la morte come affare



 
da alternativeonline.it 6 giugno 2006

Politica
 La morte come affare
35.000 persone al mondo muoiono ogni giorno perché l’industria farmaceutica
dice che soffrono di "malattie non redditizie"

35.000 persone al mondo muoiono ogni giorno perché l’industria farmaceutica
dice che soffrono di "malattie non redditizie".
Solo l’uno per cento dei farmaci usciti sul mercato negli ultimi 30 anni
sono diretti a trattare malattie dimenticate, come la malatia del sonno, il
kala azar, la dengue o la tubercolosi. Inoltre, il 90% del denaro che si
spende nella ricerca medica si investe in problemi di salute che colpiscono
meno del 10% della popolazione mondiale.
L’organizzazione umanitaria Medici senza Frontiere ha denunciato ieri che
ogni giorno muoiono nel mondo 35.000 persone per mancanza di accesso a
medicinali esistenti nei paesi ricchi, ed ha lamentato che le compagnie
farmaceutiche sorvolano sulle necessità dei pazienti in via di sviluppo
perché le malattie di cui soffrono "non sono redditizie". Il capitalismo ha
le sue regole d’oro, questa è una di esse, un affare senza prospettive di
profitto non si fa. E né la salute né l’educazione sono un’eccezione.
Perciò, MSF ha reclamato in una conferenza stampa che i governi che si
riuniranno lunedì all’Assemblea Mondiale della Sanità esaminino come si
danno priorità e come si finanza la ricerca e sviluppo in materia di
salute.
In questo senso, ha dato appoggio alla risoluzione "storica" presentata da
Kenia e Brasile, nella quale si propone la creazione di gruppi di lavoro
per dare "una cornice globale alle atttività di ricerca e sviluppo
essenziali in materia di salute". Questa iniziativa obbligherebbe i governi
a finanziare pubblicamente e attraverso alleanze pubblico-private le
necessità primarie dei paesi più poveri, e si potrebbero produrre nuovi
farmaci per quelle chiamate malattie "dimenticate".
Secondo questa organizzazione, le malattie dimenticate colpiscono
soprattutto i paesi in via di sviluppo e commercialmente "non rappresentano
un mercato praticabile per le compagnie farmaceutiche". Solo l’uno per
cento dei farmaci usciti sul mercato negli ultimi 30 anni sono diretti a
trattare malattie dimenticate, come la malatia del sonno, il kala azar, la
dengue o la tubercolosi. Inoltre, il 90% del denaro che si spende nella
ricerca medica si investe in problemi di salute che colpiscono meno del 10%
della popolazione mondiale.
Il responsabile della comuzione di MSF, Javier Sancho, ha spiegato che l’obiettivo
della risoluzione è "non lasciare la ricerca e sviluppo esclusivamente
nelle mani di compagnie farmaceutiche private."
In questo senso, la portavoce della campagna sull’accesso ai farmaci
essenziali, Carmen Pérez, ha sottolineato l’impulso dato negli ultimi anni
ai PDP, consorzi pubblici e privati che hanno cme obiettivo lo sviluppo di
nuovi farmaci, tecniche diagnostiche e vaccini per malattie dimenticate. Si
stima che nel prossimo lustro si potranno mettere in circolazione circa una
decimìna di farmaci, Pérez ha lamentato che solamente il 18% dei
finanziamenti vengono dai governi, ed il resto da organizzazioni
filantropiche.
RESISTENZA.
Sancho ha sottolineato che esistono resistenze da parte di alcuni paesi ad
implementare quasta risoluzione, così come da parte dello stesso Segretario
dell’OMS, che cerca di "frenare" la sua approvazione. Nel caso del governo
spagnolo, la responsabile delle relazioni internazionali di MSF, Consuelo
López Zuñiga, ha detto che la posizione è "piuttosto incerta" e che fino ad
oggi non c’è stata risposta alla richiesta di sostegno avanzata da MSF per
la detta risoluzione. Per questo, ha spronato l’esecutivo spagnolo ad
appoggiare questa iniziativa in linea con la politica di cooperazione
spinta dal governo di José Luis Rodríguez Zapatero.
Infine, MSF ha riferito che alcuni esempi recenti hanno dimostrato "fino a
che punto la volontà politica può assicurare l’assegnazione di risorse per
ricerca e sviluppo in campo farmacologico". Concretamente, si riferiva all’esplosione
di SARS, al falso allarme per l’antrace negli Stati Uniti o alla recente
minaccia dell’influenza aviaria, "un’urgenza che sfortunatamente viene meno
quando si tratta di malattie di pazienti poveri di paesi in via di
sviluppo".
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