La nonviolenza e' in cammino. 883



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 883 del 29 marzo 2005

Sommario di questo numero:
1. Maria Luigia Casieri: Programma del seminario su "Il ruolo del bambino e
dell'adulto nei processi di alfabetizzazione iniziale"
2. Roberto Vacca: Quattordici teoremi di Karl Popper
3. Lea Melandri: Insicurezza e utopia
4. Carla Cohn: Il mio viaggio di trasformazione
5. Letture: Aldo Carotenuto, Oltre la terapia psicologica
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. FORMAZIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: PROGRAMMA DEL SEMINARIO SU "IL RUOLO
DEL BAMBINO E DELL'ADULTO NEI PROCESSI DI ALFABETIZZAZIONE INIZIALE"
[Lunedi' 11 aprile presso la Facolta' di Scienze della formazione della
Terza Universita' di Roma, nell'ambito della cattedra di psicologia
dell'educazione del prof. Flavio Manieri, avra' inizio il seminario "Il
ruolo del bambino e dell'adulto tra apprendimento e insegnamento della
lingua scritta nei processi di alfabetizzazione iniziale" tenuto dalla
dott.ssa Maria Luigia Casieri. Ne riportiamo di seguito il programma.
Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel
1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali
animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a
Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente
sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di
assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata
nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato
in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di
ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di
pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi
di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia
Caseri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di
apprendimento della lingua scritta, Viterbo 2004 (testo che si compone di 5
tomi per complessive 2.400 pagine circa).
Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, psicolinguista e
psicopedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del
processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo
contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da
parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro si veda in primo
luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con Ana Teberosky,
La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Un
suo profilo e' nel n. 790 del 26 dicembre 2004 di questo notiziario.
Flavio Manieri (Roma 1940) e' psicologo clinico e psicoanalista, professore
di psicologia dell'educazione e di psicopedagogia del linguaggio e della
comunicazione all'Universita' "La Sapienza" e poi alla Terza Universita' di
Roma. Direttore di ricerche empirico-sperimentali; gia' visiting professor
nelle universita' di Princeton e Yale (Usa) alla fine degli anni '70, ha a
lungo insegnato metodologia e tecnica della ricerca psicologica
nell'Universita' di Urbino, e psicologia nelle facolta' di Magistero e di
Medicina dell'Universita' de L'Aquila; ha fatto parte fra il '58 e il '65
della neoavanguardia e del primo Gruppo '63. Intensa e' stata da sempre e
permane la sua azione nel segno delle liberta' concrete e dei grandi temi
della difesa civile. Ha diretto negli anni 1967-'68 la rivista "Crisis".
Dirige l'area sociale dell'Iica ( Istituto internazionale per il consumo e
l'ambiente) e il Forsima (Istituto di ricerca e azione sociale sulla
formazione e la comunicazione umana); ha presieduto l'Isis, Istituto per lo
Studio e la Ricerca Sperimentale sull'Immaginazione (1980-1990), il Centro
Studi sull'immagine pubblica (1980-1985), e subito dopo l'Iica (1990-1991).
E' stato presidente nazionale e cofondatore del Codacons (Coordinamento
delle associazioni per la difesa degli utenti e dei consumatori), dove ha
seguito in particolare i problemi della cultura e dell'istruzione; e' membro
dal 1994 del Consiglio consultivo degli utenti, presso il Garante per
l'Editoria; e' stato recentemente nominato membro del primo Consiglio
nazionale degli utenti. Nel passato, e' stato anche segretario generale
dell'Aipur, Associazione italiana professori universitari di ruolo, e, dalla
fondazione (1969) fino al 1980, direttore editoriale della Newton Compton
Editori. Nella Newton Compton ha diretto personalmente la collezione dei
Saggi, quella di Psicoanalisi, e per un certo tempo quella di poesia e
quella dedicata agli autori marxisti. Dal 1964 al 1971 ha diretto servizi
psicologici del Centro internazionale d'ortopedagogia, collegato alla Cee.
Ha fondato a Roma nel 1993 il Centro per lo studio scientifico del testo
creativo. Ha ricevuto il premio per la cultura della Presidenza del
Consiglio nel 1996. E' autore di vari volumi, di un centinaio di lavori
empirico-sperimentali e di saggi, direttore del "Giornale Italiano di
Psicologia Clinica - Italian Journal of Clinical Psychology", condirettore
di 'Psicologia e societa'. Rivista Italiana di Psicologia Sociale" e, per
qualche tempo, nello staff di direzione scientifica di "Rinascita della
scuola". Ha anche avuto collaborazioni giornalistiche con varie testate]

Finalita'
Il seminario si prefigge di affrontare alcune tematiche relative alla
concettualizzazione della lingua scritta con particolare riferimento
all'opera di ricerca di Emilia Ferreiro.
Gli studenti percorreranno un itinerario pratico-teorico che consenta di far
emergere la valenza epistemologica dell'opera di ricerca condotta da Emilia
Ferreiro e di derivarne possibili conseguenze sul piano pedagogico e
politico.
*
Percorso del seminario (scelte di contenuto)
La prima parte sara' dedicata all'approfondimento delle tappe di sviluppo
relative alla psicogenesi della scrittura nei bambini e agli aspetti
relativi all'elaborazione di ipotesi di lettura di parole e frasi, con e
senza immagini, nell'evoluzione della concettualizzazione infantile.
Sara' quindi affrontato il tema del ruolo del bambino nei processi di
apprendimento in contesti scolastici, anche analizzando il significato di
alcune pratiche scolastiche tradizionali.
Sara' quindi considerato l'impatto innovativo che determina, nell'agire
scolastico, una rinnovata concezione del bambino e della lingua scritta come
oggetto di conoscenza.
