[Disarmo] R: Fwd: [Nonviolenti] LE CONDIZIONI DI HAMAS PER UNA TREGUA



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Gaza

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----Messaggio originale----
Da: davide at bertok.it
Data: 25/07/2014 0.36
A: <disarmo at peacelink.it>
Ogg: [Disarmo] Fwd: [Nonviolenti] LE CONDIZIONI DI HAMAS PER UNA TREGUA




-------- Messaggio originale --------
Oggetto: [Nonviolenti] LE CONDIZIONI DI HAMAS PER UNA TREGUA
Data: Thu, 24 Jul 2014 00:23:48 +0100
Mittente: Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it>
Rispondi-a: Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it>
A: Carlo Gandolfo <carlo at artilibere.com>
CC: nonviolenti at lists.nonviolenti.org <nonviolenti at lists.nonviolenti.org>


Di Gideon Levy, Haaretz, 21 luglio
Dopo che abbiamo detto tutto ciò che c’è da dire sul conto di Hamas – che è integralista, che è crudele, che non riconosce Israele, che spara sui civili, che nasconde munizioni dentro le scuole e gli ospedali, che non ha fatto niente per proteggere la popolazione di Gaza – dopo che è stato detto tutto questo, e a ragione, dovremmo fermarci un attimo e ascoltare Hamas. Potrebbe perfino esserci consentito metterci nei suoi panni e forse addirittura apprezzare l’audacia e la capacità di resistenza di questo nostro acerrimo nemico, in circostanze durissime.
Invece Israele preferisce tapparsi le orecchie davanti alle richieste della controparte, anche quando queste richieste sono giuste e corrispondono agli interessi sul lungo periodo di Israele stesso. Israele preferisce colpire Hamas senza pietà e senza alcun altro scopo che la vendetta. Stavolta è particolarmente chiaro: Israele dice di non voler rovesciare Hamas (perfino Israele capisce che se lo fa si ritroverà sulla porta di casa la Somalia, altro che Hamas), ma non è disponibile ad ascoltare le sue richieste. Quelli di Hamas sono tutti “bestie”? Ammettiamo pure che sia vero, ma tanto lì stanno e lì restano, e lo pensa anche Israele. Quindi, perché non ascoltarli?
La settimana scorsa sono state pubblicate, a nome di Hamas e della Jihad islamica, dieci condizioni per un cessate il fuoco che sarebbe durato dieci anni. Possiamo anche dubitare che le richieste arrivassero davvero da quelle due organizzazioni, ma comunque erano una buona base per un accordo. Tra di esse non ce n’era neanche una che fosse priva di fondamento.
Hamas e la Jihad islamica chiedono libertà per Gaza. C’è forse una richiesta più comprensibile e lecita? Senza accettarla non c’è modo di mettere fine all’attuale ciclo di uccisioni e di evitarne un altro nel giro di pochi mesi. Nessuna operazione militare – aerea, terrestre o marittima che sia – fornirà una soluzione. Solo cambiando radicalmente atteggiamento nei confronti di Gaza si potrà garantire ciò che tutti vogliono, cioè la tranquillità.
Leggete l’elenco delle richieste e giudicate onestamente se tra di loro ce ne sia anche una sola ingiusta: ritiro dell’esercito israeliano e autorizzazione dei coltivatori a lavorare le loro terre fino al muro di sicurezza; scarcerazione di tutti i prigionieri rilasciati in cambio della liberazione di Gilad Shalit e poi arrestati; fine dell’assedio e apertura dei valichi; apertura di un porto e di un aeroporto sotto gestione Onu; ampliamento della zona di pesca; supervisione internazionale del valico di Rafah; impegno da parte di Israele a mantenere un cessate il fuoco decennale e chiusura dello spazio aereo di Gaza ai velivoli israeliani; concessione ai residenti di Gaza di permessi per visitare Gerusalemme e pregare nella moschea Al Aqsa; impegno da parte di Israele a non interferire con le decisioni politiche interne dei palestinesi, vedi la creazione di un governo di unità nazionale; infine, apertura della zona industriale di Gaza.
Queste sono condizioni civili, i mezzi per realizzarle sono militari, violenti e criminali. Ma la verità (amara) è che tutti se ne fregano di Gaza quando non spara missili contro Israele. Guardate la sorte toccata a quel dirigente palestinese che ne aveva abbastanza delle violenze, Abu Mazen: Israele ha fatto tutto quanto in suo potere per distruggerlo. E qual è la triste conclusione? “Funziona solo la forza”.
La guerra in atto è una guerra per scelta e la scelta l’abbiamo fatta noi israeliani. È vero, quando Hamas ha cominciato a sparare missili Israele non poteva non reagire. Ma contrariamente a ciò che tenta di spacciare la propaganda israeliana, i missili non sono mica piovuti dal cielo senza motivo. Basta tornare indietro di qualche mese: rottura delle trattative da parte di Israele; guerra contro Hamas in Cisgiordania in seguito all’assassinio dei tre studenti di un seminario rabbinico – è dubbio che lo abbia pianificato Hamas – e arresto di 500 suoi attivisti con false accuse; blocco dei pagamenti degli stipendi ai lavoratori di Hamas a Gaza e opposizione di Israele al governo di unità nazionale, che forse avrebbe potuto ricondurre Hamas entro l’agone politico. Chiunque pensi che Hamas avrebbe potuto incassare senza batter ciglio, probabilmente soffre di arroganza, autocompiacimento e cecità.
A Gaza – e in minor misura anche in Israele – si sta versando una quantità terrificante di sangue. Questo sangue è versato invano. Hamas è martellato da Israele e umiliato dall’Egitto. L’unica possibile soluzione sta nella direzione esattamente opposta a quella dove sta andando Israele. Un porto a Gaza, così che possa esportare le sue ottime fragole? Agli israeliani suona come un’eresia. Qui, ancora una volta, si preferisce il sangue (palestinese) alle fragole (palestinesi).
(Traduzione di Marina Astrologo)


