Ottime notizie dall’Uruguay: Tabaré non firmerà il TLC con gli Stati Uniti



Tabaré Vázquez, il presidente della Repubblica Orientale
dell’Uruguay, ha messo fine a mesi di polemiche e di tira
e molla: l’Uruguay non firmerà un Trattato di Libero
Commercio (TLC) con gli Stati Uniti.

di Gennaro Carotenuto

Tabaré ha parlato giovedì al paese: se pure, come ovvio,
proseguiranno trattative con il governo degli Stati Uniti
per questioni tariffarie e doganali, non ci sarà un TLC, e
tantomeno può essere preso in considerazione il cosiddetto
“fast track”, il prendere o lasciare imposto dagli Stati
Uniti che avevano fretta di portare a casa un risultato che
colpisse duramente l’integrazione latinoamericana.
L’Uruguay è salvo e sono in particolare salvi capitoli
come la proprietà intellettuale, i brevetti, il
trattamento preferenziale alle imprese statunitensi per le
commesse governative. Di questi temi, ha detto Tabaré, non
si parlerà più. Allo stesso tempo sono salvi anche
settori strategici di proprietà pubblica come la telefonia
fissa, la raffinazione e vendita di combustibili e il
mercato assicurativo che gli Stati Uniti pretendevano
liberalizzati.

Si dirime così nel migliore dei modi una controversia che
aveva visto la spaccatura in due arrivare all’interno
dello stesso gabinetto progressista. La parte favorevole al
TLC era capeggiata dal Ministro dell’Economia Danilo
Astori (della centrista Asamblea Uruguay). Dall’altra, il
líder naturale degli integrazionisti era il Ministro degli
Esteri, il socialista Reinaldo Gargano. Per mesi la
posizione del presidente della Repubblica era sembrata
propendere a favore di Astori, almeno fino alla presa di
posizione di ieri. Non è la prima volta che le posizioni
liberiste di Astori vengono messe in minoranza. Per esempio,
il ministro considerava impossibile rispettare l’impegno
elettorale di investire il 4.5% del PIL in educazione
pubblica. Ha dovuto cedere ed i fatti hanno dimostrato che
era possibile investire il 4.5% nella pubblica istruzione.

L’Uruguay, nel corso degli ultimi tre anni, sia con l’ex
presidente di destra, Jorge Batlle, sia con l’attuale
governo di centrosinistra, si era vista penalizzata
all’interno della regione dalle fin troppo buone relazioni
bilaterali tra Lula da Silva e Nestor Kirchner,
rispettivamente presidente brasiliano e argentino. Quando si
era palesata la crisi delle cartiere con l’Argentina,
Itamaraty, la Farnesina brasiliana, aveva escluso che la
questione potesse essere risolta dal Mercosur. I brasiliani
non erano disposti a sacrificare sull’altare della
cooperazione regionale le relazioni privilegiate con
l’Argentina. Per l’Uruguay era stato l’ultimo schiaffo
che aveva fatto sentire del tutto isolato il paese a oriente
del Río de la Plata.

In quel contesto si era inserito con astuzia il governo
statunitense di George W. Bush. L’Uruguay di
centrosinistra, ma deluso dalle prospettive di cooperazione
regionale, era l’anello debole dell’America Latina
progressista. L’offerta di un TLC più vantaggioso del
solito, se accettata dal governo di Tabaré, avrebbe
rappresentato per il Mercosur e per l’integrazione
regionale, una sconfitta politica di proporzioni enormi. Con
il Mercosur che si negava all’essere un consesso nel quale
l’Uruguay potesse ottenere soddisfazione rispetto a
conflitti nei quali riteneva di avere ragione, e gli Stati
Uniti che oggettivamente offrivano condizioni non
trascurabili, il governo uruguayo ha creduto di poter
giocare con profitto una politica dei due forni
pericolosissima per il paese e per la regione.

Ancora una volta uno dei fattori chiave che ha risolto in
positivo per l’integrazione regionale la vicenda, è
stata l’azione positiva del presidente venezuelano Hugo
Chávez che ha offerto un numero importante di vantaggiosi
accordi all’Uruguay –soprattutto con la cooperazione tra
PDVSA e la petrolifera pubblica uruguaya ANCAP- a patto che
il paese non allentasse i propri vincoli con il Mercosur. Un
eventuale TLC tra Uruguay e Stati Uniti avrebbe comportato,
per lo statuto stesso del Mercosur, l’uscita del paese
dallo stesso, come sia Brasilia che Buenos Aires hanno
continuato a sottolineare in questi mesi. Adesso arriva la
presa di posizione di Tabaré che chiude la vicenda.
L’Uruguay, il Mercosur e la costruzione
dell’integrazione latinoamericana hanno vinto ancora.

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