[Economia] Kyoto, l’Italia ha comprato quote dalla Polonia ma non lo sa nessuno - Linkiesta



Kyoto, l’Italia ha comprato quote dalla Polonia ma non lo sa nessuno
http://www.linkiesta.it/it/article/2015/11/28/kyoto-litalia-ha-comprato-quote-dalla-polonia-ma-non-lo-sa-nessuno/28380/

A Varsavia il ministro dell’Ambiente Galletti ha speso circa 4 milioni di euro per acquistare poco più di 20 Mt di CO2. Per gli accordi europei non abbiamo centrato gli obiettivi di Kyoto. Anche se nella sostanza siamo stati fregati
28 Novembre 2015 - 14:30

Lo scorso 5 ottobre a Varsavia il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha firmato un accordo con il suo omologo polacco Maciej Grabowski: l’acquisto di poco più di 20 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, per 20 milioni di zlot, ossia 4,7 milioni di euro. Il motivo? L’Italia non ha raggiunto - almeno formalmente - gli obiettivi del Protocollo di Kyoto e se non avesse acquistato le quote che le mancavano entro il 18 novembre, sarebbe incorsa in una serie di penalizzazioni, compresa una procedura di infrazione.

La notizia sui giornali italiani non è comparsa. Né ce n’è traccia sul sito del ministero dell’Ambiente, che pure il 5 ottobre riportava tre comunicati stampa e che viaggia sui 60 comunicati al mese. Si trova però sul sito di settore Carbon Pulse, su quello del Consolato polacco a Napoli e su altri siti polacchi. Si scopre, tra le altre cose, che la Polonia utilizzerà i soldi dalla vendita delle Assigned Amount Units (AAUs) di CO2 all’Italia per progetti di modernizzazione energetica sviluppati nelle scuole polacche.

Parlando alla Camera per presentare l’impegno dell’Italia alla conferenza Cop21 di Parigi, il 26 novembre, Galletti ha preferito sorvolare. «Per quanto riguarda il nostro impegno a livello nazionale ed europeo, come sapete, l’Italia ha già raggiunto l’obiettivo previsto dal Protocollo di Kyoto (impegno nazionale di riduzione del 6,5% nel periodo 2008-2012)», ha detto.

Tecnicamente era ineccepibile, perché con l’acquisto delle quote, e il conseguente aggiornamento della voce “retirement accountsul sito dell’Unfccc (la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici) l’Italia non ha più conti in sospeso. Se però entro la mezzanotte del 18 novembre non avesse effettuato l’acquisto, sarebbe scaduto il cosiddetto “True-up period” (periodo di allineamento) e sarebbero scattate le azioni dell’‘enforcement branch” del “Comitato compliance” della Convenzione.

Avrebbe sospeso l’Italia dalla possibilità di negoziare in futuro le unità di CO2 e avrebbe conteggiato le tonnellate di CO2 mancanti, aumentate del 30%, facendole pesare sugli obiettivi del periodo successivo (2013-2020). Inoltre, poiché il Protocollo è stato sottoscritto anche dalla Comunità Europea, qualora l’Italia non avesse il proprio obiettivo di riduzione sarebbe stata oggetto di una procedura di infrazione per mancato adempimento di obblighi comunitari. A scriverlo, il 10 aprile 2015, era stato il ministero dell’Ambiente in un allegato al Def. Nello stesso documento si chiedeva di poter «acquistare [quote Aau] sul mercato internazionale del carbonio per “colmare” la distanza pari a 23,41 MtCO2eq».

La polemica se l’Italia avesse o meno raggiunto gli obiettivi di Kyoto non ha riguardato, però, in prima battuta il ministero dell’Ambiente. A fronteggiarsi erano stati da una parte la Fondazione per lo sviluppo sostenibile (guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi) e dall’altra l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Con la prima che parlava di obiettivi centrati ed emissioni di CO2 ridotte del 7% nel quinquiennio 2008-2012 (contro un obiettivo del 6,5%) e la seconda che fermava la riduzione al 4,6 per cento. I giornali hanno pubblicato di volta in volta l’una o l’altra versione. Una delle poche riflessioni critiche è stata fatta sul’autorevole blog scientifico di Antonio Cianciullo, su Repubblica, che ha ricostruito i fatti e ospitato le polemiche tra responsabili di Ispra e Fondazione sviluppo sostenibile.

Dove sta la verità? In questa tabella (fonte ministero Ambiente):

L’Italia ha davvero ridotto le emissioni di CO2 a una media del 7% nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990. Ma le emissioni dei grandi impianti (Ets) per gli accordi europei sono state conteggiate in maniera fissa (201,72 Mt CO2 eq). Quindi, anche se nel frattempo (anche a causa della crisi) le emissioni si erano fermate a 179 Mt, ai fini dei conteggi ufficiali questo non contava. Compensando un po’ con la riforestazione e la gestione forestale, il saldo negativo è stato limitato, a poco di più di 4 Mt CO2 equivalente all’anno, per cinque anni. Di certo il sistema ha penalizzato il nostro Paese e chi ha negoziato l’accordo europeo non ha messo in conto l’effetto che avrebbe potuto avere una crisi economica sulle emissioni di un Paese manifatturiero come il nostro.

Emissioni CO2

L’Italia non è certo l’unico Paese ad avere dovuto acquistare le Aau: le tonnellate scambiate in tutte le negoziazioni sono state pari a 46 miliardi, il Giappone ne ha fatto incetta e molti Paesi dell’ex blocco sovietico erano pieni di quote da vendere perché l’attività dell’industria pesante era nel frattempo precipitata. Alcuni Paesi dell’Europa occidentale, dice Carbon Pulse, hanno a volte comprato le quote in maniera opaca, tramite fondi gestiti da organizzazioni internazionali. Negoziazioni di questo tipo, dice ancora il sito specializzato, sono costate il posto a ministri in Slovacchia e all’ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko l’incarcerazione nel 2010. Non è questo il caso dell’Italia, ma il fatto di essere l’unico grande Paese europeo, assieme alla Spagna, a non aver centrato gli obiettivi - formali - di Kyoto non si poteva dire.