Re: [latina] La nuova mappa della coca



Gli spunti che proponi sono interessanti. Ti ricordo però che il rapporto tra paras e narcotraffico è un cordone ombelicale che si protrae fin da quando gli USA hanno imposto, a scapito delle coltivazioni di marjuana, la coca (imposizione poi rafforzata con la cosiddetta "apertura economica" sotto Gaviria, che ha ulteriormente massacrato il già squilibrato e fragile sistema agropecuario spingendo centinaia di migliaia di contadini e proletari agricoli a coltivare e/o raccogliere la coca ed il papavero).
 
Che poi Carlos Castaño fosse contrario all'entrata di narcotrafficanti nelle AUC è del tutto falso: egli stesso ha riconosciuto nel suo libro, "Mis Confesiones", che le AUC hanno sistematicamente fatto ricorso al narcotraffico (sin dai tempi de los Pepes). Tu, Simone, che ti occupi di Colombia, dovresti sapere bene che il narcotraffico (quale secondo businnes capitalistico a livello planetario, con 700 miliardi di dollari d'introiti annui) è controllato e gestito da CIA, DEA, ecc., e che è servito (vedi lavori di Héctor Mondragón) da volano di un economia speculativo-finanziaria supportata dal terrorismo di Stato. Los paracos hanno sostituito i vecchi cartelli, smantellati proprio perchè non più funzionali alle esigenze degli USA, i veri genitori delle AUC, ed hanno costituito la quinta colonna della guerra sporca per sterminare il movimento democratico e rivoluzionario non clandestino.
 
Quello che è scandaloso, è che un media che dice di essere "indipendente" e "pacifista" come Peacereporter continui ad affermare, talvolta discretamente talvolta più marcatamente, che sia in atto un "processo di negoziati" tra il Governo proconsolare di Uribe ed i suoi paramilitari. Gli elementi nuovi della politica e del acontecer colombiani è bene analizzarli, ma andrà anche ricordato che i negoziati (o anche solo i dialoghi) si fanno, da che mondo è mondo, tra parti contrapposte, e non tra compari della stessa cosca, o se preferisci rosca.
Dietro la farsa del Ralito si cela, e neanche tanto dissimulatamente, il riciclaggio-legalizzazione dei narco-capitali e delle terre ususrpate alle popolazioni contadine, nonchè l'impunità totale per i paramilitari con annessa legalizzazione (vedi il milione di sapos, i "soldados campesinos", ampliamento delle Forze Armate, la cui base è non di classe media ma di estrazione popolare, ecc.).
 
Elena, nelle sue riflessioni, straparlava a cuor leggero del presunto carattere narcotrafficante dell'insorgenza colombiana, in particolar modo delle FARC. Sfido lei e chiunque altro ad argomentare e a fornire uno straccio di prove, che non siano i soliti luoghi comuni cari a chi una seria analisi del fenomeno del narcotraffico non ce l'ha, o non la vuol fare (media di regime ed internazionali, ong iper-finanziate e sorte come funghi con la cosiddetta "parte sociale" del Plan Colombia, e persino molti scribacchini e burocrati ONU).
 
Infine, Simone, converrai che i rapporti tra alte sfere colombiane e Casa Bianca non sono di "accordo" e collaborazione, bensì di totale subordinazione: basti ricordare che il Plan Colombia è stato steso in inglese dal Pentagono, e che la bozza originale di Pastrana era una mera chiavica fatta filtrare per convincere la guerriglia (trappola in cui le FARC non sono ovviamente cadute) della sua supposta "volontà di pace". Del resto, fin dai tempi del furto di Panama e delle enclaves gringas, la dottrina Monroe è stata una costante, come la vergognosa svendita delle risorse e dei settori strategici del paese alle multinazionali USA conferma.
 
Chiudo dicendo che Cambio Radical è perfettamente in linea con la tradizione della politicheria colombiana, prostituta e corrotta, e che i politicanti del paese sono transfughi perenni, nell'arco delle bancadas parlamentari, a seconda delle fasi e degli interessi congiunturali (cosa che i signori Navarro, Petro e Lucho Garzón hanno imparato a fare a meraviglia). Hanno starnazzato per la ripartizione della torta, ma in fondo il bipartitismo oligarchico non è ancora estinto (e le sue pratiche men che meno).
 
Un articolo non potrà contenere la storia del Paese, certo, ma è bene lasciare sempre gli scheletri fuori dall'armadio, non si sa mai che possano servirci a capire...
 
