Camille Chalmers: ad Haiti la Minustah ha fallito completamente



Camille Chalmers: ad Haiti la Minustah ha fallito completamente

Incontriamo Camille Chalmers, economista ed attivista haitiano, leader di PAPDA (Haitian Plataform for an Alternative Development) a Tocoa (Honduras), nella regione del Bajo Aguán, in occasione dell’Incontro Internazionale dei Diritti Umani in Solidarietà con Honduras. Approfittiamo dell’occasione per ascoltare dalla sua viva voce la situazione di Haiti, proprio nel momento in cui si stanno definendo i piani internazionali di ricostruzione del paese. Il quadro che emerge è  penoso, soprattutto rispetto alle responsabilità della Minustah, la Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haiti, responsabile in molti casi di gravi violazioni dei diritti umani commesse contro la popolazione haitiana.
 
Di Maria Felisa Lemos (Indymedia Rosario-Argentina) e Annalisa Melandri(www.annalisamelandri.it)
Tocoa, 16 febbraio  2012 
Camille, puoi farci una sintesi della situazione politica attuale di Haiti? 
Il popolo di Haiti sta vivendo una situazione molto difficile come conseguenza di molteplici fattori e specialmente per una crisi economica di produzione, aggravata dall’applicazione di misure neoliberali a partire dal 1984,  misure che hanno contribuito a distruggere gran parte della capacità  produttiva del paese.
Haiti nell’anno 1972 era un paese autosufficiente, ora sta importando l’82% della sua produzione nazionale  di riso,  siamo diventati il terzo importatore  di riso nordamericano dopo il Messico e il Giappone. Queste politiche hanno provocato  un divario terribile, una grande polarizzazione in termini di concentrazione delle risorse in mano dell’oligarchia e una grande miseria che colpisce  soprattutto i contadini. Si è  creata anche  una grave situazione di dipendenza economica ed alimentaria che ha distrutto non solo le istituzioni nazionali,  ma anche quelle sociali del paese.
Questo processo è culminato con l’arrivo ad Haiti nel  2004 della Minustah, la Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haiti, che sotto l’ombrello delle Nazioni Unite, ha installato  una forza di occupazione militare che ha fallito totalmente nei termini degli obiettivi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dal momento che le risoluzioni adottate dal giugno del 2004 fino ad oggi sono quelle che stabiliscono gli obiettivi della Minustah.
Il primo di questi obiettivi era la realizzazione di un clima di sicurezza  e di stabilità;  il secondo era la difesa dei diritti umani;  il terzo,  la realizzazione di elezioni democratiche; il quarto era la crescita economica e l’ultimo, aggiunto recentemente,  il controllo della frontiera e del narcotraffico.
Tutti questi obiettivi sono falliti. La presenza della Minustah non ha creato  un clima di sicurezza e di stabilità, al contrario si è  sviluppata una nuova ondata di violenza e anche un fenomeno nuovo, non  conosciuto prima,  che è  quello dei sequestri, che ora avvengono frequentemente. Sappiamo che il problema dell’insicurezza è  molto legato alla questione del narcotraffico. Secondo i rapporti del Dipartimento di Stato i flussi di traffico di droga verso gli Stati Uniti sono in aumento dal 2004  ad  oggi,  e questo nonostante la tecnologia sofisticata e le risorse economiche che possiede la Minustah per controllare il territorio. Se calcoliamo che il 12 o il 13% della cocaina che entra negli Stati Uniti proviene da Haiti, ci rendiamo conto che il volume  è enorme e questo genera ogni tipo di traffico, di persone, di bambini, bande nei quartieri popolari e di fatto la frontiera verso la Repubblica Dominicana è completamente monopolizzata da banditi e trafficanti di droga. La Minustah non ha avuto nessun impatto su questo tipo di fenomeno.
 
