rassegna stampa: Le forniture idriche e i costi della politica



Nelle nostre città continua lento ma inesorabile l'opera di smantellamento
delle aziende municipalizzate che erogano servizi essenziali quali l'acqua.
L'effetto immediato è l'aumento delle tariffe ed in genere lo scadimento del
servizio. Poco seguito hanno avuto finora le prese di posizione di comitati
di cittadini e associazioni che vogliono difendere il patrimonio di risorse
naturali a disposizione di tutti i cittadini. Un sistema politico sordo alle
istanze dei cittadini prosegue a tappe forzate nei processi di
privatizzazione adducendo che così si minimizzano i costi di gestione
dell'entwe pubblico senza intaccare il servizio erogato. Eppure basta
guardarsi attorno e neanche tanto lontano, ad esempio in Francia, per
scoprire il contrario, e cioè che la privatizzazione delle risorse naturali
aumenta i costi sociali a carico della comunità e viene finalizzato sempre
agli interessi finanziari e speculativi delle società che subentrano nelle
gestioni delle ex municipalizzate. Di seguito un articolo sull'esperienza
del piccolo comune di Vosges dove la municipalità ha avuto l'intelligenza ed
il coraggio di ritornare sulle proprie decisioni riprendendo in mano la
gestione delle acque.

a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Le Monde Diplomatique" - ed. marzo 05
Le forniture idriche e i costi della politica
(di Patrick Coupechoux)
Nel 1990 Jacques Drapier, sindaco socialista di Neufchateau, non vide alcun
inconveniente a delegare la gestione delle risorse idriche della sua città a
una società privata. Era stato eletto l'anno prima ad amministrare questa
graziosa cittadina dei Vosges, (8.500 abitanti); e in quel periodo,
decisioni del genere erano all'ordine del giorno.
In effetti, già da una ventina d'anni in Francia i sindaci optavano in massa
per la «delega», pensando che in fin dei conti avrebbero avuto una grana in
meno, e tutta la questione sarebbe stata nelle mani di professionisti.
A Neufchateau la gestione del settore idrico fu dunque affidata a una
società privata, la Ceo (Compagnie de l'Eau et de l'Ozone), filiale della
Veolia, ex Vivendi, ex Compagnie Générale des Eaux. Tutto era incominciato
bene, dal momento che il contratto era stato firmato per quindici anni. Ma
ben presto le cose hanno incominciato a non andare per il verso giusto. Già
nel 1992 il sindaco Drapier ha dovuto constatare un aumento della tariffa.
«Non sono riuscito a farmi dare la minima spiegazione - commenta - per tutta
risposta, mi hanno detto che se volevo ottenere qualche informazione in più
dovevo recarmi a Metz, alla sede della società. E la cosa mi ha alquanto
irritato...».
Davanti all'impossibilità di ottenere i chiarimenti richiesti, il sindaco
decide di ricorrere a un consulente indipendente per uno studio sui costi
del servizio idrico. E si rivolge a un esperto che era stato il braccio
destro di Jérôme Monod, già manager della Lyonnaise des Eaux, divenuto poi
l'eminenza grigia di Jacques Chirac all'Eliseo.
Dalla sua analisi risulta che l'acqua avrebbe dovuto costare due euro e 90
centesimi al metro cubo (19 franchi di allora), mentre la compagnia aveva
disinvoltamente fatturato 3,65 euro (24 franchi) (1).
Il sindaco Drapier incomincia allora a prendere seriamente in considerazione
l'idea di tornare alla gestione pubblica. Ma la compagnia reagisce con
pressioni crescenti. «Quando sono venuti nel mio ufficio a propormi di
partecipare a un convegno a Madrid, tutto spesato per me e una persona di
mia scelta, mi sono sentito insultato». Dopo le elezioni amministrative del
2001, il comune ha dunque deciso la rescissione del contratto e il passaggio
a una nuova gestione.
Tutto sommato, la svolta non è stata particolarmente difficile.
L'amministrazione comunale non ha faticato a trovare le competenze
necessarie, anche perché gran parte dei dipendenti della compagnia hanno
accettato di rimanere con la nuova gestione, che è autonoma e gestisce il
proprio il suo budget. Il vice-sindaco e presidente del Consiglio
d'amministrazione Dominique Barret può già procedere a un primo bilancio.