Max
 
P. S: complimenti per le foto che spesso fai arrivare dal Paese, sono un materiale prezioso di documentazione e sensibilizzazione.
 
 
 

Simone Bruno <simonbru at tin.it> ha scritto:
Mah..

se un articolo deve avere un certa lunghezza, è evidente che non può
contenere la storia del paese.
L'articolo parla della forte penetrazione del narcoparamilitarismo nella
cupola del parami,litarismo e di striscio dei suoi effetti sulle
negoziazioni.
i tre punti che scrive max sono ben noti a chiunque si avvicini nel modo
giusto al paese.
Ora è importante ripeterle, ma anche vedere cosa succede di nuovo,
l'articolo era pensato per peacereporter che ha già trattato il tema
varie volte.
Credendo che i fenomeni interni ai paras fossero poco conosciuti di
quello ho scritto.

Ora solo una nota per continuare a discutere.
Che i paras siano sistemici allo stato è noto, perlomeno in quella che
era la loro componente pura (definiamola così) è anche abbastanza chiaro
che il processo di pace sia (anche) un tentativo di mantenerli organici
al sistema, dato che cominciavano ad agire un po' troppo per conto loro.
Però la trasformazione che hanno subito strada facendo sta creando
parecchi problemi all'oligarchia del paese. Qui si stanno scontrando in
maniera evidente una oligarchia classica che è rappresentata da Cambio
Radical (CR) di Vargas Lleras e una nuova elite, quella paramilitare che
è ben rappresentata dal presidente uribe.
C'è in gioco l'equilibrio di forze tra i due gruppi, Cambio Radical
rappresenta quella elite che non vuole dividere il potere con i
narcotrafficanti, se vuoi riconducibile a Galan che quasi 20 anni fa
aveva cominciato la sua campagna contro il narcotraffico, non tanto come
male del paese, ma come attore che penetrava e corrompeva l'elite del
paese (un po' una mia interpretazione di quello che si definiva il neo
liberalismo, che nasce dal analizzare un po' su chi poggiava), secondo
me tanto riconducibile a Galan, che Vargas Lleras si definisce liberale
e con i liberali sta in combutta adesso. (lui ha subito un attentato di
matrice para e Gaviria, presidente dei liberali ha perso una sorella
assassinata in campagna elettorale)

già che ci sono una cosa ancora sul Plan Colombia.
Max dice che è una militarizzazione regionale, cosa indubbiamente vera,
ma secondo me in fin dei conti sta prevalendo di più l'altra
interpretazione sempre di Max, ossia quella di un accordo egemonico tra
gli USA e ancora una volta le elites colombiane per poter mantenere il
controllo del paese.
Del resto così nasce ai tempi di Pastrana il pan colombia.
Pastrana cercava appoggi per poter in qualche modo coprire i costi
sociali di un eventuale accordo con le FARC, costi sociali intesi come
spese che lo stato avrebbe dovuto sostenere per arrivare ad un accordo,
dato che come dice Max il conflitto nasce dalle condizioni di enorme
disparità tra una massa di gente portata alla miseria e chi invece
naviga nel lusso totale.
Pastrana aveva concepito il plan colombia come una serie di aiuti
internazionali di tipo sociale per pagare i costi di un accordo con le
FARC, costi di tipo sociale perchè prevedevano una riorganizzazione del
paese secondo un modello lievemente più equitativo e con uno stato
sociale più forte.
Poi è venuto trasformandosi, quando la maggior parte degli aiuti sono
cominciati ad entrare dagli USA e sotto forma di aiuti militari, cosa
che ha spaventato un po' tutti gli altri paesi che si sono quindi fatti
indietro.
A quel punto le elites del paese hanno assaporato l'idea di una
soluzione senza concessioni, ossia poter risolvere il problema FARC
attraverso la via militare e non negoziale.

L'esercito è un tema complesso, più di quello che sembra, tema poco
studiato qui nel paese anche a livello accademico, credo un punto
fondamentale fu la nascita del (frente nacional) che gli da la sua
struttura pseudo nazionale e un ruolo di protezione della oligarchia, ma
poi andrebbe analizzato più a livello regionale, questo esercito è
formato da gente di classe media, che risponde quasi esclusivamente ai
comandi regionali più che nazionali. Non è unitario, è formato da una
serie di gruppi relativamente indipendenti che definirei quasi
mercenari, che agiscono per conto di chi paga di più, sia lo stato (con
plan colombia), i terratenienti, i narcotrafficanti, come nel caso di
Jamundì, o paramilitari come in mille occasioni.
Poi la securità democratica gli ha praticamente permesso di mascherare
con facciate di legalità tutto ciò.