Saranno pertanto prese in considerazione le difficolta' di apprendimento
nella letto-scrittura, valutando come il cambiamento di paradigma nella
concezione del processo di apprendimento getti nuova luce anche sul fenomeno
della dislessia.
Saranno toccate inoltre tematiche inerenti l'alfabetizzazione degli adulti,
cogliendone analogie e differenze essenziali rispetto ai processi di
apprendimento infantili e alcuni nodi problematici relativi alle pratiche
tradizionali di insegnamento.
Una particolare attenzione sara' rivolta alla riflessione che mette in
relazione la concettualizzazione del sistema alfabetico di rappresentazione
del linguaggio e del sistema di notazione aritmetica.
Infine, alcuni aspetti della problematica riguardante la relazione tra
oralita' e scrittura saranno messi in riferimento all'emergere del concetto
di parola e alla coscienza fonologica.
*
Metodologia
E' prevista la possibilita' di modificare le scelte di percorso in ordine
agli interessi e alle conoscenze degli studenti, e ai bisogni formativi
emersi.
Sara' dato ampio spazio ad esercitazioni con materiali acquisiti mediante il
rapporto diretto con i bambini e le bambine, e al confronto tra le
conoscenze e le esperienze pregresse dei candidati e gli esiti di alcune
delle ricerche di Emilia Ferreiro.
Ogni incontro sara' concluso con una attivita' di verifica della
comprensione della materia trattata e saranno focalizzate eventuali
difficolta' incontrate.
E' prevista la distribuzione di materiali di studio e di documentazione e la
realizzazione di una valutazione intermedia e finale.
*
Criteri di valutazione
Per gli studenti del corso di laurea gli argomenti trattati costituiscono
materia di esame.
La valutazione sara' realizzata sulla base di indicatori progressivamente
resi espliciti.
Sara' particolarmente valorizzata la capacita' di individuare nessi con la
parte istituzionale del corso.
*
Calendario
Gli incontri avranno inizio lunedi' 11 aprile e proseguiranno con cadenza
settimanale.
Primo, secondo, terzo incontro: tappe di sviluppo relative alla produzione
di scritture spontanee.
Quarto incontro: tappe di sviluppo relative a ipotesi di lettura di parole e
frasi, con e senza immagini.
Quinto e sesto incontro: il ruolo del bambino e le pratiche scolastiche;
processi di alfabetizzazione e lingua scritta.
Settimo incontro: un ripensamento sulla dislessia; l'alfabetizzazione degli
adulti.
Ottavo incontro: sistema alfabetico e notazione aritmetica.
Nono incontro: relazione tra oralita' e scrittura in riferimento al concetto
di parola e alla coscienza fonologica.
Decimo incontro: dibattito e valutazione.
*
Per informazioni: Maria Luigia Casieri, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it (indicando nell'oggetto: seminario lingua scritta).

2. RIFLESSIONE. ROBERTO VACCA: QUATTORDICI TEOREMI DI KARL POPPER
[Ringraziamo di cuore Roberto Vacca (per contatti: mc4634 at mclink.it) per
averci messo a disposizione questo suo articolo del 27 febbraio 2005 apparso
sul quotidiano "Il messaggero" del 15 marzo 2005 col titolo "Popper e le sue
pillole di saggezza".
Roberto Vacca, scienziato e scrittore, poliedrico umanista, e' laureato in
ingegneria elettrotecnica e libero docente in automazione del calcolo
(Universita' di Roma); docente di computer, ingegneria dei sistemi, gestione
totale della qualita' (Universita' di Roma e Milano); fino al 1975 e' stato
direttore generale e tecnico di un'azienda attiva nel controllo
computerizzato di sistemi tecnologici, quindi consulente in ingegneria dei
sistemi (trasporti, energia, comunicazioni) e previsione tecnologica; tiene
seminari sugli argomenti citati e ha realizzato numerosi programmi tv di
divulgazione scientifica e tecnologica; e' anche autore di una feconda
produzione letteraria sia saggistica che d'invenzione, quest'ultima
particolarmente nel genere narrativo della science-fiction.
Karl Popper, nato a Vienna nel 1902 e deceduto a Londra nel 1994, filosofo
della scienza e pensatore politico liberale. Fino a una decina d'anni fa era
di moda essere pro o contro il Popper "politico" sulla base di uno
schieramento a priori: la destra liberale con Popper, la sinistra socialista
contro. Poi la catastrofe intellettuale di tanta parte della sinistra ha
portato ad una generale esaltazione acritica del filosofo. Noi pensiamo
invece che taluni suoi limiti restino; che le sue posizioni non debbano
essere contraffatte e quando siano incondivisibili allora vadano criticate
con chiarezza; ma che alcune sue opere e tesi costituiscano un contributo di
indubbia utilita' per tutte le persone impegnate per la pace, la democrazia,
la dignita' umana. Opere di Karl R. Popper: con riferimento alla riflessione
politica popperiana segnaliamo particolarmente La societa' aperta e i suoi
nemici, Armando, Roma; Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna (ed in
questa raccolta di saggi soprattutto i seguenti: L'opinione pubblica e i
principi liberali; Utopia e violenza; La storia del nostro tempo: visione di
un ottimista); Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano. Cfr. anche La
lezione di questo secolo, Marsilio, Venezia 1992, 1994 (libro-intervista con
due saggi in appendice); tra i suoi ultimi interventi cfr. Una patente per
fare tv, in Popper, Condry, Cattiva maestra televisione, Reset, Milano 1994.