«Dal 2001 - spiega - l'ente di gestione ha stanziato un milione e mezzo di
euro per una serie di lavori. I fondi provengono dagli utili già realizzati,
e sono ora reinvestiti nel settore delle risorse idriche.
Non solo: è stata anche avviata la costruzione di una nuova centrale di
depurazione, che dovrebbe entrare in funzione alla fine del 2005».
Nello stesso tempo, grazie al contenimento delle perdite di rete, i consumi
hanno potuto essere ridotti del 22%. Ma l'aspetto più convincente è quello
dei prezzi. Sulla base di un consumo annuo di 120 m3, la tariffa, che nel
2000 era di 3,09 euro al m3, è scesa nel 2004 a 2,92 euro. Nessuno più si
permette di proporre al sindaco un viaggio a Metz per consultare un bilancio
illeggibile.
Ma l'aspetto più sorprendente è la reazione dei sindaci di altri comuni.
«All'inizio erano scettici - spiega Drapier - . Non facevano che dirmi: non
ci riuscirai mai, stai rischiando grosso! Mentre oggi molti vengono qui per
vedere come funzionano le cose da noi...».
Si direbbe che il sindaco di Neufchateau abbia rotto un tabù: quello
dell'impossibilità di liberarsi dalle grinfie delle multinazionali
dell'acqua.
La vicenda di Neufchateau e del suo sindaco Jacques Drapier illustra anche
l'ambiguità della posizione in cui si trovano molti eletti locali in
Francia. Ai loro occhi, la gestione idrica è una faccenda tanto complessa e
rischiosa che è meglio metterla nelle mani di professionisti.
«Oltre tutto, le compagnie hanno creato rapporti particolari con gli enti
locali», spiega Antoine Grand d'Esnon, responsabile dell'Ufficio studi
Service Public 2000, creato dall'Associazione dei sindaci di Francia.
«Rapporti che vanno dalla sponsorizzazione della squadra di calcio fino alla
corruzione, salita a volte anche agli onori della cronaca, come del caso di
Grenoble (2)». D'altra parte, gli eletti sanno che le Compagnie guadagnano
moltissimo alle spalle dei loro amministrati. «Nelle gare d'appalto, si
mettono d'accordo - prosegue Antoine Grand d'Esnon - e ricavano utili
enormi, lucrando essenzialmente sul prezzo dell'acqua». Ecco spiegata la
leggendaria opacità dei loro conti. Scende in campo il comitato degli utenti
«Ci annunciano aumenti delle tariffe, e per tutta spiegazione ci mettono in
mano documenti incomprensibili», dice Christian Métaire, vice-sindaco di
Arceuil e responsabile delle risorse idriche dell'agglomerato di Val de
Bièvre . Gli eletti di questo consorzio di comuni della Val de Marne si sono
schierati con il gruppo che propone di restituire al settore pubblico la
distribuzione dell'acqua, attualmente «delegata» alla Veolia dal potente
Sedif (Syndicat des eaux d'Ile de France): un ente che ingloba 144 città
della regione parigina, tranne Parigi.
Ma per ora le loro richieste sono rimaste lettera morta. «Comunque, ancora
dieci anni fa la sola ipotesi sarebbe stata considerata assurda - osserva
Christian Métairie - . Oggi non è più così».
Infine, gli amministratori locali sono posti sempre più di fronte a
un'opinione pubblica che esige di essere messa al corrente di tutto in
materia di tariffe e di qualità dell'acqua. A questo riguardo un esempio di
un certo interesse è quello di Castres. In questa città del Tarn, di 56.000
abitanti, l'iniziativa di un Comitato di utenti ha spinto un sindaco di
destra (dell'Ump, Union pour un Mouvement Populaire) a rompere i ponti con
la Lyonnaise des Eaux.
«Tutto è incominciato nel 1992, quando ci siamo visti aumentare la bolletta
del 60%», spiega Georges Carceller, presidente del Comitato.
