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in città si muore d'ariaIl dossier sarà presentato oggi a Venezia: i più esposti sono gli anziani, ma rischiano anche i giovani



da ecodallecitta.it
mercoledi 22 dicembre 2004

In città si muore d'aria

Gli ultimi dati sul rapporto tra inquinamento atmosferico e salute in Italia

Il 14 dicembre 2004

presso la sala Conferenze del centro culturale Candiani di Mestre, piazzale
Candiani 7 alle ore 16.00 verranno presentati i risultati di MISA-2, il
più ampio e aggiornato studio degli effetti dell'inquinamento atmosferico
sulla mortalità e i ricoveri ospedalieri in 15 grandi città italiane
(seguiranno presentazioni nelle città di Milano, Torino, Napoli, Genova e
Palermo)

Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il
risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli
effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e
Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di
abitanti).
Lo studio italiano MISA-2, coordinato da Annibale Biggeri, Università di
Firenze, Pierantonio Bellini,Università di Padova e Benedetto Terracini,
Università di Torino, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei
quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili.
Un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato
il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari
e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e
respiratorie) attribuibili all'inquinamento atmosferico. Si è visto così che
nel periodo in studio il PM10 (la componente dell'inquinamento atmosferico
costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato
circa 900 decessi in più all'anno.
Anche gli inquinanti gassosi (biossido d'azoto, NO2 e monossido di carbonio,
CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa
2.000 morti in più attribuibili all'NO2 e 1.900 morti attribuibili al CO.
Rispetto all'anidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta si
registra un dato positivo. La riduzione dell'uso del gasolio negli impianti
di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la concentrazione
di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si è assestata al
di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3).
"Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di
queste stime" dice Benedetto Terracini, direttore di
Epidemiologia&Prevenzione, uno dei coordinatori del MISA-2. "A rigore,
infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più
complesso, l'inquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove c'è
un contaminante, spesso c'è anche l'altro) cosicché è impossibile scinderne
gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli
da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli
effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma
non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti: l
'inquinamento va ridotto nel suo complesso".
I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che l'effetto
negativo dell'inquinamento atmosferico si limiti all'anticipazione di pochi
giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi. MISA-2 mostra un
eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della
semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque. L'
aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni
successivi al picco di inquinamento e, come era prevedibile, l'impatto più
forte riguarda la mortalità per cause respiratorie.
Di inquinamento, dunque, si continua a morire. E per la prima volta in
Italia sono stati studiati anche gli effetti dell'aria di città sulle fasce
estreme di età (neonati e ultraottantacinquenni). La relazione tra
concentrazioni degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri è
risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i
soggetti con più di 85 anni, e, per NO2 e CO, per i neonati fino a 24 mesi.
Ciò non significa che gli effetti deleteri dell'inquinamento riguardino solo
un sottoinsieme della popolazione, perché sono stati osservati rischi anche
in quelle fasce giovani-adulte che si ritenevano meno suscettibili. Con una
differenza, comunque: mentre nei più anziani l'inquinamento può uccidere,
perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato, nei più piccoli
gli effetti si manifestano appieno solo a lungo termine, con la comparsa di
ulteriori malattie."Ecco perché", come auspica Biggeri, "gli effetti cronici
degli inquinanti, andrebbero investigati con studi ad hoc, che oggi mancano
del tutto".
Per la prima volta in Italia, lo studio MISA-2 ha potuto misurato
direttamente gli effetti del PM10 presente nell'aria delle nostre città.
"Negli studi precedenti si è misurato il particolato totale da cui si
riusciva solo a inferire, grazie all'utilizzo di fattori di conversione, la
concentrazione delle particelle con diametro inferiore ai dieci micron.
Nello studio odierno siamo stati per la prima volta in grado di misurare
direttamente la concentrazione delle particelle PM10" spiega Biggeri. "E
abbiamo così potuto confermare che, tra le 15 città esaminate, quattro
(Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3,
sono quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 come media annuale
stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni".
A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia
il limite previsto dall'Unione europea (Direttiva UE 1999/30/CE, Direttiva
UE 2002/3/CE) fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare
tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400).
Ma non basta: MISA-2 offre un'altra indicazione importante. I risultati
mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO,
infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò,
di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse
ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore
mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui.
MISA-2 mostra anche che l'impatto sanitario dell'inquinamento varia da città
a città. Il carico di morti e ricoveri è maggiore nelle sedi in cui il
traffico veicolare (specialmente da veicoli diesel) rappresenta la sorgente
principale di particelle sospese (informazione che i ricercatori desumono
dal calcolo del rapporto tra NO2/PM10).
Inoltre, in estate tutti gli inquinanti risultano più dannosi. Perché?
"Difficile dirlo con certezza. Questo fenomeno è stato rilevato in tutti gli
studi americani ed europei sull'inquinamento atmosferico. E' possibile che
la temperatura elevata renda i singoli composti chimici più pericolosi e che
d'estate nelle città rimangano le persone più deboli: anziani e malati.
Infine, non va trascurato che tenendo le finestre aperte, ci si espone più a
lungo agli inquinanti atmosferici esterni".
Suggerimenti? "C'è solo una direzione sensata in cui muoversi" conclude
Lorenzo Simonato, dell'Università di Padova. "Occorre diminuire
drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della
mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre
allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga
conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra
inquinanti e salute: non c'è ancora, infatti, una sinergia di intenti tra
tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla
salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre
ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della
miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato
identificato, e non è nemmeno detto che sia uno". Va aggiunto infatti che il
particolato è di per sé costituito di una miscela di composti azotati e
solfatati, oltre a contenere residui carboniosi, metalli e idrocarburi
policiclici: questo spiega la correlazione rilevata tra inquinanti diversi e
complica ulteriormente le possibilità di identificare l'effetto
preponderante di un singolo componente.