Il Mercoledì 23 Luglio 2014 16:04, Carlo Gandolfo <carlo at artilibere.com> ha scritto:


Caro Lorenzo,
grazie per la lunga e dettagliata risposta.
C'è molto materiale da approfondire e studiare per me, dammi un po' di tempo e ti rispondo.
Grazie ancora, ciao
Carlo




Il giorno 23 luglio 2014 15:09, Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it> ha scritto:
Caro Carlo, grazie delle tua precisa e dettagliata risposta.
Ti specifico alcuni punti.

1) Noi: io, te e i radicali, contiamo zero per Israele. Per Israele conta zero anche la volontà dell'Europa, degli Usa (che però è condizionata dalla lobby ebraica americana) e dell'ONU. Israele vuole solo prendersi tutta la terra fino al Giordano. Non vuole uno stato palestinese, e se lo permetterà sarà uno stato fantoccio, che lui potrà controllare, senza Gerusalemme. Israele è ormai vicino a questa meta di prendersi tutta la terra. Dopo potrà anche entrare in Europa se l'Europa glielo propone, dato che deve aver partner commerciali. Ma non sarà mai una democrazia laica occidentale rispettosa dei diritti civili di tutti finché sarà stato ebraico. E la miopia dei radicali è il non vedere questa semplice verità.

2) Se i radicali volessero davvero uno stato laico e democratico e smilitarizzato, dovrebbero spendersi per uno stato unico binazionale, laico: cioè non ebraico. Ma non lo fanno, perché sono sostenitori della causa israeliana, non riconoscono nell'ebraicità dello stato la causa delle tante discriminazioni e dei tanti crimini che fa, per i quali occorre un esercito, e hanno il quarto esercito del mondo. Israele come dicono gli israeliani nonviolenti è UN ESERCITO CON UNO STATO.

