Veleni di guerra



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From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
Sender: disarmo-request@peacelink.itDate: Fri, 25 May 2012 19:03:45 
To: <disarmo at peacelink.it>
Reply-To: disarmo at peacelink.it
Subject: A proposito di basi: Veleni di guerra

Vi mando l'immagine del memorandum di cui parla l'articolo
http://www.wired.com/images_blogs/dangerroom/2012/05/KSCN0007a.jpg

Veleni di guerra

Un memorandum interno dell’esercito degli Stati uniti, arrivato al blog Danger 
Room (pubblicato dalla rivista Wired), rivela una delle eredità più nocive 
della presenza delle truppe occidentali in Afghanistan. «Nociva» nel senso 
proprio del termine, perché si tratta dei siti in cui le truppe Usa 
inceneriscono i rifiuti tossici prodotti nelle loro basi. Quel memorandum 
infatti parla di grandi «negligenze» degli ufficiali americani, e delinea le 
«condizioni sanitarie negative a lungo termine» per i militari che respirano i 
fumi tossici emenati da quei siti, detti burn pit – pozzi scavati nel terreno 
in cui i rifiuti sono fatti bruciare. È una pratica standard nelle basi 
americane, sia in Afghanistan che in Iraq; le conseguenze sanitarie però sono 
state finora taciute – anzi, esplicitamente negate.
Ora quel memo afferma che alte concentrazioni di polveri e fumo da quei 
«pozzi» possono causare «ridotta funzionalità polmonare o esacerbate bronchiti 
croniche, la cronica ostruzione dei polmoni (malattia chiamata con l’acronimo 
Copd), asma, arterosclerosi e altre malattie cardio-polmonari». Il documento si 
riferisce specificamente alla base aerea di Bagram, a nord di Kabul, e al suo 
burn pit a quanto pare famigerato tra i militari, a cui è noto per l’odore 
pungente che emana: «Un soffocante barbecue di spazzatura, dalle supellettili 
ai rifiuti umani, a cui sono di solito addetti afghani che si avvicinano 
coprendo il naso e la bocca con mascherine chirurgiche», scrive Danger Room 
citando un ufficiale – tra parentesi, è il sito dove ufficiali dell’esercito 
Usa avevano mandato a incenerire vecchie copie del Corano scatenando giorni e 
giorni di tumulti in molte città afghane.
Da quel sito si levano pennacchi di fumo molto visibili, che volteggiano sulla 
base e nell’aria «già intrisa di polveri» della provincia di Parwan. In 
linguaggio asettico, il memo parla di particolato 10 e particolato 12, in 
riferimento alla misura in micrometri delle particelle emanate dagli 
inceneritori. Un’associazione di veterani (Iraq and Afghanistan Veterans of 
America, o Iava) ha raccolto centinaia di testimonianze sui problemi di salute 
accusati dai soldati, e ricollegabili all’incenerimento dei rifiuti. Finora 
sono stati ignorati dall’esercito. Il memorandum arrivato nelle mani di Danger 
Zone contraddice anni di rassicurazioni dei vertici militari – l’autore del 
blog ricorda un documento del 2008 a proposito di un simile burn pit nella base 
Balad in Iraq, in cui si affermava che «non ci sono rischi significativi per la 
salute a breve né a lungo termine».
Ora quel memorandum nota però che la salute di almeno 40mila soldati e 
contractor è stata «negativamente affetta» da elementi chimici tossici diffusi 
nell’atmosfera. È una prima ammissione. E sono molti di più i militari che 
hanno servito nelle vicinanze dei vari burn pit sparsi nelle basi Usa in 
Afghanistan e in Iraq. Viene da pensare all’Agente Orange, il diserbante usato 
a piene mani dall’esercito Usa in Vietnam, che ha distrutto la salute di 
generazioni di vietnamiti e di soldati americani. Ma è lo stesso memo a 
ricordare il Vietnam: «Non vogliamo un altro caso tipo Agente Orange, dove ci 
sono voluti 40 anni prima che i militari ammettessero che quella roba era 
tossica e poi ha dovuto spendere tante energie per rintracciare i soldati che 
ne erano stati affetti».
Vi si legge anche che le stime sul rischio per la salute sono state fatte 
sulla base di campioni dell’aria nelle vicinanze del sito presi otto anni fa 
nella base di Bagram. Non una parola invece sugli afghani, militari e civili. 
che avranno pure respirato la stessa roba e sofferto le stesse «conseguenze 
negative».
il manifesto | Autore: Marina Forti


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