LE INFAMIE DI SARAMAGO



LE INFAMIE DI SARAMAGO
 
Per la seconda volta in meno di due anni il noto scrittore José Saramago, già premio Nobel per la Letteratura nel 1998, vomita infamie prive di fondamento contro il movimento guerrigliero colombiano.
 
In questa occasione, il megafono delle sue stolte dichiarazioni sono stati i mezzi di disinformazione del regime fascista in Colombia, e più esattamente il giornalista burattino Yamid Amat, da sempre spadaccino della causa ultra-reazionaria.
Saramago, in visita a Bogotá per presentare il suo nuovo libro, nell’intervista rilasciata ad Amat, che gli ha chiesto se la guerriglia colombiana fosse comunista, ha risposto in questi termini: “Non lo è mai stata! E credo che mai lo sarà. Attualmente sono banditi narcotrafficanti, antipatriottici. E’ impressionante come per colpa sua si siano perse in Colombia due generazioni. La sua esistenza ha soltanto prodotto morte, molti scomparsi e 3-4 mila sequestrati (…).
 
Affermare che le FARC-EP non siano un’organizzazione comunista, o peggio ancora che non lo siano mai state, significa ignorare deliberatamente il carattere di questa forza, che sin dalla sua nascita nel maggio 1964 si è strutturata, articolata e sviluppata applicando i principi fondamentali del marxismo-leninismo alla realtà colombiana. Disconoscere questa incontrovertibile verità storica, e la continuità della natura comunista delle FARC, denota una pesantissima ignoranza in proposito da parte del signor Saramago.
 
Sostenere che si tratti di “banditi narcotrafficanti” ci porta a pensare che il premio Nobel portoghese, sicuramente encomiabile per il suo modo di scrivere affascinante e colmo di significati, non abbia colto nella sua esatta dimensione il fenomeno del narcotraffico quale multinazionale capitalistica, in cui a rendere più accentuata la curva dell’offerta è la domanda proveniente dai paesi ricchi, ed in cui i veri beneficiari e gestori risiedono non nella selva colombiana, bensì nei palazzi altolocati di Washington e New York, Milano e Berlino, Parigi e Madrid, con annessi paradisi fiscali sparsi per il pianeta.
Saramago, che arriva all’assurdo di bollare l’insorgenza come “anti-patriottica” senza spendere una parola sul massiccio e sempre più crescente intervento militare USA nel paese andino-amazzonico, forse non sa del Plan Colombia e delle migliaia di effettivi a stelle e strisce (tra consiglieri, alti ufficiali e mercenari delle compagnie private di sicurezza) che scorrazzano per la geografia nazionale nella più vergognosa impunità.
In una nazione che è diventata il terzo recettore al mondo di aiuti militari statunitensi, che è sventrata dall’invasività eco-insostenibile delle transnazionali del carbone, della palma africana, degli idrocarburi e della mastodontica agro-industria, e che ha storicamente avuto un susseguirsi di governucoli che hanno agito come proconsoli e vice-regni della Casa Bianca, sarà forse “patriottico” il militarmente fallito “Plan Patriota”, schiantato dalla resistenza guerrigliera e popolare? Strana lettura della contraddizione tra imperialismo ed antimperialismo in Colombia, quella di Saramago.
Altra osservazione, su cui converrete: due generazioni di colombiani “perse per colpa della guerriglia”? Ma cosa diavolo vuol dire? E’ evidente che in Colombia le generazioni bastonate dalla grave crisi che affligge il paese sono ben più di due. José Saramago dovrebbe sapere che fame, miseria, emarginazione sociale, assenza di democrazia vera e di opportunità per tutti, disuguaglianza strutturale -aggravata da una dipendenza economica ormai secolare- e terrorismo di Stato pregiudicano intere generazioni di un popolo, ipotecandone per decenni le sorti.
 
