Professori: al lavoro!



Non era un pesce d’aprile.

Dal 1 aprile l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG), ha davvero aumentato la tariffa elettrica del 5,8% e quella del gas dell’1,8%. Motivo? L’aumento dell’elettricità, scrive l’AEEG “deriva sostanzialmente dagli incrementi del petrolio”.

Eppure il giorno dopo la stampa è stata invasa da annunci di taglio degli incentivi alle rinnovabili. Nessun ministro pare abbia pronunciato parole indirizzate a come eliminare l’effetto petrolio, pare che nell’immaginario collettivo non ci sia soluzione, il che significa che le bollette continueranno a crescere comunque, pure se si azzerasse il conto energia perché di calo del prezzo del petrolio non se ne vede l’ombra.

Tanto per capirci non è che col petrolio si faccia molta corrente, anzi non se ne fa proprio (a parte l’eccezionale gelo di inizio febbraio che ha causato un calo di import di gas e fatto riaccendere qualche centrale a olio combustibile). E’ il gas il re della generazione elettrica in Italia (un re minacciato), solo che costa il 30% in più che oltre confine ed il suo prezzo nei contratti di lunga scadenza è ancorato a quello del greggio.

Ma nessuno in questi giorni ha parlato di come ridurre il gap: dopo gli annunci dello scorporo di Snam da Eni, nulla di nuovo anche perché il progetto durerà un paio d’anni. Si parla solo di come ridurre il danno tagliando la voce rinnovabili che casualmente ha ridotto i consumi di gas di due miliardi di metri cubi nel 2011. Che tristezza! Sì perché meno consumi di gas significano meno centrali termoelettriche che funzionano e il nostro obiettivo è più centrali fossili al lavoro. No non è una battuta, il mercato elettrico sta vivendo un dramma: “il mercato” ha fatto costruire cicli combinati a go go, le rinnovabili irrise fino a un paio d’anni fa sono cresciute come l’albero di fagioli della favola e ora va fermato perché ha ridotto l’uso delle centrali convenzionali,   modificato i prezzi orari in borsa, annullato progetti per nuove centrali. Le grosse imprese fremono: il loro mondo vacilla: il solare non si controlla in maniera accentrata.

Ma per cosa si costruiscono impianti a fonti rinnovabili? Per ridurre l’uso di quelle fossili visto che emettono CO2 e molte altre schifezze di cui non si parla mai e perché in l’Italia non è l’Arabia Saudita e anche scavando ovunque molto difficilmente diverrà autosufficiente. Perché ora scandalizzarsi se questo sta accadendo?

A cosa serve a questo nostro martoriato Paese? Mentre si discute di articolo 18 ci si rende conto che col tasso di crescita medio del periodo pre crisi 2000-2007 torneremo all’intensità occupazionale del 2007 (eufemismo per dire che recupereremo i posti di lavoro persi) solo nel 2020? E se il tasso sarà più basso ci arriveremo solo nel 2030 !

Volgiamo per una volta provare a giocare in attacco anziché in difesa per dare un futuro ai nostri figli?

Il costo dei fossili ci sta uccidendo non quello delle rinnovabili. Se analizziamo le importazioni energetiche per valori medi unitari e volumi scopriamo che a gennaio 2012 la crescita tendenziale di energia della nostra economia è completamente determinata dall’incremento dei prezzi internazionali dei prodotti energetici: negli ultimi dodici mesi i valori medi unitari dell’import di energia sono saliti del 22,7% mentre i volumi sono scesi dell’8,8% ! (dati Confartigianato)

Questo è il problema. E chi inneggia alla crescita sappia che se non ci togliamo questo cappio non ci sarà mai.

Uscire dal tunnel delle fonti fossili è l’unica strada da praticare con decisione e la strategia deve essere fatta di rinnovabili ed efficienza.

