La nonviolenza e' in cammino. 882



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 882 del 28 marzo 2005

Sommario di questo numero:
1. Giulio Vittorangeli: Il sapore dell'utopia
2. Ettore Masina: Due lettere
3. Peppe Sini: Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri
criminali a Viterbo (1995)
4. Letture: Anna Bravo, Il fotoromanzo
5. Letture: Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta
Scaraffia, Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea
6. Letture: Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, La Resistenza taciuta
7. Letture: Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria?
8. Letture: Lucetta Scaraffia, Rinnegati. Per una storia dell'identita'
occidentale
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IL SAPORE DELL'UTOPIA
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

La guerra e' sempre fatto estremo, distrugge la vita delle persone.
Quella in Iraq, in particolare, non e' un episodio di cui e' visibile un
termine e di cui si puo' intravedere una soluzione; perche' i suoi registi
non hanno in mano alcuna opzione finale se non quella di continuare alzando
ogni giorno il volume di fuoco. Ed e' difficile pensare che dell'Onu
rimarra' qualcosa di piu' di una sigla di copertura se il comando militare
(e politico) restera' nelle mani di Washington.
Cosi' siamo spaventati dall'instabilita prodotta dalla superpotenza Usa, e
dalle reazioni che essa suscita su un terreno come quello del Medioriente.
Abbiamo paura che non se ne esca piu'.
Siamo spaventati dalla violenza dei poteri mondiali, non solo quando fanno
la guerra, ma nell'ordinamento che impongono quasi che fosse legge di
natura. E' violento lo schema originario del rapporto fra uomini e donne e
tanto piu' in quanto introiettato.
Siamo spaventati dalla perdita dei diritti politici e sindacali della forza
lavoro, che in Europa sono andati sempre assieme alla democrazia.
Siamo spaventati da questo terribile paese che l'Italia e' diventato. Che e'
diventato, si badi, non snaturandosi, ma mutando "in se stesso", in
continuita' con la sua profonda identita' politica.
Con il berlusconismo e' avvenuta una involuzione culturale profonda. Il
paese non n uscira' (quando e come riusciremo a liberarci) identico a prima,
simile a un corpo giovane che si rimette dall'influenza. Lascera' segni
profondi, che non svaniranno con l'eclisse di Berlusconi, l'italica
traduzione dell'onda liberista che ha abbattuto la costituzione materiale
del paese, fatto dilagare l'atomismo sociale e dato fiato, aggiornandole,
alle pulsioni peggiori della nostra storia.
Siamo alla degenerazione delle forme e della sostanza della repubblica.
Abbiamo assistito ad un indebolimento fatale del pensiero moderno, che ha
causato parte della mutazione genetica di cio' che era la sinistra.
Siamo spaventati dalla caduta della memoria.
Ci fa paura che ci sia sfuggita dalle mani l'analisi del Novecento e sia
finita in mano a chi ci vorrebbe morti. Perche' siamo figli e figlie di un
secolo, forse di un millennio, che grava sulle nostre esistenze, irrisolto.
Cosi' ci chiediamo, impauriti, se il mondo e' stato sempre cosi' crudele.
Forse la crudelta' odierna e' piu' persistente, pervasiva e continua. Non
risparmia ne' il pianeta ne' chi lo abita. Astratta in quanto deriva
esclusivamente dalla logica della ricerca del profitto (fredda come un
congelatore), la crudelta' contemporanea minaccia di rendere obsoleto ogni
altro insieme di certezze e, con esse, la consuetudine di affrontare la
crudelta' della vita con dignita' e qualche lampo di speranza.
*
Ma dove cercare la speranza quando apparentemente non c'e'?
Tra le donne, ossia nell'interpretazione e nella visione femminile del mondo
(le ragioni della critica femminista) come risposta a quella troppo maschile
nel senso dell'uso della violenza. Pensiamo a tutti i fondamentalismi a
colpi di misoginia e oppressione praticati in nome di religioni e leggi; per
non parlare dei colpi di cannone sparati in nome di un altro
fondamentalismo: l'economia globale.
Non e' un caso che sia il femminismo a detenere gli strumenti piu' efficaci
di critica al militarismo e alla violenza.
Ed ancora, la speranza del movimento altermondialista, probabilmente a
maggioranza femminile; oggi l'espressione piu' alta del dissenso e della
voglia di cambiamento. Anche se poco spazio e' dato alla sua presenza
istituzionale. Ora (al di la' delle ricorrenti rigidita' identitarie, delle
ossessioni autorappresentative e di facili semplificazioni: i molti piu'
inclini allo slogan che alla fatica della riflessione) questo movimento
esiste, resiste, cresce, ma stenta ad incidere concretamente. Questo,
perche' i "nuovi soggetti" che lo compongono, rifiutano o rimandano a non si
sa quando la ricostruzione di un segmento di rappresentanza che possa
incidere sui poteri.
Infine, la speranza della solidarieta' internazionale, intesa come capacita'
di coniugare le lotte delle masse impoverite del centro e delle periferie
del mondo. Come tentativo di continuare a pensare la storia e la politica
(intesa come esercizio di mente e di cuore, di risate, indignazione e
azione), anche dopo che molte speranze sono state ferite, sono state
turbate, sono state disilluse dal corso degli eventi.
Indignarsi sempre davanti alla riduzione delle persone a nuda corporeita' (i
corpi devastati dalla fame, dalla guerra, dalle torture, dalle malattie,
dalle migrazioni), a pornografia, a sommatoria di organi (biotecnologie,
sperimentazione genetica); e ricominciare sempre, con pazienza, a capire.
*
Tutto questo ha il sapore dell'utopia (utopia significa "il luogo che non
c'e'"... quindi l'utopia non esisterebbe); e quello che ci manca, in questo
momento, e' proprio la capacita' di costruire una nuova utopia, non un sogno
ingannevole.
Perche' la funzione dell'utopia e' nel suo fallimento affinche' ogni volta
ne rinasca una migliore; consiste nell'essere causa piu' che effetto, motore
del viaggio ad un orizzonte che retrocede sempre di un passo per ciascun
passo avanti dell'umanita'.