Ovviamente il Popper pensatore politico non e' separabile dal Popper
filosofo della scienza e metodologo, di cui cfr. in particolare la
fondamentale Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino. Una recente
raccolta di saggi e' Tutta la vita e' risolvere problemi, Rcs, Milano 2001,
Fabbri, Milano 2004. Opere su Karl R. Popper: segnaliamo una buona antologia
scolastica di testi popperiani, a cura di Dario Antiseri, Logica della
ricerca e societa' aperta, La Scuola, Brescia; tra le monografie sul Popper
pensatore politico cfr. Girolamo Cotroneo, Popper e la societa' aperta,
Sugarco, Milano 1981; due buone introduzioni al Popper filosofo della
scienza sono Arcangelo Rossi, Popper e la filosofia della scienza, Sansoni,
Firenze 1975, e Luciano Dottarelli, Popper e il "gioco della scienza", Erre
emme, Roma 1992]

Nel maggio 1984 Karl Popper, il filosofo della scienza, tenne una conferenza
ai Lincei, ma senza preavviso gli dissero che avrebbe potuto parlare venti
minuti, invece degli usuali cinquanta. Il suo tema era: "Pensiero ed
esperienza: epistemologia evoluzionistica". Decise allora di leggere un
breve testo suddiviso in quattordici teoremi, che sono:
1. Tutta la conoscenza umana, compresa quella descrittiva, e' teorica.
2. Tutta la conoscenza teorica e, quindi, tutta la  conoscenza, e' incerta.
3. Noi percepiamo configurazioni: interpretazioni di cio' che il cervello ci
fornisce.
4. Tutte le percezioni hanno natura ipotetica, cioe' sono affette dalle
nostre aspettative.
5. Viviamo in un mondo reale, rappresentato a noi stessi come un mondo di
congetture sul mondo reale.
6. Possiamo aspettarci di piu' o di meno che certe aspettative vadano
deluse. Se la nostra delusione e' inaspettata, crea il bisogno di
ricostruire la teoria.
7. Dal punto di vista biologico conoscenza e teoria sono preparazioni per
un'azione: talora si tratta di una preparazione sbagliata.
8. Tutti gli organismi sono risolutori di problemi e procedono per prove ed
errori. Questo e' vero sia per Einstein, sia per un'ameba. La differenza e'
che le teorie dell'ameba fanno parte della sua struttura fisica, invece
Einstein formula teorie che esprime con suoni o con la scrittura.
9. La principale differenza biologica fra l'uomo e gli animali e' il
linguaggio in cui si esprimono le teorie. Gli animali non producono teorie
in linguaggio descrittivo. Gli uomini possono produrre teorie che
trasmettono al di fuori del corpo, in modo che possano essere criticate.
10. La funzione peculiare del linguaggio descrittivo umano e' di permettere
le domande: "E' vero? E' falso?".
11. Il linguaggio umano crea nuovi bisogni di pesare pro e contro in merito
alla verita' o falsita' di certe proposizioni (funzione argomentativa del
linguaggio).
12. Senza discussioni, non ci sono spiegazioni.
13. Senza discussioni non c'e' pensiero umano.
14. Il pensiero umano e' funzione del linguaggio umano e della sua funzione
argomentativa.
Questi quattordici teoremi sembrano chiari. Chi non sa di epistemologia (lo
studio di come ci  formiamo opinioni giuste) potra' gradire di sapere di
piu' sulle teorie di Popper.
I tre libri piu' noti di Popper sono: Logica della scoperta scientifica,
Miseria dello  storicismo, e La societa' aperta e i suoi nemici.
Nel primo descrive come gli scienziati usano la falsificazione. Le teorie
scientifiche sul mondo non si possono verificare, cioe' dimostrare vere.
Pero' in certi casi possiamo falsificarle, cioe' dimostrare che sono false,
perche' sono in disaccordo coi fatti o conducono a previsioni errate.
Conserviamo, quindi, le teorie ancora non falsificate e sostituiamo quelle
falsificate con teorie nuove. Le teorie buone e utili sono (eventualmente)
falsificabili. Invece una teoria considerata vera anche dopo che abbiamo
osservato fatti nuovi che la contrastano, non serve a niente. Popper la
chiama "teoria vaccinata". Il terzo libro, scritto durante la seconda guerra
mondiale, accusa con ottimi argomenti Platone, Hegel e Marx di aver ispirato
gran parte degli orrori e delle involuzioni dittatoriali nella storia umana.
I primi sei teoremi sono spiegati bene da quanto detto sopra sulle teorie
falsificabili.
Nei teoremi da 7 a 9, invece, Popper propone un'analogia fra le mutazioni
biologiche nel corso dell'evoluzione darwiniana e le congetture o teorie
nuove pensate dall'uomo. E' come se gli organismi si evolvessero cercando di
fare congetture sul modo migliore di modificare se stessi per avere successo
e adattarsi all'ambiente.
Infine gli ultimi cinque teoremi definiscono il pensiero in funzione di
discussioni fatte usando parole. L'aggettivo "argomentativo" significa
proprio "relativo a discussioni".
In breve non si puo' dire molto di piu'. Popper va studiato, non preso in
pasticche. Non era solo un filosofo della scienza: testimoniava anche delle
sue convinzioni politiche. Propose una sua "ingegneria sociale pragmatica".
Era antifascista.
Durante la conferenza a Roma, altri parlarono a lungo di  Heidegger. Popper
lo bollo' cosi': "Era un nazista, cosa che si perdona a chiunque, ma non a
un filosofo. Dopo la guerra, interrogato sul suo nazismo, Heidegger disse
che Hitler lo aveva deluso, ma rifiuto' di spiegare la sua  affermazione.
Dobbiamo credere che Hitler lo deluse solo perche' aveva perso la guerra".