E rispetto alle violazioni  dei diritti umani dei lavoratori migranti nella Repubblica Dominicana? 
Se consideriamo la questione dei diritti umani, il bilancio é  ancora  più negativo. La Minustah tace completamente contro gli abusi quotidiani che si commettono contro i migranti haitiani alla frontiera, in violazione di ogni risoluzione dei trattati internazionali rispetto ai lavoratori migranti e anche in violazione agli accordi binazionali firmati dai due paesi. La gestione del rimpatrio dei migranti haitiani poi è affidata direttamente all’esercito dominicano ed  avviene in totale violazione dei diritti dei lavoratori, gli rubano perfino il denaro accumulato durante il loro lavoro in Repubblica Dominicana; ci sono abusi di ogni tipo,  maltrattamenti, distruzione di beni personali, e a volte percosse fisiche. Nel corso del tempo si è prodotto un peggioramento della condizione dei migranti haitiani nella Repubblica Dominicana e questo si deve a vari fattori come la loro presenza massiccia  in settori differenti da quello dello zucchero, come per esempio nella produzione del caffè  e del riso e anche nelle zone franche. Svolge inoltre un ruolo fondamentale anche il fattore ideologico e   l’utilizzo mediatico e politico che si fa della presenza degli haitiani a favore del gioco politico interno nella Repubblica Dominicana.
Questo per dimostrare che la Minustah è  presente nella frontiera, che ci sono evidenti violazioni degli accordi internazionali e di quelli tra i due paesi confinanti e che non viene pronunciata  mai una sola parola sulle violazioni dei diritti degli haitiani migranti che sono violati costantemente.
La Minustah inoltre nel tempo ha violato direttamente i diritti degli haitiani. Quando arrivarono nel nostro paese le truppe brasiliane, occuparono il campus brasiliano per oltre quattro anni, per cui per alcuni  studenti non fu possibile  seguire i propri studi. Questo accade in un paese nel quale già scarseggia la  capacità di accogliere le domande  dei giovani universitari. Una delle cose più gravi avvenute è stata la violazione sistematica  dei diritti delle donne e dei  bambini e delle bambine e lo sfruttamento sessuale in forme diverse. Questi casi sono stati tutti  documentati e perfino riconosciuti dalla direzione della Minustah ma  non c’è mai  stato  nessun processo per i colpevoli.  Il caso più noto  fu il rimpatrio di 104 membri dello Sri Lanka che avevano commesso violenze sistematiche contro alcune donne per mesi. L’ultimo esempio invece sulle violenze dei diritti umani è  stata l’introduzione nel paese del colera, fatto  provato da vari studi di laboratorio degli Stati Uniti, Francia ed altri paesi. La Minustah non ha riconosciuto nemmeno le proprie responsabilità. Quando arrivarono i nepalesi, non si prese  nessuna precauzione per accertare  che queste persone non avessero  nessuna malattia e dopo nessuno si preoccupò di trovare  le risorse adeguate per combatterla. Il budget annuale  della Minustah è   di oltre 680 milioni di dollari l’anno e durante oltre sei mesi non sono stati investiti più  di 175 milioni di dollari per risolvere il problema.  Stiamo parlando di oltre 7mila morti e 500 mila colpiti  dal colera. Ci troviamo quindi in una situazione ancora peggiore di quella precedente  all’arrivo della Minustah. Le ultime elezioni del 2009–2010 sono state le peggiori del ciclo elettorale democratico dove non si è rispettato nessun valore democratico  e dove il popolo haitiano ancora oggi non conosce i risultati elettorali nei dettagli. Non soltanto una mancanza totale di rispetto,  ma la gestione di uno spazio elettorale dove una volta di più il popolo haitiano sta perdendo la sua sovranità  e la sua capacità di decidere.
 
Qual è la strategia economica programmata per Haiti?
Esiste un progetto di ricolonizzazione del paese. Il progetto reale per la ricostruzione di Haiti è basato sulla costruzione di una  piattaforma di zone franche e su  accordi preferenziali per  le esportazioni verso  gli Stati Uniti e l’utilizzo di mano d’opera a basso costo. E’ stato firmato già un accordo  con Haiti dal 2007 che permette l’entrata di prodotti tessili a basso costo da Haiti verso i mercati degli Stati Uniti. Nullo di nuovo, è lo stesso  progetto degli anni ‘70 che ora si sta implementando con la prepotenza,  accompagnato da grandi investimenti  nello sfruttamento dell’oro, del rame e nel turismo. Sono state addirittura utilizzate  parte delle risorse da destinare ai terremotati nella costruzione del parco industriale nella parte nord est del paese.
Una compagnia coreana già è  pronta per avviare  uno stabilimento tessile. Rispetto al settore turistico ci sono ancora poche possibilità di svilupparlo per la forte presenza invasiva della Minustah. La Minustah spaventa perché la  sua figura sta sotto il capitolo 7 della Carta Magna delle Nazioni Unite, ciò vuol dire che viene impiegata in  caso  di conflitto interno o di guerre civili. Ad Haiti invece l’ultima guerra civile si è avuta cent’anni fa. Si parla poi molto sull’arrivo degli investitori stranieri ma in realtà non si sono ancora sviluppati molti progetti, rispetto alle zone franche in piedi c’è solo la costruzione di 5 parchi industriali per la produzione tessile, opere con scarso valore aggiunto che utilizzeranno manodopera a basso costo, anche al di sotto dei diritti previsti dal codice del lavoro, che porteranno sfruttamento e distruzione della  vita delle donne.
 