Perche', malgrado le apparenze e mai come in questo momento, i protagonisti
della storia e cioe' della vita sono i popoli, gli esseri comuni, ogni uomo
e ogni donna lo sono, lo sono le tante persone che difendono, in ogni angolo
di questa martoriata terra, la propria condizione e dignita' a prezzo di
fatiche e sconfitte.

2. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: DUE LETTERE
[Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it,
sito: www.ettoremasina.it) per l'invio della sua "Lettera" mensile (la
"Lettera" viene inviata a chiunque ne faccia richiesta scrivendo al suo
indirizzo: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216; un contributo alle
spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito; i versamenti possono
essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone
Magno 56, 00167 Roma). Dai numeri 104, del gennaio 2005, e 105, del febbraio
2005, riportiamo i seguenti testi. Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928,
Ettore Masina - giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch,
gia' parlamentare - e' una delle figure piu' vive della cultura e della
prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i
suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi,
burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato.
Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il
Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un
passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi,
tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo
Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al
Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo
deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della
pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni
Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero
(San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il
Vincere (San Paolo, 2002)]

Come una madre demente
Come una madre demente che per soccorrere  un figlio disgraziato togliesse
il pane agli altri (ma non a se stessa!), la comunita' internazionale per
aiutare le vittime dello tsunami sta sottraendo ogni aiuto agli altri paesi
poveri. Lo denunziano molte ong e lo conferma M. Aelion, responsabile dei
progetti regionali del Programma alimentare mondiale, agenzia delle Nazioni
Unite: "Il maremoto ha provocato il dirottamento di tutti i fondi verso il
Sud Est asiatico, e all'Africa non arriva piu' nemmeno un soldo".
*
Africa: lo tsunami quotidiano
Ho cominciato a conoscere l'Africa quando avevo sei anni: mio padre,
ufficiale dei carabinieri, fu trasferito a Bengasi e ci porto' con se'. Era
l'inverno del 1934 e da Siracusa viaggiammo per tre giorni e tre notti sul
bastimento "Citta' di Trieste", in un mare agitato da una tempesta che
rimase negli annali della navigazione. Forse per questo, sbarcare mi sembro'
un sogno, subito convalidato dalle palme del Lungomare e dai libici nei loro
candidi barracani. Bengasi aveva allora, piu' o meno, venticinquemila
abitanti: diciannovemila indigeni, qualche centinaio di indiani, una
comunita' ebraica censita a parte e cinquemila "coloniali": funzionari e
militari, con le loro famiglie. Molti dei coloniali soffrivano di nostalgia
per la Madre Patria e molti altri, invece, erano sensibili soprattutto
all'"indennita' per disagiato servizio" e ai privilegi di "razza": il piu'
povero dei contadini meridionali, analfabeta e incapace di esprimersi in
buon italiano, si sentiva, in Libia, ed era, ben piu' importante di
qualunque arabo, fosse pure il piu' colto. Troppo piccolo per comprendere
quanto quei privilegi fossero macchiati di sangue, non sapevo che era appena
terminata la crudelissima repressione con la quale Graziani aveva
schiacciato la resistenza libica; ed erano appena stati chiusi i veri e
propri lager di sterminio in cui erano morti, per fame o per malattie, un
terzo dei cirenaici. Di quegli anni mi rimane soltanto il ricordo nostalgico
delle oasi nei pressi di Derna con le acque limpidissime dei loro uadi,
della selvaggia bellezza  del Gebel, dell'incanto di Cirene  e di Apollonia:
monumentali rovine di un giallo arancio sulle rive di un mare violetto; e la
meraviglia, venata d'incomprensione, per la vera e propria apartheid che
divideva la popolazione libica da quella italiana. Nessun bambino arabo con
cui giocare o nelle scuole che noi bambini italiani frequentavamo, i posti
"riservati" nei cinema e nei caffe', le cerimonie del Ramadam rozzamente
schernite, cosi' le donne sepolte nei grevi mantelli di lana.
Passarono molti, molti anni e il mio lavoro di deputato mi riporto' piu'
volte in Africa. In Somalia incontrai nel suo bunker Siad Barre, il feroce
dittatore somalo sponsorizzato  dai socialisti italiani; e ai confini con
l'Etiopia, nell'Ogaden, vidi bambini mutilati da mine di fabbricazione
nostrana, imparzialmente vendute all'uno e all'altro esercito per una guerra
terminata due anni prima. Nel  Sudan equatoriale scoprii gli orrori del
ventennale conflitto fra islamici e cristiani e animisti. A Dar el Salaam
("citta' della pace") visitai una fabbrica alimentare in cui le operaie
guadagnavano cinquemila lire la settimana. Nello Zimbabwe, un gruppo di
coraggiosi medici italiani si batteva contro il flagello dell'Aids che
colpiva un terzo delle gestanti... Vidi, naturalmente, anche cose
meravigliose: l'incanto di Zanzibar, antica capitale di un regno di
schiavisti, bianca citta' che si sgretola lentamente sotto il sole, la
selvaggia magnificenza delle cascate Victoria e lo squallore di Soweto,
improvvisamente fiorito di bandiere e di canti perche' Nelson Mandela era
stato liberato da poche ore (e gia' preparava, ci confido', un discorso per
chiedere ai suoi fratelli di deporre le armi e costruire la pace).
Soprattutto incontrai persone - bianche  o nere - che, con fatica e
coraggio, coltivavano per l'Africa inedite speranze. Il volontariato
italiano esprimeva molte di queste persone: penso per tutte ad Annalena
Tonelli, scienziata e autentica santa, poi uccisa in Somalia...