3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: INSICUREZZA E UTOPIA
[Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questo articolo apparso su
"D. La Repubblica delle Donne" del 5 marzo 2005. Lea Melandri, nata nel
1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista
"L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata
nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di
Lea Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba
voglio, Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il
sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo strabismo della memoria, La
Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli
1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996. Dal sito
www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha
insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene
corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di
Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata
redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba
 voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il
desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al
movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica
dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni:
L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati
Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;
La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996;
Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle
donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000;
Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati
Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza
In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della
rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la
rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato,
insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista,
Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le
rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

Se la "minaccia di disastro", di cui parlano Miguel Benasayag e Gerard
Schmit, gli autori del libro L'epoca delle passioni tristi (Feltrinelli,
Milano 2004) interessa ormai tutto il pianeta, l'insicurezza come umore
esistenziale diffuso parla soprattutto dell'Occidente: un benessere
insidiato dalla poverta', "valori" universali accerchiati da culture
"diverse", individualismo crescente, tecnologie incapaci di far fronte agli
imprevisti della natura, "mali" che affiorano dietro la maschera della
perfetta salute. Le immagini ricorrenti nelle analisi sociologiche per
descrivere uno stato di incontrollabile mutevolezza sono quelle dei
"liquidi", che "non conservano mai a lungo la propria forma", o dell'
"albero" che puo' flettersi e riprendere subito dopo la posizione di
partenza. La "modernita' liquida" di Zygmunt Bauman, l'"uomo flessibile" di
Richard Sennett, o il San Precario dei Disobbedienti, sono le nuove icone di
una civilta' che sente vacillare le sue fondamenta, e che ancora non sa se
lasciarsi avvolgere dalla "notte apocalittica" o disporsi verso una
trasformazione "epocale" del proprio modo di vivere.
Nel momento in cui il tempo sembra fermarsi per la perdita del suo orizzonte
futuro, si fa strada, paradossalmente, quella forza insopprimibile
nell'esperienza umana che e' l'utopia, sospensione di luoghi e tempi "dati",
che apre la strada a tutto cio' che e' ancora "possibile". E' come se aver
intravisto la fine della propria storia e della propria cultura potesse
essere la condizione per riconoscere che altre e molteplici sono le
alternative concesse alla specie umana. Questo spiega perche' la"societa'
del rischio" muova, al medesimo tempo, paure e speranze, impotenza e
dinamismo, nostalgie comunitarie e potenziamento dell'autonomia del singolo.
Nonostante la frequenza quasi quotidiana di sondaggi e statistiche che
misurano la febbre del nostro tempo, allineando secondo un ordine di
maggiore o minore grandezza le paure ricorrenti, resta il dubbio che
l'imbarbarimento di una civilta' esaurita possa essere la premessa per un
suo ulteriore sviluppo. A farlo credere, o soltanto sperare, e' l'aspetto
inedito, per profondita' ed estensione, del terremoto che ha aperto crepe
insanabili nelle abitudini, nelle certezze materiali e nelle convinzioni
morali di popoli sicuri di essere centro e misura del mondo, regolatori del
caos, della natura e delle passioni umane. Di due "catastrofi", come
l'attentato alle Torri Gemelle di New York, l'11 settembre 2001, e lo
tsunami, nel Sud Est asiatico, il 26 dicembre 2004, si e' detto che "niente
poteva piu' essere come prima", come se una faglia gigantesca si fosse
aperta tra la ragione storica e le "viscere" inesplorate che si porta
dentro. Ma se dallo scenario mondiale si passa alla drammaturgia minuta e
meno appariscente delle "minacce" quotidiane - precarieta' del lavoro,
microcriminalita', scontro di culture, disastri climatici, ecc. -, non e'
difficile accorgersi che a scuotere le certezze e', in tutti i casi, un
capovolgimento imprevisto di prospettiva, l'insorgere di uno sguardo altro,
indagatore e inquietante.
Le fonti "esterne" delle ansie diffuse oggi nel tessuto sociale non mancano
di descrizioni dettagliate, dalla globalizzazione economica alla ripresa dei
flussi migratori, dal deterioramento del clima e dell'ambiente alla crisi di
legami sociali consolidati, dalla guerra e dal terrorismo alle morti
silenziose per fame, depressione e malattia. Piu' difficile e' fermare
l'attenzione su un "nemico" che e', per altri versi, familiare, "interno",
anche se finora ignorato, alle nostre vite e alle nostre societa'. Come
nelle eruzioni vulcaniche, a venire in superficie e' il magma delle reazioni
incontrollate che la storia produce nel momento in cui separa da se' tutto
cio' che la ostacola e la contraddice in una fase del suo sviluppo.
Per la forte valenza simbolica che avevano, sia le Torri Gemelle, crocevia
degli scambi commerciali del mondo, sia i paradisi marini del Sud Est
asiatico, meta del turismo internazionale, e' diventata trasparente anche la
mano che li ha colpiti, quell'alterita', umana in un caso, naturale
nell'altro, che si era creduto di poter rendere inoffensiva con il dominio e
l'assimilazione. I mondi e le culture che finora sono stati costretti a
misurare le loro possibilita' di sopravivenza e la loro "diversita'" sul
modello unico dell'Occidente, sono diventati, insieme alle forze naturali
che hanno sconvolto le spiagge dell'Indonesia, delle presenze che nessuna
ragione e nessun sonno potranno piu' allontanare. La scelta di farne i
fantasmi di un'Apocalisse incombente o invece l'occasione per riconoscere
squilibri, aggressioni fatte e subite, fragilita' e limiti dell'agire umano,
non potranno impedire a quel "terzo occhio" di orientare in modo nuovo la
nostra visione delle cose.
