Inquinamento Ilva a Taranto. "Nessuno di noi immaginava che quel camino emettesse diossina"



Dall'ultimo articolo di Giorgia Nardelli - Il Salvagente


Ogni anno peggio, sotto gli occhi di tutti. Pensare che il registro Eper
rende pubblici i suoi dati dal 2002, ma nessuno a Taranto come in Puglia
ha saputo trovarli prima che questi venissero scoperti “per caso”
dall'associazione Peacelink . “Qui nessuno di noi immaginava che quel
camino emettesse diossina”, dice Alessandro Marescotti di Peacelink,
“l'unica cosa che vedevamo era quella torre di 200 metri e il suo fumo
marrone che la sera si posava sul quartiere Tamburi. E pensare che a
Taranto ci mandavano a fare le vacanze i bambini di Cernobyl”. Alla fine i
numeri sono venuti fuori, denunciati da Peacelink, ma ancora una volta i
primi ad agire sono stati i membri della società civile. Le prime analisi
sugli umani le ha fatte nel febbraio del 2008 l'associazione Tarantoviva,
con i soldi degli iscritti: “Abbiamo prelevato il sangue di dieci
volontari e lo abbiamo fatto analizzare dal laboratorio Inca di Venezia.
Il sangue del campione delle persone più anziane, le più esposte,
conteneva il livello di diossina più alto mai registrato nella casistica
internazionale”.
Più tardi l'associazione “bambini contro l'inquinamento” faceva analisi
sul latte materno di alcune donne tarantine, e a febbraio scorso Peacelink
faceva analizzare formaggio locale. Il responso era sempre lo stesso: la
diossina era dovunque. “Nel formaggio ben 3 volte superiore al limite
massimo tollerabile fissato dall'Ue”, racconta Marescotti. “Trattandosi di
prodotti merceologici questa volta sono intervenute la magistratura che ha
aperto un fascicolo, e la Asl, che ha avviato analisi e riscontri sul
latte e sulle carni del bestiame delle masserie della zona”.
Anche le analisi ufficiali hanno adesso confermato che la diossina c'è, e
arriva lontano.


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