«Abbiamo deciso di vederci chiaro...». Si è arrivati così a una prima
scoperta: nel 1990 la Lyonnaise des Eaux e il Comune di Castres - il cui
sindaco era allora il deputato Jacques Limousy, quattro volte segretario di
Stato, dal 1969 al 1981, sotto governi di destra - avevano firmato un
contratto trentennale. E come contropartita, l'impresa aveva messo sul
tavolo un «diritto d'entrata» di 96 milioni di franchi, ufficialmente a
titolo di «contributo speciale per il diritto di utilizzo delle reti
concesse». Un «regalo» che a quei tempi non era comunque illegale.
Ma il Comitato degli utenti fa una seconda scoperta, fatta conoscere nel
1996 da un grande istituto di revisori, dopo il passaggio
dell'amministrazione comunale a una giunta di sinistra: in tutta
discrezione, la Lyonnaise des Eaux stava ricuperando la succitata somma
attraverso la bolletta dell'acqua, compreso anche un tasso d'interesse
dell'8,76%. In questo modo, in capo a trent'anni la compagnia avrebbe
incassato il triplo dell'importo iniziale! Nel 1996, in un'intervista
concessa alla stampa locale, il manager regionale della Lyonnaise des Eaux
ha fatto peraltro un'ammissione quanto mai franca: «Evidentemente, quei 96
milioni di franchi non erano un "dono" [...]; e non credo che il comune
avrebbe potuto trovare una banca disposta a concedergli un prestito
trentennale (3)». Con questo gioco di bussolotti, l'amministrazione comunale
ha potuto finanziare un complesso sportivo con pista di pattinaggio e
piscina - costruito da una filiale della Lyonnaise des Eaux - facendo pagare
attraverso la bolletta dell'acqua un investimento che si sarebbe dovuto
finanziare attraverso le imposte. Nel 1997 il Comitato degli utenti
sottopone il caso al Tribunale amministrativo di Tolosa. «Secondo il nostro
punto di vista - spiega Noël Légaré, altro esponente del Comitato - era
illegale, ai sensi di una decisione del Consiglio di Stato del 1996 (4), far
confluire quella somma nel bilancio generale del comune». Il 25 ottobre 2001
il Tribunale emette il suo giudizio: le tariffe praticate a Castres dal 1990
sono illegali.
Il nuovo sindaco, Pascal Bugis (Ump) eletto nel 2001, è dunque tenuto a
rinegoziare i prezzi con la Lyonnaise des Eaux per ripristinare la legalità.
«La società - ci spiega - voleva mantenere inalterata la tariffa, oppure
costringerci a rimborsare i 96 milioni di franchi! Perciò non abbiamo potuto
trovare un accordo - anche perché quella somma, io non la considero come un
prestito.» Il 24 giugno 2003, la giunta comunale di Castres decide di
rescindere il contratto e di creare un Ente di gestione. Dal canto suo, la
Ondeo cita in giudizio il comune, dal quale pretende la modica cifra di 64
milioni di euro per il danno che sostiene di aver subito, ivi compreso il
mancato ricupero del «diritto d'entrata»... Nel maggio 2004 la richiesta è
respinta, ma la società interpone appello. Dal canto suo, il Comitato degli
utenti esige a questo punto il rimborso di quanto è stato arbitrariamente
addebitato ai consumatori fin dal 1990, ossia 1.000 euro per famiglia.
Inoltre, gli utenti denunciano sia il comune che la Ondeo: il primo perché
nel 1990 il sindaco avrebbe nascosto la verità ai cittadini e ai
rappresentanti dell'opposizione; la seconda per «esercizio illegale della
professione di banchiere»... L'esempio di Castres, quantunque marginale,
dimostra che ormai l'idea di un ritorno alla gestione pubblica si sta
facendo strada. Un altro caso interessante è quello di Landes. Nel 1996 il
Consiglio generale decide di concedere maggiori aiuti finanziari a tutti i
comuni che hanno una gestione pubblica delle risorse idriche. Il prefetto
chiede e ottiene dal Tribunale amministrativo di Pau l'annullamento di
questa decisione in quanto «lesiva della libertà di commercio».
