[Disarmo] o viandante dell'universo



Subject: o viandante dell'Universo

Da parte di Alfonso Navarra - obiettore alle spese militari e nucleari (www.osmdpn.it) – 27 febbraio 2015

Il cerchio di ferro iscrive la zampa di colomba, anch’essa di ferro: è il simbolo della pace collocato su un alto palo che si erge su un basamento.

Siamo sulla cima di un monte su cui è stato eretto uno strano monumento.

La stele affissa al frontone del basamento reca un’iscrizione:

"O viandante dell’universo che, dalle profondità di uno Spazio sconosciuto, sei approdato in questa landa desolata e desertica, battuta da tempeste di polvere radioattiva, butterata da crateri senza fondo. Fermati, per favore, e leggi, queste scritte scolpite sulla pietra e, se puoi, sforzati di interpretarle. Costruito o no di carbonio, squamato o meno, l’intelligenza non ti mancherà di certo visto che sei riuscito in qualche modo arrivare fin qui chissà da dove. Né l’aspirazione a cercare un senso alla tua effimera presenza. L’arida sfera che stai calpestando – ma già lo sai - era prima un Pianeta azzurro, rigoglioso di acqua e di vita, brulicante nelle più svariate e sfrontate forme. Questo però forse non lo sai: fu la follia nutrita di paura – che è il contrario dell’amore - a perderlo. Ne segnò la fine la stoltezza di coloro che, appartenenti ad una specie che avrebbe dovuto essere dotata di ragionevolezza superiore, invece di cooperare per custodirlo, si scontrarono fino a distruggerlo. Adoperarono l’energia atomica per difesa preventiva contro l’arroganza, l’avidità, la presunta "cattiveria" altrui, che era poi anche la propria, in una guerra che esplose solo apparentemente per caso e per errore. Vogliamo testimoniare con coerenza sconsolata che alcuni di noi si opposero fino all’ultimo a tale follia. E sperare che il nostro triste caso ti serva di ammonimento: occorre la compassione, la solidarietà, l’unità collaborativa degli esseri liberi, desideranti e amanti per salvare l’ordine creatore della vita dalla furia distruttiva dell’Entropia che tutto divora".

Per sì e per no, penso che valga la pena che alcuni di noi si impegnino a lanciare un "messaggio nella bottiglia" indirizzato ad intelligenze "aliene", che prima o poi si faranno vive da qualcuna tra i miliardi di galassie che popolano questo Universo (o da qualche altro Mondo ad esso forse parallelo, secondo teorie che vanno di moda). A futura memoria di chi possiederà per quel tempo e per quella occasione una Memoria. O a estremo tentativo di discolpa nei confronti del Creatore, ammesso che esista, se il Cosmo che noi sperimentiamo, come dice la Bibbia, è nato per la libera volontà di un Essere Supremo (Uno e Trino?) che decretò: "Sia fatto e si evolva tutto ciò che è!". Chi scriverà allora questo messaggio ed erigerà il monumento? Spero siano gli stessi che continuano a tentare di far riflettere gli altri terrestri "di dura cervice" su un aspetto mai abbastanza sottolineato.

Non riusciremo a prevalere sulla follia se continueremo a cercare un facile capro espiatorio del nostro malessere nei torti, veri o presunti, che abbiamo subito da una categoria "demonizzata" di "prossimi", vicini o lontani che siano.

Sembra che oggi la nostra principale preoccupazione sia misurare le dimensioni della ingiustizia altrui, specialmente di coloro che inconsciamente invidiamo per potere, ricchezza o prestigio. Continuiamo, cercando cause semplici per problemi complessi, a mettere in primo piano ciò che ci divide (stirpe, lingua, religione, confini, visioni ideologiche di futuro) rispetto a ciò che ci unisce.

Siamo – a pensarci bene - come gli antichi abitanti dell’Isola di Pasqua, che erano divisi in una decina di clan in competizione reciproca. Il paragone l’ho fatto altre volte e mi viene, anche questo l’ho sempre ricordato, dalla lettura di "Collasso", di Jared Diamond (Einaudi, 2005).

Ecco come l’Autore presenta il suo incontro con l’Isola, per rendere l’idea di come essa possa efficacemente rappresentare la condizione isolata del Pianeta Terra.

