donne il lavoro che non arriva mai



dalla stampa.it

Martedi' 8 Febbraio


ALLARME ITALIA: DIMINUISCE IL TASSO DI OCCUPAZIONE FEMMINILE
Donne, il lavoro che non arriva più

di Chiara Saraceno

I dati più recenti sul mercato del lavoro non sono del tutto rassicuranti.
E' vero che nel terzo trimestre del 2004 la disoccupazione è diminuita del
7,4% rispetto allo stesso trimestre del 2003. Tuttavia ciò non è avvenuto a
causa di un contestuale aumento degli occupati, bensì dell'aumento della
popolazione inattiva: che non cerca (non cerca più) lavoro. Non si tratta
delle conseguenze, per così dire, fisiologiche, dell'invecchiamento della
popolazione. All'aumento degli inattivi ha contribuito infatti, nelle parole
dell'ISTAT, «la rinuncia, soprattutto da parte delle classi di età più
giovani e della componente femminile del Mezzogiorno, a intraprendere
concrete azioni di ricerca di un impiego».
La diminuzione della offerta di lavoro giovanile di per sé può non
rappresentare un fenomeno negativo. Al contrario, può essere un indicatore
di più alti tassi di scolarizzazione; quindi può essere un segno positivo di
investimento in capitale umano in un paese caratterizzato ancora da bassi
livelli di formazione. Questa può forse essere in parte la spiegazione della
diminuzione della offerta di lavoro sia tra i maschi che tra le femmine nel
Nord Est. Anche se la diminuzione tra le seconde, pur contenuta (-1,1%), è
sempre più che doppia di quella degli uomini.
E' la diminuzione sia del tasso di attività che di occupazione femminile a
rappresentare una vera e propria inversione di tendenza, che desta
preoccupazione per i suoi esiti sulla autonomia economica delle donne e per
il benessere delle famiglie. Per la prima volta in più di dieci anni,
l'aumento nel tasso di occupazione complessivo è molto contenuto (0,4% su
base annua) e soprattutto non è trascinato dall'aumento della occupazione
femminile. E per la prima volta negli ultimi anni le donne in età da lavoro
rinunciano a presentarsi sul mercato dal lavoro. Ciò non dipende certo dal
fatto che siamo in un regime di pieno impiego femminile. E' noto infatti che
l'Italia ha uno dei più bassi tassi sia di occupazione che di attività
femminile in Europa e nei paesi OCSE. L'aumento recente è stato
significativo, ma non eclatante e soprattutto molto lento. Gli ultimi dati
suggeriscono che si è già fermato, e che potremmo essere di fronte ad una
inversione di tendenza. Ciò avviene proprio nelle regioni in cui il tasso di
occupazione femminile era più basso non solo a motivo di una domanda di
lavoro inadeguata, ma anche della maggiore difficoltà che sperimentano le
donne in quelle regioni a conciliare responsabilità familiari e lavoro
remunerato, data la grave assenza di servizi di cura per i bambini e per gli
anziani fragili. In queste regioni nell'arco di un anno l'offerta di lavoro
femminile è diminuita del 3,9%. In particolare, il tasso di attività
femminile (che comprende sia le occupate che le persone in cerca di
occupazione nella fascia di età 15-64 anni) e quello di occupazione
femminile sono scesi rispettivamente dell'1,7% e del 2%.
L'obiettivo di raggiungere nel 2010 il 60% di donne occupate e il 70% di
occupati complessivi non solo è ancora lontano; si allontana decisamente. Ed
anche in questo campo si allarga il divario tra il Sud e il resto del paese.
La diminuzione del tasso di attività femminile nel Mezzogiorno, e
contestualmente del tasso di disoccupazione complessivo, segnala forse che
stiamo tornando alla situazione tipica fino agli anni sessanta: quando, a
fronte di una domanda di lavoro scarsa e discriminatoria, a difficoltà a
tenere insieme famiglia e lavoro, a pressioni provenienti dalla aspettative
familiari, le donne non si presentavano neppure sul mercato del lavoro, o ne
uscivano dopo il matrimonio e la nascita dei figli. Stanche, o scoraggiate,
di una promessa di integrazione nel mercato del lavoro che non si realizza,
tornano nella definizione più rassicurante di casalinghe - «non forze di
lavoro».