dopo i referendum: come finanziare il servizio idrico



Dopo i referendum: come finanziare il servizio idrico

Simona Savini del comitato '2 Sì per l'Acqua Bene Comune' ha risposto alle
nostre domande sulle forme con cui finanziare il servizio idrico una volta
esclusi i privati dalla gestione. È questo il primo di una serie di
approfondimenti che dedicheremo alle conseguenze dei referendum sull'acqua.
di Andrea Degl'Innocenti - 16 Giugno 2011

Dopo i referendum, il comitato promotore propone nuove forme di
finanziamento del servizio idrico
La festa è finita. Ammainate le bandiere, svuotate le piazze, si spegne pian
piano l'ebbrezza per uno dei momenti più alti della nostra sgualcita
democrazia. E al pari delle piazze, si svuotano dei contenuti dei referendum
anche i notiziari e le pagine dei giornali, che travolti dall'entusiasmo
contagioso dei cittadini e dei referendari ne avevano cavalcato l'onda, ma d'ora
in avanti - c'è da giurarci - torneranno a ricondurre le tematiche dell'acqua
nell'alveo dei partiti e della politica tradizionale.
E chissà che i partiti, a loro volta, non provino a far loro questa
battaglia e proporre nuove leggi che snaturano quanto affermato dalla
cittadinanza. Noi invece, vogliamo continuare a dar voce a chi da anni
conduce le battaglie sull'acqua - non ai convertiti dell'ultimo minuto - per
capire come propongono di risolvere alcune annose criticità legate alla
gestione del servizio idrico.

In questo primo capitolo - dopo un'introduzione sul ruolo rivendicato dal
comitato nel nuovo percorso legislativo - abbiamo voluto parlare del
finanziamento, uno degli argomenti più dibattuti in campagna referendaria.
Il problema, detto in parole povere, è questo: dove trovare i soldi per
finanziare il rinnovamento delle reti idriche italiane, che perdono fino al
70 per cento della risorsa immessa e necessitano di circa 55 miliardi di
euro di investimenti?
Abbiamo visto come il sistema del full recovery cost (tutti gli investimenti
in bolletta) proposto dai fautori delle privatizzazioni abbia fallito
miseramente. Ci siamo rivolti a Simona Savini del comitato '2 Sì per l'Acqua
Bene Comune' per farci spiegare quali sono le soluzioni proposte dai
referendari.
Cosa si aspetta il comitato per il prossimo futuro e che ruolo rivendica nel
dibattito sul futuro dell'acqua?
Il messaggio che è arrivato da questi referendum è chiaro: l'acqua deve
essere tolta dal mercato e su di essa non si devono fare profitti. Ci
aspettiamo che qualsiasi decisione venga presa da qui in avanti sull'acqua
tenga conto di queste due direttive decise dalle cittadine e dai cittadini
italiani. Il comitato è intenzionato a mantenere alta la mobilitazione e l'attenzione
dell'opinione pubblica sulle tematiche dell'acqua e sul messaggio arrivato
dai referendum, di modo da non permettere che venga approvata una nuova
legge in materia che snatura il significato di questa battaglia e manipola
la volontà popolare.
Che ruolo può avere la legge di iniziativa popolare che fu proposta anni fa
da quello che allora si chiamava 'Forum italiano dei movimenti per l'acqua'?
Bisogna ripartire da lì, da quella legge di iniziativa popolare che fu
presentata nel 2008. Certo andrà aggiornata alla luce delle modifiche
normative che sono occorse in questi ultimi anni, ma il succo valoriale di
quella legge è ancora assolutamente attuale. Già lì, ben prima dell'inizio
del percorso referendario, si parlava di acqua come bene comune e di
gestione pubblica partecipata del servizio idrico.

Simona Savini del comitato '2 Sì per l'Acqua Bene Comune'
Parliamo dei finanziamenti. Ora che i privati sono stati esclusi dalla
gestione dell'acqua quali sono le ipotesi portate avanti dal comitato su
come finanziare il servizio idrico integrato?
In un convegno del 17 giugno il comitato ha esposto una proposta piuttosto
articolata delle modalità di possibile finanziamento del servizio. Del
convegno trovate vari resoconti online [il resoconto stilato dal comitato
promotore '2 Sì per l'Acqua Bene Comune' è scaricabile qui; a questo
indirizzo invece trovate una playlist con il filmato integrale della
conferenza]. Il succo comunque stava nell'annullare lo spazio per il
profitto sulla risorsa idrica e nel ricorso alla sola finanza pubblica per
il finanziamento. Questo vuol dire eliminare il potere delle banche e degli
enti di diritto privato.
E allora chi può finanziare il servizio?
Potranno accedere soltanto enti di finanziamento pubblico, il che significa
che neppure le s.p.a. al 100 per cento pubbliche saranno ammesse, visto che
una società per azioni è comunque un ente di diritto privato. C'è la Cassa
Depositi e Prestiti, ci sono i titoli statali come i bot e i cct. Insomma si
andrebbe a creare un fondo cassa pubblico finanziato dagli investimenti dei
cittadini. Poi ci sono altri strumenti validi come il prestito irredimibile.
Ad ogni modo è prevista una grande assemblea a fine giugno o inizio luglio,
aperta a tutti, in cui discuteremo nel dettaglio, tutti insieme come abbiamo
sempre fatto, gli strumenti più efficaci di finanziamento del nuovo servizio
idrico integrato.