SCHEDA MISA-2

Lo studio MISA-2 è stato condotto grazie ai finanziamenti del Ministero
della salute e del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica.
Il progetto è stato realizzato dalle numerose istituzioni (Università,
Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, Aziende sanitarie e
ospedaliere, Regioni e Comuni...), che hanno partecipato mettendo a
disposizione le risorse umane e materiali indispensabili alla sua
esecuzione.
Il MISA-2 è un ampliamento dello studio MISA-1, pubblicato su Epidemiologia
& Prevenzione nel 2001, che aveva valutato l'impatto dell'inquinamento
atmosferico in 8 città italiane nel corso degli anni Novanta.
Il MISA-2 ha ampliato a 15 il numero delle città (Bologna, Catania, Firenze,
Genova, Mestre-Venezia, Milano, Napoli, Palermo, Pisa, Ravenna, Roma,
Taranto, Torino, Trieste, Verona) e ha analizzato le serie giornaliere degli
anni 1996-2002. Questa volta sono ben rappresentate anche le città del Sud
(nel MISA-1 era compresa solo Palermo). Sono coperti dall'indagine 9.100.000
abitanti (censimento 2001). Sono stati analizzati 362.254 decessi e 794.528
ricoveri non programmati.
Raccolta dei dati
Rispetto allo studio precedente, si sono analizzati i dati provenienti da
una rete di centraline che, grazie ad un'accurata selezione, riflette
maggiormente la reale esposizione della popolazione agli inquinanti.
A differenza dello studio precedente, MISA-2 dispone di misure dirette del
PM10 per quasi tutte le città analizzate per almeno un triennio (mediamente
4.3 anni).
Per quanto riguarda la raccolta dei dati sanitari, si rileva un
miglioramento della completezza e accuratezza delle schede di dimissione
ospedaliera (SDO) con una diminuzione degli errori dal 20% al 5%.
Da lungo tempo è stato invece raggiunto un buon livello di omogeneità delle
statistiche di mortalità.

