Re: c'è o non c' è l'effetto serra?



Andrea, grazie mille per i tuoi link, sempre interessanti... ma questo... che razza di pezzo è?

Premessa: immagino che Giorgio Nebbia sia il Senatore di Sinistra Indipendente, noto ambientalista ed economista. Sebbene non lo conosca granchè, dubito che una persona del suo spessore possa avere (o più semplicemente trasmettere) una tale confusione su un argomento che dovrebbe conoscere fin troppo bene. Può darsi che abbia tentato di semplificare, ma non credo che abbia reso un gran servizio ai lettori.

Per questo, le considerazioni che seguono prescindono da qualunque giudizio di merito sulla persona che l'ha scritto o sulle sue competenze.

Se devo immaginare una gazzetta medievale me l'immagino esattamente con questi titoli: "C'è o no c'è la Trinità? Qualcuno sostiene di sì, qualcuno sostiene di no. Il futuro del mondo dipende dalle decisioni su questi importanti temi. Anche perchè quelli che avranno la peggio nel dibattito verranno considerati eretici e mandati al rogo".

In questo pezzo non c'è un'informazione che sia una. L'effetto serra è il processo termodinamico che consente alla Terra di poter ospitare la vita, come ci si può chiedere se esista o non esista? L'esistenza dell'effetto serra ha come testimone la Gazzetta del Mezzogiorno, che senza di esso non esisterebbe.

Ci si chiede, piuttosto, se l'effetto serra abbia avuto un drammatico incremento negli ultimi anni... e anche su questo, ci sono pochi dubbi. Il riscaldamento globale non è mica una chimera... nessuno lo mette in dubbio. Semmai si mette in dubbio la sua origine, e quindi le soluzioni da adottare: se il riscaldamento globale avesse origine antropica noi ne avremmo la responsabilità e l'onere di trovarne una soluzione; se non ha origine antropica allora è necessario verificare quanto nocivo possa essere per l'uomo e trovare eventuali contromisure.

E i due partiti sul nucleare?! Già nell'articolo emerge che non c'è una vera dialettica fra questi due partiti. Il vero problema del nucleare è che hanno ragione tutti: chi sostiene che sia costoso, pericoloso e di notevole impatto sul territorio ha assolutamente ragione, e ci sono 50 anni di ricerche ed esperienze a sostenerlo. Ma ha ragione anche chi ritiene che potrebbe essere economico (economico per i Francesi, ma non per gli Italiani, che dovrebbero comprare tutto: materie prime, tecnologie e know-how tecnico dall'estero). Ed è innegabile che in questo momento il nucleare sia l'unica fonte teoricamente in grado di sostenere l'attuale domanda energetica del mondo. La vera domanda è: a quale prezzo? E' lì che i partiti si dividono, è lì che entrano in gioco le ideologie.

In altri termini, si tratta di due problemi complessi e articolati, che nascondono domande che vanno ben oltre il fasullo interrogativo sull'esistenza dell'effetto serra.

Questo articolo mi sembra particolarmente brutto, fuorviante e soprattutto mi sembra confermare l'agonia della cultura scientifica in Italia. Francamente, al di là di chi lo scrive, mi sembra che questo pezzo non sarebbe utile nemmeno a ragazzini delle elementari... li porterebbe prematuramente fuori strada.

Se passa il concetto che esistono fazioni che si scontrano fra loro sulla base del nulla, senza alcun metodo, senza alcun riscontro, come se si trattasse di una guerra di religione, come potrà maturare una coscienza critica su questi argomenti?! E senza la coscienza critica dei cittadini, cosa ci daranno a bere in futuro? Che l'effetto serra, come Babbo Natale, non esiste?

Scusate lo sfogo,

Omar.

Il giorno 22 febbraio 2010 06.33, ANDREA AGOSTINI <lonanoda at tin.it> ha scritto:

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 9 febbraio 2010

C'è o non c'è l'effetto serra ?

Giorgio Nebbia nebbia at quipo.it

C'è o non c'è ? Mi riferisco all'"effetto serra" sulla cui esistenza si scontrano due vivaci gruppi. Un primo gruppo sostiene che esistono dei mutamenti climatici dovuti all'immissione nell'atmosfera di vari gas, principalmente anidride carbonica, ma anche metano, idrocarburi clorurati e fluorurati e alcuni altri, che sono i sottoprodotti di attività umane e soprattutto di scelte merceologiche: questo gruppo, insomma, sostiene che le attività e le scelte produttive umane compromettono il clima in futuro, ragione per cui è necessario sottoporre a revisione critica i consumi, i processi produttivi, usare le fonti energetiche e le materie prime rinnovabili, eccetera. Esiste poi un altro gruppo che sostiene che i mutamenti climatici che si stanno osservando sono occasionali, che simili mutamenti ci sono sempre stati in passato, che la concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera è cambiata più volte durante la lunga storia geologica della Terra e che non sono le attività di produzione e di consumo di energia e di merci che alterano il clima. Le ricchezze della natura, la scienza e la tecnica sono in grado di risolvere i guasti ambientali, ragione per cui non c'è bisogno di alcun mutamento nell'andamento delle economie nazionali e mondiali.