"Nessun altro luogo che ho visitato mi ha fatto un'impressione piú spettrale di Rano Raraku, la cava di pietra dell'isola di Pasqua dove furono scolpite le famose statue gigantesche. Per cominciare, l'isola è il luogo abitabile più isolato del mondo. Le terre più vicine sono le coste del Cile, che si trovano 3700 chilometri a est, e le isole polinesiane del gruppo di Pitcairn, 2100 chilometri a ovest. Quando nel 2002 ci sono andato in aereo partendo dal Cile, il volo è durato più di cinque ore, interamente trascorse a sorvolare l'immensa distesa del Pacifico"...

Ed ecco anche come, in un incontro pubblico, riferisce del crollo della civiltà polinesiana dell’Isola di Pasqua.

"Quando l’isola venne scoperta dai cristiani questa non era che un’isola deserta e arida. Ma le statue erano sicuramente state fatte con ausilio di alberi. Il mistero è stato risolto solo grazie a scavi archeologici. Quando i polinesiani colonizzarono per la prima volta nel ‘800 dopo cristo i colonizzatori cominciarono ad abbattere gli alberi. Scendendo il numero di alberi non potevano più fare canoe per andare a pesca, la mancanza di proteine disponibili li portò anche a praticare il cannibalismo.

Ma come hanno potuto ad essere così sprovveduti? Che cosa ha pensato il polinesiano che ha tagliato l’ultimo albero? Una volta ho fatto questa domanda ai miei studenti. ‘Forse ha pensato più lavoro meno alberi!’, ha risposto uno studente. Un altro studente ha detto: ‘Forse ha pensato: le future tecnologie e il progresso permetteranno di sostituire questa risorsa! Ed è comunque prematuro gridare all’allarme, non sappiamo ancora se non ci sono altri alberi in zone remote dell’isola che non sono stati ancora scoperti!"

(Vai alla URL: http://www.ecoblog.it/post/671/jared-diamond-collasso-in-pillole).

Io ora mi permetto di dare la parola ad un antico abitante dell’Isola di Pasqua e di interloquire con lui:

" Mi chiamo AATA, il bel figlio della luna. Io - "naso forato" - non sopporto l’arroganza e la prepotenza delle "orecchie lunghe" che mi hanno rapito la ragazza più bella. Glie la faccio vedere costruendo il Moai più alto e più splendido. Diamoci dentro, fratelli di clan! Giù le palme che serviranno a trasportare la statua sin sulla spiaggia!"

Ora, non è certamente giusto, caro naso forato, che ti sottraggano con l’inganno e con la violenza (non metto in dubbio la tua versione) le ragazze del clan, specialmente quella che volevi fare tua sposa. Ma è anche il caso che tu presti attenzione, a questo ragionamento.

TARITA era sì la bella tra le belle e tu avresti voluto farci dei figli insieme. Ma rifletti nel momento in cui stai progettando la tua risposta: che Isola vorresti lasciare in eredità alla tua discendenza? Un qualcosa di abitabile o un arido sasso sul quale la tua progenie inevitabilmente si estinguerà?

Te lo dico, AATA, perché col senno di poi posso assicurarti che il problema principale di Pasqua non è l’"imperialismo" dei nasi forati, ma il fatto che grazie alla lotta di tutti i clan, i più forti e i più deboli, nessuno escluso, la tua isola sta restando senza alberi e questo farà collassare il suo ecosistema.

Non vuoi affatto pensarci? Il primo dei tuoi crucci è il controllo della "tua" femmina e l’ultima delle tue preoccupazioni è la deforestazione del tuo ambiente? Continui a volergliela fare vedere a quei "cattivi" delle orecchie lunghe costruendo Moai e abbattendo alberi?

Non lamentarti allora di quello che succederà a te, alle orecchie lunghe, ai piedi scalzi, alle lingue tornite, a tutti i "Pasquoti", i polinesiani di Pasqua, insomma.

Puoi credermi perché parlo con l’esperienza del tempo che tu non hai vissuto.

Eravate decine di migliaia e vi ridurrete in poche decine di unità, miseri, affamati, senza risorse (ad es. non avrete il legno che vi serviva per costruire le piroghe atte alla pesca) che si mangeranno letteralmente tra loro. Sarà il colonnello Cook, il colonizzatore straniero, giunto da un altro continente, a portarvi un po’ di sollievo, quando magri, tristi, spossati, lo andrete ad accogliere sulla spiaggia in cui sbarcherà.

Facciamo ora un salto nel tempo e torniamo a noi, i tecnologici e disincantati contemporanei.