*
Uno spostamento analogo sembra essere avvenuto nella vita delle persone,
nelle relazioni sociali, nelle normali abitudini quotidiane. A disorientare
e scuotere certezze divenute quasi una "seconda natura", e' lo spettro di
una poverta' non piu' riducibile al destino di una classe sociale, di un
"femminile" che interroga le "differenze" storiche tra i sessi, di una
singolarita' che si libera di lacci e soggezioni antiche. Con le categorie
interpretative che vanno sotto i nomi di "precarieta'", "mobilita'",
"rischio", "crisi", "insicurezza", vengono elencate prioritariamente le
conseguenze di un modello di sviluppo - produzione e consumo -, ormai fine a
se stesso, con un corteo crescente di guerre, migrazioni, nuove schiavitu' e
disastri ecologici. Ma se la dimensione economica non fosse diventata
l'unita' di misura del vivere umano, e la "flessibilita'" del lavoro l'unico
indicatore delle ansie sociali, non sarebbe difficile accorgersi che, a
incrinare un terreno che sembrava compatto, e' il sottosuolo che si e'
sempre portato dentro a sua insaputa, quel luogo altro, diverso, destinato a
tacere per sempre, che oggi irrompe sulla scena del mondo, creando figure,
passioni, legami nuovi e imprevisti tra culture differenti, ma anche tra
uomo e donna, individuo e collettivita', salute e malattia, liberta' e
dipendenza, giovinezza e vecchiaia, vita e morte.
Saltano confini che sembravano tracciati una volta per sempre -
privato/pubblico, barbarie/civilta', reale/artificiale, ecc. -, false
"naturalita'", come quella che ha diviso violentemente il destino dei sessi,
lasciando la donna a garantire la continuita' della specie e l'uomo a
"progredire" da solo nel mondo; irrompe, nel teatro che e' sempre stato
della razionalita' vigilante - del potere, delle sue istituzioni e dei suoi
linguaggi -, il corpo, con la sua memoria arcaica, le sue leggi, le sue
ferite, la sua manipolabilita', ma anche la sua resistenza alle mire
onnipotenti del pensiero.
Del corpo parla oggi la consapevolezza che l'individuo, maschio e femmina,
ha di se stesso, quando tenta di piegarlo a martellanti pratiche
salutistiche, quando ne riconosce la fragilita' e il termine, quando
interroga ansioso le promesse della scienza e quando, al contrario, si
dispone ad assecondare ritmi piu' "naturali", quando si aggrappa a un
modello di eterna giovinezza e quando chiede che sia data cittadinanza a
parenti indesiderati, come i malati, gli anziani, i disabili. Con la
corporeita' hanno a che fare anche le ansie che si associano a un colore
diverso della pelle, a un taglio diverso degli occhi, a un abbigliamento che
segnali poverta' o appartenenza a culture diverse.
Sono queste "interferenze" che assediano il quotidiano, da uno schermo
televisivo al percorso che si fa a piedi o in autobus, a rinfocolare
"identita'" che nessuno si era mai accorto di avere e che ora si e' tentati
di impugnare come un'arma di difesa. L'insorgere di nuove "preoccupazioni"
non e' necessariamente solo ansia, impotenza, fatalismo, arroccamento nel
proprio utile. L'arretramento che sembra oggi invertire il cammino di un
progresso assicurato, potrebbe essere visto, come gia' scriveva Elvio
Fachinelli nel suo libro Il bambino dalle uova d'oro (Feltrinelli, Milano
1974) come "un'astuzia storica di Eros" che, "proprio per salvare la
civilta' ricorre a una nuova barbarie, che e' premessa per il suo ulteriore
sviluppo". Come e' gia' successo nel corso della storia, "questa barbarie
proviene dall'esterno della civilta' esausta, sotto forma di nuove masse
alle quali risultano incomprensibili le sue sottili operazioni".
*
Nella situazione attuale, questa irruzione di alterita' non viene soltanto
dai mondi che l'Occidente ha colonizzato, asservito ai suoi modelli, e a cui
oggi e' costretto ad aprire le porte, ma da un "ordine" politico, economico,
sessuale e morale, che si va sfaldando per lasciare posto a nuovi equilibri,
nuove forme di convivenza, nuovi saperi e linguaggi. Ma per inserire
l'esigenza del diverso, per cambiare l'idea di cio' che e' "reale" e
"possibile", e' necessario non aver paura di analizzare la "profondita' del
male" e cogliere nel medesimo tempo i segnali contraddittori che vengono dai
peggiori disastri. Non c'e' dubbio che lo tsunami, sia pure dal versante di
una legge fisica che sfugge al controllo dell'uomo e che lascia percio'
aperta l'imprevedibilita' della morte, interroga rapporti che si sono
costruiti nella storia: scambi ineguali, popolazioni povere che offrono i
loro mari al godimento di occidentali privilegiati, promessa di sviluppo da
parte dei potenti del mondo in cambio dello sfruttamento di risorse umane e
naturali. Tra le macerie che si e' lasciato dietro il maremoto, non si e'
persa solo la possibilita' di distinguere i corpi dei turisti e dei locali,
ma anche la linea di demarcazione inconsapevole che ha portato una parte del
mondo ad arrogarsi poteri, valori, condizioni di superiorita' sull'altra.
Nuove paure e nuove consapevolezze si fanno strada insieme, producono
arretramenti e, nel medesimo tempo, la scoperta di forme inedite di
solidarieta'. Soprattutto aprono la strada alla prospettiva che si possa
andare "alle radici dell'umano", al di la' di quelle "differenze" che nel
corso della storia hanno impedito di pensarsi appartenenti a un comune
destino.

4. MEMORIA. CARLA COHN: IL MIO VIAGGIO DI TRASFORMAZIONE
[Ringraziamo di cuore Carla Cohn (per contatti: carlacohn at tele2.it) per
averci messo a disposizione questa sua intensa testimonianza. Carla (Carola)
Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di
sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. "One by One" e'
un'associazione per l'incontro tra i figli delle vittime e degli aguzzini
della Shoah]

Nel marzo 2001 ho partecipato al mio primo gruppo di dialogo tenuto da "One
by One" a Berlino. Per poter comprendere il significato che questo incontro
aveva per me personalmente, devo tracciare un breve profilo autobiografico
di cio' che sottostava a questa decisione, presa dopo un lungo travaglio
emotivo.