Il recente ritorno di Duvalier che significato  ha in questo panorama?
Stratta di un programma per ricomporre le forze della destra di  Haiti  di fronte al fallimento del governo di Preval, approfittando   di questo momento  e dello scontento popolare per il  governo di Martelly.  Ricordiamo che Martelly ha fatto parte direttamente del colpo di Stato del ’91, infatti molti dei suoi ministri vengono da quello stesso ambito politico.
 
 Cosa possiamo fare per Haiti a livello personale o di solidarietà internazionale? 
Approfitto di questa domanda per fare chiarezza  su di un aspetto importante rispetto alla ricostruzione e agli aiuti, circa 8 milioni di dollari, promessi  dalla Conferenza dei Donatori di New York il 31 marzo del 2010.
Posso dire che meno del 50% di questo denaro è  stato svincolato e che di questo veramente molto poco è  stato investito in  Haiti. Le cifre sono eloquenti, appena l’1% dei fondi è  arrivato allo Stato haitiano. Perfino gli Stati Uniti ne hanno ricevuto di più. C’è  stata una esclusione totale del popolo haitiano tanto dello Stato, come  delle ONG haitiane, o delle imprese haitiane che sono state completamente emarginate.
Il 99% dei contratti sono stati firmati da imprese nordamericane,  perfino per le attività più semplici  come la rimozione delle macerie. Fino ad oggi, a due anni dal  terremoto, è stato rimosso appena   il 50% delle materie e questo è importante chiarirlo.
Se pure è vero che c’è stato un risveglio molto bello della solidarietà con Haiti dopo il terremoto e soprattutto  tra lo stesso popolo haitiano, quando gli abitanti della città si ritirarono sulle  montagne dove furono nutriti e accolti dai contadini.
Conosco una regione haitiana che aveva 8mila abitanti e due settimane dopo ne aveva  18mila. Camminavi e non vedevi nessuno buttato in strada perché  quasi tutti erano stati  ospitati dai contadini.
Anche a livello internazionale ci fu una impressionate ondata di solidarietà. I francesi hanno fatto arrivare in una settimana  molto più denaro che tutti gli investimenti del loro governo  in un anno.  Ciò nonostante molto di questo denaro  è stato usato  per progetti imperialisti e perfino il governo degli Stati Uniti ne ha ricevuto per pagare le sue spese  militari.
Oltre a tutto questo,  bisogna dire che la storia e la realtà di Haiti sono completamente sconosciute al resto dei paesi del mondo e che sul nostro paese ci sono molti  pregiudizi.
E’ necessario costruire meccanismi concreti di solidarietà diretta da popolo a popolo, come per esempio le brigate di solidarietà del Nicaragua e di Cuba e intervenire in forma concreta per implementare la salute e l’educazione pubblica, un sistema di distribuzione di acque potabili, la creazione di  elementi  acceleratori del sistema di sviluppo per poter  uscire dalla crisi di Haiti rispettando gli attori locali del paese, non  con la forma di aiuto prepotente e arrogante che altri vogliono imporci. Non viene rispettata nemmeno la nostra storia e la nostra cultura, per questo stiamo organizzando una  missione di solidarietà con Haiti, prevista per l’ultima settimana di luglio di quest’anno, è già la seconda edizione, coordinata da Adolfo Pérez Esquivel e Nora Cortiñas, che  raggruppa  oltre 20 organizzazioni.  In questa seconda missione il nostro obiettivo è riuscire ad invitarne  oltre 30.  La missione lavorerà su tre temi principali: il primo é l’indennizzo per le vittime del colera, esiste una istanza giuridica nelle Nazioni Unite che determina l’obbligo dell’indennizzo alle vittime quando esiste una responsabilità accertata  delle truppe. Esigeremo  inoltre che la Minustah inverta per migliorare l’infrastruttura del paese in termini di distribuzione di acqua potabile. Va inoltre  avviata  la  campagna per il ritiro delle truppe dal paese.  Un altro tema che tratteremo riguarda  Duvalier e questo è  molto importante per realizzare un lavoro di memoria su quello che sono stati i 29 anni di dittatura, raccogliere le prove ed esigere la sua condanna  per crimini di lesa umanità, torture, massacri e appropriazione indebita.
Soprattutto però la ricostruzione del paese, che sia un  processo a lungo termine che permetta di uscire dal modello attuale e che si possano lanciare proposte perché le forze sociali  possano intervenire. In questo momento nel progetto di ricostruzione purtroppo sono presenti solo i governi.
 
 
 
Annalisa Melandri 




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