biocarburanti e fame la complessità non si risolve semplificando



da greenport.it 29 ottobre 2007
 Biocarburanti e fame: la complessità non si risolve semplificando
 
LIVORNO. I biocarburanti, presentati spesso come l’uovo di Colombo per uscire dalla crisi energetico-petrolifera con una soluzione sostenibile e “naturale”, stanno rivelando come ad un problema complesso non si possano dare risposte semplici. Come cioè davanti ad un mondo sempre più complicato non siano efficaci le risposte miracolistiche, soprattutto in campo energetico ed ambientale e davanti ai temi planetari della giustizia sociale, della fame e del riscaldamento climatico, di come l’umanità si trova di fronte alla necessità di rispondere attraverso azioni multiple, intrecciate ed allo stesso tempo settoriali, a creare un mix che tenga conto di una situazione in continuo movimento e che richiede adattabilità, pragmatismo, visione del futuro e controllo delle scelte. Insomma quel governo mondiale delle risorse energetiche e dei “servizi” ambientali di cui si vedono solo labili tracce e volenterose intenzioni.

Solo pochi giorni fa, uno studio della Washington university ha confermato quanto già ripete da tempo a greenreport il climatologo toscano Giampiero Maracchi: il cambiamento climatico è una certezza, ma come si evolverà (e come opera) non è possibile definirlo con certezza, troppe le varianti in gioco, anche con i dati disponibili dell’Ipcc, per sapere davvero quando il global warming raggiungerà il suo culmine ed anche se le previsioni scientifiche sono esatte.
«Incertezza e sensibilità devono andare di pari passo. Sono inestricabili – dice Gerard Roe, professore associato di scienze della terra e dello spazio dell’università americana – Utilizzare sistemi per ridurre l’incertezza nella fisica, significa ridurre l’incertezza nelle risposte nella stessa proporzione. Ma questo non spiega come funziona il cambiamento climatico».

Insomma, le variabili in campo sono troppe per avere risposte certe, e le conseguenza delle emissioni di gas serra non sono calcolabili con modelli che diano gli stessi risultati ovunque. L’unica cosa certa è che l’instabilità aumenterà e che le previsioni potrebbero essere anche troppo ottimiste. Un principio precauzionale che forse avremmo fatto tutti bene ad applicare ai biocarburanti, dando magari un po’ ascolto al vecchio Fidel Castro che lanciò per primo l’allarme, accolto come un senile dittatore che non vuole accomodarsi al banchetto della nuova energia perché denunciava l’immoralità dell’utilizzare cibo per produrre carburante, mentre centinaia di milioni di persone muoiono di fame.

Ora che quella profezia cubana arriva sulle nostre tavole natalizie con gli annunciati aumenti del panettone ci rendiamo conto che qualcosa nel ragionamento miracolistico non funziona. E c’è qualcuno al mondo che, molto più dell’Italia, in ansia per il costo di spaghetti e pane, deve preoccuparsi per l’aumento del prezzo dei cereali, interi Paesi dove questo fa la differenza tra la vita e la morte. A dirlo non è stavolta un caudillo affaticato e isolato, ma l’Onu, per bocca del suo inviato speciale per il diritto all’alimentazione Jean Ziegler (Nella foto), che mette direttamente in relazione l’aumento degli affamati nel mondo con la massiccia produzione di biocarburanti come l’etanolo (vanto del presidente brasiliano Lula) che ha aggravato il problema, riducendo le superfici agricole destinate alle colture alimentari.

In una conferenza stampa nella sede Onu di New York, Ziegler ha chiesto una moratoria di 5 anni per la produzione di biocarburanti, questo sarebbe, secondo lui, il tempo necessario perché la ricerca trovi il modo di estrarre l’etanolo dai rifiuti agricoli, essenzialmente dalle parti non commestibili dei piante come il mais o il grano. «E’ legittimo – ha detto il rappresentante dell’Onu – di voler fabbricare biocarburanti ma il risultato si sta dimostrando disastroso nell’immediato».
Secondo Ziegler, un socialdemocratico svizzero abituato a combattere contro banche e multinazionali, quello dei biocarburanti è un «crimine contro l´umanità che è commesso al momento che si converte un suolo produttivo per l’alimentazione in terra per produrre biocarburanti».

Ziegler, davanti alla terza commissione Onu sulle questioni sociali, umanitarie e culturali aveva già detto di essere profondamente preoccupato per gli effetti sul diritto all’alimentazione dei progetti di trasformare 26 milioni di ettari a produzione di bioetanolo nel quadro di un accordi Usa-Brasile. «Questo trasferimento – sottolinea Ziegler – presenta seri rischi perché può condurre ad una battaglia tra alimentazione e carburante che lascerà i poveri e gli affamati dei Paesi in via di sviluppo alla mercé di un aumento rapido dei pezzi dei prodotti di base. Il numero degli affamati aumenterà in una maniera spaventosa. Quando il presidente Da Silva del Brasile annuncia la sua intenzione di migliorare l’economia del Paese con nove iniziative coraggiose, questo è totalmente comprensibile, ma deve prendere decisioni che permettano alla gente di vivere. Il prezzo è raddoppiato in alcune regioni del mondo, il prezzo del mais è quadruplicato. Molti Paesi non sono emancipati dal punto di vista dell’alimentazione e dipendono da altri Paesi per la loro sicurezza alimentare. Questa situazione non può più durare».

Ziegler ha sottolineato che «quest’anno, in ragione dell’esplosione dei prezzi, gli Stati Uniti non potranno fornire al Programma alimentare mondiale (Pam) che la metà del volume di aiuto alimentare offerto l’anno scorso. Questo vuol dire che migliaia di bambini, di donne e di uomini moriranno di fame e malnutrizione in Africa, Asia e America latina». Ziegler ha ricordato che i profitti delle multinazionali dell’agroetanolo sono enormi e che la comunità internazionale deve reagire. Citando il contratto sociale proposto da Jean-Jacques Rousseau 250 anni fa , ha detto: «tra il debole e il forte, è la libertà che opprime è la legge che libera. Occorre imporre un diritto superiore a tutti gli altri, ed è il diritto all’alimentazione».

Jean Ziegler ha messo in causa in particolare le sovvenzioni agricole europee che permettono di inondare il mercato africano a prezzi che comportano la rovina degli agricoltori locali: «L’Unione europea crea la fame in Africa con il suo dumping agricolo». Biocarburanti, prezzi, cambiamenti climatici stanno creando i “rifugiati della fame” che tentano di raggiungere l’Europa e l’America del nord e spariscono, sconosciuti e dimenticati, in naufragi disperati e, dice Ziegler, «sono considerati come delinquenti quando arrivano a destinazione, quando hanno la fortuna di non morire in cammino».

Per l’esponente Onu, che legge i biocarburanti come paradigma di una risposta sbagliata alla globalizzazione ed alla crisi energetica, è venuto il tempo di rafforzare i meccanismi di protezione nazionale e internazionale e riaffermare concretamente «il diritto a nutrirsi. I diritti dell’uomo non sono unicamente politici e civici, ma toccano anche l’economia, il sociale e la cultura. L’Europa deve trovare una risposta diversa da quella militare per respingere la miseria alle sue frontiere. Propongo di creare un nuovo diritto dell’uomo, il diritto di accoglienza provvisoria, che protegga i rifugiati della fame».