Noi "terrestri" moderni, disseminati sull’"Arancia Blu", forse più isolati nella Via Lattea di quanto sia Pasqua dalle altre isole del Pacifico, siamo tanto dissimili dai "Pasquoti"? Le nostre lotte tribali non stanno forse in cima a tutto? Qualsiasi controversia identitaria, giusta o ingiusta che sia (pretendere di controllare patriarcalmente le femmine è ingiusto, per ritornare un po’ ad AATA ed alla sua percezione del torto subito), è l’oggetto essenziale delle nostre occupazioni (soprattutto se, appunto, ci poniamo come paladini di "torti" da riparare) caratterizzate dalla continua, incessante, sfibrante rissosità… e non giochiamo alla statua più lunga, ma al missile più lungo, che è molto peggio! Tutto ciò che è veramente essenziale al nostro vivere "sostenibile" e duraturo lo disprezziamo e lo trascuriamo. Che fine andremo a fare continuando su questa strada, che mi permetto di definire "idiota", prendendo il prestito la parola da Martin Luther King?

Ci toccherà aspettare il salvataggio da un colonnello Cook proveniente dalla Stella di Vega?

Per evitare di affidarsi a fantasie disperate è consigliabile – ritengo - meditare sulla conclusione dell’appello Russell-Einstein per il disarmo atomico ("ricordatevi della comune umanità e mettete in secondo piano il resto") … e leggete il file allegato!

E’ una anticipazione del libro che sto scrivendo con alcune amiche ed amici su "La follia del nucleare". Tratta di come la mentalità pre-atomica che cementa l’attuale diritto internazionale porti a mostruosità come il TNP (Trattato di Non Proliferazione) e quindi blocchi qualsiasi progresso verso il disarmo nucleare totale.

Il principale problema del nostro tempo, per chi non lo avesse ancora capito.


IL DIRITTO AD UN MONDO LIBERO DALLA MINACCIA NUCLEARE

 

Minacciare l’uso degli ordigni atomici da parte degli Stati – da parte di alcuni Stati - è perfettamente legale nel mondo contemporaneo. E’ conforme ai trattati internazionali in vigore (il TNP- Trattato di Non proliferazione!) ed è considerato moralmente lecito. Come mai? Vi sono alla base di questa accettazione delle rappresentazioni mentali – sbagliate e del tutto ingannevoli - che giustificano quello che viene considerato un “equilibrio del terrore”  necessario alla pace. Eccole squadernate nella loro essenza.

1-    le “armi” nucleari, almeno nella testa degli statisti, dei diplomatici e dei giuristi, sono, per l’appunto, armi, strumenti che, al pari di fucili, cannoni, etc., esprimono la forza armata (la forza nel diritto internazionale è solo quella armata!) ed il suo possibile uso. Rientrano nella stessa categoria degli altri, “convenzionali”, mezzi di offesa-difesa, con l’unica differenza che hanno una “insolita” (è l’aggettivo che usò Roosvelt con Stalin quando gli spifferò per la prima volta di Los Alamos e del progetto Manhattan), speciale, potenza distruttiva. Tra la dinamite e l’esplosivo atomico c’è, allora, un diverso grado quantitativo, non un salto qualitativo. Sono dello stesso genere di strumenti che contengono in sé una capacità di ferire ed uccidere atta a dissuadere i malintenzionati da eventuali atti ostili. Tra il bastone, il fucile, il cannone, il missile con testata atomica corre una linea evolutiva continua lungo la medesima funzione;

2-    essendo armi come le altre (solo un po’ più potenti, “di distruzione di massa”) ecco che il loro uso rientra nell’armamentario dell’autodifesa. Si può legittimamente pensare di svilupparle e detenerle per dissuadere eventuali aggressori: e si può ragionare di come impiegarle in caso di attacco nemico;

3-    esiste comunque un trattato internazionale che prende atto della pericolosità di queste armi ed impegna le potenze nucleari al disarmo: è il TNP. E’ vero che non sono indicate tappe precise e scadenze certe, ma l’obbligo è comunque stabilito. L’obbligo però nasce da una “necessità” da realizzare non da un dovere da adempiere per attuare un diritto. E’ il refrain di tutte le enunciazioni che troviamo nei documenti internazionali, ben rappresentato dalla premessa del TNP: “Gli Stati che concludono questo Trattato (considerano) la devastazione che colpirebbe tutto il genere umano dopo una guerra nucleare e la conseguente necessità di fare qualsiasi sforzo per evitare il pericolo di tale guerra”… Per la cronaca, è utile tener presente che il TNP nel 1995 è stato “esteso indefinitamente”.

