Ma per essere davvero «democratici» non basta una cabina elettorale



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Ma per essere davvero «democratici» non basta una cabina elettorale

Di Chiara Castellani

A breve per l'avvenire del Congo due tappe si rivelano determinanti: la prima è l'ordinamento delle istituzioni, la seconda è il voto per i candidati scelti sulla base di un programma politico ben definito. Ma per garantire elezioni veramente libere occorre che vengano promosse le istituzioni tipiche di uno Stato di diritto, come purtroppo non potrà avvenire in Congo a breve termine. In una repubblica che si vuole democratica, il potere nasce dal popolo, che esercita la sua volontà nelle elezioni. L'atto elettorale esprime la scelta del popolo che decide tra i vari avversari politici; quest'atto non è un obiettivo della democrazia, piuttosto uno strumento che testimonia il rispetto del popolo. Un sistema politico non diventa democratico semplicemente organizzando le elezioni; è attraverso le istituzioni e la pratica quotidiana del potere che si possono identificare le sue caratteristiche. Se teniamo che il nostro Paese venga governato in modo realmente democratico, i metodi di governo dovranno essere compatibili con il libero sviluppo delle persone e con leggi e istituzioni che lo consentano. Dovrà essere garantito il libero mercato ma anche la salvaguardia delle classi più deboli. Quindi occorre evitare la confusione fra i differenti poteri politici: occorre che siano i legislatori a fare le leggi, mentre saranno i magistrati ad avere il potere di giudicare, senza condizionamenti da parte del potere politico. In altre parole il potere legislativo e giudiziario dovranno mantenere una separazione che salvaguardi l'indipendenza della magistratura. E tutte le forze politiche in causa dovranno mirare a soluzioni pacifiche dei conflitti interni. Non basta che esistano «buone leggi» copiate da modelli europei ma che nel concreto della realtà congolese risultano inapplicabili. Il legislatore deve considerare le molteplici componenti culturali del Paese per armonizzarne la coabitazione, escludendo il privilegio per pochi e quindi corruzione e nepotismo. Per un pieno esercizio del diritto di voto, occorre che la gente sappia perché e per quali fini politici deve votare: e questa conoscenza può derivare solo dall'esistenza di vere istituzioni che fissino le mansioni di chi occupa posti politici ed amministrativi a livello centrale come nei poteri locali. Se i piccoli potenti prepotenti continuano a violare i diritti delle persone, non è sufficente che i detti diritti siano stati garantiti dalla Costituzione. Il voto referendario, necessario per non bloccare il processo elettorale, avrà assunto il suo valore di strumento quando la totalità dei votanti, anche se analfabeti e geograficamente isolati, ne avranno compreso pienamente il contenuto. Non basta sancire un diritto: occorre che la persona assuma coscienza di essere soggetto di diritto ed acquisisca gli strumenti per difendere i suoi diritti.

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Dal quotidiano Avvenire (pagina Agorà) di martedì 28/02/2006


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