E' per questo, e non soltanto per la gloria dei suoi tramonti, la bellezza
delle sue donne, la grandezza dei suoi artisti inconsapevoli, che amo
l'Africa e non riesco ad abituarmi a certe crudeli statistiche e alle
tragedie che le sottendono. L'Africa e' l'unico continente del cosiddetto
Terzo Mondo che negli ultimi 25 anni e' diventato piu' povero, da tutti i
punti di vista, confermando la terribilita' della sua storia. Come
dimenticare che e' il continente da cui, due milioni di anni fa, mosse la
razza umana per diffondersi su tutta la Terra? Passarono millenni di
millenni, poi, trenta secoli fa, uomini armati fecero ritorno a questa Madre
universale, ma soltanto per metterla a ferro e fuoco e rapinarla delle sue
ricchezze. Da allora la schiavitu' segno' l'Africa indelebilmente: decine di
milioni di suoi figli, selezionati fra i piu' vigorosi, le furono
violentemente sottratti per trasformare le due Americhe in immense
piantagioni e miniere; e quando l'obbrobrio della schiavitu' fu formalmente
cancellato, il colonialismo trasformo' gli africani in servi e in soldati,
inchiodo' l'economia africana alla servitu' delle monoculture, schiaccio'
con ferocia le ribellioni, finche' esse divennero irresistibili. Ammainate
le bandiere delle cosiddette Grandi Potenze, il potere, occulto ma quasi
totale, rimase nelle mani delle societa' multinazionali, che ancora oggi lo
usano senza pieta'. Esse fecero fallire ogni vero progetto di liberte' (come
l'Union Minieres, a suo tempo mandante dell'assassinio di Lumumba) o
scatenarono guerre che sembrano nazionalistiche o addirittura tribali, ma in
realta' servono al possesso di diamanti, di coltan, di uranio e d'oro - e
sostengono un fiorente commercio di armi (Un esempio. In Angola, a tre anni
dalla fine della guerra, vi sono ancora da bonificare piu' di duemila campi
minati: complessivamente 15 milioni di ordigni - la maggior parte di
fabbricazione italiana. Se si pensa, nota l'agenzia Misna, che la
popolazione angolana e' di dieci milioni di persone, e' in quest'area che si
verifica la piu' alta concentrazione al mondo, che rende improduttivo un
terzo del paese. L'ex colonia portoghese - commenta la Misna- detiene il
terribile record di un amputato ogni 334 abitanti, per un totale di circa
settantamila vittime, delle quali ottomila hanno meno di 15 anni! Ai ritmi
attuali e' stato calcolato che occorrera' piu' di un secolo per bonificare
completamente le aree minate in tutta l'Angola durante il conflitto che tra
il 1975 e il 2002 ha provocato oltre mezzo  milione di morti...).
Raramente i nostri mass-media si degnano di parlare di queste tragedie;
eppure nella zona orientale del Congo la guerra (per il coltan e per
l'uranio) ha fatto quattro milioni  di morti e piu' negli ultimi sette anni
e continua; nel Darfur, dal febbraio 2003, due milioni di persone sono state
costrette all'esodo dalle loro terre, spesso senza poter seppellire i propri
morti, almeno settantamila: apparentemente un conflitto etnico, ma
certamente legato anche alla presenza di giacimenti petroliferi. Dall'Uganda
alla Costa d'Avorio all'Angola torme di bambini sono arruolati a forza negli
eserciti piu' o meno "regolari", piccole vittime di una orrenda follia.
Sono devastazioni che minacciano anche le future generazioni perche'
distruggono la natura, creando poverta' che fatalmente si riverseranno sui
luoghi dove sembra ancora possibile la sopravvivenza. L'esodo - come tutti
sappiamo ma cerchiamo di non vedere -  e' gia' cominciato, e sono ormai
migliaia e migliaia gli autentici eroi delle migrazioni che attraversano
deserti e pericoli di ogni sorta per affacciarsi sul Mediterraneo.
Il cumulo delle tragedie africane e' tale che il continente sembra avere
generato invano grandi leaders come il tanzano Julius Nyerere, il
mozambicano Amilcare Cabral, il sudafricano Desmond Tutu o la keniota
Wangari Maathai, Nobel per la Pace 2004.
Dovunque, in Africa, un dittatore o la casta militare schiacciano una
popolazione terrorizzata, la' si muove un capitalismo estero, la cui ferocia
e ottusita' sono ancora piu' gravi perche' espressioni di veri e propri
centri imperiali.
Oggi meta' degli africani (400 milioni di persone) devono sopravvivere con
meno di un dollaro al giorno e non hanno accesso all'acqua potabile. Tornano
a espandersi malattie come la malaria, la tubercolosi e la "malattia del
sonno". In nove paesi africani l'Aids ha abbassato la soglia di speranza di
vita sotto i quarant'anni. Gli stati del Continente pagano complessivamente,
come interessi per i loro debiti internazionali, 13 miliardi di dollari
all'anno quando, secondo l'Unicef, basterebbero 9 miliardi all'anno per
salvare la vita a 21 milioni di persone. Il quotidiano spagnolo "El Pais"
parla giustamente di "tsunami silenzioso".
Incrudelire sulla sorte degli africani per andare al soccorso degli asiatici
e' mostruoso.
*
La catastrofe e l'avarizia
Non sono fra quelli che si sono commossi perche' la meta' degli italiani che
posseggono un telefonino (soprattutto giovani) hanno inviato un euro
ciascuno per i soccorsi alle vittime del maremoto. Intanto considero triste
che il 50% delle persone alle quali era stato rivolto l'appello, dunque una
grande massa, si sia rifiutato persino di schiacciare  cinque tasti e di
elargire ai miseri una minuscola parte dei soldi spesi ogni giorno per
chiacchiere, inutili se non peggio. Ma poi, anche se e' vero che i soldi
comunque raccolti sono importanti per aiutare (realmente, spero) qualche
popolazione devastata da una nuova miseria, mi turba l'dea che si possano
esorcizzare problemi e grida di dolore o di allarme (anche per il nostro
futuro) attivando quasi distrattamente un ingranaggio per il dono di una
briciola di pane. E' una specie di automatismo tecnologico di un'elemosina
fatta per togliersi di torno un molesto accattone.
Ma non parlo soltanto degli aiuti privati. Il cerchio dell'egoismo dominante
nelle terre del benessere si chiude quando alla pochezza della capacita' di
condivisione dei singoli si aggiunge la miserabilita' degli aiuti statali.
Ha scritto l'autorevole "The Guardian": "Il governo Usa ha stanziato per le
vittime dello tsunami 350 milioni di dollari, e il governo inglese 96
milioni. Gli Stati Uniti. hanno sinora speso 148 miliardi di dollari nella
guerra in Iraq, mentre gli inglesi ne hanno speso11,5. La guerra in Iraq
dura da 656 giorni. Lo stanziamento Usa per lo tsunami equivale dunque a
cio' che essi spendono in un giorno e mezzo in Iraq. Lo stanziamento inglese
equivale al prezzo di cinque giorni e mezzo di operazioni belliche".