3) Ho letto la storia del partito radicale in Italia negli ultimi anni. Per me, 43 anni, Pannella rimane quello che ho iniziato a conoscere negli anni Ottanta, quando era l'amicone di Craxi, e poi nel 1991, quando mentre io facevo il servizio civile lui chiamava Saddam Hussein macellaio e diceva di sostenere la guerra all'Iraq in nome di Gandhi e della nonviolenza.
Il PR con la sua foto di Gandhi nel simbolo è per me il massimo oltraggio alla nonviolenza. Altro che Grillo, che si limita alle parolacce, i radicali sostengono attivamente guerre e stati terroristi come Israele. Ho conosciuto molti giovani radicali che usano la nonviolenza solo come arma tattica per sostenere la bontà della visione occidentale capitalista, liberista, irrispettosa delle diversità, sionista. Per loro Gandhi è riassunto solo nella frase: "se dovessi scegliere solo tra viltà e violenza, sceglierei la violenza", per giustificare il fatto che si deve intervenire sempre, con ogni metodo, anche violento. Quindi, grande Cavallotti, meriti ai radicali per la legge sull'obiezione di coscienza e per vari referendum e per altro ancora, ma per quanto mi riguarda dagli anni Ottanta i radicali sono per me INCOMPATIBILI con la nonviolenza, sia per la loro visione sia per la loro prassi.

4) Dissento energicamente dalla tua frase: "parliamo di un'organizzazione che...è propensa allo schierarsi dalla parte dei deboli e degli ultimi". Assolutamente no, si schiera a difesa di chi condivide una visione con una etica individualista, capitalista, liberista, sionista. Non si schiera per i diritti dei lavoratori, ma del libero mercato, non per i palestinesi, ma per i loro oppressori. 
 
5) L'Europa di oggi e i radicali di oggi sono per me la negazione di quella del Manifesto di Ventotene, e non è certo allargandola a stati che applicano ancora di meno i diritti civili che migliorerà.

6) Ognuno di noi può sognare una Europa dei popoli, pacifica, unita, ecc, con un nuovo modello di sviluppo, sono solo sogni però, non sono minimamente alla portata del qui e ora. In più, non capisco perché parti dell'Africa e dell'Asia debbano entrare in Europa. Questa è una visione eurocentrica di supremazia occidentale. Cosa diresti tu se gli arabi cercassero di fare entrare gli stati europei in una Unione mediorientale che loro hanno fondato, e che quindi ha principi dettati da loro?

7) Peres e Oz sono due guerrafondai. Il primo è un criminale, il secondo un sostenitore accanito di guerre criminali, come quando nel 2006 scrisse che la guerra al Libano non solo era legittima ma eticamente giusta. Oz non condanna mai le guerre di Israele, anzi le sostiene espressamente. Perez è responsabile di varie carneficine. I pacifisti israeliani: Jeff Halper, Michel Warscahwski, considerano questi sionisti "moderati" come il volto accettabile per noi europei dei crimini di Israele, e li disprezzano profondamente, proprio perché con i loro modi più educati legittimano in Europa i crimini di Israele. Credo che i radicali non sappiano nulla degli attivisti nonviolenti israeliani, di quel che dicono e fanno (il boicottaggio di Israele). E se lo sanno, e pensano quel che scrivi tu, hanno visioni e pratiche diametralmente opposte.
Che Perez e Oz vogliano entrare in Europa, non mi stupisce, perché loro come gran parte degli israeliani sono come dei coloni europei avulsi dal Medio Oriente. E come ti ho già scritto, il processo da fare se Israele volesse la pace, sarebbe quello di integrarsi con la realtà araba che ha intorno, non con l'Europa.

Come vedi, abbiamo visioni radicalmente opposte.
Mi scuso per la lunghezza, nel caso possiamo proseguire con messaggi privati.
Lorenzo Galbiati






