Monsano contro Monsanto



Biodiesel. L'UE apre alle multinazionali

Due telegiornali nazionali, il Tg3 e il Tg5, recentemente hanno dato rilievo alla notizia che l'olio di colza può essere utilizzato nei motori diesel come carburante. È un fatto da tempo noto a tutti, o almeno a chi si occupa di informazione e di ambiente, perché dunque dare la notizia con tanto ritardo? Perché ora? E soprattutto, qual è la vera notizia? Partiamo da un gioco di parole. Smarrite per le sconfinate lande della sinonimia, due parole si sfiorano e si voltano le spalle. Monsanto. Monsano. La prima, multinazionale statunitense delle tecnologie biotecnologiche che con il brevetto Ep445929 ha recentemente tentato di brevettare, senza riuscirci, Galatea, un tipo di frumento del tutto naturale usato per produrre il pane in India. Missione fallita grazie a un'associazione agricola indiana che, appoggiata da Greenpeace e dall'economista Vandana Shiva, ha presentato ricorso all'ufficio brevetti europeo contro la Monsanto. La seconda, località marchigana dalla vocazione altermondialista, come si direbbe oggi. Monsano, per chi non lo sapesse, è un piccolo paese di circa 2700 anime. Situato nelle Marche, poco lontano da Jesi, ha intrapreso, con l'appoggio del suo sindaco lungimirante, un progetto di pianificazione e gestione dei consumi che critichi in primo luogo il nostro rapporto con il sud del mondo e la salvaguardia dell'ambiente. Si tratta di un vero e proprio progetto di critica del consumo su scala comunale. Ecco allora che i suoi abitanti hanno incominciato a fare "strane cose": hanno consociato i loro acquisti per poterli concentrare su prodotti a carattere equo e solidale e, recentemente, hanno deciso per l'installazione di pannelli solari su tutti i tetti del comune. Oltre al dato materiale, peraltro molto positivo, l'esperienza di Monsano ci insegna che un'altra politica è possibile: una politica che si occupi veramente di ambiente, che infranga i meccanismi delle multinazionali a favore delle produzioni equo-solidali, che rifletta seriamente sulle future politiche energetiche. Infine, questo sembra essere un modo di gestire la cosa pubblica che riconquista la consapevolezza che una partecipazione dei cittadini alle decisioni su questioni cruciali non possa esaurirsi lasciando cadere una scheda elettorale in uno scatolone. Tra le iniziative più innovative messe in cantiere dal comune di Monsano possiamo annoverare l'idea di installare un primo distributore di biodiesel, ovvero olio di colza che può sostituire il gasolio da autotrazione e che inquina di meno riducendo del 98% le emissioni nocive. Un carburante naturale che, se da solo non rappresenta la soluzione radicale ai mali della motorizzazione di massa, potrebbe comunque contribuire alla diminuzione delle emissioni nocive in atmosfera. La colza, in breve tempo, ha contagiato altri paesi e cittadine: Chiaravalle, Jesi, Falconara ne hanno seguito l'esempio e oggi sono molte le aziende, i comuni, le associazioni, le cooperative che fanno stabilmente uso di biodiesel puro. Sembrerebbe l'inizio di una piccola rivoluzione, ma c'è un "ma". L'articolo 43 della finanziaria 2005 individua un programma della durata di sei anni, fino al 30 giugno 2010, per l'utilizzo del biodiesel esentandolo dall'accisa per una quota annua di 300.000 tonnellate. Si deve sottolineare tuttavia come solo le miscele gasolio-biodiesel con contenuto di biodiesel in misura inferiore o uguale al 5% possano essere avviate al consumo sia presso utenti extra rete sia in rete, mentre le miscele con contenuto in biodiesel pari al 25% possano essere avviate al consumo solo attraverso utenti extra rete, ovvero grossisti e consumatori finali non automobilisti. Questa norma limita di fatto la possibilità di utilizzare sul territorio italiano biodiesel per autotrazione puro (90% olio di colza, 10% alcol) senza che questo sia gravato da accise. Chi ha emanato queste