Sono nata nel 1927 a Berlino, in una famiglia completamente integrata e non
religiosa di benestanti ebrei tedeschi. La famiglia di mio padre era
berlinese da generazioni. Mio padre, avvocato e musicista, era stato
decorato con la croce di ferro di prima classe durante la prima guerra
mondiale. Credeva fermamente nella promessa, che veniva assieme alla
medaglia, che lui aveva guadagnato "l'eterna gratitudine della patria".
Mia madre nacque a San Pietroburgo in una famiglia immigrata dalla Germania
da tante generazioni. Anche se non erano religiosi, si erano convertiti al
protestantesimo per potersi integrare ulteriormente. Durante la rivoluzione
furono dichiarati "bianchi" ed espropriati, e dovettero emigrare in
Germania. Il fratello di mia madre fu esiliato in Siberia assieme alla sua
giovane sposa inglese. Questa esperienza di espropriazione ed emigrazione
forzata e' stata determinante per il futuro cieco rifiuto di mia madre di
emigrare dalla Germania finche' ci era ancora possibile.
In casa mia non si parlava mai di politica davanti a me e mio fratello, di
tre anni piu' giovane. Io ho saputo delle persecuzioni, di essere una "ebrea
indesiderata", e del nazismo, da quello che sentivo fuori casa, e da cio'
che potevo osservare e sperimentare sulla mia pelle. Pero' in casa non ne
potevo mai ne' parlare ne' chiedere, la politica essendo un tema tabu' nella
mia famiglia.
Mio padre sapeva cosa stava succedendo e tento' di emigrare, ma anche lui
era sconfitto dall'opposizione di mia madre a lasciare la Germania.
Di conseguenza, nel giugno 1942, dopo l'arresto di mio padre da parte della
Gestapo, ci siamo trovati riuniti per essere trasportati in carri bestiame
sigillati, destinazione sconosciuta. Arrivammo a Theresienstadt, il
cosiddetto "ghetto dei privilegiati", conosciuto anche come il "ghetto dei
bambini": da li' 15.000 bambini furono presi ai loro genitori e spediti
nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Meno di cento bambini sono
sopravvissuti; io sono una di questi sopravissuti, l'unica della mia
famiglia.
Per puro caso, a Birkenau sono stata tirata fuori dalla camera a gas da un
SS, il quale evidentemente mi aveva scambiato per un'altra persona perche'
disse "Cosa fai qui, ti ho gia' tirato fuori un'altra volta". Io non lo
avevo mai visto prima, ne' lo vidi mai piu' dopo.
Sono andata a finire in un "trasporto di lavoro" che portavo me ed altre 499
giovani donne a lavorare come schiave in Austria. Soltanto dopo la
liberazione ho saputo che siamo state in un campo che apparteneva a
Mauthausen.
Una volta liberata ebbe inizio la mia odissea da "ebrea errante" fra i tanti
campi profughi, senza fondi, senza nessuna informazione o aiuto.
Con l'intervento dell'Hagana' sono stata mandata in Palestina. Sono rimasta
in Palestina per nove mesi. La' ero considerata "non desiderata" perche
"Yekke", cioe' tedesca... Tornai in Italia illegalmente e non avevo altra
scelta che aspettare l'affidavit per emigrare negli Stati Uniti. Dopo
diciannove anni sono tornata a vivere in Italia, il primo posto dove mi sono
sentita libera.
*
Nel 1960 sono stata brevemente a Berlino per incontrare l'amico d'infanzia
di mio fratello che era sopravvissuto la', sempre nascosto, assieme ai
genitori. Un ulteriore motivi per questo viaggio fu la mia speranza di poter
riempire le lacune della mia memoria, ma non mi e' stato possibile.  Ero
incapace nel 1960 di integrare me stessa ed il mio passato berlinese.
Il problema piu' difficile si presento' quando in una Berlino distrutta vidi
le due case dove avevo vissuto, ancora completamente intatte, probabilmente
con il nostro arredamento dentro, cosi come le avevamo dovute lasciare. Il
mio odio furioso fu tale che avrei facilmente potuto compiere gesti
distruttivi. La mia furia e voglia di vendetta furono altrettanto suscitati
quando vidi persone d'una certa eta' alle quali volli chiedere se loro
avevano uccisi i miei. Dovetti fuggire da Berlino con i miei vuoti di
memoria non colmati e molto spaventata dai miei sentimenti insospettamente
cosi' violenti. Giurai che non sarei mai piu' tornata a Berlino, ne' avrei
piu' parlato tedesco tranne con alcuni amici fidati.
*
Nel marzo 2000 venni a sapere che ci sarebbe stato un interessante incontro
della durata di tre giorni alla Chiesa Valdese con quattro rappresentanti di
"One by One".
Mi fu spiegato che si era formata un'associazione tedesco-statunitense fra i
figli di sopravvissuti della Shoah ed i figli degli aguzzini allo scopo di
tentare di stabilire un dialogo autentico fra di loro per poter cominciare a
"capire il nemico" (nel senso di Primo Levi e Martin Buber).
Inizialmente mi rifutai di partecipare, ma consentii a partecipare al loro
meeting quando mi resi conto che, in fondo, ero comunque libera di andarmene
via.
Sono stata presentata alle due tedesche Martina Emme e Ilona Kuphal, ma io
parlavo con loro soltanto in inglese, persino dopo che Martina mi disse che
sapeva ch'ero nata a Berlino. Rimasi li' ad ascoltare la loro testimonianza.
Ero colpita dall'onesta' ed autenticita' con cui parlavano del passato
nazista delle loro famiglie e dei loro sensi di colpa e vergogna.
Questo avveniva assieme con le testimonianze dalla parte delle vittime,
figlie di sopravvissuti, Rosalie e Deborah.