Il giorno 23 luglio 2014 02:49, Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it> ha scritto:
Caro Carlo Gandolfo, ti esprimo il mio parere, che vale solo per me, non rappresentando nessuno.
Credo che questa proposta sia del tutto insensata. 
Il che è normale, dato che a sostenerla è il partito radicale, ossia un partito ultra-filosionista e molto centrato sulla supremazia dei valori occidentali. Per quel che ne so io, è fantascienza l'idea di fare diventare Europa tutto il Mediterraneo (che è fatto da Africa e Asia oltre che Europa). I paesi arabi hanno una loro identità e va rispettata, non fagocitata in una Europa che sarebbe poi un assemblaggio assolutamente senza fisionomia (già quella di adesso è messa male, in mano alle banche e per niente unita politicamente, per niente una Europa dei popoli). 
I sondaggi danno gli israeliani favorevoli, perché son in gran parte ebrei ashkenaziti, cioè arrivati dall'Europa, specie quella dell'est, la più filoccidentale oggi. Ma è proprio qui il problema: Israele è un corpo estraneo al Medio Oriente proprio perchè colonia europea, che non si integra con gli arabi che lo circondano. I pacifisti-nonviolenti israeliani non si sognano lontanamente di proporre a Israele di entrare in Europa: al contrario, chiedono a Israele di integrarsi con i vicini arabi, di fare per esempio una confederazione con la Giordania. Chiedi a Jeff Halper.
Solo un Israele pacificato con i palestinesi e cooperante con gli stati arabi sarà ben accetto, specie se diventasse stato
laico binazionale, con ebrei e palestinesi sullo stesso piano. L'idea poi che fare entrare Israele in Europa porti alla pace con i palestinesi è del tutto assurda: Israele non vuole in nessun caso lasciare la terra ai palestinesi, i quali giustamente vogliono anche Gerusalemme est. In ogni caso, ormai sempre più israeliani, non solo di sinistra, non solo pacifisti, oramai dicono che la soluzione due popoli due stati è impraticabile sul campo, e a renderla impraticabile è stato Israele con le sue colonie. 

In conclusione, non so chi siano i due di Fatah che hanno risposto in questo scritto, ma è chiaro che a loro importa che i palestinesi abbiano uno stato (loro ci sperano ancora) o siano integrati in un Israele non ebraico ma laico. E' chiaro che a loro tutto è meglio del presente, nel quale non c'è un futuro per i palestinesi. Ma una cosa è certa: Israele non lascerà mai Gerusalemme est e la terra dei coloni ai palestinesi per entrare in Europa. E' una assurdità che dimostra solo come chi lo pensa non sappia vedere e interpretare quel che fa Israele.
Quel che può fare l'Europa è boicottare Israele, se vuole dare una chance ai palestinesi di vivere con dignità. Ma i radicali, presunti (ma falsi) nonviolenti, essendo filoisraeliani e completamente ciechi su quel che succede in Palestina, pensano solo a come integrare Israele nell'Europa.
Lorenzo Galbiati

Il Martedì 22 Luglio 2014 21:57, Carlo Gandolfo <carlo at artilibere.com> ha scritto:




Una proposta di soluzione, dall'alto.
Non escludente un'azione nonviolenta di natura omnicratica, dal basso.
Voi che ne pensate?

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"I confini di Israele possono essere i confini degli Stati Uniti d'Europa (e del Mediterraneo)”: iniziava così l'articolo-manifesto, pubblicato a pagamento da Marco Pannella su alcuni quotidiani israeliani in occasione del primo Consiglio Federale del Partito Radicale a Gerusalemme est nel 1988. â€œIsraele nell’Unione Europea è naturale ricongiungimento, premessa per il ricongiungimento europeo, mediterraneo: con Turchia, con Giordania, Palestina e Libano democratici, fino al Maghreb, al Marocco", ribadirà Pannella.
Tutti i sondaggi danno gli israeliani fortemente favorevoli. Ma cosa ne pensano i Palestinesi? â€œL'entrata in una comunità come quella europea darebbe a Israele e Palestina la pressione necessaria per incamminarsi sulla strada della pace, secondo la legge internazionale. L'UE dovrebbe però porre come condizione a Israele l’accettazione di uno stato palestinese con pari dignità”, dice Raed Debiyi, Segretario internazionale del movimento dei giovani di Fatah. 
Sulla stessa linea altri due intervistati, Rami Abu Khalil, membro del Segretariato per gli affari internazionali e Husam Zomlot, membro del Comitato affari esteri di Fatah: â€œGli Europei sono i vicini immediati di Israele e Palestina, inoltre sono importanti partner commerciali. L’UE ha in sé l'esperienza straordinaria di aver superato i confini e noi in Palestina dovremmo trarre ispirazione e guardare all'Europa come modello. La civiltà qui è molto radicata, abbiamo molto da offrire”. Per questo obiettivo Radicale, anche le donne e gli uomini israeliani e palestinesi più aperti, e oggi ridotti allo sconforto, potrebbero ritrovare una speranza e una prospettiva di azione.
Ascolta le interviste su Radio Radicale oppure sul suo format d'inchiesta "Fainotizia".

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