 

Queste rappresentazioni mentali confuse e distorte hanno ispirato la Corte internazionale di Giustizia, quando, interpellata da IALANA, IPPNW, e IPB – associazioni internazionali di giuristi, medici e fisici, promotrici dell’iniziativa World Court project,  emise la ambigua sentenza dell’8 luglio 1996. Si trattava di rispondere al seguente quesito: “Sono consentiti dal diritto internazionale la minaccia o l’uso delle armi nucleari in qualunque circostanza?” La Corte, che poteva emettere solo parere consultivo, se ne uscì con una roba a metà tra condanna e giustificazione della deterrenza nucleare, dove la condanna riguarda un ipotetico futuro mentre la giustificazione copre – ed è quello che conta – la situazione presente (pur lasciando margini a possibili interpretazioni difformi).

Questo è il succo della sentenza, riassumibile in due punti:

1-    per la Corte, la minaccia e l’uso di armi nucleari sono “generalmente” illeciti, quindi non in assoluto, non in tutti i casi. Esiste l’eccezione: il loro uso è consentito – forse - “per autodifesa” degli Stati in caso di aggressione armata!

2-    gli Stati hanno l’obbligo di provvedere ad un totale disarmo nucleare entro una scadenza ravvicinata.

Joachim Lau, referente della IALANA in Italia, in “Paura o sopravvivenza” (1998), esamina il Parere della Corte internazionale e ci fa comprendere meglio perché e come essa ammetta delle possibilità in cui le atomiche siano usabili.

(Il testo è scaricabile alla URL: http://www.ialana.org/site).

Riassumiamo: la Carta dell’ONU vieta la minaccia o l’uso della forza tra gli Stati, ma questa proibizione è da considerare alla luce di altre disposizioni. C’è l’art. 51 che riconosce il diritto naturale all’autodifesa in caso di attacco armato; e c’è l’art. 42 che dà al Consiglio di Sicurezza il potere di intraprendere azioni militari. Dice testualmente la Corte: “Queste disposizioni non fanno riferimento ad armi specifiche. Si applicano ad ogni uso della forza, quali siano le armi impiegate”.

Chiosa Lau: “Per il diritto internazionale le armi nucleari sono da considerare come qualsiasi altra arma; è vietato il loro uso sia diretto sia per minacciare un altro Stato. L’uso della forza è consentito soltanto per autodifesa in caso di aggressione armata!

A questo punto, ricorda Lau, la Corte si addentra in considerazioni su come dovrebbero essere usate rispettando il principio di proporzionalità della risposta, che deve guidare l’autodifesa degli Stati.

Ma facciamo parlare direttamente la Corte.

Il principio di proporzionalità può in sé non escludere, in ogni circostanza, l’uso delle armi nucleari. Ma, allo stesso tempo, un uso della forza proporzionato a norma delle disposizioni sull’autodifesa deve, al fine di essere legittimo, anche rispettare i requisiti del diritto bellico e, in particolare, i principi e le norme del diritto umanitario… La Corte non ritiene necessario di perdersi nella quantificazione di tali rischi, né ritiene necessario analizzare se esistano armi nucleari tattiche sufficientemente precise al fine di limitare tali rischi: per la Corte è sufficiente notare che l’intrinseca natura di tutte le armi nucleari e gli elevati rischi associati ad esse, costituiscono elementi da tenere in considerazione da parte degli Stati che ritengono di poter esercitare un’autodifesa nucleare nel rispetto dei requisiti di proporzionalità.”

Spiega Lau: “Significa che gli Stati non possono legalmente usare le armi nucleari per una autodifesa, se non rispettano il principio di proporzionalità e il diritto umanitario applicabile in una guerra”.

Proviamo a raccapezzarci meglio nelle sottigliezze giuridiche della Corte.

Dunque l’arma nucleare – come regola – “generalmente” – non può essere usata.

L’eccezione scatta quando è in gioco l’effettiva sopravvivenza di uno Stato che ha il diritto di autodifendersi usando le armi che ha a sua disposizione, incluse, se lo decide, le armi nucleari.

