Re: monti e il liberalismo. Senza alternative?



Caro Lorenzo, che di capitalismi ce ne sia uno solo è vero in senso storico, ma il sistema di produzione cambia e anche il volto del capitalismo non è sempre uguale; quello degli anni 50 e 60 aveva bisogno di consumatori e il welfare fu strumento ottimo per generarli. Oggi non so nemmeno se è possibile parlare di capitalismo perché vedo elementi neofeudali in certi comportamenti del potere. Non so se condividete queste impressioni.
Quello che invece mi pare più costante è il comportamento della chiesa cattolica, cosa profondamente diversa dal cristianesimo. E' da oltre un millennio e mezzo che è soprattutto strumento e soggetto di potere; io mi sono meravigliato di più del concilio Vaticano II che non di Bagnasco.
Un saluto
T

Il 22/11/2011 12:00, Lorenzo Dellacorte ha scritto:
Non esiste un iperliberalismo o un cattivo liberismo, esiste iun solo ed unico liberismo o capitalismo, ed i fatti di questi giorni lo testimoniano. L'impotenza della sinistra, compreso Vendola, dipende dal fatto che una volta accettato il modo di produzione capitalista nè derivano matematicamente tutte le conseguenze. Il capitale finanziario e non "pretende" di incassare i suoi profitti a tutti i costi, e prima di rischiare di svalorizzarsi cerca a tutti i costi di aumentare al massimo il saggio del profitto e se questo non basta, di "rapinare direttamente" la ricchezza dei popoli, mediante prelievi forzosi. Una volta si passava direttamente alla distruzione di beni e persone mediante lo strumento della guerra per ripartire da zero, oggi si preferisce fare una "guerra bianca" a rate, in modo che nessuno se "accorga", ma le vittime si contano a milioni, per fame nei paesi più poveri, per mala sanità, per incidenti sul lavoro, per aumento dell'età lavorativa, per cattiva qualità del cibo, dell'ambiente, per nuove malattie, e distruzione di valore dei beni con le varie tipologie di rottamazioni e di riduzione di valore a seguito di leggi come per le case, ecc, ecc. E' certo che la rinuncia da parte della sinistra a contrastare il capitalismo ma l'illusione di poterlo "pilotare" ha consentito il formarsi di una massa tale di capitale che è esuberante rispetto alla possibilità che l'economia sottostante riesca a produrre profitti sufficienti in modo "normale" e con la conseguente capacità da parte dei circoli finanziari più rilevanti di esercitare un reale controllo sui governi e sugli stati oramai "prigionieri" del circuito banche-istituzioni finanziarie. Le proposte avanzate dai vari Monti-banche-pensiero aggravano la situazione perchè tendono ad accrescere il capitale che deve essere remunerato ed a ridurre la base produttiva incrementando le produttività ed espellendo dal lavoro milioni di persone. Solo un movimento globale di massa appoggiato da circoli militari può disinnercare questa discesa verso l'abisso. Certo dispiace ed imbarazza che in momenti come questi la Dottrina sociale della chiesa e diverse prese di posizioni di Benedetto XVI e dello stesso Bagnasco sui principi non negoziabili della vita vengano calpestati senza rigaurdo da persone che hanno il coraggio di chiamarsi pubblicamente cattoliche: altro che equità: mettere mano alle pensione, colpire la casa in cui si abita e togliere le detrazioni dal reddito, aumentare l'IVA sono tutte misure che colpiscono le famiglie!

Da: ANDREA AGOSTINI <lonanoda at tin.it>
A: economia <economia at peacelink.it>
Inviato: Martedì 22 Novembre 2011 6:46
Oggetto: monti e il liberalismo. Senza alternative?

Monti (e il liberismo) senza alternativa?
Data di pubblicazione: 18.11.2011

Autore: Farulli, Alessandro

Il nodo: dov’è la possibile politica alternativa? Credibile perché efficace e perché condivisa da un’adeguata maggioranza? C’è molto da lavorare, e l’ecologia non basta. Greenreport quotidiano online, 17 novembre 2011

C'era un'alternativa al governo Monti? E' questa la domanda a cui vorremmo, o meglio avremmo voluto, dare una risposta. Ma se il centrosinistra ha preferito non andare alle elezioni subito e la sinistra di Vendola si è limitata a dire di non condividere il discorso del neo premier, abbiamo la netta impressione che la risposta sia no. Dunque che fare? Dalle parole di Monti si possono certo capire diverse cose, ma saranno i fatti a dimostrare in che modo vorrà portare il Paese fuori dalla crisi.