Di piu': i Sette cosiddetti Grandi, riuniti a Londra mentre scrivo, sembra
non siano riusciti ad accordarsi sulla cancellazione del debito estero dei
paesi colpiti da maremoto (misura gia' di per se' insufficiente) a causa del
netto rifiuto del governo americano. Anche la miseria del cosiddetto Terzo
Mondo puo' giovare alla gloria di Bush e del suo impero.
E l'Italia? L'Italia, invece di onorare gli impegni presi a suo tempo in
sede Onu, secondo i quali gli stati dovrebbero destinare alla cooperazione
internazionale lo 0,47% del proprio bilancio, offre la desolante realta' di
uno scarso 0,11%. Quando Berlusconi e Fini si affacciano agli schermi del
grande Circo massmediatico della Bonta' per informarci dei prodigi della
solidarieta' italiana, si guardano bene dall'indicare le dimensioni di
quella che e' invece sordida avarizia, l'abbandono di grandi sacche di
poverta' alle quali avevamo promesso aiuti.
*
Madre Terra
Lo  tsunami non sara stato soltanto una terribile catastrofe se le sue
dimensioni riusciranno a farci capire alcune scomodissime verita': che la
Madre Terra continuamente violentata da uno sfruttamento selvaggio, non puo'
che nutrire i suoi figli con un latte avvelenato dal sangue della
disperazione; che e' dalla condizione dei poveri che si definisce una
civilta'; che questa condizione e' responsabilita' di tutti, e il dovere
della solidarieta' non puo' essere evocato soltanto davanti alle apocalissi;
che solidarieta' non puo' voler dire semplicemente elemosina: Paolo VI ci ha
ricordato che la giustizia e' la misura minima della carita', e papa
Giovanni ci ha insegnato che il nostro superfluo va calcolato sui bisogni
altrui; infine che la violenza di certe epidemie e quella del terrorismo ci
mostrano che e' del tutto illusorio pensare di potersi chiudere in fortezze
inespugnabili. Non puo' esserci una vera realpolitik che non sia una
politica della ragione e che, in quanto tale, non lavori a spostare l'asse
della vita internazionale dalla fame di possesso e di potere  a quella di
una possibilita' di vita per tutti i popoli della Terra. Come non capire
che, altrimenti, e' l'intera umanita' ad essere mortalmente minacciata? Non
un pericoloso bolscevico ma Francis Fukuyama, consulente del Pentagono e
assertore, qualche anno fa, della fine della storia perche' il mondo aveva,
secondo lui, trovato un suo assetto accettabile e dunque definitivo, oggi
descrive a questo modo la situazione planetaria dopo la crisi del
bipolarismo e degli stati-nazione: "un'accozzaglia eterogenea di
multinazionali, organizzazioni non-goverrnative, organizzazioni criminali,
gruppi terroristici e cosi' via": La salvezza che egli propone e' ancora una
volta affidata alla forza degli stati e, in particolar modo, degli Stati
Uniti.
La realta', io credo, e' che l'unica salvezza proponibile e' quella
dell'utopia, perche' ormai l'utopia coincide con la ragione. I governanti, i
partiti, il modello consumista, cancellando o riducendo a entita' simboliche
la fraternita' umana in nome di un benessere materiale da incrementare
incessantemente nei paesi gia' privilegiati, preparano guerre sempre piu'
crudeli, distruzioni del creato, insicurezza per i nostri figli, problemi di
terribile entita' per i nostri nipoti. E' necessario far crescere questa
consapevolezza e la volonta' di liberarsi dalla schiavitu' del materialismo
genocida del Mercato. Davanti alla ferocia dell'egoismo imperiale e al
nanismo politico dei nostri partiti, cui sembra mancare ogni sensibilita' a
proposito delle comuni responsabilita' planetarie, e' necessario che
continui a crescere di dimensioni numeriche ma anche di progettazione
creativa il movimento di chi pensa - e vuole - che un altro mondo sia
possibile. Famiglie, scuole, comunita' di fede, associazioni culturali ma
anche legami d'amore o d'amicizia, reti di libera informazione, gruppi di
solidarieta' devono  diventare i luoghi di una speranza difficile ma
testarda: la quale scopre nel suo cammino che la vita e' bella quando si
apre a essere dono.
*
Il turismo degli orchi
Quel pomeriggio di fine agosto, a Recife, si scateno' un temporale. Che
dico? Un nubifragio, un diluvio, un tifone, o quasi. La periferia della
metropoli divento' invisibile al di la' dei finestrini del tassi' che ci
portava all'aeroporto; sembrava di essere in un acquario, con la differenza
che gli acquari sono silenziosi e illuminati mentre qui il maltempo ruggiva,
anticipando una nerissima notte. "Gracas a Deus" mormoro' piamente il
tassista quando arrivammo al terminal.
La violenza del maltempo impediva i decolli, e le sale d'attesa, come
succede in quei casi, assunsero rapidamente l'aspetto di un bivacco fumoso.
Nonostante la pioggia incrudelisse, continuavano ad arrivare passeggeri, e
anche il chiasso andava crescendo. Una folta comitiva di italiani era la
maggior fonte di baccano. Guardandoli con antipatia, ci accorgemmo che
avevano una caratteristica  particolare: non l'aspetto, che era di persone
qualunque di varia eta', fra i 30 e i 60, piccola borghesia, non  il loro
dialetto o accento, che erano quelli di lombardi, di veneti e di toscani, ma
il fatto che erano accompagnati  da un gruppo di ragazzine, quasi tutte in
due pezzi: body e minigonne. Qualcuna aveva gli occhi e le labbra truccate,
ma la maggior parte non nascondevano quello che erano: bambine di una decina
d'anni o poco piu'. Vestite com'erano, sembravano caricature delle "famose
mulatte" del Brasile; ma piu' ricordavano, a me e a Clotilde, le nostre
nipotine quando si impossessano degli abiti delle madri e si pavoneggiano
davanti a uno specchio.