Quando lo Stato si difende, la sua risposta armata, nucleare o meno, quindi eventualmente anche nucleare, deve rispettare il principio di proporzionalità ed il “diritto umanitario” che disciplina la condotta bellica.

Risposta proporzionata? Rispetto del diritto umanitario?

E’ proprio quello che non è possibile, e non è affatto opinione personale di chi scrive, ma a presumerlo è proprio, nel suo presupposto fondamentale, il “percorso umanitario” degli Stati, scandito dalle recenti Conferenze di Oslo, Nayarit e Vienna, i cui lavori offrono mille spunti, più che fondati e documentati, per contestare il giuridicismo astratto della Corte (o la timida apertura di taluni suoi membri alle istanze disarmiste).

In quelle conferenze sono piovute a dirotto da parte degli Stati non nucleari dichiarazioni sull’impossibilità per una bomba A o H sganciata da uno Stato di non invadere con il suo fall-out i confini geografici di altri Stati o aree (sotto questo aspetto tutti i test nucleari sarebbero illegali).

O considerazioni sull’incompatibilità tra armi nucleari e diritto umanitario, che impone di distinguere tra obiettivi civili e obiettivi militari (i civili dovrebbero essere assolutamente “risparmiati”) e di evitare sofferenze inutili ai combattenti, etc.

Diciamo che occorre molta fantasia per immaginare un uso dell’atomica che colpisca solo militari e non provochi sofferenze inutili in masse alquanto numerose di esseri umani: proprio i motivi che hanno già portato alla messa al bando delle armi chimiche e biologiche con apposite Convenzioni internazionali!

Ma è possibile che questa critica degli Stati non nucleari non vada a segno per un loro difetto culturale: alle idee base – sbagliate perché non corrispondenti alla realtà delle cose -che giustificano la deterrenza nucleare non vengono contrapposte con chiarezza altre idee – fondate sull’evidenza della condizione atomica - che rendano obbligatorio un disarmo immediato.

Proviamo allora a nominare le cose e le situazioni per quelle che sono e che, in virtù della forza cogente di fatti inoppugnabili, conducono all’ovvia conclusione che bisogna esigere un disarmo nucleare totale:

1-    le armi nucleari non sono “armi” ma “ordigni catastrofici”, vanno ben oltre la specificazione che sono “di distruzione di massa”;

2-    la guerra nucleare non è una “guerra” ma un “evento cataclismatico”;

3-    qualsiasi risposta nucleare è sempre sproporzionata e non può rispettare il diritto umanitario;

4-    il diritto degli Stati a preservare sé stessi non è assoluto e non deve mettere a rischio il diritto alla sopravvivenza della specie umana.

 

Si esaminino, brevemente, uno per uno, i punti sopra indicati.

1- Le armi nucleari non sono “armi”. Non hanno una capacità distruttiva mirata, modulabile e circoscritta, credibilmente indirizzata solo verso il nemico combattente (al di là dei sempre possibili “effetti collaterali” che colpiscono i civili).

La loro distruttività è generalizzata, indiscriminata, non delimitabile nello spazio e praticamente illimitata nel tempo. Va ben al di là di quanto può produrre lo stesso impatto massivo delle armi chimiche conosciute: non eliminano solo un gran numero di persone (a centinaia di migliaia, a milioni con l’esplosione di una sola bomba) ma rendono inabitabile per millenni un intero territorio, con tutti i suoi ecosistemi, lo desertificano, lo annullano.

L’effetto di una esplosione non è un danno calcolato e controllabile nei confronti del nemico: è una catastrofe generalizzata di un intero sistema ambientale.

Perciò la parola “arma” non è appropriata per definire un dispositivo nucleare: dobbiamo più correttamente parlare di un “ordigno che provoca una catastrofe”.

 