Bisogna attendere fino al 28 novembre 2003 la decisione del Consiglio di
stato, che condanna lo stato alle spese. A volte il ritorno alla gestione
pubblica avviene senza problemi, come nel caso di Châtellerault, una
cittadina della Vienne (34.000 abitanti). La questione è sorta quando in
seno alla «communauté d'agglomération» - un consorzio formato
dall'amministrazione della città più quelle di undici comuni vicini - si è
deciso di provvedere direttamente al settore depurazione. L'amministrazione
di Châtellerault ricorreva ai servizi della Ceo (Compagnie des Eaux et de
l'Ozone), mentre gli altri comuni si rivolgevano a un organismo pubblico, il
Siveer (Syndical Intercommunal d'alimentation en eau et d'équipement rural
de la Vienne).
I sindaci avrebbero potuto scegliere la prima soluzione, ma hanno preferito
la seconda; e nell'ottobre 2001, alla scadenza del suo contratto per la
depurazione, il comune di Châtellerault ha dovuto interrompere i rapporti
con la Ceo. In questo caso sembra proprio che la decisione non sia stata
influenzata da alcun preconcetto di ordine politico. «I comuni erano
soddisfatti delle prestazioni del Siveer; perciò la scelta è stata
semplice», spiega Joël Tondusson, sindaco socialista di Châtellerault.
La Veolia, azionista della Ceo, ha però portato il caso davanti ai
tribunali, con la motivazione che la decisione sia stata presa senza una
previa gara d'appalto. In prima istanza i giudici hanno respinto la sua
tesi, ma l'azienda ha presentato appello. «La posta in gioco in questo
braccio di ferro è fare giurisprudenza - prosegue Joël Tondusson - . Ciò che
vogliono è precludere agli eletti la scelta della gestione pubblica». Di
fatto, è difficile immaginare come un ente intercomunale possa tener testa,
in una gara d'appalto, a una multinazionale decisa a vincere anche a costo
di proporre prezzi stracciati. Resta il fatto che nel 2006 - data della
scadenza del suo contratto con la Ceo per la distribuzione dell'acqua - la
città di Châtellerault dovrà tornare a fare una scelta anche in questo
campo. Deciderà di ricorrere a una gestione pubblica diretta? È tutt'altro
che certo. Il sindaco riconosce che con la gestione pubblica «si evita di
farsi spennare dagli azionisti»; d'altra parte però si pone il problema del
«grado di professionalità del settore pubblico, spesso farraginoso...». Ma
se il Siveer è competente per la depurazione, perché «non» dovrebbe esserlo
per la distribuzione dell'acqua?
A volte, le decisioni dei rappresentanti degli enti locali hanno un
carattere più direttamente politico. Per Daniel Bosquet, vicepresidente
verde della comunità urbana di Cherbourg (Cuc), nella Manche, che associa 5
comuni con complessivi 100.000 abitanti «l'acqua non è una merce come le
altre». Perciò Bosquet sta conducendo una battaglia politica per restituire
le risorse idriche alla gestione pubblica.
Tradizionalmente, la depurazione era di competenza della Cuc; era affidata a
un ente di gestione pubblico che assicurava anche la distribuzione
dell'acqua in quattro comuni. Nella città di Cherbourg questo settore era
invece «delegato» alla Veolia. Naturalmente, alla scadenza dei contratti si
è posto il problema di unificare il sistema.
Le elezioni alla prova dei liquidi «Io ero senz'altro disposto a
discuterne - spiega Bernard Cauvin, presidente socialista della Cuc - ma
volevo essere certo che in seno all'amministrazione pubblica vi fossero le
necessarie competenze».
A questo punto Bosquet ottiene un audit comparativo tra la gestione
dell'ente e quello della Veolia, sia per la distribuzione che per la
depurazione. I risultati sono incoraggianti: la qualità è di pari livello, e
la tariffa dell'ente pubblico è inferiore. Nel luglio 2003 la giunta
comunale di Cherbourg vota quindi per il ritorno alla gestione pubblica, che
diventa effettiva a partire dal 1° gennaio 2005. Come riconosce anche Daniel
Bosquet, in questo caso la decisione è stata facilitata dal fatto che già
esisteva un ente di gestione ben funzionante. «Perché un'operazione del
genere possa riuscire, bisogna che il servizio pubblico abbia un'immagine
positiva presso l'utenza», spiega.
