Catena di Sanlibero 343



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riccardo orioles <riccardoorioles at gmail.com>
La Catena di San Libero
31 ottobre 2006 n. 343

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Informazione in Sicilia: un convegno per la liberta'.
Chi: Casablanca, Isola Possibile, Tele Jato, Girodivite, Edizioni Le
Siciliane, Le Inchieste, Itacanews, Citta' Nuove, I Cordai, Pizzino, La
Primavera, Cittainsiemegiovani, Gapa, Addiopizzo, Malastrada Film,
RadioAut, il Dialogo, Radio Zammu', Sicilia Libertaria, Step1, Terre
Libere, Grilli dell'Etna.
Come: in due giornate di dibattito operativo. La prima fra i gruppi,
testate e soggetti della societa' civile interessati a porre le basi per
una rete siciliana dell'informazione. La seconda con i politici
progressisti interessati a sostenerla (fra cui Nando dalla Chiesa, Beppe
Giulietti, Saro Liotta, Orazio Licandro, Giuseppe Cipriani, Giovanni
Burtone e Margherita Samperi).
Quando: sabato 4 (ore 16.30, aula A1) e domenica 5 novembre (ore16.30,
Aula A1).
Dove: Catania, Facolta' di Lingue, piazza Dante, ai Benedettini.
Perche': per cominciare a coordinarci insieme in un progetto alternativo
al monopolio. Per  contribuire con un documento sull'informazione agli
Stati Generali dell'Antimafia indetti da Libera per meta' novembre. Per
un disegno di legge che tuteli l'esercizio del diritto di cronaca. Per
un concreto e deciso impegno delle forze politiche progressiste a favore
della piccola editoria e del giornalismo civile.
Inoltre: domenica 5 novembre (ore11.00, Aula A1) presentazione del
progetto di telestreet a Catania.

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Sbavaglio. Casablanca, Isola Possibile e Tele Jato indicono per il 4 e 5
novembre un convegno sullo stato dell'informazione in Sicilia.
L'emergenza e' arrivata a un livello gravissimo e il monopolio si fa
sempre piu' stretto in coincidenza coi nuovi grandi affari di Ciancio,
il Berlusconi siciliano. Il caso Telecolor, gravissimo per dimensioni e
arroganza, e' solo l'ultimo di una lunga serie di imbavagliamenti e
immotivate censure  che hanno dei precedenti solo in dittature.

Il convegno, al quale sono invitate tutte le realta' dell'informazione
libera in Sicilia, non serve a lamentare per l'ennesima volta
l'incivilta' del monopolio, ma a organizzarne insieme concretamente il
superamento.
Esistono ormai nell'Isola - e fuori - numerosi soggetti che, ognuno nel
suo settore, lavorano a un'informazione libera e indipendente. E' il
momento di coordinarsi, di organizzarsi tutti insieme in un percorso
lungo ma professionale e concreto che renda possibile il prerequisito
essenziale dell'avanzamento culturale, economico e politico della
Regione: la fine del monopolio dell'informazione e l'instaurazione di un
regime europeo e democratico anche in questo settore.

I nuovi sviluppi tecnologici, a cominciare dall'internet, e
un'intelligente integrazione di essi nel quadro di un media
pluricentrico e multifunzionale, rendono finalmente realistico questo
obiettivo. Su di esso chiamiamo a mobilitarsi, nelle giornate di studio
a partire dal 4 e 5 novembre ma soprattutto nel lavoro concreto dei mesi
successivi, tutte le forze civili della Sicilia.

* * *

La Sicilia e' la regione d'Europa con la piu' densa storia di
giornalismo militante e civile: ben otto giornalisti sono stati uccisi
qui nell'esercizio del loro mestiere. Contemporaneamente, la Sicilia e'
la regione in cui l'informazione ufficiale e' meno pluralista e
articolata: da ben prima di Berlusconi, qui, i media sono soggetti a un
monopolio (Ciancio e soci) sempre piu' pervasivo e assoluto.

