti occidentali hanno goduto di trattamenti di favore: è il caso di Milorad Ulemek "Legija", di Momčilo Perišić e della strana coppia Stanisic-Simatovic, che hanno reso in passato i loro servigi al "Tribunale ad hoc" testimoniando contro Milosevic, per poi usufruire di assoluzioni o sconti di pena.

I proscioglimenti "eccellenti" hanno riguardato tutti i personaggi di
spicco, veri responsabili politico-militari, appartenenti alle parti e
ai partiti secessionisti croati, musulmani e albanesi.
Ramush Haradinaj e Hasim Thaci sono oggi i veri padroni della repubblichetta del Kosovo.
Nel novembre 2012 la corte dell’Aja ha scagionato persino i generali
croati Ante Gotovina e Mladen Markac, pianificatori della pulizia etnica delle Krajine. Il boia Nasir Oric, comandante delle milizie musulmane che a ripetizione fecero strage di serbi nei dintorni di Srebrenica tra
il 1992 e il 1994, è stato completamente assolto (sic) nel 2008 quando
era già libero avendo scontato solo una pena ridicola nel carcere dell'Aia.

La notizia più recente è la liberazione dell'ex presidente della
autoproclamata "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" Dario Kordic. In
custodia dal 1997 e condannato a 25 anni nel 2004, Kordic ha scontato la pena a Graz, cioè in un paese (l'Austria) che ha in tutti i modi sostenuto il separatismo e nazionalismo croato. Mandante della strage di Ahmici, un villaggio a forte componente musulmana presso Vitez, dove un centinaio di non-croati furono liquidati il 16 aprile del 1993, Kordic è dunque potuto rientrare a Zagabria tra i festeggiamenti di
rappresentanti politici e della chiesa cattolica. (6)

Per alcune delle assoluzioni di cui sopra un anno fa scoppiò uno
scandalo, presto silenziato, attorno alla figura di Theodor Meron,
"presidente" del "Tribunale", cittadino statunitense, già consigliere
giuridico del governo israeliano e ambasciatore israeliano in Canada e
alle Nazioni Unite. Il giudice danese Harhoff accusò Meron di avere
"effettuato pressioni sui suoi colleghi" per compiacere l'establishment
militare americano e israeliano. (7)

Negli anni successivi all'assassinio di Milosevic sono stati chiusi i
"processi" che erano già aperti, come questo di Jelisic, e sono stati
catturati gli ultimi ricercati. Jelisic è prigioniero in Italia da più
di dieci anni, e da alcuni anni sono oramai in corso i procedimenti "eccellenti" contro Karadzic e Mladic – procedimenti che
nessuno segue, né in Italia né all'estero, benché gli elementi
interessanti siano moltissimi sotto il profilo della ricostruzione
storica, mentre gli elementi di critica giuridica sono perfettamente
analoghi a quelli già palesati nei casi precedenti…

Il libro di Jelisic con grande umanità espone i fatti che sono capitati all'autore (8), ma certamente non è un singolo condannato a potersi fare carico di mettere in questione i meccanismi complessivi di funzionamento e le logiche del "Tribunale". Jelisic quasi candidamente ci "colpisce allo stomaco" rimproverandoci la nostra disattenzione su questa problematica, e ridestandoci. Ha ragione: a questo punto sarebbe veramente necessario che qualcuno stilasse un corposo bilancio critico di tanti anni di attività di questa struttura para-legale, "utile" solamente ad assolvere a priori tutti i responsabili occidentali, per i quali è stato sempre dichiarato il non luogo a procedere, e a prosciogliere dalle accuse tutti quelli che tra i criminali locali sono amici o agenti dell’Occidente.


*Andrea Martocchia*
(segretario, Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS - www.cnj.it
<http://www.cnj.it/>)


(*) *Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina
nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo*
A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale,
Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli
*Francoforte: Zambon 2013*
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3
La scheda del libro:
http://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013

NOTE
(1) http://www.icty.org <http://www.icty.org/>
(2) http://iwpr.net/what-we-do/supporters
(3) Da segnalare il grande lavoro svolto per anni da Andy Wilcoxson con
il sito http://www.slobodan-milosevic.org
<http://www.slobodan-milosevic.org/> . Il "processo" a Milosevic fu
seguito bene dalle sezioni del Comitato internazionale di diversa sorte
nei diversi paesi, tra cui l'Italia:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/
(4) http://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm . Online si accede ai due materiali più preziosi pubblicati nel testo: il nostro saggio «Processo Milošević: un “processo alle intenzioni”», unica dettagliata analisi e denuncia del funzionamento del "Tribunale" che sia apparsa finora in lingua italiana, e il testo integrale del Discorso di avvio della Autodifesa di Slobodan Milošević (31 agosto-2 settembre 2004)
(5) In «Processo Milošević: un “processo alle intenzioni”», cit.
(http://www.cnj.it/MILOS/testi.htm#intenzioni).
(6) http://balkans.courriers.info/article25063.html
(7)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/topics/7710 ;
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7715
Harhoff è stato ovviamente subito silurato con un pretesto relativo al
"processo" Seselj:
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7756
(8) In occasione di una riedizione, raccomandiamo la stesura di un
Indice dei Nomi ed un corredo critico, in modo che ad ogni circostanza o nome si possa associare una pagina delle trascrizioni degli Atti
ufficiali del dibattimento.

Sul carattere illegittimo, servile e fazioso del "Tribunale ad hoc" si
veda altra documentazione raccolta al nostro sito:
http://www.cnj.it/MILOS/testi.htm



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