SINTESI DELLO STUDIO
Introduzione. La metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve
termine dell'inquinamento atmosferico per il periodo 1996-2002 (MISA-2) è
uno studio pianificato su 15 città italiane, tra i principali centri urbani
del paese per un totale di 9 milioni e centomila abitanti al censimento
2001.
Dati sugli esiti sanitari. E' stata considerata la mortalità per tutte le
cause naturali (362254 decessi), per cause respiratorie (22317) e per cause
cardiovascolari (146830) raccolta tramite i Registri di Mortalità regionali
o delle Aziende sanitarie, ed i ricoveri ospedalieri non programmati per
cause respiratorie (278028 ricoveri), cardiache (455540) e cerebrovascolari
(60960) selezionati tramite una procedura uniforme a partire dagli archivi
regionali o delle aziende ospedaliere (le percentuali di esclusioni
oscillano sul totale dei ricoveri dal 45% all'82%). Per ogni città si hanno
in media serie giornaliere di 4.3 anni, con un minimo di tre anni
consecutivi.
Dati sugli inquinanti. Le serie delle concentrazioni giornaliere degli
inquinanti (SO2, NO2, CO, PM10, O3) provengono dalle reti di monitoraggio
della qualità dell'aria urbana delle Agenzie regionali per la protezione
ambientale, dalle Province o dai Comuni interessati. La selezione dei
monitor è stata condotta da un gruppo di lavoro comprendente i responsabili
delle reti secondo criteri di rappresentatività dell'esposizione della
popolazione generale a ogni specifico inquinante, privilegiando stazioni di
monitoraggio non a bordo di strade a elevato traffico; garantendo un numero
di centraline per ogni città ed inquinante intorno a 3-4 e considerando la
continuità delle misurazioni nel periodo considerato (almeno il 75% di dati
orari validi). Nella costruzione della serie giornaliera si è mediato sulle
centraline selezionate e si sono imputati i valori mancanti assumendo la
proporzionalità tra centraline dei valori di concentrazione. La mediana dei
coefficienti di correlazione di Pearson tra coppie di monitor è 0.62 e il
range interquartile 0.42-0.77.
Metodi statistici. Per ogni città è stato adattato un modello lineare
generalizzato sulla frequenza giornaliere degli eventi sanitari in studio. L
'effetto degli inquinanti è stato specificato come lineare e come modelli
bi-pollutant sono stati considerati PM10+NO2 e PM10+O3 . La temperatura è
stata modellata in modo parametrico con punto di svolta a ventuno gradi e
con effetti ritardati. Umidità, giorno della settimana, festività nazionali
ed epidemie influenzali (definite usando i dati del sistema nazionale di
sorveglianza dal 1999 in poi) sono gli altri confondenti nel modello. Una
spline cubica naturale specifica per classe di età è stata introdotta sulla
stagionalità con mediamente 5 gradi di libertà per anno per la mortalità e 7
per i ricoveri. Il modello base è stratificato per classi di età (0-64,
65-74, 75+ anni). Sono stati adattati modelli specifici per genere, età,
stagione. Cinque analisi di sensibilità sono state condotte usando modelli
additivi generalizzati, variando i gradi di libertà delle spline,
specificando funzioni non parametriche sulla temperatura. Sono stati
adattati modelli a ritardi distribuiti vincolati per studiare l'eventuale
effetto di anticipazione del decesso. La metanalisi è stata condotta a