Simo

Un'altra Colombia "è" possibile! wrote:
> Tanto l'articolo di S. Bruno quanto le tue considerazioni partono da
> presupposti infondati:
> 1. Che i cosiddetti "attori armati", termine caro a una certa
> terminologia accademica, siano tre (guerriglia, paramilitari e
> militari), non è vero. Il paramilitarismo è una politica
> controinsorgente di Stato, organizzata e telediretta dalla CIA, dal
> South Com del Pentagono e dalle alte sfere dell'oligarchia colombiana.
> Basta studiare un po' di storia contemporanea del Paese (l'epoca
> antecedente la "Violencia", con i /pajaros/ e /chulavitas/,
> paramilitari al servizio dei conservatori e dei latifondisti) per
> capire che il paramilitarismo non è un soggetto autonomo ed
> indipendente, ancorché sia stato e continui ad essere composito ed
> attraversato da contraddizioni interne, che si esprimono con tendenze
> centrifughe e ridefinizioni nei rapporti di potere.
> 2. Che il problema del Paese sia il conflitto armato, posto che il
> vero grande problema è l'insieme delle cause che l'hanno storicamente
> generato: l'assenza di una vera e profonda democrazia, l'annientamento
> di ogni forma di opposizione politica e sociale, l'abnorme forbice tra
> un'oligarchia sanguinaria e ricchissima ed una maggioranza di
> sfruttati ed esclusi, la permanente contro-riforma agraria (vero
> grande detonatore calcolato dello sfollamento di milioni di
> colombiani), le croniche dipendenza e sottomissione all'imperialismo
> USA, ecc.
> Il conflitto è l'espressione di uno stato di cose, e specularmente il
> superamento dello stesso può essere intrapreso soltanto sulla base
> della rimozione delle cause che l'hanno generato.
> 3. Che il Plan Colombia /made in/ Washington sia un piano di lotta al
> narcotraffico, è una mistificazione che non ha fondamento alcuno: il
> Plan Colombia, quale componente militare di portata regionale
> dell'ALCA, è un piano neocoloniale di riposizionamento militare e
> geo-strategico nel continente delle Forze Armate statunitensi, nonchè
> un tentativo maldestro di puntellare il traballante regime colombiano
> e le sue forze repressive, sempre più attraversate da scandali e
> fratture interni (corruzzione, torture ai soldati per mano di loro
> superiori, destituzioni di decine di generali ed ufficiali,
> coinvolgimento in autoattentati e processi giudiziari di diversa
> natura, ecc.)
> La Colombia ha bisogno di una profondo cambiamento strutturale,
> integrale e generale, al fine di superare la crisi e creare le basi
> per una pace con giustizia sociale.
> Max Lioce
> Associazione nazionale Nuova Colombia
> www.nuovacolombia.net
>
>
> */elena vuolo /* ha scritto:
>
> Leggo con interesse gli articoli di Simone Bruno articoli: mi
> hanno aiutata
> a capire meglio la situazione in Colombia quando lo scorso agosto
> ho avuto
> modo di conoscere-per il mio lavoro per un'agenzia internazionale
> delle
> Nazioni Unite- cio' che sono le consequenze della guerra per i
> desplazados.
> Quando parlo di conseguenze-sempre per lavoro-lo faccio attraverso la
> prospettiva di protezione del diritto alla salute dei desplazados por
> conflicto, ma e' questa una prospettiva che in fondo ha molteplici
> legami
> con le conseguenze economiche,sociali che la guerra per la coca e
> della coca
> sta ha prodotto e continua a generare in Colombia.
>
> Ero a Bogota', ad agosto, quando il NY Times ha pubblicato il
> controverso
> articolo sul fallimento del Plan Colombia e vorrei sottolineare
> come cio'
> abbia potuto mettere a nudo lle debolezze -o per meglio dire-lo
> stato di
> "anemia, carenza di democarazia"da parte della stampa e dei mezzi di
> comunicazione in Colombia...pochi commenti sull'articolo e
> soprattutto
> provenienti dai mezzi di sinistra...
> L'intervista ufficiale-rilasciata alla radio-e fatta alla contraparte
> americana in Colombia ha visto come ospite uno dei consultants di
> Bush che
> hanno formulato il Plan Colombia.