percentuali? Quale logica seguono? Forse nessuna (in virtù del fatto che l'olio di colza puro si è dimostrato un carburante efficacissimo nei motori diesel), ma sono il frutto di una normativa europea. L'Unione europea infatti, proprio su richiesta del Governo italiano, ha approvato una disposizione (protocollo numero 501PC0813) che ammette una tassa ridotta sul biodiesel soltanto se mischiato al gasolio (al 5% come additivo o al 25% come combustibile per autotrazione di mezzi pubblici). Con tale decisione, promossa per ignote ragioni dal Governo italiano, di fatto si impedisce la vendita del biodiesel puro e si escludono dal mercato i piccoli produttori italiani di biocarburante che non dispongono delle autorizzazioni e delle tecnologie per miscelare biodiesel e gasolio e che, inevitabilmente, dovranno vendere l'intera loro produzione alle grandi raffinerie. Se si considera inoltre come il consumo annuo di gasolio da autotrazione i Italia (dato 2003) superi i 22 milioni di tonnellate, la percentuale di biodiesel sgravata dalle accise risulta pari al solo 0,15%. Per essere l'anno dell'entrata in vigore del protocollo di Kyoto, sembra un po' poco, vero? E allora a Monsano che succede? Il progetto del distributore di biodiesel stenta a decollare ma l'amministrazione comunale, afferma la responsabile dell'Ufficio Ambiente del comune, "acquista biodiesel dalla Fox Petroli di Pesaro, lo stocca in un serbatoio di 500 litri, il massimo consentito dalla legge, per fare il pieno agli automezzi pubblici". E i privati? I privati, che oggi per legge non potrebbero accedere all'olio di colza, si arrangiano come possono, in altre parole, se lo comprano al supermercato. Eccola dunque la notizia. L'olio di colza da solo può bastare, ma la legge ha inventato il biodiesel, prodotto di raffineria, il solo ammesso ad entrare nei nostri serbatoi. Ma qual è il processo di trasformazione da olio di colza a biodiesel? E soprattutto qual è il suo costo al litro? Per rispondere alla prima domanda, in teoria, basterebbe leggere il protocollo europeo, dove si afferma che l'olio di colza è ammesso per l'autotrazione solo se miscelato al gasolio in percentuale del 25%. Quindi il processo d trasformazione dovrebbe essere semplicemente quello della miscelazione tra olio di colza e gasolio. Per saperne di più abbiamo contattato la Fox Petroli, fornitrice del comune di Monsano. Il prezzo al litro del biodiesel Fox, ci viene detto, è uguale a quello del gasolio, ma alla domanda "come viene prodotto il biodiesel?" la risposta è molto evasiva e un po' imbarazzata: "noi processiamo l'olio di colza con delle tecniche. e creiamo il biodiesel". Insomma, vietato mettere olio di colza nei nostri motori, ma lo stesso olio può essere venduto alle raffinerie che lo "processano" e ce lo rivendono allo stesso prezzo del gasolio tradizionale. Bell'affare! A voler pensare male, sembrerebbe quasi che il Governo italiano abbia voluto promuovere e ottenere questa disposizione da parte dell'Unione europea con il fine neanche troppo occulto di togliere una risorsa che fino a poco tempo fa era a libera disposizione di tutti i cittadini per trasformarla in un business a favole delle multinazionali petrolifere. A pensare male forse possiamo anche prevedere di qui a pochi anni il lancio sul mercato da parte delle multinazionali di un prodotto biodiesel, ricavato magari da colza transgenica a brevetto Monsanto? Sta di fatto che la normativa attuale risulta essere un ostacolo a norma di legge per la potenziale diffusione del biocarburante come strumento di un'economia locale animata anche dall'obiettivo di frenare l'inarrestabile ascesa di uno dei serial killer più spietati del nostro secolo: lo smog. 310.000 morti ogni anno in Europa, 39.000 in Italia (dati di uno studio UE sull'inquinamento, sic!).

[Gianni, Redazione Cunegonda Italia]

http://www.cunegonda.info/31colza.htm












Viviana
vivianavivarelli at aliceposta.it