eolico si eolico no



da lavoceinfo.it
05-09-2005
Perché non soffia il vento dell'eolico
Marco Iezzi
Mauro Sylos Labini

Negli ultimi anni, la crescita del prezzo del petrolio e l’instabilità dell’area
medio-orientale hanno accelerato l’espansione dell’energia eolica. Cresce
nel mondo del 20 per cento all’anno, con una potenza passata dai 2.500
megawatt (MW) del 1992 agli attuali 40.000 MW.
Le torri e il paesaggio
Nel mondo, ma non da noi. Pur avendo ampia disponibilità di energia eolica,
l'Italia fino ad ora non ha investito su questa fonte energetica così come
invece hanno fatto la Germania (15.239 MW), la Spagna (6.800 MW) e la
Danimarca (3.094 MW, si veda la figura 1). Anzi, negli ultimi tempi si sono
accentuate le diversità di opinioni tra il ministero dell’Ambiente, alcune
Regioni e gruppi di ambientalisti e cresce la resistenza a costruire sul
territorio le grandi torri per la produzione di energia eolica.
Le resistenze sono comprensibili: le torri eoliche hanno un’altezza che
varia tra i sessanta e i cento metri ed eliche lunghe sino a trenta metri;
andrebbero costruite in punti particolari del territorio, come i crinali
montuosi dove la ventilazione è maggiore, ma con un pesante impatto sul
paesaggio. Lo stesso vale per gli impianti realizzati nelle vicinanze delle
zone costiere, che provocano disagi anche per il rumore. Un’alternativa
potrebbe essere perciò la costruzione di piattaforme off-shore, distanti
alcuni chilometri dalla costa. Oltretutto, hanno il vantaggio di sfruttare
venti molto più forti e continui, e dunque consentono rendimenti energetici
ben maggiori. Anche i costi di produzione sono inferiori rispetto alla
terraferma perché si possono realizzare installazioni di dimensioni più
ampie.
Le più importanti piattaforme eoliche off-shore sono in Irlanda e
Danimarca. A Middelgrunden, di fronte al porto di Copenhagen, esiste una
delle più grandi wind-farm del mondo che produce circa 100 milioni di kWh
ogni anno. In questo caso, i mulini eolici sono stati posizionati in modo
da non deturpare il colpo d’occhio della marina integrandosi nel paesaggio
circostante. Nell’insieme le wind farm coprono circa il 20 per cento del
fabbisogno elettrico della Danimarca con costi pari a 3 centesimi di
euro/kWh, superiori solo ai costi delle centrali a carbone, che però
producono notevoli quantità di CO2.
Anche in Irlanda, uno dei paesi più ventosi d’Europa, è stato inaugurato il
primo grande impianto off-shore: è costituito da sette eliche, ognuna alta
come un palazzo di trenta piani, localizzate a dieci chilometri dalla costa
nella parte sud-orientale dell’isola, sul banco sabbioso di Arklow. Le
turbine, che sono state costruite dalla General Electric, forniranno
elettricità a circa sedicimila abitazioni. Dopo la fase dimostrativa di un
anno, probabilmente saranno acquistate da Zeusford, una società posseduta
da Airtricity (il maggior produttore irlandese di energia rinnovabile) e
dalla spagnola Ehn, che ha intenzione di ampliare la struttura fino a
produrre 520 MW di energia, il 10 per cento del fabbisogno energetico di
tutta l’Irlanda, ben al di sopra degli attuali 175 MW.
Sulla terra ferma, proprio in questi giorni, è stato inaugurato nel Galles
un "parco eolico" da 75 milioni di euro, il più esteso del Regno Unito, che
soddisferà le esigenze di circa quarantamila famiglie inglesi. La centrale,
che copre il 20 per cento della produzione eolica del Galles e consentirà
un risparmio di 160mila tonnellate di CO2, è stata costruita da Falck
Renevables, una società controllata dal gruppo italiano Falck.