Queste bambine stavano in un gruppetto a parte, e si vedeva che erano
annoiate dell'attesa. Di quando in quando un italiano usciva dalla sua
cerchia e andava a parlare con qualcuna di loro. Rideva con lei, le
carezzava una guancia, le dava qualche festosa pacca sul sedere. La verita'
era evidente. Ci venne da vomitare quando ci accorgemmo  che qualcuno di
quegli allegri turisti si appartava con la "sua" bambina e le parlava con
affettuosa serieta', facendole la predica, come usano, prima di partire per
un lungo viaggio i papa' o i nonni. Un famoso giornalista brasiliano,
Gilberto Dimenstein, che aveva dedicato due approfondite  inchieste al
problema della prostituzione minorile, mi aveva detto pochi giorni prima.
"Le bambine mi hanno raccontato che il 'cliente' italiano, al momento
culminante vuole essere chiamato papa'".
Finalmente, con la stessa subitaneita' con la quale si era avventato sulla
citta', il temporale-diluvio se ne ando', e noi, richiamati dalle
incomprensibili voci vellutate  delle hostess, marciammo verso i debiti
varchi. Perdemmo di vista i nostri connazionali, per grazia di Dio non
assistemmo ai loro congedi. Ben presto le luci furono spente nell'aereo,
ridotti a ombre i passeggeri. Rivedemmo i pedofili la mattina seguente. Si
salutarono  garbatamente fra loro, evitando qualsiasi espressione di
complicita'. Scendendo alla Malpensa, erano diventati onesti artigiani e
piccoli imprenditori, gradevoli persone di tutti i giorni, possibili nostri
condomini.
Secondo i calcoli degli enti governativi brasiliani, e nonostante i loro
sforzi, nove milioni di bambini sono praticamente randagi, nelle strade.
Molti vi vivono giorno e notte, sbrigativamente uccisi con tragica frequenza
da qualche poliziotto prezzolato  dai commercianti infastiditi; o trascinati
negli orrendi carceri della Febem, l'ente che dovrebbe garantire quello
statuto Onu dei diritti dei bambini che il Brasile ha inserito gia' nel 1990
nella propria Costituzione. Almeno un quarto del ragazzi brasiliani fra i 10
e i 14 anni lavora, sottopagato, in mestieri pesanti e pericolosi, per non
dire dei piccoli pushers  o manovali del crimine. Due citta' brasiliane,
Fortaleza e Recife, sono diventate capitali della pedofilia in America
Latina: si calcola che i bambini brasiliani coinvolti nella prostituzione
siano cinquecentomila. I "turisti sessuali" che arrivano ogni anno in
Brasile, sono valutati in settecentomila; almeno ottantamila sono italiani.
La prostituzione infantile brasiliana non e' certamente l'unica del mondo.
Tocca milioni di bambini e bambine in varie nazioni (dal Guatemala ai paesi
asiatici devastati dallo tsunami a quelli dell'Est europeo), seguendo i
confini dell'area della miseria. E' un fenomeno non recente. Ricordo che
trent'anni fa, con Giuseppe Fiori, inserimmo in "Gulliver", fortunata
rubrica culturale televisiva, un'inchiesta sui postriboli tailandesi; e
rammento la faccia disperata di una ragazza riuscita a fuggire da un
bordello per "turisti" e a riparare in una organizzazione cattolica: "Ho
diciassetta anni e sono stata la' dentro per quattro. Ho calcolato che mi
sono passati addosso piu' di cinquemila uomini. Ho schifo del mio corpo".
Negli ultimi tempi sembra che in Thailandia la situazione sia un po'
migliorata; ma certamente il fenomeno si e' aggravato su scala mondiale, a
causa dell'aumento dei flussi turistici.e della proliferazione di agenzie
specializzate.
V'e' di peggio. Per timore dell'Aids, lo sfruttamento si dirige verso
bambini sempre piu' piccoli, ritenuti indenni dalla peste del secolo. Ha
detto a Dimenstein un trafficante di carne umana. "Basta che le bambine
pesino dai trenta chili in su'".
Le responsabilita' italiane in questo autentico genocidio morale e psichico
sono cosi' pesanti che un gruppo di organizzazioni non-governative del
nostro Paese (Arci, Associazione Aracna, Associazione internazionale "Noi
Ragazzi del Mondo", Associazione Modena Terzo Mondo, Associazione
sostenitori Fame Zero, Casa della Solidarieta' di Quarrata, Comunita'
Internazionale di Capodarco, Emergency,  Fondazione Fontana Padova, Gruppo
Abele, Libera, Rete Radie' Resch), cui si sono associati enti pubblici e
privati (Regione Toscana, Provincia di Modena, Coop Italia) ha deciso di
lanciare il prossimo mese una "Campagna contro il turismo sessuale". Si
trattera' di lottare contro una psicologia razzista che porta a ritenere
meno gravi, meno delittuose, certe realta' soltanto perche' pruducono
sofferenze in luoghi lontani dal nostro Paese e percepiti come "inferiori"
dal punto di vista della civilta', a causa della diffusione della miseria; e
anche si tratta, mediante il sostegno di alcune realta' gia' esistenti in
Brasile, di rendere meno difficile alle piccole prostitute l'allontanamento
dalle strade della miseria. Presentato al Forum mondiale di Porto Alegre
(luogo adattissimo per un battesimo di speranza)  al progetto e' stato
garantito ogni appoggio da Lula, che ha ringraziato i promotori con una
lettera affettuosa.
In Italia, per fortuna, non si parte da zero. La sezione italiana di Ecpat
(End Child Prostitution, Pornography And Trafficking - una preziosa
organizzazione internazionale fondata nel 1991) ha gia' ottenuto alcuni
grandi successi. Con una vasta opera di sensibilizzazione dell'opinione
pubblica, e' riuscita a far votare dal Parlamento, nel 1998, una legge,
assai severa, "contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia
e del turismo sessuale a danno dei minori, quali nuove forme di riduzione in
schiavitu'". Nel 2000, poi, ha promosso un Codice di condotta dell'industria
turistica italiana, sottoscritto dalla stragrande maggioranza degli
operatori.
Concentrarsi, adesso, su un solo Paese come il Brasile (in cui anche  il
turismo "pulito" italiano non soltanto e' presente ma lo e' in grandi
numeri), consentira' di illustrare meglio le situazioni, di verificarne la
repressione, di dare nuovo impulso e maggiori informazioni, su questa
battaglia di civilta'. Chi si lamenta che non e' possibile umanizzare la
globalizzazione  ha un'opportunita' per ricredersi.