Cominciai a pensare che se Rosalie poteva stabilire un dialogo e diventare
persino amica dei "tedeschi", anch'io avrei potuto provarci. Volevo tentare
di conoscere Martina, e a tale scopo le proposi di farle vedere un po' di
Roma. Lo feci e da allora in poi riuscii a parlare con Martina in tedesco.
Martina doveva tornare a Roma in occasione della mostra di "One by One" nel
gennaio 2001. La invitai a stare a casa mia e da allora siamo diventate
amiche.
*
Questa visita di Martina coincise con le manifestazioni per il Giorno della
Memoria, celebrato il 27 gennaio, per ricordare la liberazione di Auschwitz.
Io dovevo dare la mia testimonianza in tv. Sono stata intervistata a lungo
da Roberto Olla per il suo libro "Ancora ciliegie, zio SS", e per il suo
film documentario "La rivolta dell'anima", sul tema della resistenza
"passiva" a Terezin. Finche' i prigionieri nel ghetto riuscivano a fare
della musica, comporre o dipingere, anche illegalmente, gli ex-artisti
potevano riaffermare la loro umanita' anche se ridotti a "non-persone", in
attesa della "soluzione finale". Per pura coincidenza una parte del
documentario doveva essere rifatta a causa di un problema d'illuminazione.
L'equipe della Rai venne a casa mia per rifare parte dell'intervista con me.
Io ho utilizzato l'occasione per presentare Martina e "One by One" alla tv
in Italia. Parlavamo nel programma della Rai per il Giorno della memoria del
significato dei gruppi di "One by One" di stabilire un dialogo autentico,
secondo Buber, e dell'importanza di tentare di "capire il nemico" nel senso
di Primo Levi.
*
Dopo il suo ritorno, Martina, pur sapendo del mio rifiuto di tornare a
Berlino, fece un tentativo d'invitarmi a Berlino.
Dovetti affrontare e tentare di risolvere i miei sentimenti molto
ambivalenti. Ero terrorrizzata all'idea di dover rivivere un altro viaggio
traumatico. Comunque, fra la comprensione dei miei conflitti da parte di
Martina che offriva il suo sostegno, e Roberto Olla che pensava che ormai il
tempo era arrivato per affrontare e confrontarmi con Berlino, accettai
l'invito.
In qualche modo ero conscia che il "drago" tanto temuto risiedeva dentro di
me, e che avrei dovuto combatterlo in un confronto diretto con la realta'
esterna della Berlino d'oggi.
Inoltre, temevo la censura dalla parte delle "vittime", piu' che dover
affrontare la parte degli "aguzzini". Il motivo era che come non credente,
nel passato sono stata accusata di essere una traditrice del giudaismo.
Ero sconvolta. Nel mio libro ho citato Heine: "Denk ich an Deutschland in
der Nacht, so bin ich um den Schlaf gebracht" (Se penso alla Germania di
notte, il mio sonno finisce a botte). La stessa insonnia mi ha colpita prima
e dopo Berlino. Nonostante cio', sono molto felice che ci sono andata ad
affrontare il "drago", e che potevo venire via molto sollevata da antichi
pesi, avendo potuto lasciarmi dietro vecchie paure ed incubi.
Durante la prima colazione, il giorno in cui ebbe inizio il nostro incontro,
fui colpita in maniera negativa dal fatto che i figli degli aguzzini stavano
seduti insieme ad un tavolo, mentre i figli delle vittime stavano assieme
altrove. Commentai la situazione e mi fu detto che questo sarebbe cambiato
ben presto. Dopodiche' notai che la sequenza dei nostri interventi seguiva
la stessa regola. Domandai se era possibile cambiare la sequenza e parlare
prima del previsto. Io desideravo rompere questa divisione fra le due
"parti".
In questo contesto non parlero' di cio' che sentivo per primo dall'altra
parte... ma vorrei sottolineare che ero commossa dall'autentico dolore,
pentimento e sensi di colpa dei quale parlava il figlio, sentendosi tutt'ora
responsabile per le azioni del padre. Un altro partecipante, la cui famiglia
non e' stata colpevole ne' coinvolta attivamente nelle atrocita', parlo'
della sua profonda vergogna come tedesco per la loro storia passata, che ha
lasciato indelebili cicatrici ovunque.
Dopo il primo intervento, toccava a me. Non potevo fare altro che parlare
dei miei sensi di colpa come unica sopravvissuta della mia famiglia.
All'eta' di tre anni mi ero sentita respinta da mia madre la quale era
totalmente presa dall'arrivo di mio fratello che divento' il suo
"Seelentroester", consolatore dell'anima. Questi eventi mi portarono a
crescenti risentimenti verso mia madre fino al punto che pensavo che nessuna
coesistenza sarebbe stata possibile fra noi... Io adoravo mio padre e amavo
il mio piccolo fratello, sapendo che lui non aveva colpa della ossessione di
nostra madre.
Il cieco rifiuto di mia madre di emigrare in tempo ci aveva portato a finire
nei campi di sterminio. Dal punto di vista emotivo, fu come se la "soluzione
finale" fosse stata la mia soluzione personale! Che diritto avevo io di
sopravvivere quando avevo avuto questi cupi, devastanti segreti nascosti nel
profondo della mia anima?
Io feci questa confessione di eterni sensi di colpa e vergogna prima che
Ilona parlasse della sua vergogna e dei suoi sensi di colpa per il padre, un
membro delle SS. Avendo potuto condividere cio' che fino a quel momento era
stato un peso segreto ed inammissibile, mi permise finalmente di piangere
lacrime prima sempre trattenute. Io potevo piangere nelle braccia di Ilona
che cercava a consolarmi.
E con questa esperienza, di aver condiviso le nostre rispettive colpe e
vergogne, cessarono di esistere per me le arbitrarie divisioni fra di noi.
Siamo diventati degli esseri umani, uniti da reciproca comprensione per le
nostre sofferenze.