partire dai risultati città-specifici. E' stato usato un modello gerarchico
bayesiano ad effetti casuali. Quattro diversi modelli sono stati usati per l
'analisi di sensibilità, assegnando peso diverso all'eterogeneità tra città
ed adattando un modello robusto ad eventuali outlier. E' stata eseguita una
meta-regressione bayesiana sul modello base, bi-pollutant e specifico per
stagione. Le stime dei decessi attribuibili sono state eseguite usando un
metodo MonteCarlo a partire dalle distribuzioni degli effetti, degli
inquinanti e della mortalità generale. Sono stati usati quattordici scenari
per il PM10 e dieci per NO2 e CO, usando stime meta-analitiche e città
specifiche a posteriori.
Risultati. Gli effetti degli inquinanti sono espressi come variazioni
percentuali di mortalità o ricovero ospedaliero per incrementi di 10 m g/m3
per SO2 NO2 e PM10, e di 1 mg/m3 per il CO.
Si è osservato un aumento della mortalità giornaliera per tutte le cause
naturali collegato ad incrementi della concentrazione degli inquinanti
atmosferici studiati (in particolare NO2 0.6% 95%ICr 0.3,0.9; CO 1.2%
0.6,1.7 ; PM10 0.31% -0.2,0.7). Tale rilievo riguarda anche la mortalità per
cause cardiorespiratorie e la ricoverabilità per malattie cardiache e
respiratorie. Non vi sono differenze per genere. Vi è una debole evidenza
che vi siano effetti maggiori nelle classi di età estreme (tra 0-24 mesi e
sopra gli 85 anni; per la mortalità per tutte le cause PM10 0.39% ICr95%
0.0,0.8). Vi è una forte evidenza che, per ciascuno degli inquinanti, le
variazioni percentuali di mortalità e ricoveri ospedalieri siano più elevate
nella stagione calda (per la mortalità generale PM10 1.95% ICr95% 0.6,3.3).
Le associazioni tra concentrazioni ambientali di inquinanti ed effetti
sanitari in studio si manifestano con un ritardo variabile a seconda dell'
inquinante e dell'esito considerato. Per la mortalità, l'aumento di rischio
si manifesta entro pochi giorni dal picco di inquinamento (due giorni per il
PM10, fino a quattro giorni per NO2 e CO). L'anticipazione del decesso è
contenuta e si verifica entro due settimane. L'effetto cumulativo a quindici
giorni mostra rischi maggiori per le cause respiratorie (PM10 1.65 IC95%
0.3,3.0).
Nella meta-regressione, le variazioni percentuali della mortalità e dei
ricoveri ospedalieri in funzione degli incrementi di concentrazione di PM10
sono più elevate nelle città con una mortalità per tutte le cause più alta e
un rapporto PM10/NO2 più basso. Consistente è la differenza tra città dell'
effetto del PM10 legata alla temperatura, presente sugli indicatori di
mortalità e ricovero ospedaliero e anche nei modelli bi-pollutant. Questa
modificazione di effetto, con effetti maggiori quanto maggiore è la
temperatura media della città, tende ad essere presente maggiormente nei
mesi invernali.
L'impatto "complessivo" sulla mortalità per tutte le cause naturali è
compreso tra l'1.4% ed il 4.1% per gli inquinanti gassosi (NO2 e CO). Molto
più imprecisa è la valutazione per il PM10, date le differenze delle stime
di effetto tra le città in studio (0.1% ; 3.3%). I limiti fissati dalle
direttive europee per il 2010 avrebbero contribuito se applicati a
risparmiare circa 900 decessi (1.4%) per il PM10 e 1400 decessi per l'NO2
(1.7%) nell'insieme delle città considerate, usando le stime
città-specifiche a posteriori.