Degli otto giornalisti uccisi uno (Mario Francese) era un giornalista
professionista e lavorava per una testata "ufficiale". Uno (Giuseppe
Fava) era giornalista professionista e lavorava per una cooperativa
giornalistica indipendente. Uno (Mauro De Mauro) era professionista e
lavorava per una testata d'opposizione. Tre (Cosimo Cristina, Giuseppe
Spampinato, Beppe Alfano) erano semplici corrispondenti locali, e due di
loro erano pubblicati solo dalla stampa d'opposizione che allora
esisteva. Infine, due (Mauro Rostagno e Peppino Impastato) non venivano
dal giornalismo ma dalla militanza politica e civile, pur essendo stati
uccisi per una precisa attivita' d'informazione. Solo tre su otto,
dunque, erano giornalisti "professionisti" (riconosciuti cioe'
formalmente dalle istituzioni come tali). Solo due su otto lavoravano
per il monopolio, entrambi in posizione isolata ed entrambi
disconosciuti da esso (uno degli editori di Francese mise in dubbio, in
un'intervista, la matrice mafiosa della sua morte; il magistrato del
caso Alfano dovette esercitare pressioni sull'editore per averne
collaborazione).

Tutti i giornalisti uccisi si caratterizzavano per le loro inchieste sui
poteri mafiosi, che viceversa trovavano pochissimo spazio
sull'informazione ufficiale, che in piu' casi appoggio' esplicitamente
componenti del sistema. Questo panorama complessivo ha trovato
opposizioni anche forti - L'Ora, I Siciliani - che tuttavia non sono
riuscite a sopravvivere al monopolio. Quest'ultimo e' riuscito ad
impedire la pluralita' dell'informazione anche nei confronti di testate
nazionali: per esempio Repubblica, indotta ad astenersi dalla cronaca
catanese.

Il monopolio, con tutto cio' che ne consegue sul piano individuale e
professionale, e' dunque oggi la forma normale della pratica
dell'informazione in Sicilia. Questo dato non puo' essere rimosso, a
pena di trasformare ogni dibattito in proposito in un parlar d'altro.
Implica una sostanziale estraneita' del sistema dell'informazione al
progresso democratico della Regione, un silenziamento di fatto dei
giornalisti indipendenti (fisicamente estromessi dal sistema o costretti
ad accettare o il compromesso o l'emarginazione interna), e dunque una
sempre maggiore assuefazione dell'opinione pubblica e della categoria a
questa situazione di "normalita'" non-normale.
Manca dunque in Sicilia un aspetto essenziale della cultura occidentale
ed europea, il controllo dell'opinione pubblica sulle scelte del potere.
Cio' costituisce l'ostacolo principale all'evoluzione civile ed
economica della Regione, subito dopo l'egemonia del sistema
politico-mafioso di cui e' peraltro una delle precondizioni essenziali.

Come si contrasta il monopolio? Innanzitutto, riconoscendolo come tale e
conseguentemente negandogli lo status - che oggi vige - di interlocutore
privilegiato. In secondo luogo, favorendo la crescita di testate locali
alternative. In terzo luogo, stimolando fra i giovani esperienze di
informazione semiprofessionale "dal basso". In quarto luogo, spostando
il baricentro del sistema dell'informazione sulle tecnologie di rete
(internet in primo luogo) e ponendosi consapevolmente l'obiettivo di
collocare la Regione all'avanguardia nel settore.
La non-collaborazione col monopolio e' un valore civile, e si esplica a
diversi livelli. A livello legislativo, evitando di emanare disposizioni
che in qualsiasi maniera lo favoriscano, verificando le disposizioni
vigenti, vigilando contro le agevolazioni di fatto che possano venirgli
fornite da pubblici funzionari. A livello politico, evitando - in quanto
soggetti politici - di affidare al monopolio la diffusione delle proprie
idee e rivolgendosi viceversa alla stampa locale e nazionale libera e
all'internet.

Le testate regionali e locali a carattere professionale sono sempre
state ostacolate da difficolta' pubblicitarie, di accesso al credito, di
diffusione in edicola e di partecipazione ai pubblici incentivi: in
violazione non solo dei principi generali che tutelano formalmente,
nelle Costituzioni italiana ed europea, il pluralismo dell'informazione,
ma anche delle leggi del libero mercato. E' facilmente verificabile
l'esistenza di fatto di ciascuno di questi ostacoli: rarissimi gli
imprenditori siciliani che diano pubblicita' alla stampa indipendente;
rarissima la pubblicita' istituzionale, riservata quasi interamente al
monopolio; il credito bloccato; la stessa diffusione in edicola
ostacolata, e in qualche caso caso del tutto vietata.