I due gruppi, a cui partecipano con uguale vigore chimici e giornalisti, fisici e storici, meteorologi e geografi, difendono le rispettive inconciliabili posizioni con ricche citazioni in stizzosi dibattiti fino a reciproche accuse su chi è pagato da chi per sostenere le sue tesi.

Al dibattito sull'effetto serra si affianca quello sull'energia nucleare, di moda da quando, dopo le ultime elezioni nazionali, il nuovo governo ha deciso di avviare un programma di costruzione di varie centrali nucleari. Uno dei due gruppi sostiene che le centrali nucleari producono elettricità costosa, con impianti che alterano il territorio, inquinano durante il funzionamento e lasciano in eredità alle generazioni future scorie radioattive quasi eterne. L'altro gruppo sostiene che l'Italia è rimasta esclusa dall'energia nucleare per colpa dello sciagurato referendum del 1987 che ne fermò l'uso, che le centrali nucleari producono elettricità a basso costo, come dimostra la Francia, che occorre elettricità a basso prezzo per far funzionare le fabbriche e rendere competitiva la produzione italiana di merci e macchinari e che le fonti solari, eoliche e simili mai potranno fornire elettricità come fanno così bene le centrali nucleari. E, infine, questo secondo gruppo sostiene che il programma nucleare governativo fa diminuire le costose importazioni di petrolio e di gas naturale che, bruciando, immettono nell'atmosfera gas con effetto serra. Ma non abbiamo appena detto che l'effetto serra non esiste ? Eppure i due partiti, quello che contesta l'effetto serra e quello che sostiene l'energia nucleare hanno vaste zone e protagonisti comuni.

Non si capisce niente. A me pare che la società contemporanea brancoli nel buio. Ci si augura che diminuiscano le importazioni di petrolio ma si guarda con preoccupazione alla disoccupazione provocata dalla chiusura di alcune raffinerie; ci si augura che diminuiscano i fumi nelle città e la congestione del traffico automobilistico, ma nello stesso tempo si incoraggia, anche grazie a incentivi statali, la produzione e la vendita di automobili che funzionano bruciando prodotti petroliferi.

Ogni giorno aumenta la massa dei rifiuti solidi (ormai 40 milioni di tonnellate all'anno quelli domestici e urbani) e anche qui si contrappongono coloro che chiedono una diminuzione dei consumi e il riciclo dei rifiuti, con quelli che vorrebbero bruciare i rifiuti negli inceneritori o seppellirli nel sottosuolo.

La vita è intessuta di contraddizioni, come aveva detto il filosofo tedesco Hegel: il compito della politica dovrebbe essere proprio il superamento o la conciliazione delle contraddizioni, ma mi sembra che ben poco venga fatto in questo senso. Ci aspettano periodi tempestosi, che possono essere superati soltanto con coraggio e lungimiranza. Quanto all'energia e all'ambiente il mio modesto pensiero è che occorra un piano nazionale, ed europeo, forse globale, ma almeno nazionale, basato su scelte che inevitabilmente sono tecniche ed economiche.

La quantità di energia che occorrerà in futuro, le fonti di energia a cui rivolgersi, l'inquinamento che ne deriverà, dipendono dalla decisione di quello che sarà prodotto per soddisfare bisogni umani, a cominciare da quelli elementari e irrinunciabili: il diritto alla casa, a muoversi e, soprattutto il diritto al lavoro. Si tratta di decidere quali case costruire per chi vive ancora nelle baracche, dove costruirle nel territorio, quali e quante automobili fabbricare, quali e quanti prodotti agricoli produrre nei campi: grano e patate, pomodori e legname, girasoli e olio di oliva.

Per attuare queste decisioni, nell'interesse pubblico, generale, può intervenire soltanto lo stato con i suoi soldi. Un privato ha interessa a costruire quartieri e alberghi di lusso per i ceti abbienti, non certo case per sfrattati e immigrati; un privato guadagna col funzionamento delle eleganti cliniche private, non spende soldi per aggiustare i corridoi e le sale operatorie degli ospedali pubblici; produrre automobili popolari e a basso consumo non rende al privato quanto costruire automobili potenti e lussuose; riciclare i rifiuti non rende quanto incenerirli e immetterli in discariche, e così via. Già oggi lo stato interviene con i suoi soldi, ma per rispondere a domande private che non risolvono i problemi né dell'occupazione, né dell'energia, né della casa per i meno abbienti.

Occorre una svolta perché dalle contraddizioni irrisolte sono travolti proprio i più deboli ed è travolto l'ambiente, con cieli fumosi, colline che franano, fogne che sporcano i mari, rubinetti che non danno acqua; ed è travolto di più il Sud.



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