I progetti off-shore nel nostro paese
Nel nostro paese, in questo momento, i grandi progetti per la produzione di
energia eolica sono tre, in Sardegna, in Calabria e in Puglia. Per il
primo, siamo nella fase di individuazione del sito, in Calabria si sono
rallentate le procedure per il cambio della giunta regionale, in Puglia i
lavori di allestimento delle zone interessate procedono con una certa
difficoltà, per l’impatto che decine di pale innalzate per sfruttare il
vento possono avere sul paesaggio. Altre piattaforme eoliche off-shore
potrebbero essere localizzate in prossimità dei porti, Genova, Livorno,
Civitavecchia, Napoli, Ancona, Olbia, Cagliari, dove è elevato il consumo
di energia elettrica e limitato l’impatto sul paesaggio.
Un programma di sviluppo dell’energia eolica incentrato sulle piattaforme
off-shore potrebbe quindi rivelarsi molto interessante per l'Italia. Che ha
bisogno di energia alternativa, pulita e a costi che non ci costringano a
ridurre i consumi. Intanto, aspettiamo di vedere, tra qualche giorno, quale
sarà l'adeguamento delle tariffe amministrative di luce e gas per il
trimestre luglio-settembre 2005.
Per saperne di più
American Wind Energy Association, "Global Market Reports", 2004,
disponibile all’indirizzo
http://www.awea.org/pubs/documents/globalmarket2004.pdf
Danish Wind Industry Association, "Annual Report", 2004, disponibile all’indirizzo
http://www.windpower.org/media/annual_report_2004.pdf
The British Wind Energy Association, "Annual Review", 2004, disponibile all’indirizzo
http://www.britishwindenergy.co.uk/pdf/reviewsmall.pdf

05-09-2005
Via col vento
Massimo Tavoni

Non rappresenta ancora più dello 0,1 per cento della produzione mondiale di
elettricità, eppure l’energia eolica continua a far parlare di sé, riempie
articoli scientifici e di divulgazione, viene studiata come esempio di
sussidi pubblici. A volte mette perfino d’accordo eco-scettici, convinti
che i mulini a vento debbano restare confinati ai libri di Cervantes, e
ambientalisti doc, che guardano preoccupati allo sventolare delle pale,
forse calandosi un po’ troppo nel ruolo di uccelli migratori.
La situazione e le potenzialità
Nel frattempo, il vento fa la sua parte: 32 GW di potenza installata nel
mondo al 2002 (poco meno della metà di quella complessiva italiana), una
crescita del 32 per cento annuo dal 1997 al 2002. In termini assoluti,
addirittura superiore a quella dell’idroelettrico; certo, sempre un ordine
di grandezza inferiore a quello delle centrali a gas. Ma restando anche
dentro i limiti dell’utilitarismo per cui "Economics matters", non se la
cava poi così male (si veda la tabella): in siti buoni, il costo medio dell’energia
eolica si aggira intorno ai 4-6 c$/kWh (senza sussidi o crediti), e passi
avanti nella progettazione delle turbine potrebbero abbassare il costo fino
a 2 c$/kWh nei prossimi venti anni.
Date le premesse, viene da chiedersi quale possa essere il ruolo del vento
nel soddisfare la crescente sete di energia, e allo stesso tempo limitare
le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico. Se l’energia
eolica rimane infatti la più certa fonte verde di elettricità, vale anche
il contrario: senza la sensibilità ambientalista di alcuni paesi, del Nord
Europa in particolare, e i sussidi che ne seguirono a partire già dagli
anni Settanta, la tecnologia e il mercato dell’elettricità eolica non si
sarebbero di certo sviluppati così rapidamente. Adesso, con accordi
stringenti sui limiti di emissioni di CO2, la disponibilità di una fonte a
emissioni zero e a un prezzo ragionevole può tornare utile a tutti.