Inquinamento atmosferico e salute: gli ultimi dati in Italia

Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il
risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli
effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e
Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di
abitanti) ed i cui dati sono stati illustrati questa mattina a Mestre.

Lo studio italiano MISA-2, coordinato da Annibale Biggeri, Università di
Firenze, Pierantonio Bellini,Università di Padova e Benedetto Terracini,
Università di Torino, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei
quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili.

Un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato
il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari
e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e
respiratorie) attribuibili all'inquinamento atmosferico. Si è visto così che
nel periodo in studio il PM10 (la componente dell'inquinamento atmosferico
costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato
circa 900 decessi in più all'anno.

Anche gli inquinanti gassosi (biossido d'azoto, NO2 e monossido di carbonio,
CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa
2.000 morti in più attribuibili all'NO2 e 1.900 morti attribuibili al CO.
Per quanto riguarda l'anidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta,
si registra un dato positivo. La riduzione dell'uso del gasolio negli
impianti di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la
concentrazione di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si
è assestata al di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3).

"Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di
queste stime - ha affermato Benedetto Terracini, direttore di
Epidemiologia&Prevenzione, uno dei coordinatori del MISA-2 - A rigore,
infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più
complesso, l'inquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove c'è
un contaminante, spesso c'è anche l'altro) cosicché è impossibile scinderne
gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli
da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli
effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma
non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti:
l'inquinamento va ridotto nel suo complesso".

I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che l'effetto
negativo dell'inquinamento atmosferico si limiti all'anticipazione di pochi
giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi. MISA-2 mostra un
eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della
semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque.
L'aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni
successivi al picco di inquinamento. L'aumento di mortalità per cause
respiratorie si protrae per almeno 10 giorni.

Di inquinamento, dunque, si continua a morire. E per la prima volta in
Italia sono stati studiati anche gli effetti dell'aria di città sulle fasce
estreme di età (neonati e ultraottantacinquenni). La relazione tra
concentrazioni degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri è
risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i
soggetti con più di 85 anni, e, per NO2 e CO, per i neonati fino a 24 mesi.
Ciò non significa che gli effetti deleteri dell'inquinamento riguardino solo
un sottoinsieme della popolazione, perché sono stati osservati rischi anche
in quelle fasce giovani-adulte che si ritenevano meno suscettibili. Con una
differenza, comunque: mentre nei più anziani l'inquinamento può uccidere,
perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato, nei più piccoli
gli effetti si manifestano appieno solo a lungo termine, con la comparsa di
ulteriori malattie. "Ecco perché - come ha auspicato Biggeri - gli effetti
cronici degli inquinanti, andrebbero investigati con studi ad hoc, che oggi
mancano del tutto".

Per la prima volta in Italia, lo studio MISA-2 ha potuto misurato
direttamente gli effetti del PM10 presente nell'aria delle nostre città.
"Negli studi precedenti si è misurato il particolato totale da cui si
riusciva solo a inferire, grazie all'utilizzo di fattori di conversione, la
concentrazione delle particelle con diametro inferiore ai dieci micron.
Nello studio odierno siamo stati per la prima volta in grado di misurare
direttamente la concentrazione delle particelle PM10 - ha spiegato Biggeri -
E abbiamo così potuto confermare che, tra le 15 città esaminate, quattro
(Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3,
sono quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 come media annuale
stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni".

A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia
il limite previsto dall'Unione europea (Direttiva UE 1999/30/CE, Direttiva
UE 2002/3/CE) fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare
tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400).
Ma non basta: MISA-2 offre un'altra indicazione importante. I risultati
mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO,
infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò,
di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse
ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore
mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui.

MISA-2 mostra anche che l'impatto sanitario dell'inquinamento varia da città
a città. Il carico di morti e ricoveri è maggiore nelle sedi in cui il
traffico veicolare (specialmente da veicoli diesel) rappresenta la sorgente
principale di particelle sospese (informazione che i ricercatori desumono
dal calcolo del rapporto tra NO2/PM10).

Inoltre, in estate tutti gli inquinanti risultano più dannosi. Perché?
"Difficile dirlo con certezza. Questo fenomeno è stato rilevato in tutti gli
studi americani ed europei sull'inquinamento atmosferico. E' possibile che
la temperatura elevata renda i singoli composti chimici più pericolosi e che
d'estate nelle città rimangano le persone più deboli: anziani e malati.
Infine, non va trascurato che tenendo le finestre aperte, ci si espone più a
lungo agli inquinanti atmosferici esterni".

Suggerimenti? "C'è solo una direzione sensata in cui muoversi - ha concluso
Lorenzo Simonato, dell'Università di Padova - Occorre diminuire
drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della
mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre
allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga
conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra
inquinanti e salute: non c'è ancora, infatti, una sinergia di intenti tra
tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla
salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre
ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della
miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato
identificato, e non è nemmeno detto che sia uno". Va aggiunto infatti che il
particolato è di per sé costituito di una miscela di composti azotati e
solfatati, oltre a contenere residui carboniosi, metalli e idrocarburi
policiclici: questo spiega la correlazione rilevata tra inquinanti diversi e
complica ulteriormente le possibilità di identificare l'effetto
preponderante di un singolo componente.