Certo, dal 1 maggio l’elettricità crescerà ancora e questa volta sarà tutta colpa degli incentivi al fotovoltaico. Nessuno nega che siano stati fatti errori negli ultimi anni, anzi è difficile trovare chi sostenga il contrario anche se nessun parlamentare che ha votato il decreto Alcoa mi pare abbia fatto ammenda. Il danno è stato fatto, fa sorridere chi oggi scrive di voler  evitare speculazioni; non  se ne fanno più, la stagione è finita, possiamo chiudere il recinto ma i maiali sono scappati.

Oggi va utilizzata l’intelligenza in primis per utilizzare al meglio l’energia che le rinnovabili già producono, quindi via libera senza esitazioni a batterie e sistemi di accumulo anche se non piacciono ai produttori. Via libera a misure che continuino a sostenere gli impianti sui tetti e gli impianti innovativi (basta soldi a pannelli di scarso rendimento). Sostegno alla ricerca e alla valorizzazione della ricchezza che abbiamo creato perché come giustamente sottolineava Starace (a.d. di Enel Green Power) in un convegno a febbraio in Senato, 400 mila impianti FV “sono un patrimonio di conoscenze enormi”, “quello che è successo in Italia succederà altrove”, dobbiamo fare in modo di sfruttare tutta questa conoscenza.

E via libera finalmente al sostegno delle rinnovabili termiche, cenerentole del sistema.

Ma rimane la domanda: come ridurre subito, non fra due anni, il peso delle bollette elettriche sulle famiglie italiane che non arrivano più a fine mese? Beh, il signor Ortis, precedente presidente dell’AEEG, scriveva la governo nel 2009 con diverse proposte per ridurre gli oneri di sistema spostandoli “in tutto o in parte dalla bolletta energetica alla fiscalità generale”.

Iniziando con l’eliminare oneri che non centrano nulla con l’energia, come i 135 milioni di euro annui che le finanziarie Tremonti hanno inventato introducendo sulle bollette elettriche un prelievo di tipo fiscale: le bollette non devono essere delle tasse.

Lo scriveva anche questo Ortis con belle parole: “depurare la bolletta elettrica pagata da famiglie e imprese italiane, da oneri di tipo improprio”.

E ancora, smettendo di far pagare l’IVA sugli oneri di sistema: “eliminare la singolarità dell’attuale fiscalità energetica per cui oneri di sistema, che sono un prelievo obbligatorio sostanzialmente riconducibile a una tassa, contribuiscono a loro volta alla base imponibile per il calcolo  dell’IVA”.

Infine Ortis ammoniva a controllare la spesa del conto energia e ad eliminare quella relativa ai famosi Cip6 (inceneritori e assimilabili).

Dal 2009 tutto questo è rimasto lettera morta, viene da chiedersi chi si prende la briga di leggere le relazioni dell’AEEG, ben pochi uomini di governo visto che oggi sulla stampa compare l’invito ministeriale a “creare un tavolo tecnico per capire come sono costituite le tariffe dell’energia”.

Ottimo, è davvero ora che il governo approfondisca l’argomento su cui deve operare: professori al lavoro!

Strategia energetica cercasi.

 

 

 

Roberto Meregalli

roberto at beati.org

www.martinbuber.eu

3 aprile 2012

 

 

P.S:

Qualcuno si è chiesto cosa succede all’estero?

In Germania l’elettricità non costa più che da noi eppure nel 2010 sono stati spesi 13 miliardi di euro in incentivi alle rinnovabili (lo ha ricordato Orlandi, a.d. di Sorgenia alla presentazione del Rapporto di Legambiente sui comuni rinnovabili il 29 marzo).

La Francia, che ha sviluppato le rinnovabili molto meno di noi, spende comunque 7 miliardi di euro l’anno (parola di Henri Proglio, a.d. di EDF, quotidianoenergia.it 15 marzo 2012).

In Spagna le tariffe elettriche sono state tenute basse in passato creando però un deficit di 24 miliardi di euro che ora il governo sta tentando di arginare iniziando a recuperarne 3,1 da consumatori e imprese (Enel in borsa sta continuando il suo calvario anche a causa dei minor ricavi previsti da Endesa).