alla riscoperta dell'energia geotermica



da repubblica.it
 
Roma
Fu un italiano, il principe Piero Gi-nori Conti, il primo a intuire le potenzialità della geotermia. Il 4 luglio 1904 i suoi studi trovarono finalmente una dimostrazione pratica a Larderello, in Toscana, quando con un rudimentale generatore geotermico riuscì ad accendere cinque lampadine. In poco più di un decennio il sistema fu migliorato fino a garantire a tutta la zona circostante il piccolo paese toscano 2750kW di elettricità. Per l'epoca si I SOFFIONI trattò di un'innova-
zione di grandissi-mo impatto che ri-Ginori Conti chiamò l'attenzione sull'energia e l'interesse di mez-
za Europa. Durante
ebbero una la  Prima  Guerra
Mondiale a visitare i
soffioni di Larderello arrivò persino
Marie Curie, la scienziata vincitrice
di due premi Nobel
per la fisica e la chimica,
lampadine Oggi della genia-
lità del principe si avvantaggia comune soprattutto l'Islan-
da, dove la stragrande maggioranza dell'energia consumata è prodotta dalla geotermia, in grado tra l'altro di scaldare ben l'85% delle case. Ma si tratta di geotermico di prima o seconda generazione, mentre gli esperti sono convinti che la vera svolta possa arrivare da quello di terza generazione, accessibile anche a chi non ha la fortuna di avere le speciali caratteristiche geologiche dell'isola nor-dica. Per promuoverlo in Italia è nata
un'associazione non-profìt, l'Egs-A/Aisga, che riunisce un vasto gruppo di tecnici e scienziati delle principali facoltà di scienze ed ingegneria e dei migliòri centri di ricerca impegnati sul tema. Secondo le loro proiezioni l'Italia con il geotermico di terza generazione potrebbe raggiungere a costi competitivi nel giro di una decina di anni l ' obiettivo di un contributo pari ad almeno il 10% dell'energia prodotta.
Attualmente la situazione è invece ben diversa. L'Italia, dopo l'avanguar-distico sviluppo, è rimasta a guardare. Dal 1994 al 2007 l'incremento di produzione da geotermico è stato di poco
più di 2.000 GWh e attualmente la potenza installata tra le colline metallifere della provincia di Pisa è pari a 810 MW. Dal geotermico nel 2007. sono stati prodotti complessivamente 5.569 GWh, pari a circa l'l .5% del fabbisogno nazionale, una percentuale niente affatto trascurabile di quel 15,7% di produzione elettrica da fonti rinnovabili (quasi esclusivamente idroelettrico) fatto registrare dal sistema energetico italiano nel 2007, ma molto meno di quello che si potrebbe ottenere con un'adeguata innovazione tecnolo-  _
gica.Il problema è che non siamo andati oltre il sistema convenzionale, quello che converte il calore proveniente da acquiferi ad alta temperatura (da 150 a 350 gradi centigradi) attraverso l'utilizzo di turbo-generatori.
Da tempo la ricerca, anche quella italiana, è però al lavoro per superare sia questi limiti sia quelli evidenziati dalla "geotermia di seconda generazione" introdotta negli Stati Uniti nei
primi anni '70 con la creazione, attraverso "fratturazione idraulica", di "serbatoi artificiali" per sostituire quelli naturali dei giacimenti idrotermali. A promettere di consentire il grande salto è la tecnologia Egs, sigla che sta per Enhanced Geothermal Systems, sulla quale si stanno
concentrando anche gli sforzi dell'Egs-A/Aisga. Lo stato dell'arte della ricerca italiana e le potenzialità del settore sono state al centro recentemente della prolusione del profes-sor Giovanni Barla in occasione dell'apertura dell'anno accademico del Politecnico di Torino. Il geotermico di terza generazione, ha ricordato il docente di Meccanica delle rocce, funziona posizionando «in profondità scambiatori di calore a circuito chiuso che possano consentire di fare transitare il fluido— l'acqua — che dovrà scaldarsi a sufficienza vicino la roccia calda, per giungere alle turbine o agli scambiatori posti in superficie».