Per maggiori informazioni, visitare il sito www. stop sexual tourism.org
*
In memoria di Oscar Romero
Il 24 marzo si compiono venticinque anni dal martirio di monsignor Romero.
Per "Jesus" (il mensile su cui tengo una rubrica) ho scritto: Anno 1978.
L'ambasciatore de El Salvador presso la Santa Sede e' il rampollo di una
delle sedici famiglie che possiedono il piccolo stato. Abita nel piu'
lussuoso hotel di Roma. Ama ricevere eminenze, eccellenze, personaggi
vaticani. Offre liquori di gran marca e chiacchiere velenose: oh,
quell'arcivescovo Romero! I suoi preti girano in sottana durante il giorno,
ma la notte si uniscono ai guerriglieri; fumano mentre celebrano la messa; e
poiche' il vino, nel Salvador, e' bevanda che i poveri non possono
permettersi, per pura demagogia consacrano il caffe'. No, non cattivo quel
Romero, ma pronto a inalberarsi se gli sembra che il governo indurisca la
mano contro i terroristi, non cattivo, ma candido come un ragazzo
sprovveduto. Per dirla meglio, un povero sciocco ("Quanto mi duole,
eminenza, parlare cosi' di un vescovo!"), un povero sciocco strumentalizzato
dai comunisti...
Anche a certi vescovi quel confratello non piace. Chiesa e Stato
(dittatoriale) avevano un ottimo modus vivendi, monsignor Romero ha rotto e
rompe quei rapporti, allegando la necessita' di difendere i poveri: come se
la Chiesa non l'avesse mai fatto, elemosinando dai ricchi, per i campesinos,
salari non di fame. Lui invece, no: parla di diritti, di giustizia. Un  gran
rompiscatole, diciamolo pure: o, almeno, un imprudente.
Gia', imprudente! Ma, come ha scritto un suo amico, un altro vescovo
imprudente, dom Helder Camara, di Olinda e Recife, in Brasile, anche
monsignor Oscar Arnulfo Romero avrebbe potuto rispondere:
"La maggiore e piu' grave
delle imprudenze
e' la propria prudenza, che si fida di se',
si trasforma in calcolo
e prescinde dalle follie di Dio".
Per le sue imprudenze, che consistono nell'accorrere la' dove c'e' stato
l'assassinio di un prete ("Haga patria, mata un cura: sii patriottico,
uccidi un prete" scrivono sui muri del Salvador gli squadroni della morte) o
s'e' appena compiuto un eccidio di campesinos, o bisogna ricomporre il
cadavere di un uomo orribilmente torturato, ma soprattutto c'e' da gridare
forte contro la violenza generalizzata dei "corpi speciali" sui poveri,
l'arcivescovo Romero viene ucciso venticinque anni fa. il 24 marzo 1980,
mentre celebra una messa vespertina.
Il giorno precedente, nella sua omelia domenicale, si e' appellato ai
soldati perche' non usino piu' le armi contro i poveri. I poveri che lo
avevano "convertito", come lui diceva, con la loro inermita' e la loro
fiducia, le loro disperate speranze, accorrono da tutte le parti del
Salvador. Non hanno dubbi, Romero e' un  santo, il loro santo. Lo sentono
ancora piu' loro quando, durante i funerali, gli squadroni della morte
sparano per ore sulla folla: sessanta morti, trecento feriti. Il governo
militare non interviene.
E' un santo, e' un martire monsignor Romero? I poveri non hanno dubbi, non
ha dubbi chi ricorda: il Concilio ha affermato che la Chiesa vede nei poveri
e nei sofferenti l'immagine del suo Salvatore, Ma ci sono ambienti in cui
stare con i poveri significa fare politica, stare con i comunisti. La causa
di beatificazione dell'arcivescovo avanza col passo esitante dei vecchi
molto vecchi. Mi dicono che ogni tanto qualche campesino, dopo avere pregato
davanti alla tomba di Romero, col taglio della mano a coltello rimuove la
polvere dalla lapide.
*
Un libro
L'editrice San Paolo ha deciso di abbandonare la narrativa e di conseguenza
di mandare al macero, fra altre opere, il mio libro che io amo di piu'. I
gabbiani di Fringen: cinque racconti lunghi o romanzi brevi, che si
inanellano fra loro, dando vita (hanno scritto i critici) a un mondo magico,
ricco di emozioni. Ho riscattato alcune copie e le metto a disposizione di
chi ne vuole un esemplare. Se poi qualcuno credera' di inviarmi un rimborso
delle spese di spedizione (le  calcolo in 5 euro), lo accettero' volentieri:
ma quel che mi preme e' che il libro venga letto: e dunque raccomando
soprattutto ai giovani di non farsene un problema.
*
Questa lettera
Questa "Lettera" viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio
indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216. Un contributo
alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito. I versamenti possono
essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone
Magno 56, 00167 Roma. I testi di questa "Lettera" possono essere
integralmente o parzialmente riprodotti. Saro' grato a chi vorra' darmene
notizia.

3. DOCUMENTAZIONE. PEPPE SINI: SISTEMA DI POTERE ANDREOTTIANO E PENETRAZIONE
DEI POTERI CRIMINALI A VITERBO (1995)
[Riproduciamo nuovamente a fini meramente documentari questo testo, "Sistema
di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci
note bibliografico-documentarie" del 22 settembre 1995, che ebbe all'epoca
ampia diffusione in atti ufficiali, in rivista e in opuscolo, e fu anche
oggetto di un processo conclusosi il 7 ottobre 2002 con la piena vittoria
dell'autore. E' ovvio che questo documento riferisce di situazioni e
cognizioni dell'epoca; nel frattempo ad esempio molti dei procedimenti
giudiziari di seguito citati, allora in corso, si possono essere conclusi
con diversificati esiti. Dal '95 ad oggi molte cose sono accadute, ma puo'
essere non disutile fare opera di memoria e di testuale segnalazione di
riferimenti documentari che per esser datati non sono per questo privi di un
valore di testimonianza a fini, se non altro, di ricostruzione storica e per
cosi' dire fin filologica di un momento e di molte vicende - di un passato,
ci sembra di poter dire, che ancora non passa]

1. Il "caso Gigli-ICEM": l'ICEM di Palermo, occultamente controllata dalla
famiglia Matta e titolare della manutenzione dell'illuminazione pubblica del
capoluogo siciliano, venne a Viterbo negli anni '70 Rodolfo Gigli sindaco, a
vincere l'appalto per la realizzazione dell'impianto di illuminazione
pubblica cittadino. La vicenda ICEM diede luogo a una serie di processi, tra
cui uno intentato dal Gigli nei confronti di Peppe Sini, autore di un
articolo dal titolo "La mafia a Viterbo". Quel processo si concluse con la
vittoria di Peppe Sini e la condanna del Gigli al pagamento delle spese.