Ma non contento, il premio Nobel 1998 rincara la dose: “Altrove la guerriglia è stata politica e si è integrata nella vita di tutti i giorni, ma qui no.” Forse il celeberrimo autore non si ricorda che le organizzazioni politico-militari colombiane che, soprattutto negli anni ’90, si sono smobilitate, hanno fatto una brutta fine. E probabilmente dovremmo suggerirgli di soffermarsi su un dato inconfutabile, quello sì politico: ovunque le guerriglie si siano smobilitate senza esser riuscite a produrre trasformazioni strutturali sul piano politico, sociale ed economico, le sorti dei rispettivi paesi e popoli non sono state certo incoraggianti. O forse in Guatemala e Salvador, per citare solo due esempi, c’è oggi maggior convivenza civile ed una seppur minima giustizia sociale? La risposta è scontata.
 
Inoltre, come ricorda il noto intellettuale James Petras in una lettera aperta di risposta a Saramago, di pochi giorni fa, quest’ultimo sembra soffrire di una preoccupante amnesia storica. Altrimenti, come avrebbe potuto obliare che quando le FARC hanno provato a condurre opposizione politica per via legale e non militare, lanciando il movimento dell’Unione Patriottica in tutta la Colombia a metà degli anni ‘80, ben 5000 dirigenti e militanti della stessa sono stati massacrati dal terrorismo di Stato nel giro di meno di due lustri? L’essenza genocida e paramilitare del regime oligarchico colombiano è uno spessissimo strato di sedimenti antidemocratici, accumulatisi senza sosta negli ultimi cent’anni a colpi di massacri, omicidi, sfollamenti forzati, spoliazione delle terre ai contadini, eliminazione sistematica di ogni alternativa di potere, ecc.
La guerriglia in Colombia è stata, e continua ad essere, la risposta organizzata del popolo alla violenza esercitata dalle classi dominanti. Per dirla con parole chiare, trattasi essenzialmente di una lotta di classe, condotta dai settori popolari combinando le più diverse forme di lotta, ivi compresa quella guerrigliera. Uno che si definisce “comunista” come Saramago, dovrebbe tenerne conto.
 
Spolverando il rovescio speculare della medaglia, va altresì detto che Saramago non si è degnato di spendere una sola favella critica verso il governo paramilitare di Uribe, che ormai da anni è fautore di una politica guerrafondaia di annientamento di ogni forma di opposizione. Né si è sentito in dovere di ricordare pubblicamente a milioni e milioni di persone in tutto il mondo, pronte a riflettere con interesse in margine ai suoi pronunciamenti, che lo Stato colombiano è permeato in tutte le sue articolazioni dalle mafie paramilitari, con in testa Uribe. Lo scandalo della para-politica docet.
 
Infine, non potremmo non concludere con due esemplari paragrafi della recentissima lettera di Petras a Saramago: “Lei ha il diritto di opinare, ma le circostanze, il contesto e la sostanza dei suoi commenti possono soltanto essere intesi come elementi che rafforzano i leader terroristi e della forza militare della Colombia. Lei afferma di essere comunista, ma oggi ci sono molti tipi di comunisti: quelli che hanno rubato il patrimonio pubblico della Russia e sono diventati notabili oligarchi, quelli che collaborano con il brutale regime coloniale nordamericano in Iraq, e quelli che si sono battuti per 40 anni nelle fabbriche, selve e campagne della Colombia per una società senza classi; e poi ci sono quelli che temono il problema (l’imperialismo) e temono la soluzione (rivoluzione popolare), e fanno di tutto una questione di preferenze personali.”
Le idee, come sa, hanno conseguenze e soprattutto Lei, José, sa che le sue parole sono seguite da milioni di devoti lettori. Pensi prima di parlare di bande armate, perché Lei sta giustificando l’assassinio di migliaia di colombiani che hanno scelto di prendere il cammino più difficile e pericoloso verso l’emancipazione del loro paese. Nel passato recente, abbiamo condiviso opinioni e posizioni, ma d’ora in avanti prendiamo strade divergenti.
 
20 luglio 2007
 
Associazione nazionale Nuova Colombia
 
 
 



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