Libia, un anno fa la rivolta. Amnesty International: "Oggi milizie fuori controllo e torture"



Libia, un anno fa la rivolta. Amnesty International: "Oggi milizie fuori
controllo e torture"

Roma, 16 feb. (TMNews) - "Le milizie in Libia sono in gran parte fuori
controllo e l'impunità in bianco di cui godono le incoraggia solo a
commettere altri abusi e a perpetuare lo stato di instabilità e
insicurezza - ha sottolineato Donatella Rovera, consigliere di Amnesty per
la risposta alle crisi - un anno fa i libici hanno rischiato le loro vite
per chiedere giustizia. Oggi le loro speranze sono minacciate da milizie
armate fuorilegge che calpestano i diritti umani in totale impunità.
L'unico modo per spezzare queste pratiche radicate in decenni di abusi
sotto il regime autoritario del colonnello Gheddafi è garantire che
nessuno sia al di sopra della legge e che si indaghi su questi abusi".
Il rapporto si basa sulle ricerche condotte da Amnesty in Libia tra
gennaio e febbraio, in cui i delegati dell'organizzazione hanno visitato
centri di detenzione, incontrato personale carcerario e ospedaliero,
medici, avvocati, detenuti, ex detenuti, parenti di persone uccise o
torturate, così come rappresentanti delle autorità locali. "E' urgente che
le autorità libiche diano prova con fermezza del loro impegno a voltare
pagina dopo decenni di sistematiche violazioni, mettendo sotto controllo
le milizie, indagando su tutti gli abusi commessi, presenti e passati, e
perseguendo i responsabili", ha concluso Rovera.

Fonte:
http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/2012/02_febbraio/16/libia_un_anno_fa_la_rivolta_amnesty_oggi_milizie_fuori_-2,33652265.html?pmk=rss

--- Libia, Amnesty International denuncia morti in carcere e diffuse
torture ---

Amnesty International ha denunciato oggi che negli ultimi mesi, fino alle
recenti settimane, numerosi detenuti sono morti nelle carceri libiche dopo
aver subito torture e che il ricorso alla tortura nei confronti di
presunti combattenti e lealisti pro-Gheddafi è altamente diffuso.

I delegati attualmente presenti in Libia hanno incontrato detenuti nelle
carceri della capitale Tripoli e dei suoi dintorni, di Misurata e Gheryan,
che recavano visibili segni delle torture: ferite ancora aperte sulla
testa, sulle braccia, sulla schiena e su altre parti del corpo.

Le torture sono inflitte da appartenenti alle forze di sicurezza e
militari ufficialmente riconosciute, così come dalle moltitudini di
milizie armate che operano al di fuori di qualsiasi contesto legale.

"Dopo tutte le promesse di porre i centri di detenzione sotto controllo, è
terribile constatare che non c'è stato alcun passo avanti per porre fine
all'uso della tortura" - ha dichiarato Donatella Rovera di Amnesty
International. "Non siamo a conoscenza di alcuna indagine adeguata sui
casi di tortura né di alcuna procedura per cui le vittime della tortura o
i parenti di chi è morto sotto tortura abbiano potuto chiedere giustizia e
risarcimento. Alcuni detenuti ci hanno raccontato le torture, altri si
sono rifiutati, limitandosi a mostrarci le ferite, nel timore di poter
subire un trattamento peggiore".

I detenuti, sia libici che stranieri provenienti dai paesi dell'Africa
subsahariana, hanno riferito ad Amnesty International di essere stati
appesi in posizioni contorte, picchiati per ore con fruste, cavi, tubi di
plastica, catene, sbarre di metallo e bastoni di legno e di aver subito
scariche elettriche sia con gli elettrodi che con congegni simili alle
pistole taser.

Referti medici esaminati da Amnesty International hanno confermato l'uso
della tortura su parecchi detenuti, alcuni dei quali morti in carcere.

I detenuti sono stati di solito torturati immediatamente dopo l'arresto da
parte delle milizie armate locali e poi durante gli interrogatori, anche
all'interno di luoghi ufficialmente riconosciuti come centri di
detenzione. Finora i detenuti non sono stati autorizzati a incontrare i
loro avvocati. Diversi di essi hanno detto ad Amnesty International di
aver confessato reati mai commessi pur di far cessare le torture.

A Misurata, le torture proseguono nel centro adibito agli interrogatori
della Sicurezza militare nazionale e nel quartier generale delle milizie
armate.

Numerosi detenuti sono morti mentre erano in custodia delle milizie armate
a Tripoli, nei dintorni della capitale e a Misurata, in circostanze che
fanno pensare alla tortura.

Il più recente caso di morte in carcere a seguito di tortura di cui
Amnesty International è a conoscenza è quello di Ezzeddine al-Ghool, un
colonnello di 43 anni padre di sette figli, arrestato dalle milizie armate
a Gheryan, 100 chilometri a sud di Tripoli, il 14 gennaio. Il suo corpo è
stato riconsegnato ai parenti il giorno dopo, pieno di ematomi e ferite. I
medici hanno confermato che è morto di tortura. Diversi altri detenuti
sono stati torturati nello stesso periodo e otto di loro sono stati
ricoverati in ospedale per le gravi ferite riportate.

Amnesty International sta investigando su altre denunce analoghe che ha
ricevuto di recente.

Nonostante le ripetute richieste fatte sin dal maggio scorso, Amnesty
International rileva che le autorità di transizione della Libia, sia a
livello locale che a livello nazionale, non hanno condotto reali indagini
sui casi di tortura e sulle morti sospette in custodia.

Il funzionamento delle forze di polizia e del sistema giudiziario rimane
discontinuo nel paese. In alcune zone della Libia i tribunali si occupano
dei casi civili ma non di quelli "sensibili" relativi ad aspetti politici
e di sicurezza. In loro vece, una serie di organismi non ufficiali, con
nessuno statuto legale, compresi i cosiddetti "comitati giudiziari",
svolgono interrogatori nei centri di detenzione al di fuori di ogni
controllo.

"Finora, chi controlla il potere non ha minimamente preso provvedimenti
concreti per porre fine alle torture e ai maltrattamenti e chiamare i
responsabili a rispondere dei loro crimini. Non stiamo sottostimando la
complessità dei problemi che le autorità transitorie libiche devono
affrontare per riprendere il controllo sulla moltitudine di milizie armate
che operano in tutto il paese, ma pretendiamo che assumano iniziative
ferme contro la tortura. Nell'interesse della costruzione di una nuova
Libia basata sul rispetto dei diritti umani, questo tema non può essere
lasciato in fondo all'agenda".

Amnesty International chiede alle autorità libiche di adottare con urgenza
le seguenti misure:
chiudere tutti i centri non ufficiali di detenzione e istituire meccanismi
per porre tutti i centri di detenzione sotto il controllo delle autorità,
assicurando effettivi controlli sulle procedure e sulle prassi adottate al
loro interno;
assicurare immediate indagini su tutti i casi noti o denunciati di torture
e maltrattamenti, rimuovendo subito i responsabili da incarichi relativi
alla detenzione in attesa dell'esito delle indagini; dove vi siano
sufficienti prove, processare i responsabili secondo procedure eque e
senza ricorso alla pena di morte;
assicurare che tutti i detenuti abbiamo accesso agli avvocati;
assicurare che i detenuti siano sottoposti a regolari esami medici e che i
certificati medici da cui risultino ferite che potrebbero essere state
causate dalla tortura siano consegnati ai detenuti e alle autorità
giudiziarie.
FINE DEL COMUNICATO                                                       
                          Roma, 26 gennaio 2012


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Alessandro Marescotti
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(TA)