"Avanti nello spegnimento dell’Ilva"



Fonte: La Stampa

CRONACHE - 30/07/2012 - TARANTO, OGGI INCONTRO TRA IL PRESIDENTE FERRANTE E IL PROCURATORE SEBASTIO

La procura rifiuta la trattativa: "Avanti nello spegnimento dell’Ilva"

Tensione sempre alta a Taranto dove migliaia di operai rischiano di perdere il lavoro
Inquirenti irritati per le ingerenze di politici e sindacati. Giovedì 
il giorno dello sciopero generale
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A TARANTO

All’improvviso l’incantesimo sembra svanire. Il clima idilliaco che sembrava indicare bonaccia sul barometro dei destini dell’Ilva, sta precipitando in burrasca. A sera, il procuratore Franco Sebastio sbotta. Il messaggio è molto chiaro: «Non c’è nessuna trattativa in corso - si sfoga il procuratore - non ci può essere. Sono in corso delle procedure molto complesse per attuare le indicazioni del gip».

Insomma, fino a prova contraria si devono spegnere i sei impianti inquinanti indicati dal gip Patrizia Todisco. Ma la procura auspica un atteggiamento diverso degli imputati nei confronti del processo. «Se un imputato scandisce Sebastio - ha qualcosa da dire o da proporre noi siamo pronti ad ascoltarlo e ad esaminare le proposte. Se un loro avvocato depositerà una memoria difensiva, siamo pronti a valutarla. Ma, ripeto, non è in corso nessuna trattativa con l’azienda. Possiamo spingerci fino a sentire le proposte delle persone informate dei fatti».

Il riferimento è al nuovo presidente dell’Ilva, il «prefetto» Bruno Ferrante, che proprio stamani incontrerà il procuratore generale della Corte d’appello di Lecce Vignola, e il procuratore di Taranto Sebastio. Quello che ha fatto andare su tutte le furie gli inquirenti è un certo clima che vede protagonisti governo, sindacati, istituzioni, partiti. Tutti a sottolineare che l’impianto non si può chiudere, che il lavoro degli operai va salvaguardato. Come se responsabile della annunciata «catastrofe sociale» sia la procura e non l’Ilva che ha violato la legge, provocando il «disastro ambientale».

Le dichiarazioni del procuratore Sebastio indicano alcuni punti fermi. E cioè che c’è una doppia ordinanza, di custodia cautelare (8 arresti domiciliari) e di sequestro delle aree che inquinano: acciaieria, cokeria, agglomerati, parchi, altiforni, Grf (gestione rottami ferrosi). Fino a prova contraria, l’Ilva va chiusa senza «licenza d’uso», per dirla con il gip Todisco.

E, dunque, la prima mossa spetta agli imputati, e tra loro va ricordato c’è il patron dell’acciaieria più grande d’Europa, Emilio Riva, da giovedì agli arresti domiciliari insieme a un figlio e ad altri sei dirigenti dello stabilimento tarantino. Naturalmente il Riesame, fissato per venerdì, in via teorica potrebbe anche capovolgere le conclusioni del gip Todisco, revocando il sequestro delle aree o le misure cautelari. E, dunque, quelle «procedure complesse» avviate o da avviare devono in ogni caso aspettare che si definisca dal punto di vista processuale il destino degli impianti.

E venerdì non dovrebbe accadere nulla nel senso che si svolgerà l’udienza dibattimentale del Riesame, le difese degli imputati avanzeranno delle richieste, i pm esprimeranno un loro parere e il Tribunale si riserverà una decisione nelle ore successive.

Anche lo sforzo sincero dell’Ilva di cambiare pagina, ribadito dal nuovo presidente, Bruno Ferrante, rischia di non essere sufficiente. Perché al di là dell’impegno al confronto, al dialogo, al di là della volontà di cambiare segno alle relazioni sindacali - è in uscita il responsabile De Biase -, l’Ilva deve mettere sul piatto qualcosa di molto concreto. Irrita la procura quel clima di «concordia» bipartisan che vede un unico fronte unito, dal Vaticano al sindacato, dai partiti al governo. A sostegno delle ragioni operaie come se il problema non fosse quello di un’azienda che per andare avanti deve mettersi in regola, rispettare la legge, e, in questo momento, le prescrizioni indicate dal gip Todisco.

Insomma, al di là della disponibilità al dialogo, la procura si aspetta dalle persone «informate dei fatti», Ferrante, qualcosa di molto concreto. E cioè dovrà spiegare cosa intende fare, quanto intende investire e realizzare per rendere compatibile l’ambiente di lavoro e la fabbrica con il territorio. Per l’accusa, infatti, l’Ilva inquina e uccide.

Adesso la difesa proverà a confutare i dati investigativi e le perizie dell’incidente probatorio che, dal punto di vista della procedura penale, rappresentano una «prova» dell’accusa. Ecco perché la strada è tutta in salita. E lo sciopero generale di giovedì, alla vigilia del Riesame, è un’invasione di campo. Altrove e in un altro contesto, questo sciopero che ha il sapore di essere contro la magistratura, provocherebbe una levata di scudi. Per Taranto e l’Ilva questo non succederà.
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