2- La guerra nucleare non è una “guerra”. Se l’esplosione di un solo ordigno atomico provoca una “catastrofe”, uno scambio di colpi tra relativamente poche testate è capace di suscitare un “cataclisma”: un evento simile alla caduta dell’asteroide che milioni di anni fa provocò una estinzione di massa delle specie viventi (tra le quali i dinosauri). Qui si devono citare ancora una volta gli studi – vedi “Le Scienze”, numero di marzo 2010, Brian e Robock, “Guerra nucleare locale, catastrofe globale” - sull’inverno nucleare che deriverebbe da India e Pakistan che si scambiassero il ridotto numero di 50 missili a testa: dalla carestia fatta succedere (la polvere sollevata dalle esplosioni innescherebbe un cambiamento climatico) si avrebbero 1 miliardo di morti in una ventina di anni. Si avrebbe allora un vincitore che potrebbe – che so – porre fine alla controversia sul Kashmir? No, ambedue i contendenti risulterebbero sconfitti ritenendosi fortunati se restassero qualche scalino sopra il livello evolutivo dell’età della pietra. Consideriamo una ipotesi ancora più estrema. Spara solo l’India i suoi 50 missili e il Pakistan non risponde magari perché il first strike indiano è andato a segno: tutto l’arsenale atomico pakistano è andato distrutto. In Pakistan i sopravvissuti tornano ad abitare nelle grotte, ma nell’India stessa la popolazione, che finisce in poco tempo per dimezzarsi, retrocede al più buio Medio Evo post-atomico. Mad Max style, per intenderci. L’India, in preda alla carestia, alla disorganizzazione, all’implosione sociale, potrebbe considerarsi “vittoriosa”? La guerra condotta con ordigni nucleari, anche se di piccole dimensioni, “limitata” ad un teatro locale, è senza scopo, non risolve nessuna controversia, non designa un dominante, un egemone, un “conquistatore”, produce solo sconfitti e coinvolge nel disastro anche gli Stati confinanti ed incolpevoli: è irragionevole da concepire e quindi da preparare (anche se c’è chi, negli ambienti militari e strategici, pensa che si possa combatterla e – bontà sua – vincerla).

 

3- Non è possibile una risposta atomica proporzionata. Ammettiamo che per un errore dei computer siano partiti 50 missili americani “veri” (non falsi allarmi, quelli che il 26 settembre 1983 sventò il benemerito colonnello Stanislav Petrov) contro la Russia. Cosa dovrebbe fare Putin? Telefonare e chiedere ad Obama: “Fateci scegliere i nostri bersagli sul vostro territorio per il risarcimento dei danni che ci state provocando” ? E se Obama rispondesse gentilmente: “Fate pure, abbiamo sbagliato, vi chiediamo tante scuse e arrivederci al prossimo summit…” sarebbe soddisfacente dal punto di vista del genere umano che un tale accordo tra gentiluomini venisse stretto? Sarebbe “proporzionato” degradare o fare sparire due Stati invece di uno solo, con territori vicini annessi e connessi? Sconvolgere il clima, provocare - se va bene –  centinaia di milioni di morti e una quantità molto superiore di sopravvissuti che invidierebbero i morti? Se si è decisori politici in buona fede la “polizza di assicurazione” da accendere deve allora escludere in partenza che ci si possa trovare di fronte a dilemmi come quello sopra prospettato. Se non ci fossero arsenali “deterrenti” da parte di nessuno il problema di una eventuale risposta proporzionata – è evidente – non si porrebbe nemmeno. Nessuno potrebbe provare la ben misera soddisfazione di vendicarsi, di fare “sparire” il nemico prima (o dopo) che egli stesso scompaia dalla faccia della Terra… Senza poi considerare un quesito ancora più fondamentale: e noi che viviamo – che so – in Costarica, in Papuasia o in Madagascar, noi la maggioranza degli umani, che c’azzecchiamo con le beghe, quali che esse siano, di questi due Capi di stato che si arrogano il potere di appendere le nostre vite all’esile filo di un sedicente “equilibrio del terrore”?

 

4- Il diritto alla sopravvivenza dell’umanità (che va riconosciuto e sancito) precede il diritto all’autodifesa degli Stati.