Un'azione politica analoga è stata portata avanti da Anne Le Strat,
consigliere comunale dei Verdi a Parigi e responsabile generale della Sagep
(Société publique de production d'eau), ribattezzata all'inizio di
quest'anno Société anonyme des Eaux de Paris. La situazione dell'erogazione
dell'acqua nella capitale è quasi caricaturale; i quartieri della riva
destra della Senna sono gestiti dalla Veolia, quelli della riva sinistra
dall'Ondeo. Fino al 2003, avevano una filiale comune che provvedeva alla
fatturazione. Questo sistema era stato instaurato nel 1987 da Jacques
Chirac, allora sindaco di Parigi. Nel 2003, quando è subentrata la nuova
maggioranza guidata da Bertrand Delanoë, si è aperto su questa situazione un
dibattito, che ha portato alla soppressione della filiale incaricata della
fatturazione. Da uno studio commissionato al centro «Service public 2000» è
infatti emerso che il costo delle prestazioni era sopravvalutato (5). Dal
canto suo, Anne Le Strat è riuscita a far uscire dalla Sagep le due
compagnie che detenevano complessivamente il 28% del suo capitale. «A mio
parere, la loro presenza non era salubre; c'era il rischio di conflitti
d'interesse.
La Sagep, ad esempio, è responsabile della realizzazione di importanti
lavori sulle reti parigine, che possono essere affidati a filiali della
Veolia o dell'Ondeo».
I contratti con queste due multinazionali scadranno nel 2009 e nel 2011. A
parere di Anne Le Strat, sarà l'occasione buona per avviare un dibattito
pubblico sulla gestione delle risorse idriche nella capitale. Secondo lei,
«tecnicamente, non è molto intelligente separare la produzione dell'acqua
dalla sua distribuzione. La rete appartiene allo stesso proprietario - il
comune di Parigi; e dovrebbe essere gestita da un unico ente». E questo ente
esiste: è la Sagep. «Una società a economia mista, cioè una struttura
flessibile, in grado di evitare le lungaggini amministrative, ma sottoposta
al controllo della Giunta comunale di Parigi». Per il momento, Anne Le Strat
si sente «ancora un po' sola». Ma le cose potrebbero evolvere. Le prossime
elezioni amministrative si terranno nel 2008, cioè prima della scadenza dei
contratti. E l'acqua potrebbe «diventare una delle questioni decisive per la
nuova giunta». La palla è dunque ora nel campo di Bertrand Delanoë e della
sua maggioranza.
note:
* Giornalista.
(1) Uno studio del 21 maggio 2001, a cura dell'Institut Français de
l'Environnement (Istituto francese dell'ambiente), esteso a 5.000 comuni,
dimostra che la gestione privata si traduce in un aumento dei costi del 27%
per la distribuzione dell'acqua potabile, e del 20% per la depurazione.
(2) Il 9 luglio 1996 Alain Carignon, ex sindaco di Grenoble, è stato
condannato dalla Corte d'Appello di Lione a 5 anni di carcere (di cui uno
con la condizionale), 400.000 franchi di multa e 5 anni di ineleggibilità,
per aver ottenuto vantaggi personali dalla Lyonnaise des Eaux e dal gruppo
Merlin (quasi 20 milioni di franchi) in cambio dell'appalto dell'acqua.
(3) Intervista di Michel Pujol, direttore generale della Lyonnaise des Eaux.
La Dépêche du Midi, 21 dicembre 1996.
Patrick Coupechoux
(4) Il 30 settembre 1996, a proposito della città di St. Etienne, il
Consiglio di stato precisa che le tariffe dei servizi pubblici a carattere
industriale e commerciale devono avere una loro contropartita diretta nei
servizi resi agli utenti.
(5) Rapporto dell'audit sulla fatturazione dell'acqua a Parigi, consegnato
il 17 dicembre 2002. Resta però il segreto sull'importo fatturato in
eccesso. (Traduzione di E. H.)
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