Su ciascuna di queste anomalie la politica puo' intervenire:
- verificando la correttezza pubblicitaria e sindacale delle imprese, e
negando qualsiasi beneficio alle inadempienti;
- obbligando tutti gli operatori del settore (dagli editori ai
diffusori) alla rigorosa osservanza delle leggi, a pena di esclusione
da ogni beneficio regionale e, nei casi piu' gravi, fornendo assistenza
legale ai soggetti danneggiati;
- distribuendo con equita' la pubblicita' istituzionale;
- facendosi promotrice di sostegni alle cooperative giornalistiche
indipendenti, verificandone la corretta utilizzazione e trasformandoli
quando possibile in erogazione di servizi tecnici garantiti.

Tecnologie e cultura. E' ormai veramente improprio parlare - sul piano
tecnico - di "nuove" tecnologie. Nel giro di vent'anni, la tecnica dei
computer si e' affermata a livello diffuso, trasformando radicalmente i
meccanismi di produzione e di mercato e producendo una serie di
acquisizioni ulteriori - la piu' nota e' l'internet - che modificano
profondamente le culture dell'intera societa'. Proprio sul piano
culturale, tuttavia, le tecnologie continuano ad essere "nuove", nel
senso che non siamo ancora arrivati a percepirne le estreme - e
liberatorie - conseguenze. E' come se stessimo usando gia' da tempo
l'alfabeto fenicio ma senza avere abolito del tutto i geroglifici, e
senza soprattutto aver compreso come l'alfabeto moderno, riservato a
tutti e non a pochi sacerdoti, renda ormai obsoleti i vecchi inni ai
Faraoni e consenta finalmente alla persona comune di comporre storia,
cultura, scienza e anche canzoni d'amore.

Sotto questo profilo, l'alfabeto fenicio si sviluppo' maggiormente in
regioni periferiche, dove la comunicazione "ufficiale" non aveva
raggiunto la complessita' e prepotenza toccate altrove. La poesia
moderna cosi' nacque in Grecia, e non al centro dei vari imperi. E
oggigiorno non c'e' ragione per cui una regione relativamente povera, e
certo molto deprivata sul piano della comunicazione ufficiale, non possa
invece porsi consapevolmente l'obiettivo di essere fra le prime sul
piano dei nuovi alfabeti. Questo implica un'attenzione eccezionalissima
da parte della politica non solo alle applicazioni "istituzionali"
dell'internet, quanto alle sue potenzialita' culturali che possono dar
luogo a mercati di massa nel giro di pochissimi anni.

* * *

Peppino Impastato, Mauro Rostagno e Giuseppe Fava si distinsero anche
per delle scelte tecnologiche allora molto innovative (la radio, la tv
locale, la fotocomposizione autogestita dai redattori). Furono queste
scelte a dar loro la possibilita' tecnica di operare giornalisticamente
in una situazione che altrimenti sarebbe stata completamente bloccata.
Il loro operare giornalistico, tuttavia, non era caratterizzato solo da
scelte tecniche illuminate ma anche - e soprattutto - da un contenuto
civile, democratico, di liberazione. La tecnologia "svelta" era un
mezzo, ma il fine era la liberta'. Essi intuirono per primi questa
correlazione.

I quotidiani arrancano (in Sicilia piu' che altrove: la gente si difende
dai cattivi giornali non comprandoli), la televisione attraversa una
fase profondissima di ridefinizione in cui l'infotainment (informazione
non distinta dall'enterteinment) sembra il trend principale, negli Stati
Uniti la politica comincia a passare piu' per il video e l'internet che
per il quotidiano e la tv. Nel mondo dell'informazione sta cambiando
tutto, non meno che nel periodo intercorrente fra gli amanuensi e
Gutenberg o fra i manifesti murali e Addison.

Questi cambiamenti lasceranno alla fine ai media eterodiretti solo
nicchie parziali (e di propaganda), e fra i media di massa
sopravviveranno, come informazione reale, quelli che riusciranno a
legarsi, in diverse maniere, al mondo dell'internet. Questo ci spinge a
proporre una precisa attenzione alle forze politiche, e a organizzare
professionalmente qui e ora delle iniziative parziali ma conseguenti. Ma
non dimentichiamo mai che il fine ultimo e' quello dell'estensione
sempre piu' ampia della liberta': liberta' del singolo cittadino di
accedere a informazioni veritiere e opinioni diverse, della societa'
civile di poter sempre contare su opzioni alternative, dei giornalisti
di potersi sempre esprimere liberamente e professionalmente.

