[Comunicato stampa] Genova, 24 maggio 2005 - La banalita' del tenente Faedda: "Non so chi dava ordini: ho effettuato le cariche senza conoscerne le motivazioni"



[Comunicato stampa] Genova, 24 maggio 2005 - La banalita' del tenente:
"Non so chi dava ordini: ho effettuato le cariche senza conoscerne le
motivazioni". La deposizione smemorata del tenente Paolo Faedda.

La cinquantesima udienza vede comparire dinanzi alla Corte Faedda Paolo,
tenente dei Carabinieri, responsabile del contingente del III Battaglione
Lombardia, composto anche da 199 Carabinieri costituiti nella Compagnia
CCIR "Alfa" (Compagnia di Contenimento e Intervento Risolutivo, costituita
ad hoc per i fatti del G8).
Un'udienza rilevante e delicata, con molti reperti video mostrati al
teste, tanto dalla Procura quanto dal collegio difensivo: Faedda era
infatti alle dipendenze del capitano Bruno, deus ex machina della prima
carica dei Carabinieri sul corteo autorizzato di via Tolemaide, evento
cruciale di quella giornata e nodo decisivo del processo ai 25
manifestanti.
Faedda, come gia' molti altri testi, dopo un esame dei PM non senza
intoppi, durante l'esame della difesa vacilla e si produce in innumerevoli
"non ricordo", senza contare le numerose contraddizioni e bugie.
Temporalmente la sua deposizione si situa tra la prima carica, i conseguenti
fronteggiamenti tra via Tolemaide, corso Torino, via Casaregis e via
Invrea e la seconda carica in via Tolemaide, che il teste non vede.
Nella mattinata del 20 luglio 2001 il tenente Faedda raggiunge il
battaglione in via Pisacane. Poco dopo, per ordine del dirigente di PS
Mondelli - il funzionario PS a capo dei plotoni dei CC - caricano alcuni
manifestanti travisati che lanciano oggetti, in corso Torino. Poi in tarda
mattinata si spostano in Piazza Tommaseo e successivamente in via Invrea.
Poco dopo, arrivando da corso Torino, parte la carica contro il corteo
autorizzato in via Tolemaide. Faedda, senza contatti con alcun funzionario
di Polizia, continua a seguire la strategia del duo Bruno-Mondelli,
"senza saperne le motivazioni": rimane poi con il contingente in attesa in
via Tolemaide, dove registra una "sorta di pausa", in quanto "il dirigente
PS aveva ordinato di fermare l'azione perche' doveva parlamentare con
qualcuno". Dopo questa ricreazione di dieci minuti, arriva l'ordine di
tornare indietro verso corso Torino dove Faedda, in seguito, dice di
vedere - ed e' un'immagine piuttosto nota - il blindato rimasto in panne
durante la manovra: con il motore spento il blindato e' fatto oggetto di
"lanci di pietre, bastoni, un po' di tutto". Poco dopo un altro mezzo si
avvicina e porta in salvo il personale, mentre il mezzo prende fuoco. A
quel punto parte la seconda carica (quella del Dirigente PS Gaggiano) che
Faedda pero' non vede: infatti si trova in corso Buenos Aires dove
effettua qualche
arresto, "non mi ricordo quanti, quattro o cinque forse".

I PM si giocano subito le proprie cartucce, passando alla visione dei
filmati, mostrando peraltro al teste un video per una durata superiore
rispetto a quanto depositato nell'elenco reperti. Faedda tentenna e
balbetta, ma il PM Canciani riesce a strappare dei "si", anche se poco
convinti. Le sue difficolta' si snodano in modo emblematico durante
l'esame della difesa: dopo le domande di rito sul ruolo del teste -
durante le quali Faedda, con estrema nonchalanche, tesse le lodi dei gas
"inabilitanti, in grado di bloccare per almeno quindici minuti chi lo
subisce" - inizia a evidenziare alcune incongruenze emerse durante l'esame
dell'accusa, soprattutto in relazione ai movimenti del teste e alla sua
possibilita' effettiva di aver visto davver cio' che i PM gli hanno
mostrato.

La difesa mostra i propri video e Faedda sbanda: non si riconosce in una
immagine in cui compare di profilo, con un segno evidente sul retro del
casco, poiche' "non avevo segnali sul casco", ma poco dopo e' chino a
vomitare con in mano il casco mostrato poco prima.
Dice di non avere effettuato arresti in via Tolemaide e anche in questo
caso un video lo inchioda con il suo volto in bella mostra, senza casco e
con le manette in mano mentre arresta un manifestante, cui ne seguiranno
altri; finge di non sapere che il III Battaglione Lombardia ha fatto uso
di manganelli irregolari (come gia' emerso e registrato durante le udienze
precedenti), poi ammette che puo' essere accaduto che qualche carabiniere
si sia dotato di uno strumento ad hoc poiche' "il tonfa non e' sicuro e si
puo' perdere"; e' smentito nella sua fissazione dei
"manifestanti che lanciavano sassi dalla massicciata" da un video in cui la
massicciata e' sgombra e infine improvvisa un ossimoro da antologia quando
definisce la presenza davanti al proprio plotone di alcuni giornalisti,
"una presenza tranquilla, ma ostile".
La sua memoria selettiva gli consente il ricordo solo di alcuni episodi,
mentre altri a distanza temporale ravvicinata sono completamente
dimenticati.
Ovviamente non ricorda la svolta che il suo plotone - che riconosce -
compie da corso Torino in via Tolemaide, durante la quale vengono
malmenati due giornalisti: "Non ricordo", e' la sua risposta cui ne
seguiranno molte identiche nel corso del controesame. Verso la fine
dell'udienza Faedda appare stanco, ma per lui non e' ancora finita: le
domande finali riservano ancora sorprese. Scopriamo infatti che "i
Carabinieri possono munirsi di materiale comprato a proprie spese".
Sorpresa in aula, con il teste che tenta il salvataggio in corner
specificando che alludeva a "baschi, fondine, materiale deteriorabile".
Prossima udienza il 31 maggio 2005
Leggi la trascrizione dell'udienza:
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