Peppe Sini sosteneva nell'articolo che il sistema di potere viterbese di cui
l'andreottiano Gigli era il vertice operativo aveva costruito i prerequisiti
per la penetrazione mafiosa a Viterbo.
Sulla vicenda si veda l'esauriente opuscolo di Peppe Sini, Il caso
Gigli-ICEM, Viterbo, 1991.
*
2. Le imprese dei "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania penetrano
nell'Alto Lazio: e' documentata la presenza sia nel cantiere della centrale
di Montalto, sia nell'operazione "CAT-nuovo porto di Civitavecchia" di
imprese dei gruppi facenti capo ai "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di
Catania, particolarmente Graci e Rendo. Sui "cavalieri" di Catania si
espressero duramente il giudice Livatino, il generale Dalla Chiesa, il
giornalista Pippo Fava, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tutti
poi assassinati dalla mafia; li fece arrestare il giudice Carlo Palermo che
anch'eglì subi' poi un attentato mafioso da cui si salvo' a stento.
Collegate ai cavalieri erano anche alcune delle imprese che avevano composto
il consorzio "Alosa" che doveva ristrutturare la Valle di Faul a Viterbo.
Sui cavalieri di Catania cfr. Peppe Sini (a cura di), L'arrembaggio del
cavaliere, (dossier documentario con testi, fra gli altri, di Santino, Dalla
Chiesa, Bocca, Falcone e Borsellino, Palermo), Viterbo 1992; ed i fascicoli
monografici di "Alternativa Vetrallese" nn. 69, 70, 73, 96.
*
3. La presenza di Alvaro Giardili: l'imprenditore, collegato alla camorra
cutoliana e al Supersismi del faccendiere Pazienza, che svolse un ruolo
nella vicenda del Banco Ambrosiano (fu l'ultimo a contattare il banchiere
Calvi poi trovato morto a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri), e nella
vicenda della trattativa tra DC, servizi segreti deviati, camorra, brigate
rosse, in relazione al sequestro Cirillo. Anni fa subi' un attentato con
autobomba. Coinvolto in vari processi su alcuni dei piu' gravi misteri d'
Italia.
Su Giardili cfr., tra le tantissime pubblicazioni in cui e' citato, l'atto d
'accusa del giudice Carlo Alemi pubblicato in L'affare Cirillo, Roma 1993;
ed il rapporto della Commissione Parlamentare Antimafia, Camorra e politica,
Roma-Bari 1994.
*
4. La presenza nel viterbese dei boss mafiosi Pippo Calo' e Gaspare Mutolo:
Pippo Calo', il "cassiere" di Cosa Nostra, il plenipotenziario della mafia a
Roma, il contatto con la banda della Magliana e con gli ambienti
politico-affaristici e dell'eversione di destra romana, per lungo tempo ha
avuto un alloggio a Tuscania ove era in clandestinita'; Gaspare Mutolo,
importante boss palermitano poi divenuto collaboratore di giustizia, e'
stato arrestato a Montalto di Castro.
Sui citati personaggi la letteratura e' immensa e si identifica con quanto
pubblicato di valido sulla mafia negli ultimi anni.
*
5. Il finanziamento della Cassa di Risparmio di Viterbo all'operazione
"Hotel Costa Tiziana" a Crotone: la Carivit finanzio' Cafari e Telesforo
nell'operazione Hotel Costa Tiziana su cui e' in corso un processo a Roma
per reati gravissimi. Cafari in particolare e' personaggio collegato alla
'ndrangheta, alla criminalita' romana, alla massoneria deviata.
Cfr. al riguardo il dossier inviato alla Procura della Repubblica di Viterbo
da Peppe Sini in data 19/9/'94 ed i materiali successivamente raccolti dalla
Commissione conoscitiva istituita dalla Provincia di Viterbo e presieduta
dallo stesso Peppe Sini; inoltre cfr. Tranfaglia (a cura di), Cirillo,
Ligato e Lima: tre storie di mafia e politica, Bari 1994; vedi anche il
volume che da' conto delle inchieste del giudice Cordova, di Forgione e
Mondani, Oltre la cupola, Milano 1994; inoltre cfr. Ciconte, 'Ndrangheta:
dall'Unita' ad oggi, Bari 1992.
*
6. Le inquietanti allusioni di Sbardella: nel 1990 attraverso l'agenzia
giornalistica "Repubblica" diretta dall'inquietante personaggio Lando
Dall'Amico (su cui cfr. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia,
Roma 1991), il leader andreottiano romano Vittorio Sbardella lanciava oscure
allusioni a viaggi ed interessi del leader andreottiano viterbese Rodolfo
Gigli in Sicilia (a Termini Imerese): cio' durante un durissimo scontro tra
i luogotenenti andreottiani risoltosi rapidissimamente con una nuova
alleanza di ferro tra i due; a Viterbo, feudo di Gigli, Sbardella operava
con la Coop Casa Lazio guidata dall'altro andreottiano Falco che,
successivamente arrestato, ammise dinanzi ai magistrati che lo inquisirono
che le spericolate operazioni edilizie e finanziarie illecite eseguite erano
sostenute da amministratori pubblici collegati al gruppo. A seguito di altre
vicende i fratelli Gigli (Rodolfo, gia' sindaco di Viterbo, assessore e
presidente della Regione Lazio, segretario regionale della DC, attualmente
presidente Arsial; e Ugo, direttore generale dello IACP di Viterbo) sono
tuttora titolari di un fascicolo presso la Procura di Roma per l'ipotesi di
reato di ricettazione. Il sistema di potere andreottiano domina notoriamente
da decenni a Viterbo.
