Stati Uniti negano visto al giornalista colombiano Hollman Morris



Stati Uniti negano visto al giornalista colombiano Hollman Morris
di Annalisa Melandri
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Le autorità statunitensi, appellandosi al Patriot Act e   per mezzo della loro sede diplomatica in Colombia  hanno respinto la richiesta di  visto presentata dal giornalista  Hollman Morris per  “presunte attività terroriste” del medesimo. Morris  doveva recarsi negli Stati Uniti per partecipare alla  prestigiosa borsa di studio Nieman presso l’Università di Harvard che gli era stata assegnata per l’anno accademico 2010 – 2011 insieme ad altri 11 giornalisti  di riconosciuta fama internazionale.

Il popolare giornalista colombiano, direttore del programma Contravía, vincitore di numerosi premi  per le sue  importanti inchieste sulle  violazioni dei diritti umani nel suo paese  e fortemente critico del governo di Álvaro Uribe, ha detto  che si tratta di “un’operazione criminale” condotta contro di lui e si è dichiarato sorpreso del fatto  che “ dopo essere stato vittima di persecuzione per oltre dieci anni (nel suo paese), il Dipartimento di Stato  applichi  adesso la stessa politica di Uribe considerandolo un terrorista”.

Recentemente il presidente colombiano  lo aveva infatti accusato apertamente di essere complice della guerriglia delle FARC e di “fare apologia del terrorismo” . Si tratta soltanto dell’ultima delle dichiarazioni del presidente volte a stigmatizzare giornalisti e comunicatori sociali per le loro denunce dei  crimini di Stato in Colombia.

Numerose sono le proteste che si sono levate contro questa decisione che ben si inserisce nella già nota tendenza maccartista dell’amministrazione  Obama che pratica con forme diverse “esclusione ideologica” dei cittadini stranieri critici verso la politica internazionale degli Stati Uniti.

La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha sollecitato le autorità statunitensi a rivedere la posizione di Morris, mentre l'American Civil  Liberties Union (ACLU), storica organizzazione americana per la difesa delle libertà civili ha inviato una lettera al  segretario di Stato Hillary Clinton ringraziandola per quanto fatto dalla nuova amministrazione rispetto al caso dei due studiosi  Adam Habib e Tariq Ramadan (ai quali soltanto adesso è stato permesso di viaggiare nel paese dopo il lungo divieto imposto  dal precedente governo Bush) ma  sottolineando che la decisione di negare il visto a Hollman  Morris è in contrasto con “l’impegno  dichiarato da questa amministrazione di voler favorire un libero scambio di informazioni ed idee tra gli Stati Uniti e il resto del mondo”.

José Manuel Vivanco, direttore  di Human Right Watch, organizzazione che aveva premiato Morris nel 1997 per il suo lavoro per i diritti umani in Colombia ha duramente criticato la decisione di non concedere il visto a Morris, aggiungendo che non ci sono prove che vincolano il giornalista alla guerriglia ma sono invece note e provate le intenzioni del presidente Uribe che da qualche tempo ha dato vita a  una vera e propria campagna diffamatoria contro di lui vincolandolo alle FARC.

Da alcuni documenti sequestrati infatti dalla magistratura colombiana negli uffici del DAS (i servizi segreti al centro di un recente scandalo per le intercettazioni illegali contro militanti, politici avversi al governo e leader dell’opposizione)  risulta infatti che lo stesso Morris  fu vittima di intercettazioni non autorizzate e oggetto di  una campagna che  aveva l’obiettivo di costruire prove false  per vincolarlo  alla guerriglia.

Deve essere stato forte il timore che un giornalista così esperto della situazione del conflitto colombiano, che molte ed importanti indagini sta portando avanti rispetto alle violazioni dei diritti umani in Colombia e sui loro responsabili, potesse trovarsi insieme ad altri importanti giornalisti internazionali condividendo con essi non soltanto  informazioni e punti di vista ma soprattutto la realtà, quella colombiana fatta di crimini e terrorismo di Stato, di politica paramilitare e di violenze contro civili inermi.  La borsa di studio Nieman dell’ Università di Harvard  viene concessa soltanto a  20 giornalisti ogni anno dei quali la metà  sono americani e l’altra metà internazionali e rappresenta uno dei più importanti riconoscimenti che un operatore della comunicazione (viene concessa anche a reporter, editori, fotografi, produttori) possa ricevere  a metà carriera.

Si tratta dell’ennesimo  tentativo di far sì che non si diffonda troppo la bufala della democrazia  in Colombia e che la situazione del paese   resti circoscritta ai  confini nazionali, dove i pochi importanti  mezzi di comunicazione  sono delle mani dell’oligarchia al potere. Proprio  il neo eletto presidente  Juan Manuel Santos è uno dei maggiori azionisti della  più  importante testata giornalistica del paese,  il quotidiano El Tiempo, di proprietà della sua  famiglia.

I giornalisti in Colombia sono oggi quindi  più che mai nel mirino di politici e paramilitari, sottomessi a forti pressioni  e ingerenze nel migliore dei casi  ma che rischiano generalmente la vita  in uno dei paesi dove tale professione resta sempre uno dei mestieri più pericolosi. Adesso, anche l’altro “paladino della democrazia”, gli Stati Uniti, nega loro  il diritto alla libera circolazione.

Non molto tempo fa  è accaduto infatti ai giornalisti colombiani Hernando Calvo Ospina e  Luis Ernesto Almario,  (che  per motivi di sicurezza legati al loro lavoro risiedono ormai da diversi anni in Francia il primo e in Australia il secondo), che si sono visti negare l’accesso in territorio  statunitense perché il loro nome risulta inserito in una lista “nera” di persone legate al terrorismo internazionale.

Forse anche questo fa parte degli accordi interni al Plan Colombia, il colossale piano di aiuti per la lotta al narcotraffico che mal celatamente nasconde favori (come questi) da ambo le parti,  ma c’è da chiedersi tuttavia fino a quando i servizi segreti statunitensi continueranno a farsi imboccare  frottole colossali da quelli colombiani.

 

 

 



Annalisa Melandri



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