Nuovo allarme diossina a Taranto. "La Stampa" rivela l'esistenza di un rapporto del governo



Taranto, ora scatta l’allarme diossina

I risultati degli esami sulla
catena alimentare: il 30% del
latte caprino è contaminato
GUIDO RUOTOLO
La Stampa 29/10/2012

Dall’interpretazione statistica dei dati si evidenzia che ci si attende
che il 30% del latte di pecora sia contaminato in misura superiore al
limite di legge». Il rapporto è da alcuni giorni sulla scrivania del
ministro della Salute, Renato Balduzzi. La Direzione generale per l’Igiene
e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione ha dato il via a un Piano
di sorveglianza sulla contaminazione da diossine nell’area di Taranto: tra
il 26 settembre e il 6 ottobre sono stati realizzati prelievi a campione
di latte e alimenti.

Dall’Ilva allo stesso ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e alle
agenzie di controllo sull’inquinamento, in questi giorni hanno
sottolineato che dopo l’entrata in vigore della legge regionale sulle
diossine (2008, legge 44), la situazione a Taranto è cambiata. Se nel 1999
si arrivava all’emissione di circa 500 grammi di diossine all’anno, nel
2006 si è scesi a 100 grammi e dopo l’entrata in vigore della legge, siamo
arrivati a 10 grammi all’anno (2011).

Nel rapporto consegnato al ministro Balduzzi questo luogo comune viene
sfatato: «Dal confronto effettuato tra gli esiti che vanno dal 2008 al
2012 emerge che non vi sono variazioni significative da un punto di vista
statistico in merito alla concentrazione di diossine e Pcb ».

Ma torniamo alla scoperta della contaminazione della catena alimentare. La
prima conseguenza è stata il sequestro da parte dei Nas dei carabinieri di
113 capi ovicaprini. «La conclusione della prima fase del piano - si legge
nel rapporto del Ministero della Salute - ha visto il prelievo di 25
campioni di latte presso tutti e 7 gli allevamenti presenti nel raggio di
10 chilometri dall’Ilva. 5 campioni, pari al 20%, hanno avuto esito
sfavorevole per il superamento dei limiti per la somma di diossine e Pcb».

Sabato scorso, l’ultimo aggiornamento sui rilevamenti: «Sono stati
controllati 23 alimenti zootecnici (cereali e derivati, erba, fieno e
paglia) nel raggio di 10 chilometri dallo stabilimento Ilva. In un caso
(foglie di ulivo) è stata superata la soglia d’attenzione».

Il quadro riassuntivo sui campioni prelevati nell’area insistente i 20
chilometri dall’acciaieria: degli 84 campioni di latte analizzati, 60
hanno mostrato presenze di diossine entro i limiti consentiti dalla legge,
5 hanno superato questi limiti e per 19 si attendono i risultati delle
analisi. Dei 3 campioni di formaggi analizzati, uno solo è andato al di là
dei limiti regolamentari.

Il monitoraggio del ministero della Salute, come si vede, è poco
rassicurante. E arriva all’indomani della pubblicazione dei dati dello
studio «Sentieri» sullo scenario ambientale e sanitario di Taranto.
«In Italia, il quadro generale della mortalità per i tumori nel loro
complesso - si legge nel rapporto «Sentieri» - mostra una diminuzione a
partire dalla fine degli Anni 90. Ma sia a Taranto che in Puglia, si
registra, invece, un lieve aumento. A Taranto si è passati da 387,4 morti
per 100.000 abitanti a 397; in Puglia, da 326,1 a 348».

Un studio dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca
ambientale, sulla qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia con più di
100.000 abitanti, pone Taranto nel novero delle città meno problematiche
per la concentrazione del materiale particellare (Pm 10 e Pm 2,5) degli
ossidi di azoto e del benzene, ma la classifica come la più inquinata per
la concentrazione di benzoapirene, classificato cancerogeno certo dalla
Iarc, l’Istituto internazionale di ricerca sul cancro.


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