> In sintesi: a domanda del giornalista, risposta politicamente
> corretta da
> parte del rappresentante del Governo Bush:"il Plan Colombia non e' un
> fallimento perche' abbiamo raggiunto la condizione operativa in
> cui al lato
> dell'eradicazione delle droga si sono intraprese e finanziate
> attivita' di
> reinserimento economico per i cocaleros ed i desplazados".
>
> Cosa c'e' che non va con il Plan Colombia, allora, mi sono
> chiesta? E la
> risposta l'ho trovata parlando con le persone che sono scappate da
> quelle
> zone citate da Simone Bruno: quanto piu' si procede con le
> fumigazioni ed i
> pesticida, tanto piu' si rafforza lo spirito di sopravvivenza dei
> cocaleros,
> che hanno imparato che dopo le fumigazioni le piante di coca si
> possono
> ancora salvare lavandole con miscela di acqua e zucchero ..non mi
> si chieda
> la ragione chimica che c'e' al fondo, io ho visto solo le ragioni
> sociali
> che spingono le persone a sopravvivere al Plan Colombia.
>
> Il plan Colombia non ha eradicato la coltivazione della
> coca,semplicemente
> ha acuito la lotta tra FARC e paramilitari, ha obbligato entrambi
> i gruppi a
> definire nuove modalita' di spartizione delle carreteras, ha
> conferito
> giustificazione alla violenza perpetrata nei confronti della
> popolazione
> civile che vive nelle zone di coltivazione e che magari con le
> coltivazioni
> non e' neppure coinvolta. Purtroppo, e' proprio la popolazione
> civile a
> pagarne le spese: FARC, paramilitares, gruppi militari piu' o meno
> regolari,
> controllano le carreteras, come detto, e con le carreteras
> l'accesso di
> viveri e medicine.
> Viveri: primo nella lista, il controllo dello zucchero,
> precisamente perche'
> lo si sta impiegando per lavare le piante di coca.
> Medicine, specie quelle per la lesmaniasis, diarrea e febbre
> gialla, ossia
> le malattie che colpiscono prevalentemente i guerrilleros nelle
> zone della
> foresta colombiana..peccato che entrambe le tre malattie
> colpiscano anche
> chi non indossa alcuna divisa, di alcuna fazione.
> Controllo delle caretteras per il controllo della coca significa
> anche che i
> civili, campesinos soprattutto, non hanno il diritto a rientrare
> al proprio
> villaggio perche' cosi' deciso dalla "pattuglia " piu' o meno
> regolare di
> FARC o paramilitari..Tutto cio' produce il fenomeno del
> desplazamiento
> croníco, gota a gota, come si dice in Colombia: sicche' le
> famiglie sono
> cosi' obbligate a lasciare casa, terra ed andare presso le
> comunita' piu' o
> meno urbane piu' vicine..
> E'il desplazamiento cronico una delle consequenze piu' gravi
> prodotte nella
> distribuzione di potere ed abusi che il Plan Colombia ha
> prodotto:non e'
> certo un desplazamiento massivo, fatto di concentrazioni elevate di
> desplazdos, ma piuttosto un fenomeno cronico, sottile che produce
> miseria,
> fenomeni di violenza, poverta' nelle zone rurali prima ed in quelle
> subrubane dopo, dove i desplazados si rifugiano.
>
> E'un fallimento il Plan Colombia perche' di fatto non ha saputo
> costruire
> sostenibile alternative economiche per i cocaleros e-d'altro
> lato-come si
> puo' fornire un'alternativa di lavoro alla produzione di coca se
> la sua
> redditivita' ha un tasso del 100%?
> E' un fallimento il Plan Colombia perche' non ha fatto altro che
> aiutare a
> ridisegnare la mappa geografica di distribuzione dei laboratori di
> coca, ha
> contribuito a creare una nuova etichetta per il desplazamiento,
> definendo
> cosi' i desplazados -che si concentrano nelle zone di frontiera
> con Ecuador-
> migranti economici..ossia una formula apparentemente chiara e
> semplice per
> indicare volonta' nella migrazione di queste persone.
> In realta' i migranti economici sono desplazados che il governo
> ecuadoriano
> non vuole ricevere, perche' se lo facesse dovrebbe allora aderire
> al mandato
> internazionale di protezione dei rifugiati; in piu' il governo
> Colombiano