Partecipando  di persona alla Conferenza di Vienna ho avuto l’impressione che i punti 1), 2) e 3) siano bene o male acquisiti da parte della maggioranza degli Stati, almeno quelli non nucleari: quello che manca è la consapevolezza del punto 4). Il disarmo nucleare è “necessario” per tutti (compresi USA e Russia), più “necessario” per alcuni altri, molto più “necessario” per alcuni altri ancora (i capifila dell’iniziativa umanitaria, ad esempio l’Austria). Per nessuno è un obbligo di urgenza prioritaria ed impellente, dovuto al fatto che è responsabilità degli Stati riconoscersi un limite, il limite di non potere giocare con la sopravvivenza dell’umanità. Un obbligo che nasce dal dovere di riconoscere ed attuare il diritto primario di sopravvivenza della specie. Il disarmo “necessario” può essere eluso, rinviato, contrattato, negoziato: il potere inadempiente può al massimo essere accusato di incapacità e irresponsabilità. Il disarmo obbligato dall’osservanza di un principio giuridico originario – un principio che sta alla base dello stesso diritto naturale - va attuato con prepotente urgenza: qui il potere non può scappare, se non ottempera diventa tecnicamente criminale, ovvero responsabile di crimini contro l’umanità e contro la pace e perciò stesso impugnabile come illegittimo, processabile, condannabile. Sì, manca proprio la consapevolezza che il disarmo nucleare è un atto dovuto dei governi nei confronti del diritto alla vita dei loro popoli: lo deduco anche dal fatto che il “percorso umanitario”  si è sciolto (dopo Oslo, Nayarit e Vienna non si è dato un altro appuntamento) ma è confluito nel TNP, l’ambito istituzionale che secondo Hessel e Jacquard è, uso proprio i loro aggettivi in “ESIGETE! il disarmo nucleare totale, EDIESSE, 2014, ingannevole, ingiusto e perverso.

L’ingiustizia (del TNP): in virtù di quale diritto i cinque Stati iniziali, già ampiamente in possesso di armi nucleari, potevano chiedere agli altri Paesi di rinunciare definitivamente a qualsiasi arma nucleare se essi stessi non erano disposti a rinunciarci realmente?

La perversità: il TNP prevede un aiuto ai paesi firmatari che lo richiedono per sviluppare sul loro territorio il nucleare “civile”, condizione, questa, per l’appunto “perversa”, poiché il nucleare civile può costituire una via privilegiata verso il nucleare militare”.

(Hessel e Jacquard, op. cit.)

Il punto critico del TNP però non sta nel semplice fatto che non prevede la scadenza per il disarmo per le potenze nucleari che devono negoziarlo “in buona fede”: il punto è che consente loro, grazie a questa promessa (disarmeremo in futuro, non si sa quando… e vi aiuteremo nel frattempo a produrre energia elettronucleare), di scherzare con il fuoco atomico sulla pelle del mondo, i loro arsenali nucleari sono legittimati, la potenza nucleare rientra legalmente nel loro armamentario di autodifesa.

Ma il disarmo nucleare, credo sia necessario ripeterlo sino allo sfinimento, non va considerato una “necessità” da delegare alla “buona fede” di potenze che lo negoziano stando attente che sia realizzato in modo equilibrato, controllato … e quanto altro possa servire a rinviarlo!

Il disarmo nucleare è un obbligo da adempiere immediatamente perché il diritto all’autodifesa degli Stati è, con ogni evidenza, subordinato al diritto alla sopravvivenza della specie umana.

Se fosse stata riconosciuta e condivisa in ambito internazionale questa premessa, una “trovata” come quella del TNP non avrebbe potuto nemmeno essere concepita: si sarebbe subito approvata una dichiarazione per il bando delle armi nucleari cui avrebbe fatto logicamente seguito una convenzione per regolare il processo della loro eliminazione.

Se fosse stato tenuto in conto il diritto fondativo di ogni diritto le assemblee dell’ONU, che già hanno varie volte votato “dichiarazioni” sull’illegalità delle armi nucleari (sempre sulla base della solfa della “necessità” e dello ius in bellum), si sarebbero immediatamente date da fare per arrivare ad una tale convenzione (a Vienna ho sentito solo Cuba fare una proposta in tal senso).

Se non si era ancora capito, va però precisato che il diritto internazionale attuale (si veda lo stesso parere della Corte oggetto dell’esame che stiamo svolgendo), mentre ammette che non esiste un diritto assoluto dello Stato alla sua esistenza, non ha ancora codificato il diritto alla sopravvivenza di tutta l’umanità. Possiamo comprendere questa apparente stranezza con una semplice ragione storica: le sue origini risalgono al diciottesimo secolo (la pace di Westfalia) e fu comunque con le conferenze dell’Aja del 1899 e del 1907 che furono stabiliti i suoi principi fondamentali: cioè in epoche manifestamente preatomiche, quando a nessuno sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello (nemmeno nelle anticipazioni fantascientifiche) che la società umana avrebbe potuto disporre dello straordinario e terribile  potere di organizzare la sua immediata scomparsa insieme con tutto il suo ambiente naturale. Offriamo pure questa giustificazione alla rigidità cerebrale di una classe politica, diplomatica e giuridica che riuscirà con fatica a comprendere quello che potrà apparire evidente a qualsiasi bambino appena abbia imparato a contare fino a 10.

