[Disarmo] James Mattis è un criminale di guerra: ho sperimentato di persona il suo attacco a Fallujah



Dahr Jamail 19 gennaio 2017

Il Generale James Mattis, marine in pensione, dopo essere stato il capo del CENTCOM nel 2013, di recente è diventato noto per la sua posizione contro ciò che chiama “Islam politico.”

“L’ Islam politico è il miglior interesse degli Stati Uniti?” ha detto Mattis alla Heritage Foundation, di estrema destra, nel 2015. “Suggerisco che la risposta sia no, ma è necessario discuterne. Se non ci faremo neanche la domanda, come potremo riconoscere quale è la nostra parte in una lotta?”

Un altro aspetto controverso della scelta di Mattis sulla quale molti dei media si stanno focalizzando, è il fatto che, per ottenere il posto, Mattis avrebbe bisogno che il Congresso approvi una nuova legislazione per aggirare una legge federale che enuncia che devono essere passati sette anni da quando il segretario alla difesa era in servizio attivo. Il Congresso ha bypassato quella legge soltanto una volta nella storia degli Stati Uniti, e questo è avvenuto 50 anni fa.

Ciò che più conta, Mattis, noto ad alcuni con il suo soprannome di “Cane Pazzo”, ha dimostrato uno spietato disprezzo per la vita umana, particolarmente per i civili, come ha dimostrato con il suo comportamento quando era a capo dei marine in Iraq, dai commenti che ha fatto sul godera a combattere in Afghanistan perché “è divertente uccidere delle persone. Sapete, è un divertimento pazzo.”

Il ruolo di Mattis nel massacro di Haditha

Mentre Mattis ha una vasta esperienza militare, essendo stato il capo supremo della NATO e con più di 40 anni nel Corpo dei Marine, il suo soprannome sembra appropriato.

Ha anche detto, in un discorso nel 2003, parlando a un gruppo di soldati del modo in cui comportarsi in Iraq: “Siate gentili, siate professionali, ma abbiate un piano per uccidere chiunque incontriate.”

Ma, più che altro, Mattis è chiaramente responsabile di aver compiuto e/o essere stato complice di vari crimini di guerra.

Nel novembre 2005, i marines americani in Iraq hanno compiuto il massacro di 24 civili disarmati. L’uccisione di uomini disarmati, di donne, bambini e anziani, colpiti più volte a distanza ravvicinata, è stata la punizione per un attacco contro un convoglio di marine. I crimini di guerra sono stati documentati estremamente bene e le atrocità hanno ottenuto l’attenzione internazionale.

Quando arrivò il momento di consegnare alla giustizia i responsabili del massacro, Mattis fu l’autorità per gli otto accusati di crimini ad Haditha.

Mattis continuò a respingere tutte le accuse lanciate contro i marine che erano stati accusati di avere ucciso i civili e, degli otto originariamente accusati, soltanto uno rischia ancora una probabile azione penale, ma si può indovinare come finirà.

Il ruolo di Mattis a Fallujah

Mattis era il capo della Prima Divisione di Marine di Camp Pendleton in Iraq ha avuto il ruolo principale durante entrambi gli assedi di Falluja nel 2004.

Durante l’assedio dell’aprile 2004, più di 700 civili furono uccisi dalle forze armate statunitensi, secondo quanto dicono i medici iracheni di Fallujah che ho intervistato subito dopo quell’attacco.

Mentre facevo i miei reportage da Fallujah durante quell’assedio, sono stato personalmente testimone del fatto che donne, bambini, anziani e ambulanze, venivamo prese di mira dai cecchini americani che erano al comando di Mattis. Inutile dire che tutti questi sono crimini di guerra.

Durante l’assedio di Fallujah del novembre dello stesso anno, sul quale ho fatto dei servizi di prima mano, furono uccisi più di 5.000 civili iracheni. La maggior parte di questi fu sepolta in fosse comuni dopo l’assedio.

Le moschee furono deliberatamente prese di mira, gli ospedali furono bombardati, gli operatori sanitari furono arrestati, sparavano alle ambulanze, i cessate il fuoco furono violati, i media repressi, ed era diffuso l’utilizzo dell’uranio impoverito. Anche tutti questi sono crimini di guerra.

In quel periodo ho diffuso la notizia dell’uso fatto dai militari americano del fosforo bianco, un’arma incendiaria simile al napalm in quanto poteva bruciare i corpi fino all’osso. L’uso del fosforo bianco era una violazione della legge internazionale, dato che fu “liberato” nella città in un periodo in cui il Pentagono stesso ammetteva che c’erano ancora presenti almeno 50.000 civili.