Da questo momento, condiviso da tutto il gruppo, io non posso piu' accettare
le categorie di figli di vittime versus figli di aguzzini, piu' di 55 anni
dopo i fatti storici che hanno lasciati i loro segni su noi tutti.
Con mia grande sorpresa e sollievo, sono stata compresa e non criticata
dalle altre persone ebree. Loro erano d'accordo con me quando parlai della
mia necessita' di guardare e di valutare le persone esclusivamente in
termini umani ed individuali, anziche' "etichettarle".
Altrimenti si corre il rischio di nuovi genocidi: cessiamo di essere persone
e diventiamo simboli per le bandiere di vendette per odi indimenticati ed
eterni. Per esempio, cio' e' avvenuto nei Balcani...
Ho imparato un'altra lezione durante questa difficile settimana. Ho dovuto
affrontare i miei pregiudizi: dovevo ammettere che i tedeschi sono, e devono
essere considerati, come essere umani, anziche' rappresentare i simboli del
male e della "soluzione finale".
Mi sembra che quasi ci fosse stata una specie di scambio dei ruoli: per
tanti ebrei i tedeschi sono ormai diventati "non-persone", anche quando
dicono che "alcuni" sono loro amici. Tanti anni fa, in Germania, ho sentito
dire la stessa cosa quando si parlava degli ebrei.
*
Ma dobbiamo sempre combattere qualche "categoria" che rappresenta "il
diavolo" o "il male" sul quale proiettare tutte le responsabilita' per
qualunque cosa che non funzioni nel mondo, o per cio' che non va con noi,
dovuto ai nostri problemi personali? Questi meccanismi sono noti come
proiezioni paranoidi. Sono stati adoperati dai nazi quando incolpavano gli
ebrei di aver causato tutti i mali del mondo per poi poter "giustificare" il
bisogno di "purificare" la Germania, e il mondo, con la "soluzione finale".
Parlando di paranoia, permettetemi di notare una suggestione fonetica: la
"soluzione finale" fu pianificata alla Conferenza di Wannsee. In tedesco la
paranoia, ovvero un'idea folle, si chiama "Wahn", percio', e' stato alla
"Conferenza del Wahn" che il nostro destino e' stato suggellato nel 1942!
L'idea folle di Hitler, il suo "Wahn", d'una "super-razza ariana" cadeva su
un terreno fertile; i capri espiatori furono trovati. Queste idee folli
allora in Germania furono ritenute piu' accettabili rispetto all'affrontare
le realta' di sconfitta nella prima guerra mondiale, seguita da inflazione,
disoccupazione e gli altri gravi mali sociali del dopoguerra.
*
A questo punto vorrei esprimere la mia completa solidarieta' con "One by
One" ed anche la mia gratitudine per tutto cio' che cercano di attivare. Ho
gia' deciso di tornare a Berlino per il prossimo incontro, inoltre, spero
che avremo la possibilita' di organizzare un gruppo "One by One" anche qui
in Italia.
Pero', vorrei dare voce a due considerazioni critiche da sottoporre alla
vostra considerazione.
La prima: come sopravissuta, mi sembra quasi di non esistere piu' perche'
"One by One" si rivolge principalmente alla generazione dei figli dei
sopravissuti. Siamo rimasti in pochi, e, come i dinosauri, siamo in via
d'estinzione. Ma finche' esistiamo ancora e possiamo ancora testimoniare,
vorremmo essere inclusi. (Lo so che questa situazione si e' creata
inizialmente quando i figli hanno organizzato l'associazione e non c'era
l'intenzione di escluderci. Pero' confesso che questa omissione mi ha fatto
sentire relegata allo status di "non-persona").
La seconda: mi vengono i brividi ogni volta che sento o leggo la parola
"Olocausto" invece di "Shoah". Io so che questo termine e' usato negli Stati
Uniti, ma dubito che la' siano a conoscenza della definizione del termine.
"Olocausto" si riferisce ad un sacrificio religioso, percio' mi sembra poco
adatto in questo contesto.
*
Vorrei esprimere la mia gratitudine a Martina per tutto quello che fa ed ha
fatto, e per il "Mensch" (l'essere umano) che e'. Io devo a lei di aver
potuto effettuare una sorta di riconciliazione con la Germania associata ai
miei tentativi di "capire il nemico" leggendo il suo eccellente libro (Der
Versuch den Feind zu verstehen) anche molto ben documentato.
La comprensione e il sostegno di Martina hanno avuto il risultato che ho
potuto rivisitare Berlino - una Berlino totalmente diversa da cio' che
ricordavo e temevo nella mia mente. Ho scoperto che Berlino e' una bella
citta', un fatto che avevo sempre negato. Ho potuto liberarmi di enormi pesi
dolorosi e dell'odio. Ho potuto ritrovare le miei radici berlinesi, e
accettarle senza dovermi scusarmi di essere tedesca. E, come Martina ha
potuto constatare, ho ritrovato il mio vecchio senso dell'umorismo
berlinese, ed ho potuto persino cantare vecchie canzoni dimenticate degli
anni '30.
Ed infine, ma non per ultimo, sono stata capace di usare il mio cognome
senza temere che, come la stella gialla di Davide, cio' mi avrebbe
etichettato ed esposto a derisione e pericoli.
Ringrazio tutti gli amici di "Obe by One" per il mio viaggio di
trasformazione.

5. LETTURE. ALDO CAROTENUTO: OLTRE LA TERAPIA PSICOLOGICA
Aldo Carotenuto, Oltre la terapia psicologica, Bompiani, Milano 2004, pp.
400, euro 9,50. "Se la sofferenza e' storia, essa puo' e deve essere
narrata, partecipata, resa intelligibile dalla comunita": comincia cosi'
questa bella raccolta di saggi dell'illustre studioso e psicoterapeuta
recentemente scomparso.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 883 del 29 marzo 2005

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