CS - Appello di EuropAfrica a Governo e Regioni: fermiamo la liberalizzazione agricola senza regole



EuropAfrica - Terre Contadine
Per un'agricoltura sostenibile nel Nord come nel Sud del Mondo
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Appello di EuropAfrica a Governo e Regioni:
fermiamo una liberalizzazione senza regole delle agricolture dei nostri
continenti
Ong e Organizzazioni contadine africane e italiane chiedono un impegno per
la revisione radicale
degli Accordi commerciali (APE) che l'Europa sta negoziando con le sue ex
colonie

Roma, 24 maggio - "Oggi in Africa occidentale (CEDEAO), 15 Paesi per oltre
5 milioni di metri quadri, vivono 260 milioni di persone delle quali il 66%
vive in ambito rurale. Nel 2025 saremo 450 milioni, e le stime dicono che
il 61% di noi vivrà in città. A meno che la terra non continuerà a dare
cibo e lavoro alle nostre famiglie, alle nostre piccole imprese familiari
non potremo cessare l'esodo incessante dei nostri giovani che ingrossano le
bidonville o tentano impossibili viaggi della speranza in tutto il mondo".
Mamadou Cissoko, padre del movimento contadino in Senegal e presidente
onorario del ROPPA, network di movimenti contadini di 12 Paesi dell’Africa
occidentale, ha aperto a Roma, presso l'Università di Roma 3, la Campagna
2006 della coalizione EuropAfrica-Terre Contadine, per un’agricoltura
solidale e sostenibile nel Nord come nel Sud del mondo. La Campagna,
coordinata dalle ong Terra Nuova e Crocevia, vede tra i suoi promotori il
gruppo d'appoggio al movimento contadino africano tra i quali coordinamento
di ong Cipsi, AUCS, CISV, COSPE e per il mondo rurale Coldiretti, con la
partecipazione di Campagna Riforma Banca Mondiale, l'associazione
dell'agricoltura biologica Aiab e quella equosolidale Fair.

Quest’anno EuropAfrica accende i riflettori sugli Accordi di Partenariato
Economico che l'Unione Europea sta negoziando dal 2002 con le sue ex
colonie di Africa, Caraibi e Pacifico. Sugli APE la campagna ha prodotto un
nuovo dossier  “Gli Accordi di partenariato economico: occasione di
sviluppo o rovina dei piccoli coltivatori?”, scritto da Sabina Morandi e
che rilancia le attività 2006 della Campagna EuropAfrica-Terre Contadine
(<http://www.europafrica.info/>www.europafrica.info).
Il dossier svela come la liberalizzazione dei mercati agroalimentari,
indotta e la crisi delle produzioni locali impediscano la sovranità
alimentare e uno sviluppo più sostenibile in Africa. Ma anche che il
modello di produzione agricola di qualità nel nostro Paese verrà
penalizzato, senza alcun vantaggio per i consumatori. Basti pensare che il
60 per cento delle esportazioni dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico si
concentra solo su 9 prodotti e le liberalizzazioni degli ultimi anni hanno
ridotto – e non aumentato - la partecipazione dei paesi ACP al commercio
mondiale: dal 3,4% del 1976 all’1,1% del 1999. Dall’altro lato del
Mediterraneo, la liberalizzazione metterebbe a rischio pomodori, cipolle,
olio d’oliva, nocciole, arance, mandarini, limoni, uva da tavola,melone,
fragole, fiori, patate, riso e vino, più del 45% del valore aggiunto
agricolo di 8 regioni italiane - tra le quali le più colpite sarebbero
Puglia e Sicilia - 8 regioni spagnole, 8 regioni greche, 5 regioni
olandesi, 4 regioni belghe, una regione portoghese e una regione francese.