Più di 200.000 civili furono trasferiti dalle loro case durante l’assedio di novembre, e oltre il75% della città venne distrutto.

L’orripilante eredità della contaminazione causata dall’uranio impoverito, continua ancora: ci sono ancora numeri astronomici di bambini nati morti o con difetti alla nascita che creano una situazione così estrema che alcuni medici iracheni la definiscono genocidio.

La vita sotto l’attacco delle forze guidate da Mattis

In questo momento, mentre tolleriamo la programmata ascesa di Mattis a Segretario della Difesa, vorrei condividere con voi un brano tratto dal mio libro: Beyond the Green Zone [Oltre la linea verde]. Preso da un capitolo che tratta dell’assedio americano di Fallujah nell’aprile 2004, questo servizio offre una chiara visione dei crimini di guerra svoltisi sotto la guida di Mattis, comprese la decisione di prendere di mira civili innocenti, le vaste punizioni collettive e altro.

Andavamo verso il piccolo ambulatorio dove dovevamo consegnare le scorte di medicinali. L’ambulatorio era gestito da Maki al-Nazzal che era stato assunto soltanto 4 giorni fa. Non era un dottore. L’altro ambulatorio di fortuna a Fallujah si trovava nel garage di un meccanico. Aveva a malapena dormito la settimana scorsa, come anche i dottori del piccolo ambulatorio.

In origine, questo aveva soltanto due medici , ma da quando l’esercito statunitense aveva bombardato uno degli ospedali e al momento stavano facendo i cecchini contro le persone quando tentavano di entrare o uscire dall’ospedale principale, di fatto c’erano soltanto questi due piccoli ambulatori provvedevano a curare tutta la città.

Le scatole di medicinali che portavamo nell’ambulatorio venivano immediatamente aperte strappandole, dai dottori disperati. Entrò una donna che si colpiva con le mani il petto e la faccia e piangeva perché il marito stava portando il corpo del loro ragazzino morente. Il sangue stava gocciolando da un braccio che penzolava dalle braccia di suo padre. Ho cominciato quindi ad assistere a un flusso senza fine di donne e bambini che erano stati colpiti dagli spari dei soldati americani e che venivano ora portati di corsa nell’ambulatorio sporco, con le macchine che acceleravano sul cordolo esterno, con i membri in lacrime delle famiglie che trasportavano dentro i loro feriti. A una ragazza avevano sparato perforandole il collo. Faceva dei rumori simili a un gorgoglio quando respirava, mentre i medici lavoravano su di lei tra i suoi lamenti soffocati. Le mosche evitavano le mani che dei medici al lavoro, e tornavano verso le chiazze del suo vomito che macchiava il suo velo nero.

Il suo fratello minore, un bambino di 10 anni, con una ferita da arma da fuoco in testa ricevuta da un cecchino dei Marine, con gli occhi vitrei che fissavano il vuoto, vomitava di continuo mentre i dottori lavoravano in fretta per salvargli la vita, mentre i membri della sua famiglia piangevano dietro di me. “Gli americani hanno tolto la corrente elettrica giorni fa, e così non possiamo togliergli il vomito dalla bocca,” mi dice un dottore, furibondo. Li hanno caricati entrambi su un’ambulanza e portati di corsa a Baghdad, soltanto per morire lungo il tragitto.

Un altro bambinetto giaceva su un lettino dove c’erano schizzi di sangue, anche lui colpito da un cecchino. La nonna del bimbo era sdraiata lì vicino: le avevano sparato mentre cercava di portare via i bambini dalla loro casa per scappare dalla città. Era sul letto, moribonda, stringendo ancora in mano la bandiera bianca della resa, insanguinata. Centinaia di famiglie erano intrappolate nelle loro abitazioni, terrorizzate dai cecchini americani che sparavano dai tetti e dai minareti delle moschee ogni volta che vedevano qualcuno che passava davanti a un finestra.

Le sacche di sangue si tenevano in un frigorifero per alimenti, venivano scaldate sotto l’acqua corrente prima di essere date ai pazienti. Non c’erano anestetici. Le luci si spegnevano quando il generatore rimaneva senza combustibile, e quindi i dottori che avevano lavorato per giorni e giorni, lavoravano con la luce fornita da uomini che tenevano in mano degli accendini o pile tascabili quando il sole tramontava. Inutile dire che non c’era aria condizionata all’interno dell’ambulatorio pieno di vapore.