> non riconosce queste persone come desplazados perche' e' piu'
> comodo non
> farsi troppe domande sulle dinamiche che spingono le persone a
> vivere nella
> zona di frontiera, con accesso nullo o limitato o insufficiente a
> forme di
> base di sicurezza sociale, come salute e lavoro.
>
> Credo che quando si parla della nuova mappa della coca sia
> importante anche
> guardare cosa c'e' dietro a questa nuova mappatura, cosa succede
> nella vita
> quotidiana delle persone comuni.
>
> Quanto scritto e' solo un contributo minimo, senza pretese di
> onniscienza.
> Saluti
> Elena
>
>
> >From: Simone Bruno
> >Reply-To: latina at peacelink.it
> >To: latina at peacelink.it
> >Subject: [latina] La nuova mappa della coca
> >Date: Sun, 10 Sep 2006 16:21:22 -0500
> >
> >http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=6213
> >
> >
> >La nuova mappa della coca
> >I loschi intrighi fra il mondo dei paramilitari e il
> narcotraffico, tra
> >processi di pace e Plan Colombia
> >
> >
> >
> >
> >
> >*scritto per noi da*
> >*Simone Bruno*
> >* *
> >Questa è la storia di un cadavere fatto a pezzi e nascosto, ma è
> anche la
> >storia di un processo di pace, di una tavola delle trattative in
> cui ti
> >siedi credendo di parlare con criminali reazionari e violenti, e poi
> >finisci stringendo la mano di chi controlla il traffico di droga
> del tuo
> >paese. È quindi anche la storia di questo traffico, che qui in
> Colombia
> >tutto compra e tutto corrompe.
> >Il cadavere di cui si sono recuperati e analizzati in questi
> giorni i vari
> >pezzi è di Carlos Castaño, colui che ha unificato i gruppi
> paramilitari
> >colombiani sotto la sigla Auc (autodefensas unidas de Colombia),
> sparito
> >dall’aprile del 2004. Evidentemente non era andato, come volevano
> alcuni, a
> >rifugiarsi in Israele dal suo maestro, Yair Klein, che lo aveva
> addestrato
> >quando Rodriguez Gacha, braccio destro di Escobar, aveva voluto
> creare un
> >piccolo esercito di sicari. Non era nemmeno negli Usa a
> raccontare alla Dea
> >tutti i segreti del narcotraffico colombiano. Era stato fatto a
> pezzi e
> >sotterrato sotto qualche metro di terra proprio qui in Colombia. In
> >quell’inizio del 2004 si cominciava a parlare di un processo di
> pace con i
> >paramilitari della Auc, gruppo tra i più feroci che abbia
> conosciuto il
> >continente.
> >Si prospettava un processo in condizioni “favorevoli” e le Auc
> cominciavano
> >ad assaporare l’idea di uscire pulite da un decennio di
> semi-clandestinità
> >e atrocità, di venirne fuori senza grosse condanne penali e con
> la concreta
> >possibilità di potersi gustare ricchezze e terre conquistate a
> colpi di
> >motosega e macete. Il processo veniva incontro a uno stato che
> voleva
> >dimostrarsi forte e capace di arrivare dove i gruppi illegali
> erano la
> >legge, ma anche ai capi paramilitari che non aspettavano altro
> che poter
> >tornare alla vita civile per godere quanto guadagnato, strizzando
> anche
> >l’occhio all’idea di una futura carriera politica.
> >Ma le Auc non si presentavano come un monolito, anzi stavano
> vivendo una
> >vera e propria guerra interna.
> >L’espansione paramilitare avvenne sotto la guida politica di Carlos
> >Castaño, ma, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, il
> vero
> >cervello agiva nell’ombra: colui che guidava la crescita attraverso
> >finanziamenti spesso legati al traffico di droga era “el profe”,
> ossia suo
> >fratello Vicente Castaño.
> >Nel ’97, il fenomeno paramilitare era sufficientemente diffuso sul
> >territorio nazionale da permettere a Carlos la creazione di una
> struttura
> >nazionale, le Auc per l’appunto, ma sin dal primo momento fu
> evidente il
> >conflitto interno di questa struttura: alcuni erano autentici leader
> >antiguerriglieri, altri invece erano semplici narcotrafficanti
> che avevano
> >bisogno di un esercito per i loro traffici.
> >Un conflitto che divenne incontrollabile.
