DADA GREENREPORT.IT RECENSIONE DI UN NUOVO LIBRO (IN INGLESE)SUL PICCO APPENA USCITO IN AMERICA



Dal sito Greenreport.it recensione di un libro appena uscito in America (si puo' ordinare via internet ed avere in circa dieci giorni.)


UN NUOVO LIBRO SUL PICCO PETROLIFERO E LE SUE CONSEGUENZE APPENA USCITO IN AMERICA.



LIVORNO. Jeff Rubin oltre ad essere uno dei più noti economisti del Canada è anche un famoso esperto internazionale di energia ed è salito alla ribalta delle cronache per aver previsto l’anno scorso, circondato da scetticismo e prese in giro, il rialzo spettacolare del prezzo del petrolio. Un tizio da prendere quindi molto sul serio quando annuncia che la speculazione è pronta a ripartire e che entro poco più di un anno il barile di petrolio verrà scambiato a 200 dollari.

Il come e il perché dello choc petrolifero prossimo venturo è spiegato da Rubin in un libro appena uscito in America: “Why Your World Is About to Get a Whole Lot Smaller - Oil and the end of globalization” che svela come l’aumento dei prezzi e la diminuzione della disponibilità di petrolio stiano per cambiare radicalmente la nostra vita. Si tratta di un libro potentemente provocatorio che tenta di esplorare il nostro futuro e quello dell’economia globale. Rubin spiega una cosa che molti sanno ed altrettanti rimuovono nel mezzo di una crisi dalla quale nessuno sa davvero come ne usciremo: nonostante il recente calo dovuto alla recessione, il prezzo del petrolio è destinato a risalire rapidamente appena l’economia recupererà. Ma le riserve petrolifere mondiali sono destinate a calare e poi a sparire. «Le vacanze in Europa, i vini australiani, le fragole in inverno, dovrete fare presto una croce sopra su questi piccoli piaceri, così come sui lunghi tragitti quotidiani in automobile – scrive Rubin - Il prezzo della benzina supererà i due dollari al litro, le nostre abitudini quotidiane saranno completamente capovolte... e la globalizzazione non sarà più che una vecchia storia». Il prossimo futuro secondo Rubin avrà limiti energetici e fisici che lo faranno somigliare ad un lontano passato.

Ma Why Your World Is About to Get a Whole Lot Smaller lascia aperta la porta alla speranza e sottolinea i benefici economici e politici di questa nuova situazione, per esempio per l’industria siderurgica e l’agricoltura americane. Secondo Rubin, Obama e gli altri leader del mondo devono imporre subito tasse sulla CO2 che aumentino la concorrenza e la produttività, investendo nei trasporti pubblici e non su autostrade già intasate, per forgiare alleanze “green” tra lavoratori e imprese che siano utili sia al business che all’ambiente.

Intervistato da François Cardinal sul giornale canadese “La Presse”, Rubin spiega: «Oggi, nel bel mezzo della peggiore crisi degli ultimi 60 anni, il barile si scambia a poco più di 60 dollari... Non c’è bisogno di una laurea in economia per immaginare quanto costerà quando la recessione sarà finita, quando le persone ritroveranno un lavoro, quando ricominceranno a guidare...». Secondo Rubin il petrolio è destinato ad arrivare a 100 dollari al barile entro 12 mesi dopo il rilancio dell’economia, poi a 200 dollari entro il 2012.

In molti guardano divertiti alle profezie di Rubin che è noto per le sua opinioni tranchant, ma l’economista canadese non è più isolato come in passato: molti suoi colleghi pensano che la crisi finanziaria si stia traducendo in un calo degli investimenti petroliferi che prepara il terreno ad un brusco aumento dei prezzi, tra queste “Cassandre” c’è anche il numeri due del Fondo monetario internazionale, John Lipsky. L’altalena del barile di petrolio è stata così folle (147 dollari nel luglio 2008, 32 a dicembre) che gli attuali 60 dollari ci ha fatto dimenticare una cosa che ci ricorda Rubin: «Quattro o cinque anni fa, un tale prezzo sarebbe stato considerato come il record di tutti i tempi. Oggi, non c’è niente di più normale...».

Jeff Rubin si è convertito alla teoria del picco del petrolio nel 2000, dopo un incontro con Colin Campbell, l’autore di “The Coming Oil Crisis” ed è convinto non tanto della fine dell’era del petrolio, ma della fine del petrolio a buon mercato: «Ora tutto, dalla nostra alimentazione al nostro luogo di residenza, passando per il tempo libero di tutti i giorni, è basato, precisamente, sul petrolio a prezzi accessibili – scrive l’economista –La ragione per la quale l’economia mondiale ha messo tutte le sue uova nello stesso paniere è semplice: non esiste un altro paniere». E’ per questo che Rubin è convinto che l’economia si appresta a subire uno choc storico che ci riporterà al livello di vita degli anni ’60: «Il mondo sarà sempre più piccolo. Ci riavvicineremo alle nostre comunità. Le identità regionali ridiventeranno importanti. Le industrie del passato rinasceranno dalle loro ceneri. L’economia dei servizi sarà rimpiazzata da un’economia manifatturiera, di produzione».

Il libro disegna uno scenari con il petrolio così caro «Che i cargo cesseranno di fare l’andata- ritorno verso la Cina, le persone si riavvicineranno ai loro luoghi di lavoro, lasceranno i sobborghi per la città, non avranno più i mezzi per attraversare l..oceano né per consumare pesci provenienti dalla Norvegia, etc. Così, nel corso dei 10 prossimi anni, non meno del 20% delle auto dovranno scomparire dalle strade. Guardate l’autostrada Décarie ed immaginate la scomparsa di un’auto su cinque... Allora si porrà un problema: ci saranno autobus sufficienti per accogliere tutta questa gente?».

Uno scenario che a molti sembrerà fatto di un fosco impoverimento, ma Rubin non crede che tutto questo si rivelerà un male e si scopre che la critica è al modello americano e la medicina potrebbe venire per l’occidente dal modello europeo (forse un po’ troppo idealizzato in una pretesa frugalità….): «Le nostre vite saranno più semplici, ma anche, più radicate nelle loro comunità e nel loro ambiente. Rassomiglieranno, infatti, alla vita dei cittadini europei, che ci dimostrano che ci si può spostare per più tempo con piccole automobili, risiedere in case strette e viaggiare in treno. Infatti, i contraccolpi riguarderanno di più le persone che vivono nel Sud del mondo, a causa della fine delle esportazioni. Quando l..Occidente stringe la cinghia, abitualmente strangola i Paesi del terzo mondo».

Insomma, gli stessi che hanno pagato la globalizzazione rischiano di pagare care anche le scosse di assestamento e la società “parca” e virtuosa profetizzata da Rubin, ma che rischia anche di diventare così identitaria e localistica da essere costretta a chiudersi in fortezze per mantenere un accettabile benessere.
Forse la profezia è fosca, ma i segnali non mancano, nemmeno in Italia.


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