Su questi argomenti cfr. riassuntivamente l'ultimo dossier documentario
trasmesso alla magistratura da Peppe Sini in data 21 agosto 1995 (in
relazione ad una precedente serie di esposti sui fratelli Gigli) con
centinaia di pagine di documenti.
*
7. Salvo Lima a Viterbo: nel 1977 Salvo Lima presiedeva il congresso
provinciale della DC viterbese (una DC dominata pressoche' totalitariamente
dalla corrente andreottiana; gli andreottiani ovviamente controllano anche
enti locali, istituti di credito, Usl, Universita', et similia).
Al riguardo cfr. quanto riportato nell'esposto-dossier citato al punto 6.
*
8. La banda della Magliana: e' presente nel viterbese per vari contatti ed
in varie forme. Oltre ai contatti con vari personaggi citati ai  punti
precedenti, va rilevato che anni fa fu presidente della societa' calcistica
cittadina l'Annibaldi condannato per il crack dell'Ambrosiano, del clan
Annibaldi collegato alla banda della Magliana.
Sulla banda della Magliana cfr. almeno Flamini, La banda della Magliana,
Milano 1994.
*
9. La confessione Mammoliti: pochi giorni fa e' stata resa nota la
confessione dello 'ndranghetista Mammoliti di un intervento di Andreotti
tramite la mafia siciliana su quella calabrese per far cessare attentati ai
danni di un imprenditore viterbese operante in Calabria, e diminuire l'
importo del "pizzo" richiesto.
Su questo argomento cfr. i quotidiani degli ultimi giorni che riportano la
notizia della confessione acquisita agli atti del processo a carico di
Andreotti; particolarmente "La Repubblica" del 20/9/'95, ed "Il messaggero",
cronaca di Viterbo, del 21 e 22/9/'95. Una intervista all'estensore di
queste note e' sul "Corriere di Viterbo" del 22/9/'95.
*
10. Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali nel
viterbese: da anni alcuni osservatori della realta' altolaziale, ed in
particolare l'estensore di queste note, hanno elaborato un modello
interpretativo della situazione viterbese fondato sulla relazione tra
sistema di potere andreottiano, intreccio politico-affaristico, modello di
sviluppo, penetrazione dei poteri criminali.
Su questo tema, sull'approccio interpretativo e sui riscontri documentari su
cui il paradigma si appoggia cfr. ad esempio i seguenti lavori: Peppe Sini,
Modello di sviluppo, sistema di potere, penetrazione mafiosa, (con enorme
bibliografia ragionata), Viterbo 1989; Idem, Regime della corruzione e
penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio, Viterbo 1993.
Fondamentale e' la consultazione delle varie annate del settimanale
viterbese "Sotto Voce" che dagli anni '80 conduce un'importante azione di
informazione e sensibilizzazione su questi temi.
Viterbo, 22 settembre 1995

4. LETTURE. ANNA BRAVO: IL FOTOROMANZO
Anna Bravo, Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 176 + 16 pp. di
apparato iconografico, euro 12. Una acutissima ricostruzione di una delle
piu' rilevanti esperienza della cultura di massa nell'Italia del secondo
Novecento.

5. LETTURE. ANNA BRAVO, MARGHERITA PELAJA, ALESSANDRA PESCAROLO, LUCETTA
SCARAFFIA: STORIA SOCIALE DELLE DONNE NELL'ITALIA CONTEMPORANEA
Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia,
Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari
2001, pp. VIII + 214, euro 14,46. In altrettanti saggi quattro delle piu'
prestigiose storiche italiane esaminano, in un lavoro insieme di sintesi e
di apertura, quattro temi cruciali nell'esperienza delle donne italiane nel
Novecento: essere uomo, essere donna; madri fra oppressione ed
emancipazione; il lavoro e le risorse delle donne; il cambiamento dei
comportamenti sessuali.

6. LETTURE. ANNA MARIA BRUZZONE, RACHELE FARINA: LA RESISTENZA TACIUTA
Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, La Resistenza taciuta. Dodici vite di
partigiane piemontesi, La Pietra, Milano 1976, poi Bollati Boringhieri,
Torino  2003, pp. XVI + 318, euro 28. Raccolte da Anna Maria Bruzzone e
Rachele Farina le testimonianze autobiografiche di Nelia Benissone Costa,
Rita Boggio Reinarone, Lucia Canova, Albina Caviglione Lusso, Anna Cinanni,
Teresa Cirio, Rita Cuniberti Martini, Tersilla Fenoglio Oppedisano, Lidia
Fontana, Maria Martini Rustichelli, Elsa Oliva, Rosanna Rolando, Maria
Rovano. La nuova edizione reca anche una prefazione di Anna Bravo.

7. LETTURE. ENRICO PEYRETTI: DOV'E' LA VITTORIA?
Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria? Piccola antologia aperta sulla miseria
e la fallacia del vincere, Il Segno dei Gabrielli Editori, Negarine di S.
Pietro in Cariano (Verona) 2005, pp. 112, euro 10. Un'alta lezione morale
espressa con uno stile aforistico di grande concentrazione, convocando in
colloquio corale alcune delle piu' autorevoli voci degli antichi e dei
moderni. Con una bella, simpatetica prefazione di Matteo Soccio. Per
richieste alla casa editrice: tel. 0457725543, e-mail:
scrivimi at gabriellieditori.it, sito: www.gabriellieditori.it

8. LETTURE. LUCETTA SCARAFFIA: RINNEGATI. PER UNA STORIA DELL'IDENTITA'
OCCIDENTALE
Lucetta Scaraffia, Rinnegati. Per una storia dell'identita' occidentale,
Laterza, Roma-Bari 1993, 2002, pp. XII + 212, euro 13. Un libro
affascinante. "Tra il 1550 e il 1750 migliaia di cristiani si convertirono
alla religione islamica. Oggi i rapporti fra cultura occidentale e Islam
sono piu' intensi ma anche piu' conflittuali. Attraverso il racconto di
inconsueti, a volte romanzeschi itinerari biografici, la storia del formarsi
in Occidente di un nuovo tipo di identita' che porta in se' i germi della
secolarizzazione della societa' contemporanea" (dalla quarta di copertina).

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 882 del 28 marzo 2005

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