> >La guerra scoppiò nella regione di Antioquia tra due gruppi: “El
> bloque
> >metro”, guidato dal comandante “doblecero” storico preparatore
> militare
> >delle AUC e il “bloque cacique Nutibara”, agli ordini di Don
> Berna, uno
> >degli uomini più potenti nel paese, signore incontrastato di
> Medellin,
> >ereditiero del cartello di “Don Pablo”, un uomo che è
> sopravvissuto è
> >uscito vincitore da tutti i conflitti vissuti in questa devastata
> terra.
> >La sconfitta e morte di “doblecero”, uomo di Carlos Castaño,
> segna un punto
> >di svolta, il momento in cui fu evidente che la cupola delle AUC
> era ormai
> >sotto il controllo dei narcotrafficanti. Carlos denunciò
> pubblicamente
> >alcuni capi paramilitari di non essere altro che
> narcotrafficanti, il
> >processo di pace muoveva i primi passi, ma il Carlos Castaño che
> vedevano i
> >Colombiani nelle numerose interviste in tv era ormai un uomo
> isolato, senza
> >alcun potere politico sul gruppo da lui stesso creato.
> >La cosa che da sempre spaventa un narcotrafficante Colombiano è
> lo spettro
> >dell’estradizione negli Stati Uniti. Chi traffica in questo paese
> tiene in
> >conto di passare qualche tempo in prigione, ma sa anche che i
> potenti in
> >questo paese la prigione se la scelgono e da lì possono continuare a
> >gestire gli affari con un relativa tranquillità. Ma andare in
> galera negli
> >USA è un altro conto.
> >Carlos era stato richiesto in estradizione e aveva deciso di
> negoziare la
> >sua posizione con la DEA, da qualche mese ormai stava intrattenendo
> >relazioni con gli agenti, cercando di scambiare informazioni in
> cambio
> >dell’immunità.
> >Quel 16 di aprile un gruppo di paramilitari si avvicinò di
> soppiatto al
> >“rancho al Hombro”. Carlos si sentiva sicuro, ma sbagliava. Con
> la pistola
> >puntata contro chiese: “Chi lo ha ordinato?”, “El profe” fu la
> risposta, e
> >poi partirono i colpi. Un fratricidio.
> >La sua sparizione diede il via libera al massiccio ingresso di
> >narcotrafficanti nel processo di pace di Ralito.
> >Dunque un processo di pace che voleva smantellare l’apparato
> paramilitare
> >si è trasformato in un processo di negoziazione con i più grandi
> >narcotrafficanti del paese, i quali hanno potuto spostare il
> centro dei
> >loro affari in impenetrabili aree rurali, difesi da veri e propri
> eserciti
> >e hanno davanti a loro la prospettiva della cancellazione di ogni
> reato
> >commesso e la concreta possibilità di veder cancellate le
> richieste di
> >estradizione (tema in realtà ancora in discussione).
> >In questo paese sarà difficile liberarsi dei gruppi armati e del
> conflitto
> >che questi alimentano se non si tiene nella dovuta considerazione il
> >problema del narcotraffico, un cancro che corrompe tutto con
> facilità,
> >grazie alla imponente mole di denaro che è capace di generare.
> >Qualche giorno fa ha fatto scandalo un articolo del NYTimes che
> dichiarava
> >il fallimento del “Plan Colombia”, ossia il piano di
> finanziamento militare
> >da parte degli Usa della lotta contro il narcotraffico in Colombia.
> >Nonostante le fumigazioni, la superficie coltivata non
> diminuisce, ma
> >cambia, si sposta sul territorio. Cesar è sotto il controllo di
> Jorge 40,
> >capo narcoparamilitare, e del suo “bloque norte”; Bolivar, Sucre,
> Cordoba e
> >nord Antioquia sono controllati da Ernesto Baez e i suoi del
> Bloque Central
> >Bolivar ma anche da gruppi di Don Berna e Mancuso; Magdalena
> Medio sotto il
> >controllo di Isaza; il Pacifico del bloque omonimo è controllato da
> >Gordolindo e llanos, tornati nelle mani di Vicente Castaño.
> >Le aree dove la coltivazione diminuisce sono invece Putomayo e
> Caquetà,
> >dominio delle Farc, e Norte de Santander sotto influenza dell’Eln.
> >Forse, se il Plan Colombia si fosse concentrato su tutte le aree,
> >indipendentemente da chi ne detiene il controllo, i risultati
> sarebbero
> >differenti.
> >
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