Quale futuro quindi per l’eolico? È immaginabile che entro poche decadi il
20 per cento della produzione di elettricità globale sia eolica, come già
accade in Danimarca? A che valore della CO2? C’è un limite superiore di
penetrazione oltre il quale non si potrà comunque andare?
I costi
Per studiare le potenzialità di sviluppo dell’eolico su larga scala, oltre
ai costi d’installazione diretti bisogna considerare anche i costi che
derivano dalla non continuità della generazione di elettricità, causata
dalla variabilità del vento, e i limiti imposti dalla conformazione
geografica.
L’intermittenza è spesso citata come il principale ostacolo allo sviluppo
dell’eolico. Sistemi di back-up – vale a dire capacità eccedente di
centrali non intermittenti come le termoelettriche – devono essere
approntati, e costituiscono un costo aggiuntivo che aumenta quello di pura
generazione. Costi addizionali derivano dalle lunghe linee di
trasmissione – i campi eolici sono spesso lontani dai centri abitati o
addirittura nel mare – e dagli eventuali sistemi di accumulo. La
distribuzione geografica pone, come ovvio, un limite fisico allo sviluppo
dell’eolico: per essere competitivo, ha bisogno di siti con vento
sostenuto, a volte in zone remote e poco accessibili, e comunque
esauribili.
Il costo dell’intermittenza viene generalmente quantificato attorno ai 2
c$/kWh, ma in realtà dipende da un elevato numero di fattori. In
particolare, l’impatto sulla rete elettrica e i costi che ne risultano non
sono ovvi quando il vento serve una percentuale importante della produzione
elettrica.
In Danimarca, ad esempio, i costi sono contenuti dall’efficienza del
mercato elettrico del Nord Pool (Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia),
dalla possibilità di accumulare energia tramite pompaggio dei bacini idrici
norvegesi e dalla forte interconnessione con la rete elettrica tedesca.
Qualora la penetrazione dell’energia eolica dovesse aumentare molto,
investimenti in reti elettriche e connessioni saranno indispensabili, e i
costi aggiuntivi potrebbero salire ben oltre i 2 c$/kWh. Molto dipenderà
anche dallo sviluppo di mercati elettrici integrati, in cui poter scambiare
eccesso di offerta di elettricità in modo efficiente.
E la convenienza
In un articolo di prossima pubblicazione, due ricercatori nord americani
hanno studiato la fattibilità economica dello sviluppo su larga scala dell’eolico
per il mercato statunitense. (1) Diventa conveniente, compresi i costi
aggiuntivi, per prezzi della CO2 superiori ai 40 $/tCO2: un valore elevato,
ma molto vicino a quello scambiato nelle ultime settimane nel mercato dell’emission
trading europeo. Inoltre, l’eolico è economicamente competitivo rispetto ad
altre opzioni per la riduzione delle emissioni di gas serra, quali nucleare
e carbone con sequestrazione e stoccaggio della CO2.
Il successo dell’eolico, quindi, dipenderà innanzitutto da come si
svilupperanno le politiche sui cambiamenti climatici, sia a livello
internazionale, già dal dopo-Kyoto, sia di singole regioni o Stati.
Tuttavia, sarà legato anche al modo in cui il sistema elettrico nel suo
complesso saprà gestire la maggiore flessibilità imposta dall’eolico: rete
e connessioni elettriche, mercati dell’elettricità, sistemi di previsione e
di gestioni delle intermittenze, saranno tutti fattori importanti.
Infine, la stessa composizione del parco di generazione elettrica sarà
determinante: i costi aggiuntivi di intermittenza sono infatti molto più
bassi se il mix elettrico è dominato dalle flessibili centrali a gas, che
coprono facilmente le intermittenze, invece che da centrali a carbone o
nucleare, più lente nel seguire il carico.
(1) De Carolis, J. e K. David (2004), "The Economics of Large-Scale Wind
Power in a Carbon Constrained World", in corso di pubblicazione in Energy
Policy. Disponibile su internet all'indirizzo:
http://dx.doi.org/ inserendo
il