Una dopo l’altra, le vittime dell’aggressione militare americana, venivano portate nell’ambulatorio; erano quasi tutti donne e bambini, trasportati lì da familiari in lacrime. Le persone che non erano state colpite dalle bombe lanciate dai velivoli militari, erano state uccise dai cecchini statunitensi. L’unica ambulanza che funzionava, destinata all’ambulatorio si trovava all’esterno e aveva fori di proiettile nelle fiancate e un piccolo gruppo di buchi causati dagli spari sul parabrezza, dal lato del guidatore. L’autista, con la testa bendata a causa delle escoriazioni prodotte dalla pallottola di un cecchino, si rifiutava di raccogliere altri morti e feriti.

In piedi vicino all’ambulanza, frustrato, Maki ci ha detto: “Quelli [i soldati americani], hanno sparato contro l’ambulanza e hanno sparato all’autista dopo aver controllato e ispezionato il suo veicolo e dopo aver visto che non trasportava nulla. Poi gli hanno sparato. E poi hanno sparato all’ambulanza. E ora non ho l’ambulanza per evacuare più di 20 feriti. Non so chi sta facendo tutto questo e perché lo fa. E’ terribile; non è mai accaduto prima. E non che chiamare perché sembra che nessuno ascolti.”

Il fiume di pazienti rallentò e diventò un flusso sporadico quando venne la notte. Maki era seduto con me, mentre condividevano le sigarette, in un piccolo ufficio sul retro dell’ambulatorio. “Per tutta la vita ho creduto nella democrazia americana,” mi ha detto con voce esausta per 47 anni ho accettato l’illusione che l’Europa e gli Stati Uniti fossero una cosa buona per il mondo, i portatori di democrazia e libertà. Ora vedo che ci sono voluti 47 anni per aprire finalmente gli occhi sulla terribile verità. Non sono qui per portare nulla di simile alla democrazia o alla libertà.

Ora vedo che sono state tutte bugie. Agli americani non gliene frega niente della democrazia o dei diritti umani. Sono peggiori perfino di Saddam.” Gli ho chiesto se gli dispiaceva se lo avevo citato con il suo nome. “Che cosa mi faranno che non hanno già fatto qui,” mi ha detto.

Un’altra macchina è saltata oltre il cordolo all’esterno e un uomo che era ustionato dalla testa ai piedi è stato traportato nell’ambulatorio su una barella. Certamente è morto presto poiché non c’era nessun modo in cui questo ambulatorio poteva curare queste massicce ustioni. Maki, frustrato e sotto shock, ha detto: “Hanno detto che ci sarebbe stato un cessate il fuoco alle 12, e così la gente è uscita a fare un po’ di spesa. Tutti quelli che sono usciti sono stati colpiti dagli spari e questo posto era pieno, e la metà erano morti.”

Più di 20 cadaveri erano stati portati in questo ambulatorio nelle ultime 24 ore del “cessate il fuoco.” Poco dopo, un’altra macchina è sbandata per fermarsi ed è stato scaricato un uomo colpito da bombe a grappolo. “Gli americani hanno spesso usato bombe a grappolo, qui,” mi dice Maki cupamente. “E naturalmente gli piace il loro uranio impoverito, DU (depleted uranium).

E’ chiaro che la scelta fatta da Trump di nominare come Segretario alla difesa, Mattis, un criminale di guerra non perseguito legalmente, è ancora un altro atto vergognoso contro la giustizia e lo stato di diritto internazionale.

Mattis era un comandante di Marine di alto livello che ha guidato entrambi gli assedi di Fallujha e che poi ha svolto un ruolo attivo nell’assicurarsi che 8 marine coinvolti in un massacro se la cavassero senza un’adeguata punizione.

Questi sono soltanto alcuni dei suoi momenti salienti  in Iraq.

Immaginate che cosa potrebbe  fare al resto del mondo.

Dahr Jamail, reporter dello staff di Truthout, è l’autore di: The Will to Resist: Soldiers Who Refuse to Fight in Iraq and Afghanistan (Haymarket Books, 2009), Beyond the Green Zone: Dispatches From an Unembedded Journalist in Occupied Iraq (Haymarket Books, 2007). Jamail ha fatto servizi giornalistici dall’ Iraq per più di un anno, e anche da Libano, Siria, Giordania e Turchia negli ultimi 10 anni; ha vinto il premio per il Giornalismo di inchiesta, intitolato a Martha Gellhorn, oltre ad altri riconoscimenti.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo


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