Difficile non essere d'accordo quando afferma che «Bisogna superare il principio dell'Italia 'anello debole' e riprendere a "pieno titolo" l'elaborazione del progetto europeo». Oppure che «La distribuzione dei "sacrifici sarà equa. E tanto maggiore sarà l'equità della loro distribuzione tanto maggiore sarà la loro condivisione». Come del resto la lotta all'evasione e pure l'Ici, se reintrodotta sul modello di Prodi del 2006 potrebbe avere anche una ragione d'essere.

Impossibile non condividere poi frasi e concetti del tipo: «L'Italia ha bisogno di investire nei suoi talenti, nei giovani. Essere orgogliosa e non trasformarsi in una entità di cui i suoi talenti non sono orgogliosi». Le chiacchiere tuttavia ora stanno a zero, bisogna vedere i fatti e lo stesso Monti oggi alla Camera ha detto: «Noi siamo qui con un atteggiamento di umiltà, di servizio e di sollecitazione al contributo attivo e anche critico di tutti. Qui oggi non vi chiedo una fiducia cieca, ma una fiducia non cieca: vigilante».

Metter mano alle pensioni è questione che ci lascia perplessi. Ci lasciano perplessi anche i legami evidenti con la gerarchia vaticana e con certe lobby e logge. E continuiamo, saremmo certamente limitati noi, a non capire che cosa significhi che «Il mercato del lavoro dove alcuni fin troppo tutelati, mentre altri sono privi di tutele» deve essere riformato per avere un «sistema più equo».

Ci hanno sempre detto che il sistema pensionistico è quello che sostiene le famiglie in questa fase di enorme difficoltà che vede i giovani non trovare posti di lavoro e i 40-50enni perderlo. Certo i conti dello stato devono essere rimessi in ordine, ma la cura non può essere peggiore della malattia, come sta drammaticamente dimostrando il caso greco.

Anche le nostre però, sono chiacchiere, inoltre è chiaro che Monti esegue sic et simpliciter quello che la Bce ci chiede. La speranza è che cerchi di farlo nel modo più "equo e sostenibile" possibile, ma questo è. E soprattutto non dimentichiamoci che l'alternativa era il prolungamento dell'oscena agonia del governo Berlusconi . Complotti internazionali o no, commissariamenti economico-politico-finanziari o meno, la realtà ribadiamo è questa.
Quanto durerà? Se l'asso nella manica lo ha ancora il centrodestra, avrà vita dura, difficile pensare però che con il fiato corto che l'Italia ha sui mercati - deus ex machina di tutto lo sconvolgimento - possano giochicchiare al gatto col topo. Il berlusconismo ha dimostrato fiato corto davanti ad una crisi che ha spazzato via l'ottimismo da bar ed il "miracolo italiano " promesso e mai avvenuto, una deriva avventuristica del Pdl porterebbe probabilmente ad una sua anticipata frammentazione ed implosione. Berlusconi avrebbe voluto essere il salvatore della Patria, difficilmente gli verrebbe perdonata la trasformazione di becchino di un governo sicuramente liberista.

La paura è che questioni per noi fondamentali come il metter mano al dissesto idrogeologico; il piano energetico; gli incentivi per le energie rinnovabili e la materia rinnovabile sottoforma di un rilancio in pompa magna del riciclo possano trovare un posto d'onore nell'agenda di super Mario. Lo speriamo, ma siamo francamente pessimisti, soprattutto dopo le strampalate uscite del neo-ministro dell'ambiente Clini, un superburocrate andato ad "Un giorno da pecora" a fare la figura di uno Scilipoti qualsiasi.

Se dunque dobbiamo bere l'amaro calice per ripulirci l'intestino ed il cervello dalle malefatte del precedente governo, bisogna che l'opposizione sfrutti questo tempo (quello che ci divide dalle prossime elezioni) per uscire da queste logiche. Non diciamo neppure più di uscire dalle logiche del capitalismo, perché ci pare troppo in questa fase, ma almeno per contrastare le sue storture iperliberiste che ormai sono più delle ragionevolezze.

E per far questo ci vuole -non è un paradosso - credere di più nell'Ue. In un'Unione Europea che sposi quella virtuosa linea della commissione (l'unica in campo ancorché assai migliorabile) che perlomeno individua lo sviluppo economico nell'economia ecologica. Un programma elettorale quindi come minimo di respiro europeo e con ovviamente specificità italiane. Che proponga ad esempio la "no fly zone" dell'economia finanziaria sulle commodities, specialmente quelle alimentari.

E contemporaneamente rilanci l'industria e la manifattura made in italy e soprattutto sostenibile capace di dare risposte innovative alle emergenze ambientali dei Paesi asiatici. Esempi di sviluppo economico vero che necessitano di maggior investimenti nella scuola e nella cultura in generale. Un Paese davvero moderno che abbia chiaro che questa crisi è sistemica e che bisogna cambiare modello, altrimenti arriveremo esattamente dove siamo diretti...



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