mille euro al mese



da la stampa
Venerdì
15/2/08 


          
Mille euro al mese

TITO BOERI

In una campagna elettorale dominata sin qui solo dalla gara nel promettere tagli alle tasse, senza ovviamente spiegare come verranno finanziati, ha fatto finalmente capolino una proposta a costo zero per le casse dello Stato che può ridurre la povertà fra chi lavora nel nostro paese. Walter Veltroni ha anticipato che il programma elettorale del Partito democratico prevede l'istituzione di un «compenso minimo legale» di almeno 1000 euro «per ogni precario». Non conosciamo ancora i dettagli di questa proposta (contrariamente a quanto riportato da molti giornali, chi scrive non partecipa alla stesura del programma del Partito democratico), né perché Veltroni abbia parlato di «compenso minimo» anziché di «salario minimo», il termine comunemente utilizzato in tutti i paesi in cui questo strumento esiste. Siccome crediamo da tempo che questo istituto andrebbe introdotto anche in Italia, come in molti paesi Ocse, ci permettiamo di offrire qui alcuni suggerimenti su come meglio strutturare questo strumento.

Il salario minimo serve a proteggere le categorie maggiormente a rischio di emarginazione e sfruttamento e non rappresentate dal sindacato, come molti lavoratori con contratti flessibili e immigrati. Il salario minimo riduce il numero di working poor, di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà nonostante abbiano un lavoro, un fenomeno crescente in Italia. Bene stabilirlo in termini di paga oraria (e non mensile) affinché possa coprire anche prestazioni temporanee e part-time. Dovrebbe essere fissato per legge e riguardare tutte le prestazioni lavorative svolte nel nostro paese, inclusi i contratti a progetto. In molti paesi (ad esempio Francia, Olanda e Stati Uniti) il salario minimo viene differenziato per età in modo tale da tenere conto della minore produttività di chi non ha precedente esperienza lavorativa. Da noi forse è più utile differenziarlo per macroregioni, tenendo conto dei forti divari nel costo della vita, sulla base degli indici che l'Istat si appresta finalmente a pubblicare.

Gli effetti del salario minimo sono stati ampiamente sperimentati e studiati in altri paesi. Rimediando a una situazione in cui i datori di lavoro hanno un potere di mercato eccessivo, un salario minimo fissato a un livello non troppo alto può creare più occupazione, come avvenuto ad esempio negli Stati Uniti. L'esperienza dei paesi latino-americani ci dice che non è affatto ovvio che il salario minimo crei lavoro nero; potrebbe avvenire esattamente il contrario. Come avvenuto nel Regno Unito, che lo ha istituito dieci anni fa, bisognerebbe comunque monitorare gli effetti della sua introduzione e tenere conto di queste analisi nell'aggiustarne il livello nel corso del tempo.

Il sindacato si è sin qui opposto in Italia all'introduzione del salario minimo perché teme che tolga rilevanza alla contrattazione collettiva. In realtà il salario minimo è inferiore ai minimi fissati nei contratti collettivi e copre lavoratori tagliati fuori dalla contrattazione collettiva. Semmai il salario minimo riduce l'eccessiva interferenza della giurisprudenza nella libera contrattazione fra le parti a livello di azienda.

Veltroni ha presentato la sua proposta come strumento di contrasto al cosiddetto precariato. Perché davvero il salario minimo ottenga questo risultato è bene che la sua introduzione sia contestuale a interventi che facilitino l'ingresso dei giovani dalla porta principale del mercato del lavoro, come il contratto unico proposto anche su queste colonne con Pietro Garibaldi. Il salario minimo interviene sul livello retributivo. Il contratto unico sulla stabilità del posto di lavoro. Sono, dunque, strumenti complementari. Di dubbia efficacia, invece, gli incentivi fiscali per la conversione dei contratti flessibili in contratti a tempo indeterminato. In Spagna hanno finito per essere un regalo a quei datori di lavoro che avevano già previsto di trasformare alcuni contractos temporales in contratti a tempo indeterminato, senza effetti di rilievo nel facilitare la trasformazione di contratti temporanei in altri più stabili. Andrebbe inoltre spiegato come verrebbero finanziati questi sgravi fiscali. Il vantaggio delle proposte del salario minimo e del contratto unico è che sono a costo zero per i contribuenti. Merce rara, purtroppo, nei programmi elettorali.