Certo potremmo - noi che sentiamo l’urgenza del disarmo - continuare a seguire una strada pigra e fintamente astuta, cercando di giocare sulle contraddizioni dei giuristi-orango (mi sovviene la serie dei film sul “Pianeta delle scimmie”) che occupano gli scranni della Corte internazionale: ci sono norme, lo si è già ricordato, che risalgono alla convenzione dell’Aja del 1907 che dicono che il diritto di danneggiare il nemico non è illimitato, e vietano ad esempio l’uso di veleno o di mezzi che possono creare sofferenze inutili: perché non applicarle alle “armi” nucleari? Perché non seguire l’esempio di quanto già concordato a livello internazionale per le armi chimiche, che sono anche esse “di distruzione di massa”?

Penso che, in questo caso, occorra invece dare scandalo in senso cristiano, seguire una strada di lucida e spietata  verità, quella che presenta le cose come sono, che dice pane al pane e vino al vino, e non di miope furbizia se si vuole veramente vincere, cioè convincere.

Joachim Lau, nel suo lavoro citato, scrive a pag. 15:

Ogni persona, in ogni paese della terra, ha il diritto e il dovere di esigere dal suo governo, lo smantellamento immediato ed incondizionato degli arsenali nucleari, perché nessuno ha dato agli Stati il diritto di dimostrare la loro paura… Chi non vuole rimuovere immediatamente questo pericolo deve essere considerato pazzo o criminale…”

Disarmo nucleare: perché no? Abbiamo già abolito le munizioni a grappolo… Pensate che funzioni questo modo di approcciare il problema? Non è banalizzare la questione e – consentendo la banalizzazione – avallare implicitamente che possa finire nell’agenda delle cose banali, di secondaria  importanza?

Bisognerebbe piuttosto dire più chiaramente: dobbiamo esigere il disarmo nucleare perché gli Stati – ed allo stesso modo le alleanze di Stati (ogni riferimento alla NATO non è affatto casuale) - non hanno, dimostrando la loro paura, il diritto di giocare con la sopravvivenza dell’umanità – è questo che si sta facendo, è questo che sta succedendo! - ed il mantenimento degli ordigni nucleari compromette senza alcun dubbio questa sopravvivenza. La guerra nucleare, se diamo tempo al tempo, scoppierà “per incidente, per caso o per errore”! Il disarmo nucleare deve diventare in questo senso un dovere assoluto, che viene prima del bisogno di autodifesa dei singoli Stati, o degli Stati riuniti in alleanze militari (a prescindere dalla loro dubbia legittimità intrinseca). Dobbiamo, appunto, come ci propongono Hessel e Jacquard, con il loro spirito indomito di partigiani, ESIGERE, NON CHIEDERE. Esigere un diritto, non petire la comprensione di una necessità!

Esiste un “diritto alla vita” che è stipulato nell’art. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nell’art. 6 del Patto internazionale dei diritti civili e politici, e nell’art. 3 della Dichiarazione generale dei diritti dell’uomo.

Al diritto inalienabile di ogni singolo essere umano alla vita, al diritto delle persone di condurre la propria vita in condizioni di dignità (sono i diritti umani riconosciuti dall’ONU), dobbiamo correlare il loro presupposto logico e fattuale: il diritto di sopravvivenza della specie, il diritto alla vita ed al futuro per tutta l’umanità.

Quindi la conclusione di tutti questi ragionamenti di puro ed elementare buon senso si impone da sola: basta con i tergiversamenti, basta con i piccoli passi, basta con i negoziati condotti dagli oranghi pre-atomici, basta con l’accettare di fare da ostaggi per “equilibri del terrore” gestiti da Stati (o alleanze di Stati): dobbiamo esigere dai governi il disarmo nucleare subito e senza condizioni: partano (inizino dei coraggiosi per primi, gli altri seguiranno) con la messa fuori legge degli ordigni nucleari, per poi arrivare ad una convenzione sulla loro eliminazione. TNP o non TNP, NATO o non NATO, “questa abolizione si ha da ratificare” – e lavoreremo perché l’Italia sia in prima fila - in attuazione del primario diritto – questo deve significare nel senso proprio e forte “necessità” - di tutti a sopravvivere, condizione del diritto di ciascuno di vivere con dignità.

 

Alfonso Navarra – 24 febbraio 2015