"Siamo attori diversi ma condividiamo lo stesso messaggio - speiga Nora
McKeon di Terra Nuova, coordinatrice della campagna - che in campo agricolo
il conflitto non è tra Nord e Sud del Mondo, ma tra due modelli di
agricoltura, quello familiare e quello industriale  e che con un processo
di decisione delle politiche agricole e commerciali dal quale sono
praticamente esclusi produttori e conumatori, si porta avanti una fede
astratta nella liberalizzazione come strada maestra per lo sviluppo. Noi
non siamo contro il commercio ma chiediamo che non sia fine a se stesso e
che il nuovo Governo italiano metta al centro delle sue politiche il
primato dell'agricoltura familiare e la produzione per il consumo interno,
che in Africa combattono la fame e in Italia difendono un modello agricolo
di qualità".

"Mentre azioni di pressione e informazione sui parlamentari europei sono in
corso già dallo scorso anno, e la presidente della Commissione Sviluppo
Luisa Morgantini è stata recentemente relatrice di un documento di
indirizzo molto esplicito al riguardo, la Campagna, spiega Antonio Onorati
di Crocevia "chiede alla Conferenza delle Regioni, che hanno la competenza
istituzionale più forte sull'agricoltura, di difendere gli obiettivi di
solidarietà e di sviluppo sui quali gli Accordi di Partenariato Economico
sono nati e dai quali oggi sono ben lontani, a esclusivo vantaggio della
penetrazione dell'Europa, prima potenza mondiale dell'agrobusiness, nei
mercati emergenti africanistanno discutendo in questi mesi i Piani di
sviluppo rurale locali. La Campagna lancia un appello perché approvino,
spiega ancora Onorati "atti di indirizzo nella quali si impegnino a
chiedere conto al Governo dei contenuti di sviluppo sostenibile degli
Accordi con Africa, Caraibi e Pacifico" ma anche di "attuare un meccanismo
di monitoraggio dei negoziati, con la piena partecipazione dei decisori
politici e della società civile”.

Sergio Marini, vice presidente di Coldiretti, in un messaggio ai partners
africani del ROPPA, ha impegnato la sua organizzazione a lavorare "perché i
negoziati di revisione degli accordi di Partenariato Economico tra l’Unione
Europea e i Paesi ACP, in particolare l’Africa occidentale, siano
improntati a un vero sviluppo e non soltanto ad una liberalizzazione del
commercio senza regole chiare, che danneggerebbe l’agricoltura familiare
africana e la nostra agricoltura multifunzionale e territoriale europea".

Un impegno necessario se, come ha dichiarato nella presentazione del nuovo
piano d'azione Vittorio Agnoletto, europarlamentare della GUE-NGL
"il libero mercato non può creare alcuna opportunità di autentico sviluppo
per il continente Africano, né per il nostro". L'europarlamentare ha
presentato a riprova un'anticipazione di un nuovo studio di simulazione
realizzato applicando un modello dell'agenzia delle Nazioni Unite sullo
sviluppo, sull'impatto degli accordi di liberalizzazione che l'Unione
Europea sta negoziando con le sue ex colonie di Africa, Caraibi e Pacifico,
gli Economic Partnership Agreement (EPA). "Se prendiamo il caso del Burundi
- ha spiegato Agnoletto - dove dazi e tariffe sulle
importazioni rappresentano tra il 30 e il 40% del Pil, la loro abolizione e
la liberalizzazione del mercato interno provocherebbe una perdita  di 12.4
milioni di dollari. Altri 1.6 milioni di dollari si sposterebbero dal
commercio con altri stati Africani agli scambi che risulterebbero più
facili con l'Unione Europea, creando un danno al continente. Altri 7
miliardi di dollari di mancate entrate si otterebbero con la
liberalizzazione delle altre tariffe. E' vero, i consumatori africani
guadagnerebbero 1.825 miliardi di dollari perché molti prodotti importati
diventerebbero più economici, ma paragonata alle perdite dell'intero Paese,
questa cifra vi sembra poter assicurare da sola uno sviluppo più
sostenibile?"

Il nuovo dossier e i materiali della campagna si possono richiedere a
<mailto:info at europafrica.info>info at europafrica.info, e sono disponibili sui
sito internet <http://www.europafrica.info/>www.europafrica.info

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