Crediamo, con questo, di trovarci inseriti in un filone antico e umano,
del quale i nomi che abbiamo citato prima sono fra i maestri.
Che tanti di questi maestri siano siciliani ci da' orgoglio, certo, ma
anche una particolare responsabilita'. Ad essa noi cerchiamo di
rispondere indicendo questo convegno, e invitando a parteciparvi
attivamente tutti gli amici della voce libera in Sicilia e fuori.

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Ordine. Trentamila euro in due anni: e' il compenso ricevuto dall'agente
"Betulla", al secolo Renato Farina, per i servigi resi al Sismi e
costati un'indagine per favoreggiamento in inquinamento probatorio. Una
megamarchetta finalizzata all'inquinamento delle responsabilita' dei
servizi italiani nel sequestro dell'Imam egiziano Abu Omar ad opera
della Cia.
In un paese normale questo dato incontrovertibile basterebbe per
trasformare Farina in persona sgradita a qualunque redazione e di fatto
incompatibile con la professione di giornalista, cosi' come lo sarebbe
un medico scoperto a prendere soldi da una ditta di pompe funebri per
far schiattare i pazienti di proposito. Ma qui siamo in Italia ed e'
l'Ordine dei Giornalisti che decide se un operatore dell'informazione
pubblica puo' fare anche disinformazione segreta. E' per questo che
Farina non viene radiato dalla professione come sarebbe accaduto in un
qualunque paese civile, ma solamente sospeso per 12 mesi. Franco
Abruzzo, che presiede l'OdG della Lombardia a cui "betulla" continua ad
essere iscritto, sostiene che Farina ha gia' pagato il suo debito con la
categoria attraverso la "gogna mediatica" che ha fatto seguito alla
scoperta dei suoi altarini.
A questo punto bisogna chiedersi cosa cosa bisogna fare per essere
radiati dall'ordine dei giornalisti, visto che nel caso Betulla non e'
bastato imbastire false interviste per raccogliere informazioni su
attivita' della magistratura con lo scopo di riferirle poi agli stessi
indagati. A dispetto della mite sentenza ricevuta, Farina ha ripreso a
scrivere su Libero precisando che i suoi non sono articoli, ma "lettere
al direttore".
Ma non tutti sono cosi' fortunati: Maria Chiara, aspirante giornalista
conosciuta a Modena, scrive da anni per la stampa locale, ma la pagano
solamente quattro euro a pezzo, e di conseguenza anche con dozzine di
articoli al suo attivo non ha raggiunto quei 2000 euro in due anni che
l'ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna considera il guadagno
minimo necessario per fregiarsi del titolo di giornalista. Maria Chiara,
fatti furba: vai in Lombardia, dove non c'e' il limite dei 2000 euro, e
se vuoi arrotondare la paghetta passa dalla redazione di Libero e chiedi
del signor Betulla. [carlo gubitosa]

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Lo Stato contro Pinco Pallo. Accusato di essersi spacciato per ufficiale
dei carabinieri, usando il titolo per ottenere la fiducia di una donna
che ha spolpato ben bene economicamente parlando. Armi usate: un
distintivo e una pistola d'ordinanza, poi rivelatasi falsa.  Si procede
d'ufficio. Due anni di processo. Spostamenti, giornate di lavoro perse
per testimoniare, testimoni ascoltati e riascoltati.  Arriva finalmente
la sentenza. La pistola non fu mai trovata addosso al sedicente
carabiniere (ma non era falsa?), e il reato di usurpazione di titolo non
esiste. Depenalizzato. Ma c'era bisogno di un anno e mezzo di processo,
per dirlo? [antonella serafini]

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"Es un gobierno de mierda, pero es mi gobierno" (cartello a una
manifestazione popolare, Santiago del Cile, estate '72).

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Spot. http://www.lacamorrafaschifo.ilcannocchiale.it
Sinistra Giovanile vs. Potere Nero.

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Antonella Consoli wrote:

La mia vittoria

< Ma che importa
io posso ancora raccontare
ed e' questa
la mia vittoria >

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